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25 Novembre 2024

EDUCAZIONE SENTIMENTALE: UN DIALOGO PER IL BENESSERE COLLETTIVO

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Il tema dell’educazione sentimentale, affettiva e sessuale appartiene ciclicamente al dibattito pubblico e politico, negli anni diverse sono le figure di studiosi che hanno affrontato la questione come Heller, Reich, Illouz. Le testate giornalistiche e la cultura si occupano spesso dell’argomento ad ondate, seguendo i fenomeni di cronaca, principalmente femminicidi; questi costituiscono un problema reale — mentre scrivo,  all’inizio di novembre 2024, le vittime sono 77 — ma ci sono anche atteggiamenti sommersi che indicano lo stato di salute della nostra società, di cui i femminicidi rappresentano la manifestazione ultima e più grave. 

Il problema che investe la nostra collettività è l’incapacità di riconoscere e gestire le emozioni proprie ed altrui; ciò avviene in modo trasversale, tra la popolazione giovane ed adulta, ed è declinabile tanto alla questione di genere quanto ai fenomeni di isolamento giovanile, alla violenza tra minori, ai rapporti conflittuali in famiglia, all’ansia da prestazione sessuale…                         .

Vi è quindi un’urgenza, sottotraccia ma necessaria: una richiesta di educazione sentimentale. Questa dev’essere applicata sia per migliorare le relazioni romantiche — in cui talvolta si adottano azioni violente — sia per qualsiasi tipo di rapporto, in quanto dobbiamo imparare a vivere tutti insieme in armonia, non abbiamo scelta. L’obiettivo non è creare una società ideale ma un luogo in cui tutti si occupino delle fragilità dell’altro senza giudizio.

Affinché ciò avvenga bisogna guardare all’educazione sentimentale come un tema complesso e variegato, partendo dal capire cosa siano i sentimenti e da quali coordinate culturali dipendono i nostri comportamenti, trovando il punto d’incontro tra dimensione pubblica e privata.

Questa riflessione vuole far emergere quali siano i soggetti coinvolti in un dibattito sull’argomento ed a prenderne parte — dal mondo della cultura alle istituzioni — così che questi possano aiutare la creazione di una società che sa condividere le emozioni — positive e negative — e che abbia gli strumenti per mediarle. 

D’ispirazione in questo lavoro è il recente saggio Einaudi “Erotica dei sentimenti. Per una nuova educazione sentimentale” di Maura Gancitano — filosofa, scrittrice, editrice, conosciuta sui social, con Andrea Colamedici, come Tlon - che si concentra sugli individui, sia dal punto di vista scientifico sia sociologico, e sulle difficoltà di essere complici in una società che non si occupa di fornire gli strumenti per stare insieme. 

Dal punto di vista scientifico, per capire cosa siano i sentimenti ed il loro sviluppo è necessario seguire alcune teorie delle neuroscienze. Grazie alla riflessione di Gancitano, che riprende gli studi del neuroscienziato Antonio Damasio, possiamo immaginare ogni essere umano come un campo di forze che agiscono in una doppia direzione: dall’esterno verso l’interno — stimoli che arrivano da ciò che ci circonda -, sia dall’interno verso l’esterno — bisogni che si avvertono senza un motivo estrinseco. È come se fossimo un prisma costituito da emozioni e pensiero che trovano la loro sintesi nel sentimento; questo a sua volta, attraverso le nostre “mappe sensoriali” (Gancitano 2024, 36), media tra il senso che arriva dalla realtà e la nostra interpretazione.

“Il sentimento è quindi uno stato mentale, una metarappresentazione che non cambia necessariamente il mondo intorno a noi, a meno che non decidiamo di agire in qualche modo” (Gancitano 2024, 37).

Il sentimento riguarda quindi una variazione del nostro stato psicofisico e le nostre capacità di elaborazione tramite il pensiero.

