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Giugno
3 Giugno 2024

LO SMAR­RI­MEN­TO DEL­L’OC­CI­DEN­TE

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In segui­to all’invasione rus­sa dell’Ucraina nel feb­bra­io 2022 l’Occidente ha avu­to un momen­to di uni­tà che non ave­va avu­to dal­la fine del­la guer­ra fred­da. Gli Sta­ti Uni­ti e i loro allea­ti in Euro­pa e in Asia si sono uni­ti nel­la con­dan­na dell’invasione e nel soste­gno mili­ta­re, finan­zia­rio e uma­ni­ta­rio all’Ucraina. Si è riu­sci­to anche a coor­di­na­re una serie di misu­re eco­no­mi­che vol­te a inde­bo­li­re la Rus­sia e a dis­sua­de­re i suoi allea­ti dal soste­ner­la. Il G7 non è mai sta­to così effi­cien­te ed ese­cu­ti­vo. L’unità in Euro­pa su una que­stio­ne sto­ri­ca­men­te divi­si­va come le rela­zio­ni con la Rus­sia ha desta­to qua­si stu­po­re tra gli stes­si lea­der poli­ti­ci, inau­gu­ran­do, stan­do alla reto­ri­ca uti­liz­za­ta per l’occasione, una gran­de svol­ta – ‘Zei­te­n­wen­de’ – che, secon­do il Can­cel­lie­re tede­sco Olaf Scholz, potreb­be por­ta­re alla tra­sfor­ma­zio­ne del­la sicu­rez­za e del­la geo­gra­fia euro­pee.

Tan­to pro­fon­do è il cam­bia­men­to geo­po­li­ti­co, anco­ra in cor­so, del con­ti­nen­te euro­peo e dell’Alleanza atlan­ti­ca, quan­to sem­bra fra­gi­le la loro influen­za sul mon­do. L’Occidente, però, alla fine non è riu­sci­to a mobi­li­ta­re il soste­gno glo­ba­le spe­ra­to per l’Ucraina e, con la rispo­sta di Israe­le all’attacco di Hamas del 7 otto­bre 2023, l’opinione pub­bli­ca inter­na­zio­na­le si è anzi rivol­ta­ta con­tro un Occi­den­te con­si­de­ra­to ege­mo­ne, ipo­cri­ta, e dispo­sto a sfrut­ta­re e distor­ce­re le rego­le e i prin­ci­pi del dirit­to inter­na­zio­na­le a pro­prio pia­ci­men­to.

Intor­no ai due con­flit­ti si sono svi­lup­pa­te nar­ra­zio­ni con­trap­po­ste e asso­lu­ti­ste. I lea­der occi­den­ta­li li vedo­no come uno scon­tro tra il mon­do libe­ra­le e demo­cra­ti­co da una par­te e l’autoritarismo e i suoi soste­ni­to­ri illi­be­ra­li dall’altra. Secon­do la Rus­sia e la Cina, inve­ce, l’Occidente è in un decli­no rea­le e mora­le irre­ver­si­bi­le. Lo accu­sa­no di soste­ne­re un mul­ti­la­te­ra­li­smo di fac­cia­ta, di usa­re la demo­cra­zia come pre­te­sto per crea­re allean­ze basa­te sull’interesse, e ora vie­ne puni­to per la sua arro­gan­za ed ege­mo­nia sto­ri­che.

Ciò che ha spiaz­za­to mol­ti in Occi­den­te, al di là dei lea­der poli­ti­ci, è sta­to sco­pri­re che la pro­pa­gan­da rus­sa e cine­se ave­va eco nell’opinione pub­bli­ca glo­ba­le. Con umil­tà, si è ini­zia­to a guar­dar­si allo spec­chio.

Lo smar­ri­men­to dell’Occidente – o Westles­sness, come lo ha chia­ma­to la Munich Secu­ri­ty Con­fe­ren­ce nel 2020 – ha radi­ci più pro­fon­de degli even­ti bel­li­ci degli ulti­mi anni, ed è il risul­ta­to di ten­den­ze com­ples­se sia inter­na­zio­na­li, sia inter­ne alle socie­tà occi­den­ta­li. Con la fine dell’eccezionalismo e dell’egemonia ame­ri­ca­na, che ha ben ser­vi­to anche la pace e la pro­spe­ri­tà in Euro­pa, mol­ti nodi stan­no venen­do al pet­ti­ne. Per fare ordi­ne biso­gna però usci­re dal­le logi­che bina­rie che carat­te­riz­za­no le poli­ti­che e le nar­ra­zio­ni domi­nan­ti.

