29

Maggio
29 Maggio 2023

Борбата е за живот, LA LOTTA È PER LA VITA: CRONACHE DI RESISTENZA ALL’INDUSTRIA MINERARIA NELLA MACEDONIA DEL NORD

0 CommentI
99 visualizzazioni
42 min

Nonostante le difficoltà, le ingerenze della politica e le bugie, dal 2017 gli attivisti di Zdrava Kotlina ostacolano l’apertura di una grossa miniera di oro e rame che causerebbe ingenti danni ambientali ed economici. 

“Zdrava Kotlina” è un’organizzazione ambientalista, nata nel 2017 nelle municipalità di Bosilovo, Novo Selo e Strumica, nella Macedonia Sud-Orientale. Da allora, ha organizzato la resistenza della popolazione locale contro l’apertura di una grossa miniera a cielo aperto di oro e rame nelle prossimità dei villaggi di Ilovica e Shtuka da parte della compagnia canadese Euromax Resources. Il nome “Zdrava Kotlina” significa “Valle Sana” e si riferisce alla Valle di Strumica, una valle densamente popolata e fra le zone agricole più produttive della Macedonia. Per conoscere i dettagli di questa storia ho attraversato il paese, e a Strumica, il paese natale di Goran Pandev, per intenderci, ho incontrato uno dei fondatori dell’organizzazione, Gorgi Tanusev.

 

Veduta della Valle di Strumica dal massiccio di Ograzden, a pochi chilometri da dove sorgerà la miniera. Strumica è l’agglomerato di tetti in fondo a destra.

È una domenica rovente, e come può succedere tante volte in Macedonia, le cose non sono andate esattamente secondo i piani. La sera prima la mia camera d’albergo regolarmente prenotata, è stata per qualche oscura ragione assegnata a un’altra persona; per scusarsi dell’inconveniente l’albergatore non solo mi procura un altro appartamento, ma mi offre la cena nel ristorante di un suo amico. La sera stessa, Gorgi mi avvisa che sfortunatamente dovremo rimandare l’intervista dal mattino al pomeriggio, e che dovrò visitare da solo il sito dove dovrà essere costruita la miniera. Poco male; la mattina sono andato a fare un giro sopra Ilovica, fra la riserva d’acqua del villaggio stesso ed il massiccio di Ograzden, per farmi un’idea del luogo dove in teoria dovrebbero sorgere la miniera a cielo aperto e, soprattutto, l’impianto di gestione degli sterili, ovvero, dei residui dell’attività mineraria. Nel pomeriggio, dopo aver aspettato per un paio d’ore nel parco di Strumica, vedo arrivare un uomo corpulento e dal viso allegro. Ci salutiamo e ci sistemiamo su una panchina. La domenica in Macedonia non vola una mosca se non nei bar e nei ristoranti, dove la musica a palla mi impedirebbe di registrare.

 

In primo piano la riserva di Ilovica, a pochi chilometri dall’omonimo centro abitato, sovrastata dal massiccio di Ograzden. Sul lato occidentale, alla sinistra della fotografia, dovrebbe sorgere la miniera. Sulla destra, il lato orientale, dovrebbe invece essere costruita la zona smaltimento sterili.

Gorgi Tanusev, oltre ad essere uno dei fondatori di Zdrava Kotlina, è anche consigliere presso la municipalità di Strumica, e business analyst per una compagnia straniera. La sua professione, mi dirà poi, gli è stata molto utile per organizzare l’analisi dell’immensa mole di dati contenuta negli studi di fattibilità della miniera. Lavorare per una compagnia privata e non macedone lo avrebbe protetto, invece, da eventuali ritorsioni per la sua attività di protesta. Ma proseguiamo con ordine.

