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Gennaio
23 Gennaio 2023

MOVI­MEN­TI PRE­FI­GU­RA­TI­VI E MUTA­MEN­TO SOCIA­LE. UN APPROC­CIO MICRO-FON­DA­TI­VO PER E DEL­L’AN­TI­CA­PI­TA­LI­SMO

Pre­mes­sa

Nel­la pri­ma par­te del nostro lavo­ro, cer­che­re­mo di rico­strui­re l’impianto teo­ri­co del sag­gio di Lara Mon­ti­cel­li, Embo­dy­ing Alter­na­ti­ves to Capi­ta­li­sm in the 21st Cen­tu­ry (2018). L’obiettivo dell’autrice è iden­ti­fi­ca­re una teo­ria del cam­bia­men­to il cui orien­ta­men­to non sia solo peda­go­gi­co, ma anche prag­ma­ti­co. Mon­ti­cel­li si con­cen­tra su alcu­ne teo­rie mar­xi­ste che pro­pon­go­no una pro­spet­ti­va di cam­bia­men­to basa­ta sul con­cet­to di uto­pia. Nel­la secon­da par­te del nostro lavo­ro evi­den­zie­re­mo la neces­si­tà di inte­gra­re la pro­spet­ti­va dell’autrice con un’attenzione rivol­ta alle micro-pra­ti­che di pro­te­sta e alla loro capa­ci­tà di pro­dur­re cam­bia­men­ti a livel­lo macro. Nel­la ter­za par­te, infi­ne, cer­che­re­mo di appli­ca­re il model­lo al movi­men­to del­le Madres de Pla­za de Mayo.

  1. Un nuo­vo approc­cio ai movi­men­ti socia­li

Per ana­liz­za­re i carat­te­ri inno­va­ti­vi di alcu­ni movi­men­ti socia­li con­tem­po­ra­nei, par­tia­mo dall’analisi di un sag­gio di Lara Mon­ti­cel­li. Mon­ti­cel­li (2018) apre il suo lavo­ro sin­te­tiz­zan­do le cri­si cicli­che che han­no carat­te­riz­za­to l’evoluzione del siste­ma capi­ta­li­sti­co. L’autrice par­te dal­la Gran­de Reces­sio­ne (1929–1939) e giun­ge fino al col­las­so finan­zia­rio del 2008, sot­to­li­nean­do due aspet­ti: la nasci­ta di nume­ro­si movi­men­ti socia­li che si con­trap­pon­go­no al capi­ta­li­smo e il raf­for­za­men­to di una spe­ci­fi­ca con­vin­zio­ne, quel­la secon­do cui il capi­ta­li­smo s’accinge a implo­de­re.

Secon­do Mon­ti­cel­li, però, il siste­ma capi­ta­li­sti­co non è entra­to nel­la sua fase con­clu­si­va ma in una nuo­va fase di svi­lup­po da cui emer­go­no nuo­vi rap­por­ti di sfrut­ta­men­to. L’autrice pro­po­ne un recu­pe­ro del­le teo­rie mar­xi­ste, da inten­der­si sia come pro­spet­ti­va da cui ana­liz­za­re le con­trad­di­zio­ni siste­mi­che, sia come sti­mo­lo per il cam­bia­men­to (ibid.: 503).

Il pri­mo obiet­ti­vo dell’autrice è quel­lo di: «illu­stra­re come nel­l’ul­ti­mo decen­nio un nume­ro cre­scen­te di pen­sa­to­ri cri­ti­ci e mar­xi­sti […] abbia­no ini­zia­to a inclu­de­re nel­la loro ana­li­si movi­men­ti socia­li e ini­zia­ti­ve di base “inter­sti­zia­li”» (ibid.: 504). Que­ste ulti­me sono capa­ci di crea­re una frat­tu­ra nel­la real­tà capi­ta­li­sti­ca, da cui emer­go­no nuo­vi modi di inten­de­re i rap­por­ti di pro­du­zio­ne e la vita socia­le. Si trat­ta di atti­vi­tà che pre­fi­gu­ra­no una socie­tà post-capi­ta­li­sti­ca sen­za il ricor­so ad azio­ni vio­len­te o espli­ci­ta­men­te rivo­lu­zio­na­rie (ibid.). Il secon­do obiet­ti­vo è quel­lo di por­re le basi per un nuo­vo approc­cio che stu­di que­sti movi­men­ti dia­lo­gan­do con le teo­rie del muta­men­to socia­le.

