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Agosto
9 Agosto 2024

IL DRAM­MA DEI MIGRAN­TI AL CEN­TRO DEL­LA CRI­SI ABI­TA­TI­VA IN ITA­LIA

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Imma­gi­na­te di vive­re in un pae­se stra­nie­ro. Di sen­ti­re che la vostra vita è sospe­sa e muti­la­ta di anni pre­zio­si a cau­sa del­le este­nuan­ti atte­se del­la buro­cra­zia. Imma­gi­na­te di aver otte­nu­to, dopo maga­ri cin­que anni di viag­gio e altri cin­que di atte­sa, un docu­men­to che vi con­sen­te di rima­ne­re lì, inter­rom­pen­do l’infinita con­ca­te­na­zio­ne di ansie e di pia­ni di emer­gen­za in caso di rifiu­to. Ave­te pas­sa­to die­ci anni con il fia­to sospe­so sen­za poter rive­de­re vostra madre, la vostra fami­glia, i vostri ami­ci, per­ché sen­za per­mes­so di sog­gior­no non pote­va­te espa­tria­re. Maga­ri, nel frat­tem­po, ave­te anche per­so i geni­to­ri, li ave­te salu­ta­ti a 15/16 anni spe­ran­do di riab­brac­ciar­li pre­sto e non li ave­te visti mai più. Ma alla fine, l’attesa vie­ne ripa­ga­ta. Ave­te il docu­men­to.

Imma­gi­na­te anco­ra di esse­re riu­sci­ti a tro­va­re un lavo­ro, maga­ri per­si­no con un con­trat­to a tem­po inde­ter­mi­na­to. Pen­sa­te che final­men­te le cose vada­no per il ver­so giu­sto. Di aver­ce­la fat­ta, ave­te quel­lo che vi ser­ve per poter ripar­ti­re con la vostra vita, dopo aver per­so nel frat­tem­po pra­ti­ca­men­te tut­ta la vostra gio­vi­nez­za e sicu­ra­men­te la sua spen­sie­ra­tez­za.

Rima­ne solo un pro­ble­ma da risol­ve­re ades­so: sem­bra un pic­co­lo det­ta­glio, un’inezia di qual­che set­ti­ma­na. Vi man­ca una casa. Una ricer­ca tipi­ca del­la vita di tut­ti, nor­ma­le ammi­ni­stra­zio­ne. E inve­ce no. Per­ché la casa non la tro­va­te. E nono­stan­te abbia­te un lavo­ro, un con­trat­to e uno sti­pen­dio, fini­te a vive­re per stra­da. Diven­ta­te sen­za fis­sa dimo­ra.

Sem­bra la tra­ma di un roman­zo disto­pi­co, ma è la real­tà di mol­te per­so­ne immi­gra­te oggi in Ita­lia.

Sì, in Ita­lia ave­re un lavo­ro con con­trat­to a tem­po inde­ter­mi­na­to non è garan­zia di non diven­ta­re dei sen­za­tet­to.

Per­ché? Per­ché la ter­ri­bi­le cri­si abi­ta­ti­va che coin­vol­ge tut­to il pae­se si river­sa, ine­vi­ta­bil­men­te, anche e soprat­tut­to sul­le per­so­ne immi­gra­te.

Assi­stia­mo costan­te­men­te alla nar­ra­zio­ne di mol­ti media secon­do cui nel nostro pae­se il pro­ble­ma è la man­can­za di lavo­ro. Que­stio­ne posta, in real­tà, in modo ine­sat­to, per­ché uno dei mag­gio­ri fat­to­ri di ral­len­ta­men­to per la cre­sci­ta del nostro pae­se è in real­tà la caren­za di lavo­ra­to­ri. Nel 2022, le pen­sio­ni ero­ga­te in Ita­lia han­no supe­ra­to di 205mila uni­tà gli sti­pen­di. Ciò che man­ca, inve­ce, sem­pre di più, è la casa. Un pro­ble­ma che ha ini­zia­to a inte­res­sa­re i gior­na­li solo negli ulti­mi mesi, poi­ché coin­vol­ge sem­pre più ita­lia­ni.