Cronistoria di un inganno

Nel 2012, il governo macedone rilascia ad Euromax Resources Ltd., una società canadese, due concessioni minerarie, per un’area grande in totale 17 chilometri quadrati, sotto cui si celerebbero, secondo le valutazioni della società, 57 tonnellate d’oro e più di 407 mila tonnellate di rame. Stiamo parlando, per estensione, della seconda concessione mineraria nell’ex-repubblica jugoslava, considerando che la prima riguarda i giacimenti di carbone da cui dipende buona parte del fabbisogno energetico nazionale. L’investimento stimato da Euromax per l’apertura e la gestione della miniera ammonta a 400 milioni di dollari.

“In quel periodo” mi dice Giorgi “il pubblico macedone non aveva a disposizione alcuno studio approfondito che potesse rassicurare circa la sostenibilità ecologica e sociale del progetto. Tutto ciò che avevamo a disposizione erano documenti in macedone estremamente riassuntivi, lunghi circa una cinquantina di pagine. Il contenuto di questi documenti era piuttosto vago, senza alcuna indicazione precisa circa i processi di produzione che sarebbero stati utilizzati, o le misure che si sarebbero rese necessarie per ridurre l’impatto ambientale della miniera; potremmo definirla una wish-list, una lista di dichiarazioni di intenti da parte di Euromax. Facemmo richiesta per un documento più dettagliato”. Il governo macedone era in possesso di quegli studi, visto che Euromax doveva averglieli forniti nell’ambito della richiesta per la concessione mineraria. “Piuttosto sorpresi, scoprimmo che i documenti erano stati secretati dal governo, e che quindi non erano accessibili al pubblico”.
Non siamo di fronte solo ad una pratica sospetta, ma anche illegale. Secondo la Convenzione di Aarhus, un trattato internazionale ratificato da 47 paesi, fra cui la Repubblica Macedone, all’opinione pubblica e ai cittadini deve essere garantito il diritto alla trasparenza e alla partecipazione nei processi decisionali che riguardano temi ambientali.

Tutt’altro che scoraggiati da questa discrepanza fra la legge e la pratica, il nucleo di persone che poi andrà a fondare nel 2017 Zdrava Kotlina decide di giocare altrettanto sporco. Nel 2015, alcuni whistleblowers interni ad Euromax e rimasti fino ad ora anonimi, inviarono dal Canada in Macedonia gli studi di impatto ambientale e sociale della miniera, finalmente completi e in inglese. Parliamo di uno studio di fattibilità lungo più di 500 pagine, più svariati annessi, la cui comprensione completa avrebbe richiesto conoscenze approfondite in termini di geologia, idrologia, chimica e fisica: “per analizzarli ci siamo divisi in gruppi di lavoro coordinati da esperti delle varie aree tematiche, il cui compito era analizzare le informazioni e comprendere i dettagli per fare un quadro complessivo sui potenziali impatti della miniera di Ilovica-Shtuka su tutto il territorio della regione. In generale abbiamo avuto l’appoggio di ecologi, biologi, e anche di diversi esperti di estrazione mineraria che però hanno preferito rimanere anonimi, poiché altrimenti avrebbero perso il posto di lavoro”.
Le scoperte fatte in questa fase della lotta sono sconvolgenti, e stridono con il sorriso sardonico di Gorgi.


Mappa dettagliata sulle componenti della miniera di Ilovica-Shtuka, estratta dalla valutazione dell’impatto socio ambientale della miniera realizzato da Golder Associates, una compagnia multinazionale impegnata, fra le altre cose, in servizi di consulenza alle società minerarie. Nella mappa spiccano l’area della miniera (Open Pit Area, in grigio) e la zona smaltimento sterili (Tailings management facility, in rosso).