L’autrice cer­ca di adat­ta­re la distin­zio­ne mar­xia­na bor­ghe­sia-pro­le­ta­ria­to alla con­fi­gu­ra­zio­ne del capi­ta­li­smo con­tem­po­ra­neo ride­fi­nen­do i «due cam­pi osti­li», l’1% più ric­co e il restan­te 99% del­la popo­la­zio­ne mon­dia­le (ibid.: 503). Que­sta nuo­va for­ma dico­to­mi­ca del­la stra­ti­fi­ca­zio­ne socia­le ren­de dif­fi­ci­le iden­ti­fi­ca­re pras­si di tra­sfor­ma­zio­ne del­la real­tà capi­ta­li­sti­ca. Pro­prio per que­sto, dar vita a una socie­tà socia­li­sta impli­ca la neces­si­tà di tra­sfor­ma­re il capi­ta­li­smo.

Per l’autrice è quin­di neces­sa­rio ripen­sa­re la strut­tu­ra dell’economia e del­la socie­tà, sen­za che il capi­ta­li­smo pos­sa tro­va­re spa­zio per ripro­dur­si. Mon­ti­cel­li ripren­de l’idea di uto­pia, la qua­le è recen­te­men­te rie­mer­sa sia nel dibat­ti­to pub­bli­co sia acca­de­mi­co. La socio­lo­ga evi­den­zia quat­tro tipi di uto­pia: l’utopia rea­le pro­po­sta da Erik Olin Wright, l’utopia inter­sti­zia­le defi­ni­ta da John Hol­lo­way, l’utopia con­cre­ta ela­bo­ra­ta da Ana Ceci­lia Diner­stein e quel­la attua­le impu­ta­bi­le a Luke Mar­tell.

Wright (2011) ela­bo­ra il con­cet­to di uto­pie rea­li, ovve­ro alter­na­ti­ve al capi­ta­li­smo che si svi­lup­pa­no in rela­zio­ne alle con­trad­di­zio­ni del siste­ma. Que­ste uto­pie sono rea­li in quan­to stru­men­ti peda­go­gi­ci e prag­ma­ti­ci carat­te­riz­za­ti da un alto gra­do di rea­liz­za­bi­li­tà e fat­ti­bi­li­tà (ibid.: 506). Wright indi­vi­dua tre logi­che che per­met­to­no la loro rea­liz­za­zio­ne: logi­che di rot­tu­ra, sim­bio­ti­che e inter­sti­zia­li (Wright, 2011: 20–22). Mon­ti­cel­li foca­liz­za l’attenzione sul­le ulti­me, inte­se come gra­dua­le tra­sfor­ma­zio­ne attra­ver­so cam­bia­men­ti rela­ti­va­men­te pic­co­li, capa­ci di gene­ra­re nel tem­po una tra­sfor­ma­zio­ne qua­li­ta­ti­va nel­le dina­mi­che del siste­ma socioe­co­no­mi­co.

Anche nel­la teo­ria dell’emancipazione di Hol­lo­way le atti­vi­tà inter­sti­zia­li assu­mo­no un ruo­lo cen­tra­le (Mon­ti­cel­li, 2018: 506). Si trat­ta di atti­vi­tà uma­ne (human doing) che ope­ra­no fuo­ri dal­le logi­che del siste­ma attra­ver­so frat­tu­re che con­sen­to­no di rea­liz­za­re alter­na­ti­ve all’attuale for­ma di orga­niz­za­zio­ne eco­no­mi­ca e socia­le. A dif­fe­ren­za di Wright, Hol­lo­way nega la rile­van­za del­lo Sta­to nel pro­ces­so di cam­bia­men­to ed enfa­tiz­za la neces­si­tà di agi­re qui e ora, sen­za pospor­re il pro­ces­so di cam­bia­men­to. Il rico­no­sci­men­to socia­le del­le uto­pie inter­sti­zia­li com­por­ta la neces­si­tà di imma­gi­na­re «futu­ri alter­na­ti­vi e di rea­liz­zar­li e repli­car­li nel pre­sen­te» (ibid.: 517).