Il nostro corpo risente fisicamente le conseguenze delle emozioni, basti pensare a quando si sono provate sensazioni forti come il dolore per una perdita, ansia, gelosia, rabbia, tristezza, ammirazione, innamoramento, delusione; il corpo le avverte e ci invia dei segnali come pianto, rossore del viso, difficoltà digestive, vomito, disturbi del sonno, mal di testa. A ciò è collegabile la manifestazione delle emozioni che dipende strettamente dagli stereotipi comportamentali che, come società, abbiamo scelto di darci e che quindi condizionano il modo in cui viviamo la nostra emotività. Questo riguarda soprattutto alcuni tipi di emozioni che Antonio Damasio definisce “sociali” (Gancitano 2024, 24) come la vergogna, senso di colpa, gelosia, ammirazione, gratitudine, che sono portatori di stereotipi forniti dalla cultura in cui cresciamo. Gancitano scrive:

Ogni cultura è costituita da storie, significati, valori culturali, emozioni sociali, e dunque stereotipi. Allora ciò che dovremmo desiderare non è la sparizione degli stereotipi — perché sarebbe impossibile — ma la capacità di distinguere tra quelli utili e quelli oppressivi” (Gancitano 2024, 30).

Gli stereotipi comportamentali sono meccanismi costruiti dalla società — ovverosia noi stessi —  e con cui riusciamo a vivere alcune circostanze: riprendendo l’esempio della filosofa, in una situazione di imbarazzo siamo portati alla risata perché nella nostra cultura abbiamo scelto questo come diversivo alla vergogna. Gli stereotipi codificano i comportamenti e sono rassicuranti finchè non diventano una trappola per qualcuno che inizia a mandare segnali di malessere nella collettività.

Dunque, sebbene il nostro corpo reagisca in modo istintivo agli stimoli, negativi o positivi, il modo che abbiamo di perseguire i sentimenti e le emozioni non ha dei connotati fisiologici ma è soggetto alla cultura di riferimento che trova i propri modi per descrivere l’emotività in un determinato contesto storico e geografico.  

Da questo punto di vista, le costruzioni sociali non dovrebbero mai essere definitive ma soggette alla trasformazione; il problema però nasce proprio in questo principio, sempre più teorico e poco perseguito. Gli stereotipi — positivi e negativi —  forniscono dei modelli semplici a cui aspirare e si impongono nella società attraverso diversi ambiti della cultura, come la letteratura, a cui affidiamo il compito di educarci. 

Mi trovo concorde con l’idea di Gancitano che ritiene la letteratura — in particolare la lettura dei classici — priva di una funzione educativa intrinseca, anzi siamo spesso affascinati da storie e personaggi che non sono modelli da seguire; ciò accade perché la letteratura invece descrive l’umano in ogni sua forma senza altra pretesa. Come sostiene Calvino, un classico è percepito come pilastro della letteratura in quanto “provoca un incessante pulviscolo di discorsi critici su di sé, ma continuamente se li scrolla di dosso” (Calvino 1981, 59); dunque la loro forza non è fornirci archetipi da seguire ma essere degli specchi con cui ci si confronta e talvolta ci si riconosce. Sebbene con le nostre interpretazioni attribuiamo un valore ai classici, questo non è mai assoluto ma risente delle condizioni storiche e socioculturali in cui è letto. 

Nell’ambito dell’educazione sentimentale due tra i classici più rilevanti sono Educazione sentimentale di Gustave Flaubert (1864) e Lolita di Vladimir Nabokov (1955):  Frédéric Moreau di Flaubert ci educa perché propone l’umano come un groviglio di desideri e sbagli, mentre Humbert Humbert di Nabokov esercita una pedagogia più complessa sui lettori perché l’autore ci circuisce con i suoi pensieri e, solo quando chiudiamo il libro, riusciamo a prendere le distanze da lui. Guardando agli ultimi anni, i generi di successo in fase adolescenziale sono il romance ed il dark romance, che prevedono trame sempre simili con l’uomo giusto, ma con problemi di gestione delle emozioni — spesso rabbia -, che viene addolcito dall’amore della protagonista.  

Tali lavori letterari sono importanti da valutare nell’ambito dell’educazione sentimentale perché, anche attraverso le storie di fantasia, si forma l’educazione emotiva leggendo di relazioni non sempre desiderabili. Questi autori descrivono condizioni umane che non desideriamo incarnare perché, costruendo la nostra cultura, abbiamo scelto quali siano i comportamenti ritenuti leciti e quindi quali sentimenti siano corretti per vivere insieme in una relazione: non si vuole essere Humbert Humbert perchè è un pedofilo e nemmeno Frédéric Moreau perchè è un immaturo permanente.      

La formazione alle relazioni non è solo emotiva ma anche sessuale: la pornografia è lo strumento di riferimento di molti giovani che su internet cercano spiegazioni. Spesso gli adolescenti che si approcciano alla pornografia sono mancanti di mezzi che gli permettano di comprendere cosa questa rappressenti, ovvero la manifestazione di fantasie. 