Il trend glo­ba­le è quel­lo di un decli­no rela­ti­vo dell’Occidente – in ter­mi­ni di popo­la­zio­ne e di pote­re eco­no­mi­co – a cui non cor­ri­spon­de neces­sa­ria­men­te una rela­ti­va ces­sa­zio­ne del pote­re poli­ti­co. L’Occidente con­ti­nua a eser­ci­ta­re un soft power che non ha riva­li, anche se alcu­ni pae­si emer­gen­ti diven­ta­no sem­pre più influen­ti. La fine dell’unipolarità ha inne­sca­to una com­pe­ti­zio­ne tra Sta­ti Uni­ti e Cina, accen­tua­ta dal­la pan­de­mia e dai con­flit­ti, la cui tra­iet­to­ria ten­de a por­ta­re a una bifor­ca­zio­ne del­le rela­zio­ni inter­na­zio­na­li. Da qui le visio­ni mani­chee e con­trap­po­ste che carat­te­riz­za­no la reto­ri­ca poli­ti­ca, e anche lo spiaz­za­men­to di chi non ade­ri­sce a una nuo­va ver­sio­ne, tec­no­lo­gi­ca­men­te avan­za­ta e più inter­con­nes­sa, del­la guer­ra fred­da.

Al con­tem­po, un Occi­den­te in decli­no e una Cina più asser­ti­va han­no lascia­to vuo­ti di pote­re che ven­go­no sfrut­ta­ti dal­le poten­ze regio­na­li, crean­do spa­zi per con­flit­ti e vio­len­ze soprat­tut­to in Medio Orien­te e in Afri­ca. Le dina­mi­che mul­ti­po­la­ri e la debo­lez­za del siste­ma inter­na­zio­na­le per­met­to­no ad atto­ri avven­tu­ri­sti di coglie­re l’occasione di cam­bia­re lo sta­tus quo. In que­sto con­te­sto, i lea­der del­le poten­ze emer­gen­ti stan­no pro­muo­ven­do stru­men­ti di gover­nan­ce inter­na­zio­na­le alter­na­ti­vi al siste­ma mes­so in pie­di a par­ti­re dal­la fine del­la secon­da guer­ra mon­dia­le, dall’ONU al Fon­do Mone­ta­rio Inter­na­zio­na­le, dan­do vita a rag­grup­pa­men­ti come i BRICS (Bra­si­le, Rus­sia, India, Cina, Sud Afri­ca, recen­te­men­te allar­ga­to a Egit­to, Etio­pia, Iran, ed Emi­ra­ti Ara­bi Uni­ti) o la Ban­ca Asia­ti­ca d’In­ve­sti­men­to per le infra­strut­tu­re.

Que­ste dina­mi­che inter­na­zio­na­li fan­no da sfon­do alle con­te­sta­zio­ni dell’Occidente che pro­ven­go­no dall’interno del­la socie­tà. Il cata­lo­go di accu­se è lun­go e vie­ne sia dai movi­men­ti sovra­ni­sti di destra sia da quel­li ter­zo­mon­di­sti di sini­stra.

L’accusa più comu­ne rivol­ta all’Occidente è quel­la di usa­re ipo­cri­ta­men­te due pesi e due misu­re. Essa fa rife­ri­men­to al dirit­to inter­na­zio­na­le e al ruo­lo che gli Sta­ti Uni­ti e i loro allea­ti han­no nel­le que­stio­ni che deter­mi­na­no la pace e la guer­ra a livel­lo mon­dia­le. La tesi occi­den­ta­le sul­la neces­si­tà di soste­ne­re l’Ucraina nel con­tra­sta­re la vio­la­zio­ne del­la sua inte­gri­tà ter­ri­to­ria­le è sta­ta com­pa­ra­ta agli inter­ven­ti mili­ta­ri in Iraq, Libia e Siria. Ana­lo­ga­men­te, l’Occidente vie­ne tac­cia­to di ipo­cri­sia quan­do non inter­vie­ne in altri con­flit­ti glo­ba­li, mani­fe­stan­do così la sua incoe­ren­za e un uso selet­ti­vo del dirit­to inter­na­zio­na­le.