L’utopia con­cre­ta di Diner­stein com­bi­na l’idea di rivo­lu­zio­ne inter­sti­zia­le di Hol­lo­way e la teo­ria di Bloch del “non anco­ra“ (“not yet”) (ibid.: 506), ovve­ro la capa­ci­tà di anti­ci­pa­re nel pre­sen­te il cam­bia­men­to. L’ uto­pia con­cre­ta riman­da all’i­dea di Hol­lo­way del­lo «human doing» (ibid.: 517) e vie­ne vista come insie­me di espe­rien­ze in gra­do di con­tra­sta­re le logi­che eco­no­mi­che domi­nan­ti. Le uto­pie con­cre­te emer­go­no all’interno del capi­ta­li­smo e ope­ra­no per il suo supe­ra­men­to, ma solo a pat­to che esse ven­ga­no incor­po­ra­te «in una valu­ta­zio­ne cri­ti­ca di tipo mar­xi­sta dell’economia poli­ti­ca» (ibid.: 507) in gra­do di com­bi­na­re gli scrit­ti eco­no­mi­ci di Marx e la teo­ria del­la spe­ran­za di Bloch.

In ulti­mo, Mar­tell sot­to­li­nea come le uto­pie attua­li col­le­ghi­no i cam­bia­men­ti futu­ri a espe­ri­men­ti socia­li che si veri­fi­ca­no nel pre­sen­te. Rispon­den­do ai cri­ti­ci del pen­sie­ro uto­pi­co che le con­si­de­ra­no come la pre­mes­sa di solu­zio­ni auto­ri­ta­rie, Mar­tell sostie­ne che le uto­pie attua­li — evi­den­ti, ad esem­pio, nel­le comu­ni­tà inten­zio­na­li o nel­le libe­re uni­ver­si­tà — pos­sa­no rap­pre­sen­ta­re uno stru­men­to di cam­bia­men­to fon­da­to su azio­ni con­cre­te piut­to­sto che su rap­pre­sen­ta­zio­ni ideo­lo­gi­che del futu­ro (ibid.: 508).

Mon­ti­cel­li evi­den­zia come la teo­ria di Wright si carat­te­riz­zi per un ele­va­to gra­do di rea­liz­za­bi­li­tà e quel­la di Diner­stein per la capa­ci­tà di tra­sfor­ma­re la spe­ran­za da emo­zio­ne a pro­ble­ma poli­ti­co. La teo­ria di Mar­tell si col­lo­ca, inve­ce, a metà stra­da, evi­den­zian­do una natu­ra mate­ria­li­sti­ca (fat­ti­bi­li­tà) e un ele­va­to poten­zia­le eman­ci­pa­to­rio (ibid.). Le uto­pie rea­li, inter­sti­zia­li, con­cre­te e attua­li sono acco­mu­na­te da dif­fe­ren­ze teo­ri­che fuz­zy (quin­di non net­te ma smus­sa­te), dal momen­to che tut­te si «fon­da­no su for­me alter­na­ti­ve di ripro­du­zio­ne socia­le attra­ver­so pra­ti­che tra­sfor­ma­ti­ve quo­ti­dia­ne» (ibid.)

L’autrice pro­po­ne alcu­ni esem­pi empi­ri­ci: le pra­ti­che comu­ni­ta­rie di soli­da­rie­tà, le coo­pe­ra­ti­ve, i nuo­vi movi­men­ti socia­li, le pra­ti­che di cit­ta­di­nan­za atti­va. La loro impor­tan­za risie­de nell’essere pre­fi­gu­ra­ti­vi, ovve­ro nel met­te­re in atto solu­zio­ni “qui e ora” e nel pro­spet­ta­re il not yet per impat­ta­re sui mec­ca­ni­smi deci­sio­na­li e sull’agire col­let­ti­vo. Per chia­ri­re il ruo­lo del­la cul­tu­ra pre­fi­gu­ra­ti­va, Mon­ti­cel­li ripren­de da Mar­ga­ret Mead la meta­fo­ra del bam­bi­no inte­so come sog­get­to che agi­sce nel pre­sen­te ma è pro­iet­ta­to nel futu­ro. La cul­tu­ra pre­fi­gu­ra­ti­va, dun­que, si distin­gue dal­la cul­tu­ra post-figu­ra­ti­va, influen­za­ta dal pas­sa­to, e da quel­la con-figu­ra­ti­va, di natu­ra tran­si­to­ria e orien­ta­ta al pre­sen­te.