Il tema non è negare la pornografia — impossibile ed inutile — ma capire che ragazzi e ragazze dovrebbero poter avere altri metodi o figure a cui riferirsi per conoscere la propria sessualità, così da evitare di usare comportamenti inadatti, credendoli invece opportuni. Infatti, Gancitano ricorda i problemi che diverse piattaforme del settore hanno come la pubblicazione di materiale non consensuale, razzismo, marginalizzazione delle diversità e l’incentivo alla cultura dello stupro.            Inoltre, chi fruisce di contenuti pornografici, e li prende come esempio, può avere degli atteggiamenti nocivi anche con sé stesso/a: infatti può accadere che non si riesca ad emulare quei modelli e che così sopraggiungono sensazioni di inadeguatezza o ansia da prestazione nei rapporti. 

La letteratura e  la pornografia sono fruite maggiormente in modo privato e questa modalità non genera un confronto tra persone, invece è fondamentale parlare delle emozioni e delle curiosità suscitate da queste. Il dibattito non mi aspetto che sia costruito dagli adolescenti ma dagli adulti in grado di accogliere loro dubbi e curiosità.

Infatti, l’educazione sentimentale è un percorso fluido che si deve costruire con la collaborazione di scuola, famiglia ed istituzioni. Ciò non avviene anche se ragazzi e ragazze chiedono che si parli di educazione sessuo-affettiva, come dimostra il sondaggio “A Luci Accese”, riportato da Gancitano, dell’Osservatorio — Giovani e sessualità — del 2023 di Durex in collaborazione con Skuola.net.

Nel campione preso in esame il 45,3% si informa su internet, alcuni per imbarazzo, altri perché non sanno a chi rivolgersi; solo il 9,3% interpella i genitori, il 5,9% il medico, il 12% gli amici. Il dato forse più significativo è che il 93,7% degli intervistati ritiene che l’educazione sessuo-affettiva dovrebbe essere una materia scolastica.   

Al contrario, gli adulti sembrano avere una grande paura di affrontare questi temi e le famiglie spesso non hanno le capacità per farlo; così la pedagogia emotiva continua ad avvenire in modo casuale, mancando di figure che accompagnino nella scoperta fisica ed emozionale di sé.

Secondo Gancitano, la forma di educazione sentimentale comune a molte generazioni è frutto accidentale di eventi e questo non ha spesso esiti innocui.

Non avere la possibilità di condivisione delle proprie emozioni negative — frustrazione, gelosia, ossessione, rabbia — in contrasto con i modelli scelti dalla società, produce degli individui con delle maschere, usate per non sentirsi esclusi.

Questo comporta la repressione delle pulsioni che generano personalità e comportamenti problematici e visibili soprattutto quando si entra in relazione con altre persone. 

Quello che cambia i rapporti tra le persone è il modo in cui si riesce a gestire le proprie emozioni e quelle altrui; dunque non si può parlare solo di una dimensione privata ma anche pubblica. Tutti noi proviamo dei sentimenti forti nelle relazioni, come la rabbia o la gelosia, ma chi non è in grado di gestirli, attua comportamenti violenti — verbali e fisici — al fine di affermare la propria volontà a discapito dell’altro. Invece, avere la possibilità di parlare apertamente delle proprie difficoltà e dell’incapacità a gestire la reciprocità nelle relazioni, sarebbe auspicabile come metodo comunitario in una società che si fa carico della salute mentale ed emotiva del singolo e quindi di tutti.

Dobbiamo riflettere su noi stessi, costringendoci ad un dialogo complesso tra ciò che non possiamo controllare — le emozioni — ed il nostro modo di stare insieme — la cultura. I sentimenti arrivano a noi in modo involontario ma possiamo dubitare delle idee su cui basiamo la nostra comunità. Un esempio può essere il fatto che per alcuni, in coppia, non si debbano avere altri contatti se non con il/la partner, e che nelle relazioni amorose si debba quasi vivere in simbiosi. 

Oltre alla società, tra coloro che devono costruire un dialogo in merito all’educazione emotiva sono le istituzioni, nello specifico i luoghi dell’istruzione. La scuola non è più il luogo del dibattito e del confronto tra docenti e studenti, o forse non lo è mai stato del tutto.