Un’altra tema­ti­ca incri­mi­nan­te è sta­ta la gestio­ne del­la pan­de­mia da Covid, dove la reto­ri­ca occi­den­ta­le sui beni comu­ni glo­ba­li – glo­bal public com­mons – è venu­ta meno di fron­te alla ricer­ca di for­ni­tu­re sani­ta­rie e alla distri­bu­zio­ne dei vac­ci­ni per scon­giu­ra­re il peri­co­lo rap­pre­sen­ta­to dal virus. Non solo: gli sta­ti occi­den­ta­li han­no potu­to acce­de­re a risor­se pub­bli­che per soste­ne­re i costi eco­no­mi­ci del­la pan­de­mia che i pae­si a bas­so e medio red­di­to non ave­va­no, un fat­to che ha accen­tua­to le dise­gua­glian­ze glo­ba­li.

Ven­go­no mos­se accu­se simi­li sul­la que­stio­ne ambien­ta­le. I pae­si emer­gen­ti affer­ma­no il loro dirit­to allo svi­lup­po indu­stria­le ed eco­no­mi­co e con­te­sta­no il modo in cui vie­ne attri­bui­ta la respon­sa­bi­li­tà per argi­na­re il cam­bia­men­to cli­ma­ti­co. Inol­tre, l’Occidente ric­co è accu­sa­to di per­se­gui­re poli­ti­che neo­co­lo­nia­li. Un esem­pio è l’accusa mos­sa dall’Indonesia all’Unione euro­pea di “impe­ria­li­smo rego­la­men­ta­re” rispet­to ai ten­ta­ti­vi euro­pei di impor­re limi­ti alla defo­re­sta­zio­ne per la col­ti­va­zio­ne di pal­me da olio. Ciò che agli euro­pei appa­re pro­gres­si­sta e ambien­ta­li­sta vie­ne visto come impe­ria­li­sta e con­tra­rio allo svi­lup­po dei pae­si eco­no­mi­ca­men­te meno abbien­ti.

Le poli­ti­che restrit­ti­ve dell’Occidente sul­le migra­zio­ni sono for­se il tema che più met­te in luce la diver­gen­za tra la reto­ri­ca occi­den­ta­le sui dirit­ti uma­ni e la pras­si di con­tra­sta­re in tut­ti i modi l’arrivo di migran­ti e rifu­gia­ti. Non solo le poli­ti­che occi­den­ta­li si sono ina­spri­te met­ten­do in peri­co­lo la vita di chi viag­gia, ma spes­so sono carat­te­riz­za­te da discri­mi­na­zio­ni raz­zia­li. In Euro­pa i rifu­gia­ti ucrai­ni han­no avu­to un’accoglienza diver­sa dai rifu­gia­ti afga­ni e siria­ni; negli Sta­ti Uni­ti di Trump l’immigrazione di musul­ma­ni ven­ne tem­po­ra­nea­men­te bloc­ca­ta; l’Australia ha adot­ta­to poli­ti­che di esclu­sio­ne degli immi­gra­ti afri­ca­ni.

Que­ste poli­ti­che, posi­zio­ni, con­trad­di­zio­ni e ambi­gui­tà riflet­to­no anche cri­si inter­ne alle socie­tà. Si discu­te mol­to del­le con­se­guen­ze eco­no­mi­che e cul­tu­ra­li del­la glo­ba­liz­za­zio­ne, cau­sa secon­do mol­ti di una pro­te­sta poli­ti­ca basa­ta su per­ce­zio­ni di disu­gua­glian­za e ingiu­sti­zia (i movi­men­ti anti-auste­ri­ty, ad esem­pio) oppu­re basa­ta su istan­ze iden­ti­ta­rie, nazio­na­li­ste, e con­tro l’immigrazione. Quest’ultimo sen­ti­men­to è al cuo­re dell’ascesa del­la destra popu­li­sta, radi­ca­le e illi­be­ra­le in Euro­pa e negli Sta­ti Uni­ti, dei cui effet­ti si discu­te­rà più avan­ti.