L’autrice si chie­de inol­tre qua­le sia il nuo­vo sog­get­to sto­ri­co rivo­lu­zio­na­rio e se si pos­sa anco­ra con­si­de­ra­re il pro­ces­so di tra­sfor­ma­zio­ne del siste­ma capi­ta­li­sti­co come una que­stio­ne poli­ti­ca. I movi­men­ti pre­fi­gu­ra­ti­vi devo­no ri-poli­ti­ciz­za­re ciò che non è poli­ti­ciz­za­to: la vita di tut­ti i gior­ni. È pro­prio que­sta ricon­cet­tua­liz­za­zio­ne che per­met­te di supe­ra­re il capi­ta­li­smo, deter­mi­nan­do l’eventuale suc­ces­so dei movi­men­ti pre­fi­gu­ra­ti­vi (pri­ma met­ti pre­fi­gu­ra­ti­vi ora pre-figu­ra­ti­vi, armo­niz­za­re). Per Mon­ti­cel­li è neces­sa­rio un cam­bia­men­to pro­gres­si­vo del­la real­tà capi­ta­li­sti­ca «che si ottie­ne attra­ver­so una “con­fi­gu­ra­zio­ne plu­ra­le di pra­ti­che” e pro­ces­si inte­rat­ti­vi di spe­ri­men­ta­zio­ne, rior­ga­niz­za­zio­ne e re-imma­gi­na­zio­ne» (ibid.: 509). Inol­tre, l’autrice pro­po­ne di costi­tui­re una socio­lo­gia ‘per’ e ‘dei’ movi­men­ti socia­li pre­fi­gu­ra­ti­vi, pro­po­nen­do un approc­cio inter­di­sci­pli­na­re il cui inten­to è sia peda­go­gi­co, sia prag­ma­ti­co.

La que­stio­ne chia­ve rima­ne come le stra­te­gie a livel­lo micro pos­so­no esse­re con­nes­se e coor­di­na­te per ave­re effet­ti macro. Que­sto aspet­to rap­pre­sen­ta la sfi­da mag­gio­re per il futu­ro del­le teo­rie radi­ca­li. È su que­sto aspet­to, che Mon­ti­cel­li anti­ci­pa sen­za chia­rir­lo, che si apro­no spa­zi per ulte­rio­ri ana­li­si.

2.   Dall’agen­cy al cam­bia­men­to

Il sag­gio di Mon­ti­cel­li pro­po­ne un approc­cio cri­ti­co al capi­ta­li­smo che ten­ta di spie­ga­re la que­stio­ne del cam­bia­men­to indot­to dai movi­men­ti cri­ti­ci. La sua inte­res­san­te pro­spet­ti­va va inte­gra­ta con un’attenzione rivol­ta alla capa­ci­tà di agen­cy degli atto­ri, dun­que all’elemento micro, vale a dire la capa­ci­tà «di com­pren­de­re le ope­ra­zio­ni di cri­ti­ca intra­pre­se dagli atto­ri» (Bol­tan­ski e Thé­ve­not, 2009: 315) e la loro rile­van­za per cam­bia­men­ti di tipo macro pro­dot­ti dai movi­men­ti di lot­ta.

Mon­ti­cel­li sem­bra con­sa­pe­vo­le del­la rile­van­za del rap­por­to micro-macro quan­do sot­to­li­nea che “è neces­sa­rio met­te­re da par­te il vec­chio dibat­ti­to se il cam­bia­men­to può esse­re rea­liz­za­to attra­ver­so stra­te­gie che mira­no a con­qui­sta­re il pote­re poli­ti­co e isti­tu­zio­na­le o attra­ver­so ini­zia­ti­ve dal bas­so, di tipo pre­fi­gu­ra­ti­vo” (ibid.: 515). La que­stio­ne però è più com­ples­sa e riman­da alla mutua influen­za tra pra­ti­che quo­ti­dia­ne e con­di­zio­na­men­ti strut­tu­ra­li. È quin­di oppor­tu­no fare rife­ri­men­to a stru­men­ti capa­ci di micro-fon­da­re le tra­sfor­ma­zio­ni siste­mi­che di cui par­la l’autrice. Uno sguar­do «micro-fon­da­ti­vo», ma non «micro-ridu­zio­ni­sta» (Bar­be­ra, 2004: 123), per­met­te di rico­strui­re la rela­zio­ne tra due dimen­sio­ni ana­li­ti­che indi­spen­sa­bi­li e inter­di­pen­den­ti. Per inte­gra­re i due aspet­ti, è oppor­tu­no uti­liz­za­re il model­lo del­la Cole­man Boat che «siste­ma­tiz­za in modo ele­gan­te una strut­tu­ra dell’analisi socio­lo­gi­ca che è già ben pre­sen­te nei clas­si­ci» (Bal­la­ri­no, 2005: 125).

