9

Agosto
9 Agosto 2024

MONDIALI 1974: IL TERRORE DI MOBUTU

0 CommentI
33 visualizzazioni
9 min

Dopo la lunga amministrazione belga, il leader della corrente indipendentista della Repubblica Democratica del Congo, Lumumba, divenne primo ministro il 24 giugno 1960. Egli perseguì una politica antimperialista, anticolonialista, filocomunista e mirava a una maggiore giustizia sociale e autonomia del paese. Il generale Mobutu fece arrestare il primo ministro con un colpo di Stato appoggiato dal Belgio e dalla CIA, così Lumumba e alcuni dei suoi fedeli furono giustiziati il 17 gennaio 1961. Iniziò una lunga dittatura fatta di povertà e sofferenza per la popolazione: lo Zaire, così venne nominato lo Stato africano dal 1971, fu governato dal Movimento Popolare della Rivoluzione come partito unico a partire dal 1970.

Mobutu era un grande appassionato di calcio. Per lui non rappresentava soltanto una passione sportiva,ma anche uno strumento di propaganda con cui amministrare e aumentare il proprio potere. Grazie a numerosi investimenti, con il denaro di Stato, il regime rileva i contratti dei giocatori dello Zaire che giocavano fuori dalla nazione, quasi tutti nel campionato belga, e li fa tesserare nelle squadre locali più quotate come il Mazembe e il Vita Club. Questi investimenti si rivelano proficui non solo perché negli anni successivi entrambi i club vincono la coppa dei campioni africana, ma anche perché la nazionale dello Zaire vince la coppa d’Africa nel 1968 e nel marzo 1974, pochi mesi prima di giocare il mondiale di Germania Ovest. Nel percorso di qualifica ai mondiali, lo Zaire batte altre nazioni africane come Togo, Camerun e Marocco, dimostrando una certa superiorità e un certo ottimismo in vista della coppa del mondo in terra tedesca. Dopo aver ottenuto la qualificazione, i calciatori della nazionale vennero invitati al palazzo presidenziale: in quell’occasione Mobutu consegnò a ognuno di loro delle buste piene di soldi,promettendo come regali una casa e un’automobile in caso di un buon risultato ai Mondiali. Mobutu sapeva che la sua squadra era una delle più deboli tra le sedici qualificate, ma chiese comunque ai calciatori di difendere l’orgoglio e la dignità della nazione, che si identificava in tutto e per tutto con la sua persona.

Assegnato al gruppo 2 con Jugoslavia, Scozia e Brasile, lo Zaire arriva in Germania Ovest con una buona dose di entusiasmo e di determinazione nel conquistare un risultato dignitoso. I giocatori ancora non sanno però, che nonostante i soldi e le promesse, li aspettano dei momenti di paura e sconforto. Dopo la prima partita contro gli scozzesi, terminata con una sconfitta per 2–0, Mobutu si arrabbiò molto. Minacciò di non pagare gli stipendi e di non assegnare i premi promessi, provocando una dura reazione da parte della squadra con alcuni giocatori che inizialmente si rifiutarono di scendere in campo nelle partite successive. Ma poi giocarono: era Mobutu, ed era arrabbiato, non era opportuno peggiorare la situazione.

Nella seconda partita la situazione degenerò: la Jugoslavia non si pose limiti e sconfisse lo Zaire per 9–0. Secondo quanto racconta il giornalista Federico Buffa, sul risultato di 3–0 dopo solo tredici minuti arrivò una telefonata da Kinshasa che obbligava l’allenatore Blagoje Vidinic, tra l’altro jugoslavo, a sostituire il portiere titolare uscito in lacrime. Non che il secondo fece molto meglio, subì altri sei gol di cui tre nel resto del primo tempo. Il generale decise allora di volare lui stesso in Germania e, accompagnato da alcuni funzionari, ebbe un incontro diretto con i giocatori e l’allenatore della nazionale. Essi dettero ordini precisi per la partita successiva: minacciarono i giocatori dicendo che se avessero subito più di tre gol,quelli necessari al Brasile per superare il turno, avrebbero subito gravi ritorsioni. Terrorizzati, i calciatori dello Zaire scesero in campo contro il fortissimo Brasile, campione del mondo in carica. Ciò nonostante, dopo due pareggi, il Brasile aveva bisogno di segnare tre gol senza subirne per passare alla fase successiva. Dopo i gol dei brasiliani Jairzinho, Rivelino e Valdomiro la partita sembra avviarsi verso il finale che ci si aspettava, ma a circa dieci minuti alla fine della partita avviene un episodio che resterà nella storia del torneo e che è indicativo del clima di terrore che vivevano i calciatori e tutti i cittadini del Congo dell’epoca. Viene assegnato un calcio di punizione per i verdeoro al limite dell’area, sul pallone va il numero 7 Rivelino pronto a segnare il quarto gol della gara. Prima che l’arbitro fischiasse, però, si staccò dalla barriera dello Zaire il numero due Mwepu Ilunga: si diresse verso Rivelino e calciò il pallone lontano di almeno cinquanta metri. L’arbitro della partita, il romeno Nicolae Rainea, ammonì il difensore dello Zaire. Mwepu Ilunga si rivolse verso di lui allargando le braccia, come fosse incredulo per la sua decisione di ammonirlo: sembrava essere in uno stato di grossa confusione.La partita finì tre a zero ma i calciatori di quella nazionale non ebbero vita facile al ritorno, alcuni di loro vennero emarginati e finirono in uno stato di povertà.

La verità su quel calcio di punizione venne fuori molti anni dopo, Mwepu venne deriso da chi non sapeva cosa stessero passando i calciatori e i cittadini dello Zaire. Nel 1990 ci fu un’apertura democratica con l’introduzione del parlamento, ma il paese dovette subire la dittatura di Mobutu per molti anni fino a quando, nel 1996, fu costretto a fuggire dal paese dopo lo scoppio della Prima guerra del Congo.Sarà Mwepu a fare più chiarezza sull’episodio in un’intervista alla BBC: «Pensavamo che saremmo diventati ricchi, appena tornati in Africa, ma dopo la prima sconfitta venimmo a sapere che non saremmo mai stati pagati e quando perdemmo 9 a 0 contro la Jugoslavia gli uomini di Mobutu ci vennero a minacciare. Se avessimo perso con più di tre gol di scarto col Brasile, ci dissero, nessuno di noi sarebbe tornato a casa».Mobutu sfruttò il calcio per la sua propaganda politica; non fu né l’unico né il primo a farlo. Come racconta lo storico Alessandro Barbero, diversi soldati italiani al fronte durante la Prima Guerra Mondiale nelle loro lettere ai familiari chiedevano notizie sul calcio. Il futuro Duce, Benito Mussolini, capì le potenzialità anche politiche di questo sport e le sfruttò per rafforzare la propria immagine e quella dell’Italia. Un altro esempio calzante è quello di Jorge Rafael Videla: arrivato al potere con un colpo di Stato in Argentina, instaurò una brutale dittatura famosa per i cosiddetti “desaparecidos”, migliaia di persone considerate pericolose per il regime che sparirono nel nulla. Egli sfruttò il mondiale casalingo del 1978 per mostrare un’immagine pulita del paese e per rafforzare il consenso interno. Il suo regime tuttavia finirà nel giro di pochi anni, quando nel 1981 venne destituito.

Bibliografia:

-Il Post, lo Zaire ai mondiali, di Francesco Marinelli, 23/06/2014

-Radio Bullets, Zaire 1974-Una questione di vita o di morte, di Giuliano Terenzi, 21/06/2020 

Condividi:
I commenti sono chiusi