Il ful­cro del­lo smar­ri­men­to dell’Occidente si tro­va però nel­la cri­si glo­ba­le del­la demo­cra­zia. Secon­do il gran­de poli­to­lo­go sta­tu­ni­ten­se Lar­ry Dia­mond, sono qua­si due decen­ni che la demo­cra­zia è sot­to scac­co a livel­lo glo­ba­le. In pri­mo luo­go, sono in aumen­to i rove­scia­men­ti dei siste­mi demo­cra­ti­ci, sia tra­mi­te col­pi di Sta­to che con la degra­da­zio­ne del­le demo­cra­zie fra­gi­li. Dal 2020, ad esem­pio, l’Africa ha subi­to otto col­pi di Sta­to mili­ta­ri. Mol­te demo­cra­zie fra­gi­li han­no visto dete­rio­ra­men­ti impor­tan­ti. Tra il 2010 e il 2020 i pae­si che, secon­do le clas­si­fi­che inter­na­zio­na­li, han­no subi­to il mag­gior decli­no sono Tur­chia, Nica­ra­gua, Ser­bia, Polo­nia, Bra­si­le, Slo­ve­nia, Boli­via, Benin, Unghe­ria e Mau­ri­tius. Alcu­ni pae­si, inve­ce, han­no visto cam­bia­men­ti posi­ti­vi, come la Polo­nia. È da sot­to­li­nea­re che con­si­de­ria­mo mol­ti di que­sti pae­si come facen­ti par­te dell’Occidente. Infat­ti, è in Occi­den­te che le demo­cra­zie regi­stra­no i decli­ni più mar­ca­ti, sia dal pun­to di vista for­ma­le rispet­to alle isti­tu­zio­ni demo­cra­ti­che, sia a cau­sa del­la pola­riz­za­zio­ne poli­ti­ca.

Infi­ne, i regi­mi auto­ri­ta­ri si stan­no con­so­li­dan­do inter­na­men­te uti­liz­zan­do a que­sto fine una repres­sio­ne più pro­fon­da, la guer­ra (il caso del­la Rus­sia), e la tec­no­lo­gia di sor­ve­glian­za auto­ri­ta­ria (il caso del­la Cina, che espor­ta la sua tec­no­lo­gia). Secon­do l’organizzazione V‑Dem, che moni­to­ra l’andamento demo­cra­ti­co nel mon­do, 2 miliar­di e mez­zo di per­so­ne vivo­no in un regi­me auto­ri­ta­rio.

La con­te­sta­zio­ne del­la demo­cra­zia e dei suoi prin­ci­pi libe­ra­li, dun­que, avvie­ne su quat­tro dimen­sio­ni diver­se: all’interno del­le socie­tà che han­no godu­to di decen­ni di liber­tà per­so­na­li e isti­tu­zio­ni demo­cra­ti­che; nei pae­si più fra­gi­li dove gli atto­ri demo­cra­ti­ci sono sta­ti mar­gi­na­liz­za­ti, esau­to­ra­ti, per­se­gui­ta­ti e assas­si­na­ti; a cau­sa dell’interferenza sem­pre più pesan­ti negli affa­ri inter­ni dei pae­si demo­cra­ti­ci, tra­mi­te la disin­for­ma­zio­ne, lo spio­nag­gio, e ten­ta­ti­vi di influen­za­re le cam­pa­gne elet­to­ra­li (ad esem­pio il refe­ren­dum bri­tan­ni­co per lascia­re l’Unione euro­pea); e infi­ne nel­le rela­zio­ni inter­na­zio­na­li, con il cre­scen­te disor­di­ne glo­ba­le e la vio­la­zio­ne dei prin­ci­pi del dirit­to inter­na­zio­na­le, come in Ucrai­na e nei ter­ri­to­ri pale­sti­ne­si.