La Cole­man Boat si com­po­ne di tre mec­ca­ni­smi che spie­ga­no i rap­por­ti tra dimen­sio­ne macro e dimen­sio­ne micro in una pro­spet­ti­va lon­gi­tu­di­na­le: il mec­ca­ni­smo situa­zio­na­le (M1 — m1), il mec­ca­ni­smo di for­ma­zio­ne dell’azione (m1 - m2), e il mec­ca­ni­smo di tra­sfor­ma­zio­ne (m2 - M2). Mon­ti­cel­li si con­cen­tra sul­la “logi­ca del­la situa­zio­ne” — come il con­te­sto macro-strut­tu­ra­le di oppor­tu­ni­tà, cre­den­ze e pre­fe­ren­ze degli atto­ri (Bar­be­ra, 2004: 92). Descri­ve la moda­li­tà di strut­tu­ra­zio­ne del­le azio­ni dei movi­men­ti socia­li in un’ottica che sem­bra deter­mi­na­ta da cam­bia­men­ti strut­tu­ra­li del siste­ma capi­ta­li­sti­co. Il pas­sag­gio a logi­che inter­sti­zia­li di tipo pre­fi­gu­ra­ti­vo dipen­de­reb­be dal­le nuo­ve carat­te­ri­sti­che del capi­ta­li­smo e dal­le sue cri­si cicli­che. Sareb­be quin­di, in ulti­ma ana­li­si, la sola capa­ci­tà ripro­dut­ti­va del siste­ma capi­ta­li­sti­co (la com­po­nen­te macro) a gene­ra­re il pas­sag­gio a M2, bloc­can­do l’azione dei movi­men­ti socia­li in un mec­ca­ni­smo situa­zio­na­le vizio­so.

 

Per supe­ra­re tale impas­se, una socio­lo­gia dei movi­men­ti pre­fi­gu­ra­ti­vi dovreb­be por­re atten­zio­ne sui mec­ca­ni­smi di for­ma­zio­ne di que­gli effet­ti aggre­ga­ti, impre­vi­sti, non volu­ti, che costi­tui­sco­no il pas­sag­gio dal­la cri­ti­ca dei sog­get­ti alla cri­ti­ca in for­ma aggre­ga­ta. La micro-fon­da­zio­ne degli effet­ti emer­gen­ti “per­met­te di col­le­ga­re le dimen­sio­ni «inten­zio­na­li» del pro­ces­so di for­ma­zio­ne dell’azione a quel­le «» del per­cor­so micro-macro” (Bar­be­ra, 2004: 123–124). Sareb­be quin­di oppor­tu­no con­cen­trar­si su quel­la che Bou­don defi­ni­sce “disag­gre­ga­zio­ne”: «[e]ssa con­si­ste nel cer­ca­re il model­lo micro­so­cio­lo­gi­co respon­sa­bi­le dell’effetto aggre­ga­to» (Bou­don, 1985: 77). Mon­ti­cel­li tra­scu­ra inve­ce que­sta ana­li­si disag­gre­ga­ta, col­le­gan­do l’evoluzione dei diver­si tipi di movi­men­to alla sola com­po­nen­te macro. Mec­ca­ni­smi macro effet­ti aggre­ga­ti del­le inte­ra­zio­ni dovreb­be­ro, inve­ce, esse­re mes­si in rela­zio­ne, allo sco­po di: «risol­ve­re tre sfi­de ben note del lega­me micro-macro in socio­lo­gia: la rela­zio­ne tra iden­ti­tà indi­vi­dua­le e iden­ti­tà col­let­ti­va, la rela­zio­ne tra inte­res­si indi­vi­dua­li e inte­res­si di grup­po, e la con­nes­sio­ne tra le moti­va­zio­ni indi­vi­dua­li e la costru­zio­ne di una socie­tà» (Bar­be­ra, 2021: 554).

Se, come ricor­da Bou­don, «le vie del muta­men­to sono irre­go­la­ri, [ma] non per que­sto […] incom­pren­si­bi­li» (Bou­don, 1985: 139), la loro tema­tiz­za­zio­ne è impor­tan­te, al fine di com­pren­de­re le azio­ni, i valo­ri e le for­me con­flit­tua­li che carat­te­riz­za­no il modo in cui i movi­men­ti inno­va­ti­vi si oppon­go­no al siste­ma.