Per chi non può per­met­ter­si di com­pra­re — e secon­do i dati Istat del 2022 sol­tan­to il 16% degli immi­gra­ti in Ita­lia vive in una casa di pro­prie­tà — la ricer­ca di un affit­to diven­ta un cal­va­rio sen­za fine che può por­ta­re ad una con­ca­te­na­zio­ne di even­ti dram­ma­ti­ci, tra i qua­li la per­di­ta del per­mes­so di sog­gior­no tan­to ago­gna­to. Ma qua­li sono le cau­se? Vedia­mo.

Un pro­ble­ma quan­ti­ta­ti­vo?

Nel 2022, l’Istat ha cal­co­la­to che cir­ca 2,5 milio­ni di fami­glie, in Ita­lia, si tro­va­no in uno sta­to di emer­gen­za abi­ta­ti­va. Il 31% di que­ste è rap­pre­sen­ta­to da per­so­ne di ori­gi­ne stra­nie­ra. Il caro vita, gli affit­ti sem­pre più alti por­ta­no mol­tis­si­me per­so­ne a spen­de­re più del dovu­to per paga­re un affit­to. Ma il pro­ble­ma non è solo eco­no­mi­co. In mol­te cit­tà ita­lia­ne, tra cui Pado­va, le case per gli immi­gra­ti sem­bra­no non esser­ci. Ma è real­men­te così?

In Ita­lia inve­stia­mo mol­to di più nel­le ristrut­tu­ra­zio­ni che nel­la costru­zio­ne di case nuo­ve, cir­ca il 74% del lavo­ro del set­to­re edi­li­zio con­tro solo il 25%. Que­sti dati sono dovu­ti anche all’oggettiva dimi­nu­zio­ne del­la popo­la­zio­ne ita­lia­na. Que­sto non vuol dire, comun­que, che non si costrui­sca. Negli ulti­mi vent’anni, il suo­lo ita­lia­no edi­fi­ca­to è nien­te meno che rad­dop­pia­to. Paral­le­la­men­te, è aumen­ta­ta ver­ti­gi­no­sa­men­te anche la quan­ti­tà di case vuo­te, con un incre­men­to del 350% in soli 10 anni. Signi­fi­ca che qua­si il 25% del­le case è vuo­to, men­tre 2,5 milio­ni di fami­glie ita­lia­ne fati­ca­no a tro­va­re un appar­ta­men­to in cui poter vive­re digni­to­sa­men­te. Que­sti dati ovvia­men­te varia­no in base alla regio­ne e alla zona in cui ci tro­via­mo. Per esem­pio, nei cen­tri urba­ni, soprat­tut­to nel­le gran­di cit­tà o nei cen­tri uni­ver­si­ta­ri, c’è un sem­pre mag­gio­re adden­sa­men­to di popo­la­zio­ne, cosa che alza note­vol­men­te il livel­lo di dif­fi­col­tà nel­la ricer­ca del­la casa. Un cal­va­rio a cui van­no incon­tro anche mol­ti stu­den­ti uni­ver­si­ta­ri. Ma rima­ne il fat­to che ci sono 7 milio­ni di appar­ta­men­ti vuo­ti. Il pro­ble­ma non è, dun­que, solo quan­ti­ta­ti­vo.

No, il pro­ble­ma è anche e soprat­tut­to cul­tu­ra­le.