In que­sto con­te­sto di disor­di­ne, la destra radi­ca­le e popu­li­sta tro­va ampi spa­zi per accre­sce­re il pro­prio pote­re sia nei pro­pri pae­si, sia altro­ve. Il caso emble­ma­ti­co di mag­gior suc­ces­so è quel­lo di Vik­tor Orbán in Unghe­ria che, per con­so­li­da­re la pro­pria posi­zio­ne al pote­re, ha pro­gres­si­va­men­te esau­to­ra­to le isti­tu­zio­ni, le rego­le e la pra­ti­ca stes­sa del­la demo­cra­zia. Orbán è in gra­do di mina­re la poli­ti­ca este­ra dell’Unione euro­pea e ha indi­riz­za­to quel­la del pro­prio pae­se ver­so allea­ti inter­na­zio­na­li alli­nea­ti su posi­zio­ni simi­li e sull’opportunismo eco­no­mi­co. Tra i suoi ami­ci figu­ra­no Donald Trump, Ben­ja­min Neta­nya­hu e il pre­si­den­te ser­bo Ale­xan­dar Vučić. In un discor­so tenu­to alla Con­fe­ren­za per l’azione poli­ti­ca con­ser­va­tri­ce a Buda­pe­st il 25 apri­le 2024, Orbán ha reso espli­ci­to il lega­me tra le dina­mi­che glo­ba­li e la sua cau­sa anti­li­be­ra­le: “I pro­gres­si­sti libe­ra­li sen­to­no il peri­co­lo. Cam­bia­re que­sta epo­ca signi­fi­ca sosti­tuir­li”.

L’ascesa del­la destra radi­ca­le e popu­li­sta è quin­di una con­se­guen­za dell’indebolimento del­la demo­cra­zia, non la cau­sa. Ciò det­to, una vol­ta al pote­re essa stes­sa si ado­pe­ra per sman­tel­la­re le isti­tu­zio­ni demo­cra­ti­che e i prin­ci­pi su cui si fon­da­no le demo­cra­zie dal­la Secon­da guer­ra mon­dia­le e gra­zie ai qua­li le destre illi­be­ra­li sono sali­te al pote­re.

Lo smar­ri­men­to dell’Occidente non è dovu­to sola­men­te alle cro­cia­te ultra­con­ser­va­tri­ci con­tro i dirit­ti del­le don­ne, LGB­T­QIA+, degli stra­nie­ri e, in gene­ra­le, con­tro il cosid­det­to ‘wokei­sm’ che tan­to osses­sio­na i lea­der del­la destra illi­be­ra­le. Anche a sini­stra ci sono movi­men­ti di con­te­sta­zio­ne e di revi­sio­ne del­le poli­ti­che, più che dei prin­ci­pi fon­dan­ti, del­le demo­cra­zie occi­den­ta­li. Il mon­do acca­de­mi­co ame­ri­ca­no, tra­di­zio­nal­men­te il por­ta­ban­die­ra dei valo­ri illu­mi­na­ti e pro­gres­si­sti, è sot­to attac­co, ma non solo da par­te del­la destra illi­be­ra­le. I nuo­vi movi­men­ti che chie­do­no più inclu­si­vi­tà nell’espressione del­le diver­si­tà di gene­re e cul­tu­ra­li si tro­va­no sem­pre più spes­so ad esse­re anta­go­ni­sti del­la vec­chia guar­dia che è sta­ta pio­nie­ra del­la pro­mo­zio­ne del­la giu­sti­zia socia­le e dei dirit­ti del­le don­ne. I vec­chi movi­men­ti cul­tu­ra­li che han­no cam­bia­to il mon­do dopo il 1968 subi­sco­no la con­te­sta­zio­ne dei nuo­vi movi­men­ti che dan­no un’impronta iden­ti­ta­ria alla riven­di­ca­zio­ne dei pro­pri dirit­ti.