Come ci ricorda Gancitano, nel 1934, Simone De Beauvoir si dovette difendere per aver detto ad una sua alunna che per le donne esistono altre attività di cui occuparsi, non solo dei figli; questo scatenò le lamentele dei genitori. L’evento viene paragonato dall’autrice a quanto accaduto di recente in Italia: lo scorso 11 settembre l’onorevole leghista, Rossano Sasso, ha presentato una mozione in Commissione Cultura, Scienza ed Istruzione, in cui evidenzia il problema che nelle scuole di primo e secondo grado venga insegnata ‘l’ideologia gender’, ritenuta non educativa ed estranea alla formazione sessuale ed affettiva. Così chiedeva al governo di dotare gli insegnanti e le scuole degli strumenti adeguati ad un dibattito neutro. Sebbene questi esempi siano lontani nel tempo, ciò che non cambia è la censura al corpo docente da parte di genitori ed istituzioni. La scuola, e gli organi istituzionali a lei legati, dovrebbero avere il compito di instaurare un dibattito critico e stimolare i più piccoli a conoscersi e confrontarsi in un luogo in cui possano sentirsi accolti. Qualora questo avvenga non ci sarebbe ideologia, ma un dialogo su chi si vuole essere e cosa si vuole per sé, grazie a degli adulti che possano guidare il confronto.   

Diverse sono state le proposte di legge da parte di vari gruppi politici per introdurre, in modo strutturale, l’educazione affettiva nelle scuole; purtroppo o non sono state approvate o sono state deludenti.  

Le istituzioni dovrebbero avere cura di una nuova educazione sentimentale dato che la società ci sta mandando dei segnali di malessere, si veda l’aumento della frequenza dei femminicidi in Italia. È necessario aprire un confronto sul tema cercando di non intellettualizzare la questione e provando a stabilire dei percorsi sociali e tra gli interlocutori della politica deve esserci la famiglia.                     Infatti, la famiglia dovrebbe essere il primo luogo in cui far nascere una discussione su noi stessi. Spesso i genitori non hanno gli strumenti emotivi per affrontare un dialogo perché non li hanno ricevuti o non li hanno cercati e dunque delegano questa responsabilità all’esperienza, al caso. Altri, invece, non danno importanza alle emozioni dei figli generando così un cortocircuito di frustrazione tra sé stessi e la famiglia. L’educazione che avviene in modo casuale permette l’esistenza di comportamenti violenti o prevaricanti anche nelle fasce di età più giovani. Un esempio possono essere le tendenze social di TikTok ed Instagram, che ironizzano o romanticizzano persone — chiamati ‘malesseri’ — che adottano comportamenti limitanti spesso riguardo l’abbigliamento o il comportamento dell’altra persona. Se i più giovani non hanno coscienza del fatto che certi atteggiamenti siano problematici, continueranno a crederli opportuni e quindi a riproporli.  

Come possiamo insegnare e promuovere il dialogo se un confronto — soprattutto adulto — non esiste? 

L’educazione sentimentale è un tema variegato, attuare dei percorsi guida per la società non significa mettere in atto un piano salvifico e tantomeno normativo. Il fatto che possa esistere una collettività preparata sull’educazione sentimentale non azzera la percentuale di comportamenti problematici perché non è possibile impedire totalmente le azioni ed i pensieri altrui. Per questo è difficile creare delle leggi e dei percorsi su una materia in cui la dimensione privata vive una stretta prossimità con quella pubblica. Bisognerebbe avere un dialogo sul tema per la salute mentale e relazionale della nostra società.

Trovo opportuno chiudere questa riflessione con le parole di Gancitano, dette durante la presentazione romana del saggio: 

“L’educazione sentimentale non ci deve insegnare ad essere buoni ma ad essere consapevoli che potremmo fare delle cose orribili e a scegliere di non farle”.  

Bibliografia:

  • Damasio A. Alla ricerca di Spinoza. Emozioni, sentimenti e cervello. Trad. I. Blum, Adelphi. Milano, 2003. 
  • Flaubert G. L’educazione sentimentale.Storia di un giovane. Trad. I. di Lalla Romano. Einaudi, 2018.
  • Gancitano M. Erotica dei sentimenti. Per una nuova educazione sentimentale. Einaudi. Torino, 2024.
  • Nabokov V. Lolita. Trad. I. G. Arborio Mella. Adelphi. Milano 2018. 

Sitografia:

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