Innan­zi­tut­to, l’Italia sta impor­tan­do il pes­si­mo model­lo ame­ri­ca­no dei ghet­ti. A Mila­no, così a Roma, a Vero­na, a Firen­ze e in mol­tis­si­me altre cit­tà, le per­so­ne stra­nie­re tro­va­no casa, quan­do e se la tro­va­no, qua­si sem­pre negli stes­si quar­tie­ri, con un con­se­guen­te, for­tis­si­mo feno­me­no di ghet­tiz­za­zio­ne. A Pado­va, per esem­pio, è il caso dell’Arcella, in ori­gi­ne quar­tie­re ope­ra­io nato all’inizio del Nove­cen­to e che ora sem­bra l’unico posto in tut­ta la cit­tà dove una per­so­na immi­gra­ta abbia il dirit­to di vive­re. Una par­ti­co­la­re con­cen­tra­zio­ne di diver­se cul­tu­re che susci­ta la dif­fi­den­za e la pau­ra dei cit­ta­di­ni ita­lia­ni cir­co­stan­ti. Anche per­ché, oltre al disa­gio abi­ta­ti­vo, spes­so suben­tra anche il disa­gio eco­no­mi­co, con tut­te le pro­ble­ma­ti­che che ne con­se­guo­no. Le case, poi, spes­so sono mal­mes­se, fati­scen­ti, affit­ta­te agli immi­gra­ti per non dover inve­sti­re in una ristrut­tu­ra­zio­ne che pro­ba­bil­men­te pre­ten­de­reb­be­ro gli ita­lia­ni.  Ma sia fuo­ri che den­tro que­sti quar­tie­ri, tro­va­re un allog­gio è ormai una mis­sio­ne che pare impos­si­bi­le, una cac­cia dispe­ra­ta che si pro­trae anche per anni.

Mama­dou (nome di fan­ta­sia per moti­vi di pri­va­cy) vie­ne dal Mali, ha un otti­mo lavo­ro e un per­cor­so di inte­gra­zio­ne par­ti­co­lar­men­te riu­sci­to. Vive a Pado­va da sei anni, par­la per­fet­ta­men­te l’italiano ed è tal­men­te inse­ri­to nel­la socie­tà da svol­ge­re set­ti­ma­nal­men­te anche atti­vi­tà di volon­ta­ria­to. Eppu­re, le por­te che si è visto sbat­te­re in fac­cia quan­do è sta­to costret­to a tra­slo­ca­re, sono infi­ni­te.

La ricer­ca è dura­ta più di un anno e si è con­clu­sa poche set­ti­ma­ne pri­ma di ritro­var­si uffi­cial­men­te sen­za un tet­to sopra la testa, al pun­to che già tut­ti gli ami­ci ave­va­no ini­zia­to ad orga­niz­zar­si per ospi­tar­lo tem­po­ra­nea­men­te. La solu­zio­ne è arri­va­ta solo gra­zie all’intervento di ami­ci­zie comu­ni, ita­lia­ne, che han­no uni­to le for­ze fino a che non han­no tro­va­to una cono­scen­te con un appar­ta­men­to sfit­to. Ma fino a quel momen­to, le rispo­ste di pro­prie­ta­ri e del­le innu­me­re­vo­li agen­zie immo­bi­lia­ri con­sul­ta­te era­no sta­te sem­pre le stes­se:

“Non affit­to casa agli stra­nie­ri”, “Mi dispia­ce, i pro­prie­ta­ri voglio­no solo cit­ta­di­ni ita­lia­ni”. Oppu­re, a cin­que minu­ti dal­la pub­bli­ca­zio­ne dell’annuncio onli­ne, “mi dispia­ce, l’appartamento non è dispo­ni­bi­le”.

Un rifiu­to rei­te­ra­to che ha pesan­ti riper­cus­sio­ni sul per­cor­so di inte­gra­zio­ne. In pri­mis per­ché non tut­ti han­no la for­tu­na di ave­re alle spal­le una simi­le rete di sup­por­to. In secon­do luo­go, per­ché ali­men­ta pro­fon­da­men­te il sen­so di emar­gi­na­zio­ne.

“È brut­to, eh. Ti sen­ti rifiu­ta­to come per­so­na”, rac­con­ta Mama­dou. “Ti doman­di, ma io che cosa ho fat­to di male? Nien­te, ho il docu­men­to, sono edu­ca­to, ho il lavo­ro, mi pre­sen­to anche vesti­to bene. Ci spe­ro tan­to e poi ti dico­no, eh, mi dispia­ce, non è pos­si­bi­le, io non sono raz­zi­sta, ma…”.

Ma.