Il sag­gio di Mon­ti­cel­li offre spun­ti di rifles­sio­ne per uno sguar­do cri­ti­co sul­la capa­ci­tà tra­sfor­ma­ti­ve dei movi­men­ti pre­fi­gu­ra­ti­vi. Que­sta pro­spet­ti­va per­met­te­reb­be di micro-fon­da­re i mec­ca­ni­smi di cam­bia­men­to atti­va­ti dall’anticapitalismo nel Ven­tu­ne­si­mo Seco­lo. Mon­ti­cel­li sem­bra con­sa­pe­vo­le del­le poten­zia­li­tà di svi­lup­po del­la sua pro­spet­ti­va quan­do scri­ve: “la que­stio­ne prin­ci­pa­le è come stra­te­gie a livel­lo micro e macro pos­sa­no esse­re con­nes­se per otte­ne­re l’obiettivo fina­le che fino a ora si è rive­la­to elu­si­vo. Que­sto rap­pre­sen­ta una del­le più gran­di sfi­de per il futu­ro del­la teo­ria radi­ca­le” (Mon­ti­cel­li, 2018: 515).

  1. Un esem­pio: Abue­las y Madres de Pla­za de Mayo

Cer­che­re­mo ora di veri­fi­ca­re l’applicabilità del­la pro­spet­ti­va pro­po­sta dal­la Mon­ti­cel­li, indi­vi­duan­do il caso del movi­men­to del­le Abue­las y Madres de Pla­za de Mayo come esem­pio di movi­men­to pre­fi­gu­ra­ti­vo uti­le per rispon­de­re al nostro que­si­to: qua­li sono i mec­ca­ni­smi che dal­la dimen­sio­ne micro (il cam­po d’azione degli atto­ri socia­li) pro­du­co­no effet­ti sul­la dimen­sio­ne macro (i risul­ta­ti­si­ste­mi­ci)? L’analisi di uno spe­ci­fi­co movi­men­to ser­ve a veri­fi­ca­re in che modo il muta­men­to socia­le si veri­fi­chi in «pro­ces­si socia­li par­zia­li e loca­li, data­ti e situa­ti» (Bou­don, 1985: 259).

La sto­ria dei desa­pa­re­ci­dos e del movi­men­to che, tutt’oggi, ne riven­di­ca la memo­ria ini­zia nel ’75, anno in cui Argen­ti­na, Para­guay, Uru­guay, Boli­via e Bra­si­le si asso­cia­ro­no nel Plan Con­dor, una stra­te­gia vol­ta all’eliminazione degli oppo­si­to­ri del­le dit­ta­tu­re mili­ta­ri (M1 – m1 nel model­lo del­la Cole­man Boat).
In Argen­ti­na non avven­ne solo una rimo­zio­ne fisi­ca del nemi­co, ma anche il ten­ta­ti­vo di eli­mi­nar­ne la memo­ria. La mor­te, di per sé, non anni­chi­li­sce il poten­zia­le di agen­cy dell’attore, poi­ché la sua memo­ria può influen­za­re le azio­ni altrui. Per la dit­ta­tu­ra Argen­ti­na, dun­que, era neces­sa­rio eli­mi­na­re il ricor­do dei desa­pa­re­ci­dos. Uno stru­men­to furo­no le ado­zio­ni dei figli dei dis­si­den­ti da par­te di mili­ta­ri e impren­di­to­ri vici­ni al regi­me. Que­sti, sosti­tuen­do­si ai geni­to­ri natu­ra­li, modi­fi­ca­ro­no l’identità dei figli adot­ti­vi per impe­di­re il recu­pe­ro del pro­get­to poli­ti­co dei geni­to­ri. Il pro­ces­so fu age­vo­la­to da una leg­ge del ’71 (pre­ce­den­te alla dit­ta­tu­ra) che impe­di­va agli adot­ta­ti di acce­de­re alle infor­ma­zio­ni bio­gra­fi­che dei geni­to­ri natu­ra­li. Inol­tre, i bam­bi­ni era­no con­si­de­ra­ti adot­ta­bi­li qua­lo­ra non fos­se sta­to pos­si­bi­le loca­liz­za­re i geni­to­ri, situa­zio­ne nel­la qua­le si tro­va­va­no i desa­pa­re­ci­dos (Val­lal­ta, 2009: 148–149).

Nel caso del movi­men­to del­le Abue­las y Madres si attuò un inso­li­to “pas­sag­gio di con­se­gne” del­le istan­ze di cam­bia­men­to dai figli alle madri. La mobi­li­ta­zio­ne con­tro la dit­ta­tu­ra mili­ta­re ricad­de su atto­ri socia­li che si disco­sta­va­no dall’idealtipo del gio­va­ne rivo­lu­zio­na­rio. Le ragio­ni che han­no con­tri­bui­to alla costi­tu­zio­ne di un sog­get­to poli­ti­co-col­let­ti­vo come quel­lo di Pla­za de Mayo sono com­ples­se e oscil­la­no tra la dimen­sio­ne col­let­ti­va e indi­vi­dua­le dell’azione socia­le. Le moti­va­zio­ni poli­ti­che incon­tra­no quel­le indi­vi­dua­li (ad esem­pio il dolo­re per la per­di­ta di una per­so­na cara) pro­du­cen­do un nuo­vo modo di inten­de­re l’azione col­let­ti­va e il ruo­lo del sin­go­lo atto­re (m1 – m2 nel model­lo del­la Cole­man  Boat).