In que­sto qua­dro si pre­sen­ta un’altra auto­cri­ti­ca: la rifles­sio­ne sto­ri­ca sul­le respon­sa­bi­li­tà occi­den­ta­li rispet­to al colo­nia­li­smo e alla schia­vi­tù. Que­ste rifles­sio­ni si inter­se­ca­no negli Sta­ti Uni­ti con i movi­men­ti di pro­te­sta come il #Blac­kLi­ve­sMat­ter con­tro la vio­len­za raz­zia­le del­la poli­zia, o con quel­li che chie­do­no la sosti­tu­zio­ne dei monu­men­ti dedi­ca­ti a per­so­nag­gi sto­ri­ci coin­vol­ti nel­lo sfrut­ta­men­to del­la schia­vi­tù e nel colo­nia­li­smo. Tra­mi­te que­sti movi­men­ti, il filo­ne di teo­ria e cri­ti­ca post­co­lo­nia­le – fino a pochi anni fa più acca­de­mi­co che poli­ti­co – ini­zia a influen­za­re il dibat­ti­to in diver­si pae­si del mon­do, fino a tro­va­re una con­ver­gen­za nel­la pro­te­sta con­tro il soste­gno inter­na­zio­na­le alla guer­ra israe­lia­na con­tro Hamas e il popo­lo pale­sti­ne­se, che men­tre scri­vo que­sta nota, nel­la pri­ma­ve­ra del 2024, pren­de for­za nel­le uni­ver­si­tà ame­ri­ca­ne e altro­ve.

Tut­ta­via, ci sono alcu­ne con­se­guen­ze para­dos­sa­li nel­la tra­du­zio­ne poli­ti­ca di alcu­ne idee nate negli stu­di post­co­lo­nia­li che con­tri­bui­sco­no allo smar­ri­men­to dell’Occidente. La cri­ti­ca all’interventismo occi­den­ta­le all’estero con­du­ce a una logi­ca di foca­liz­za­zio­ne sul­la poli­ti­ca inter­na a sca­pi­to del­la poli­ti­ca este­ra. Mol­ti, nel­la sini­stra glo­ba­le, spin­go­no ver­so una mag­gio­re atten­zio­ne alle demo­cra­zie nazio­na­li che a quel­le che si tro­va­no fuo­ri dai con­fi­ni, con­cen­tran­do­si sul­le dina­mi­che poli­ti­che inter­ne piut­to­sto che su quel­le inter­na­zio­na­li. Il ragio­na­men­to è que­sto: se le nostre demo­cra­zie han­no pro­dot­to effet­ti nefan­di nel mon­do, dagli impe­ri colo­nia­li al cam­bia­men­to di regi­me in Iraq, dal­la schia­vi­tù a un nuo­vo apar­theid in Israe­le, è meglio fare un pas­so indie­tro e allon­ta­nar­si dal­la poli­ti­ca inter­na­zio­na­le.

A destra, seguen­do logi­che e ragio­na­men­ti com­ple­ta­men­te diver­si, si giun­ge a con­clu­sio­ni simi­li. L’interesse del­la destra radi­ca­le è man­te­ne­re il con­sen­so sul­la base di ideo­lo­gie nazio­na­li­ste, spes­so etno-nazio­na­li­ste e xeno­fo­be. A que­sto fine, la poli­ti­ca este­ra si deve fon­da­re esclu­si­va­men­te sugli inte­res­si nazio­na­li, non su prin­ci­pi eti­ci o sull’identificazione di beni pub­bli­ci glo­ba­li. Il siste­ma e il dirit­to inter­na­zio­na­le e la par­te­ci­pa­zio­ne ad orga­niz­za­zio­ni inter­na­zio­na­li come l’Unione euro­pea o la NATO, sono secon­da­rie rispet­to all’autodeterminazione nazio­na­le. La logi­ca di Donald Trump e del suo slo­gan Make Ame­ri­ca Great Again (MAGA) è che il cen­tro del mon­do è il pro­prio pae­se – il resto del mon­do può ser­vi­re solo l’interesse nazio­na­le.

Entram­be que­ste dina­mi­che con­du­co­no a un Occi­den­te intro­ver­so e pola­riz­za­to. I regi­mi auto­ri­ta­ri appro­fit­ta­no del suo inde­bo­li­men­to e fan­no costan­te­men­te uso del­le idee nazio­na­li­ste e post­co­lo­nia­li per legit­ti­ma­re le pro­prie poli­ti­che. E in que­sta situa­zio­ne, l’Occidente ha smar­ri­to la bus­so­la per ripen­sar­si in un mon­do che è più diver­so e più allar­ga­to di quel­lo che ave­va tro­va­to alla fine del­la Guer­ra Fred­da.

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