Ma, se sei solo, fini­sci per stra­da. E in que­sto perio­do dell’anno, vive­re per stra­da signi­fi­ca rischia­re la vita ogni not­te, dato che ne stia­mo attra­ver­san­do i gior­ni più fred­di dell’anno. Qua­si ogni gior­no si leg­ge sui gior­na­li di qual­che sen­za fis­sa dimo­ra mor­to di fred­do duran­te la not­te. Vic­tor, un ragaz­zo nige­ria­no di 30 anni che ora vive a Fog­gia, rac­con­ta che quan­do vive­va a Bolo­gna, sen­za casa, duran­te le not­ti d’inverno ave­va pau­ra di addor­men­tar­si e non sve­gliar­si più. “La mia più gran­de pau­ra era mori­re di fred­do per stra­da sen­za che nes­su­no se ne accor­ges­se. Maga­ri vede­va­no il cor­po, ma non la mia per­so­na. A cau­sa del­la vita in stra­da ho per­so i docu­men­ti e non ho fami­glia. Sarei mor­to sen­za che nes­su­no dices­se alme­no una pre­ghie­ra per me.”

Se ci si ritro­va sen­za casa, si rischia di fini­re un loop buro­cra­ti­co che può ter­mi­na­re con l’espulsione. Lo rac­con­ta John, anche lui di ori­gi­ne nige­ria­na. Arri­va­to in Ita­lia nel 2015, ha pre­sto tro­va­to un lavo­ro che dopo qual­che tem­po gli ha per­mes­so di ave­re un con­trat­to a tem­po inde­ter­mi­na­to. Ma quan­do il pro­prie­ta­rio del­la casa dove vive­va ha deci­so di ven­de­re sono ini­zia­ti i pro­ble­mi.

“Ades­so vivo per stra­da” rac­con­ta. “Non sono riu­sci­to a tro­va­re nes­su­no dispo­sto ad affit­tar­mi un appar­ta­men­to, anche se ho l’indeterminato. Nes­su­no. Tut­ti dico­no sem­pre gli ita­lia­ni, solo agli ita­lia­ni. L’Italia pote­va ave­re un nige­ria­no per bene che lavo­ra­va e paga­va le tas­se, ora ha un sen­za­tet­to in più, cosa ci ha gua­da­gna­to?”. Viven­do per stra­da, ha per­so anche la resi­den­za, uno dei beni più pre­zio­si per le per­so­ne stra­nie­re in Ita­lia, visto che sen­za di essa non è pos­si­bi­le rin­no­va­re il per­mes­so di sog­gior­no. “Non so come fare”. John è dispe­ra­to e pro­fon­da­men­te fru­stra­to, con­ti­nua sen­za suc­ces­so la sua ricer­ca, ma con il per­mes­so di sog­gior­no sca­du­to è diven­ta­to pra­ti­ca­men­te impos­si­bi­le. “Ora rischio di per­de­re anche il lavo­ro”, lamen­ta, “vivo per stra­da, dor­mo male e quin­di lavo­ro male. Il mio capo non è con­ten­to. Sto per­den­do tut­to, pia­no pia­no.” E da que­sta con­ca­te­na­zio­ne di per­di­te dif­fi­cil­men­te si rie­sce ad usci­re.

Per far fron­te a que­sto pro­ble­ma, mol­te per­so­ne di ori­gi­ne stra­nie­ra sono costret­te ad accet­ta­re situa­zio­ni abi­ta­ti­ve irre­go­la­ri. Cate­ne di subaf­fit­ti che cul­mi­na­no con stan­ze sin­go­le abi­ta­te anche da cin­que o sei per­so­ne con­tem­po­ra­nea­men­te e paga­te fino a 250 euro a posto let­to. Situa­zio­ni sin­to­mo di un disa­gio pro­fon­do, con­di­zio­ni assur­de a cui però ci si pie­ga pur di non rischia­re di per­de­re tut­to quel­lo per cui si è lavo­ra­to.

Un siste­ma di emar­gi­na­zio­ne che si autoa­li­men­ta, aggra­van­do la ver­ti­gi­no­sa distan­za socia­le. Il rifiu­to del­lo stra­nie­ro gene­ra l’indigenza e la rab­bia del­lo stra­nie­ro che por­ta all’ulteriore rifiu­to e dif­fi­den­za nei con­fron­ti stra­nie­ro stes­so.

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