Madri e non­ne si riu­ni­ro­no per la pri­ma vol­ta in Pla­za de Mayo nel ’97. Il dolo­re indi­vi­dua­le deter­mi­nò l’aggregazione del­le diver­se sog­get­ti­vi­tà all’interno del movi­men­to (Bor­land, 2006). Ini­zial­men­te l’aggregazione del­le don­ne di Pla­za de Mayo non era media­ta da tema­ti­che poli­ti­che, cosa che avven­ne, secon­do Bor­land, a par­ti­re dal ’86. In que­sto perio­do si svi­lup­pa quel­la che Mar­ta Vigno­la (2012: 150) defi­ni­sce «fami­glia poli­ti­ca», una fami­glia che, «sal­tan­do la sequen­za fami­lia­re», costi­tui­sce un baci­no di iden­ti­tà e memo­rie in cui ha agi­to un pro­ces­so di tra­sfor­ma­zio­ne dei rap­por­ti fami­lia­ri in rap­por­ti poli­ti­ci. Un figlio o un nipo­te ritro­va­to non era per­ce­pi­to come fat­to pri­va­to, ma come una ric­chez­za col­let­ti­va, un tas­sel­lo del­la sto­ria poli­ti­ca del­la comu­ni­tà argen­ti­na.

Il con­cet­to di fami­glia poli­ti­ca è deter­mi­nan­te per due aspet­ti. In pri­mo luo­go, ha per­mes­so che le nuo­ve gene­ra­zio­ni si sen­tis­se­ro vici­ne al movi­men­to. Que­sto sia per ragio­ni sto­ri­che, sia per­ché il pro­ces­so di iden­ti­fi­ca­zio­ne nel ruo­lo di mili­tan­te è deter­mi­na­to dall’essere un figlio o un nipo­te. Ciò com­por­ta una rap­pre­sen­ta­zio­ne del sé all’interno di un imma­gi­na­rio che è fami­lia­re e insie­me poli­ti­co. Le cate­go­rie del­la fami­glia poli­ti­ca han­no per­mes­so, inol­tre, al movi­men­to del­le abue­las di amplia­re le tema­ti­che con­flit­tua­li, tan­to da con­fi­gu­rar­si come movi­men­to no-glo­bal e con­tra­rio al libe­ra­li­smo eco­no­mi­co. Bor­land, ad esem­pio, sot­to­li­nea come i disoc­cu­pa­ti ven­ga­no defi­ni­ti dal movi­men­to come i nuo­vi desa­pa­re­ci­dos del siste­ma neo­li­be­ra­le, crean­do così una con­nes­sio­ne tra pas­sa­to e pre­sen­te.

Madri e non­ne, recu­pe­ran­do il pro­get­to poli­ti­co dei desa­pa­re­ci­dos e inclu­den­do a que­sto nuo­ve tema­ti­che, affer­ma­no di esse­re sta­te par­to­ri­te dai loro figli. A loro vol­ta i figli, affer­ma Vigno­la: ”dice­va­no di «par­to­ri­re i loro geni­to­ri», nel sen­so che con le loro azio­ni, vol­te al recu­pe­ro del­la pro­pria iden­ti­tà, resti­tui­va­no ai geni­to­ri la con­di­zio­ne di sog­get­to” (Vigno­la, 2012: 150–151). La meta­fo­ra del par­to (ibid.; Bor­land, 2016) evi­den­zia l’originalità del carat­te­re pre­fi­gu­ra­ti­vo (come inte­so da Mon­ti­cel­li) del movi­men­to di Pla­za de Mayo. La pro­ie­zio­ne dell’azione nel futu­ro avvie­ne in un pre­sen­te che dia­lo­ga costan­te­men­te con il pas­sa­to. Que­sto per­ché è la figu­ra del figlio, e non quel­la dei non­ni o geni­to­ri, a garan­ti­re il col­le­ga­men­to con il pas­sa­to.

Con Wright (2011), pos­sia­mo defi­ni­re il movi­men­to come inter­sti­zia­le.

Nel­la pri­ma fase, la pre­sen­za rei­te­ra­ta del­le madri in piaz­za rom­pe­va la quo­ti­dia­ni­tà del con­sen­so al regi­me, evi­den­zian­do­ne il carat­te­re repres­si­vo. Que­sta pra­ti­ca ha avu­to effet­ti macro, anzi­tut­to facen­do vacil­la­re il regi­me e con­tri­buen­do alla sua cadu­ta, in secon­do luo­go favo­ren­do la nasci­ta di un nuo­vo model­lo di ado­zio­ni, basa­to sul dirit­to degli adot­ta­ti di acce­de­re alle infor­ma­zio­ni rela­ti­ve ai geni­to­ri bio­lo­gi­ci. La fami­glia poli­ti­ca, nata come pra­ti­ca di rela­zio­ne e di pro­te­sta, ha dun­que avu­to effet­ti con­cre­ti sia sul movi­men­to (la pos­si­bi­li­tà di indi­vi­dua­re i nie­tos), sia sul­la socie­tà civi­le argen­ti­na e sui pro­ces­si di demo­cra­tiz­za­zio­ne (m- M2 nel model­lo del­la Cole­man Boat). Quan­do la dit­ta­tu­ra lascia spa­zio alla demo­cra­zia, le azio­ni inter­sti­zia­li pro­gres­si­va­men­te pro­du­co­no uto­pie attua­li (Mar­tell), come ad esem­pio l’Uni­ver­si­tà popo­la­re del­le madri di Pla­za de Mayo, diven­ta­to poi l’Isti­tu­to Uni­ver­si­ta­rio Nazio­na­le dei Dirit­ti Uma­ni Madri di Pla­za de Mayo (http://www.iunma.edu.ar/instituto/iunma_historia.html).

In con­clu­sio­ne, il movi­men­to mostra il poten­zia­le del­le ana­li­si di Mon­ti­cel­li, anche in chia­ve di ulte­rio­ri, pos­si­bi­li, svi­lup­pi. Le madri e le non­ne costi­tui­sco­no un tipo spe­ci­fi­co di movi­men­to pre­fi­gu­ra­ti­vo (rivol­to al futu­ro ma con uno sguar­do alle radi­ci fami­lia­ri inter­rot­te), atti­va­no uto­pie rea­li (come nell’esempio sopra cita­to) e con la loro disob­be­dien­za civi­le (human doing) han­no rap­pre­sen­ta­to uno dei pochi stru­men­ti di veri­tà nei con­fron­ti dei cri­mi­ni com­mes­si dal­la dit­ta­tu­ra. Il movi­men­to tra­sfor­ma pra­ti­che quo­ti­dia­ne, affet­ti, memo­rie, sen­ti­men­ti ed emo­zio­ni in moti­vo di lot­ta, atti­van­do una for­ma ine­di­ta di con­tra­sto pri­ma alla dit­ta­tu­ra, poi alle ingiu­sti­zie e alle disu­gua­glian­ze socia­li. Le madri sono sta­te in gra­do di crea­re frat­tu­re nel domi­nio appa­ren­te­men­te mono­li­ti­co del regi­me dit­ta­to­ria­le, mostran­do con la loro quo­ti­dia­na pre­sen­za in Pla­za de Mayo l’insensatezza di una for­ma di pote­re vio­len­to e inu­ma­no. Dopo la cadu­ta del regi­me, han­no tra­sfor­ma­to in comu­ni­tà di pro­te­sta di tipo poli­ti­co l’originaria comu­ni­tà di pra­ti­che e di memo­rie, tra­sfor­man­do i lega­mi di san­gue inter­rot­ti dal regi­me in lega­mi poli­ti­ci di oppo­si­zio­ne al neo­ca­pi­ta­li­smo e alla cre­sci­ta del­le disu­gua­glian­ze socia­li ed eco­no­mi­che. Han­no inol­tre atti­va­to pra­ti­che eco­no­mi­che alter­na­ti­ve di inclu­sio­ne, dimo­stran­do la for­za di una for­ma nuo­va di azio­ne col­let­ti­va.  Le testi­mo­nian­ze come ele­men­to di disob­be­dien­za e le pra­ti­che a que­ste con­nes­se han­no rap­pre­sen­ta­to una moda­li­tà micro per atti­va­re cam­bia­men­ti macro, dimo­stran­do nel­la pra­ti­ca la neces­si­tà di dare rile­van­za teo­ri­ca al rap­por­to tra micro-pra­ti­che (agen­cy) e cam­bia­men­to socia­le.

 

Rife­ri­men­ti biblio­gra­fi­ci

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