Il gigante (tossico) dai piedi d’argilla

“Dai documenti trafugati da Euromax Resources abbiamo scoperto varie cose. In primo luogo, che la diga che avrebbe dovuto contenere gli sterili sarebbe stata alta circa 275 metri, un volume di 91 milioni di metri cubi, una delle dighe più alte del mondo in ambito minerario”. Dalla stabilità di queste dighe dipende buona parte delle preoccupazioni che circondano i progetti minerari. Queste servono allo stoccaggio dei materiali di scarto del processo di estrazione: la parte di minerali estratti ma non d’interesse, le sostanze chimiche utilizzate per separare il metallo prezioso dal resto del minerale, in questo caso il cianuro, e l’acqua, che dà a questi residui una consistenza fangosa. L’altezza a cui si riferisce Gorgi è quella finale della diga, visto che queste vengono costruite progressivamente man mano che l’estrazione procede e il materiale di scarto si accumula. Secondo le stesse stime di Euromax, alla fine del ciclo di vita della miniera, circa vent’anni, 140 milioni di metri cubi di residui verranno stoccati in un’area di circa 191 ettari.

Nel caso in cui la diga dovesse cedere, l’intera valle di Strumica verrebbe invasa da un’onda anomala, e le proprietà agricole così come la fertilità del terreno verrebbero irrimediabilmente compromessi, costringendo i sopravvissuti ad abbandonare la regione. Per farsi un’idea, basta cercare su Internet le immagini del disastro di Brumandinho, avvenuto in Brasile nel 2019 e dovuto al crollo di una diga alta soli 86 metri, meno della metà di quella di Ilovica-Shtuka, e contenente 12 milioni di metri cubi di scarti minerari, meno di un decimo di quelli stoccati nel progetto di Euromax. “In Brasile, Canada, Stati Uniti o Australia, il territorio è talmente vasto che incidenti disastrosi possono aver luogo senza che una sola persona debba subirne le conseguenze, ma la Macedonia è troppo piccola! Nelle immediate vicinanze della diga abitano più o meno 50 mila persone. Siamo preoccupati per la tenuta della diga, poiché questa è una zona sismica”.
La tenuta della diga nel caso di un terremoto preoccupa particolarmente i membri di Zdrava Kotlina. L’Istituto Internazionale di Sismologia e Ingegneria Sismica riporta come i due terremoti più potenti in Macedonia, di magnitudo 7.7 e 6.3, si siano registrati proprio nella sua parte orientale, rispettivamente nel 1904 e nel 1931, nella regione sismica di Pehcevo-Kresna e Valandovo-Dojran. Negli studi di Euromax questo rischio è ponderato, ma gli attivisti accusano la compagnia di aver utilizzato nel proprio studio di fattibilità dei parametri di accelerazione del terreno in caso di terremoto inferiori rispetto a quelli reali. Confrontando lo studio di fattibilità del 2015 con uno studio apposito sui rischi sismici, rilasciato nel 2019, emerge in effetti una differenza consistente, senza considerare che persino nello studio del 2019 i parametri sono ottenuti senza tenere in considerazione l’eventualità, tutt’altro che remota, di un terremoto di magnitudo superiore a 7 sulla scala Richter.

Acqua e agricoltura a rischio

“Ma poniamo anche che non avvenga alcun disastro. Qui metà della popolazione dipende dall’agricoltura, un settore produttivo e rinomato in tutto il paese. Ciò che temiamo è che l’apertura della miniera renderà più difficile per i produttori biologici ottenere le necessarie certificazioni, e danneggerà il mercato per i prodotti provenienti da quest’area”. Ma non è soltanto una questione di marketing. “Le emissioni di particolato dai mezzi di scavo e di trasporto a contatto con l’acqua genereranno acido solforico, provocando la diminuzione della resa e delle quantità della produzione agricola a valle”. Secondo la valutazione socio ambientale stilata da Golder, durante la costruzione, sono previsti fra i 153 e i 190 camion al mese; fra le 2 e le 4 autobotti (tankers) di gasolio al giorno. Durante le operazioni di estrazione, sono previsti dai 136 ai 180 veicoli al mese, più 210–270 camion diretti in Bulgaria dediti al trasporto del rame verso la fonderia.

“Inoltre, la miniera in sé consisterà in una cavità profonda centinaia di metri, il cui scavo — oltre a una consistente perdita d’acqua da uno degli affluenti della riserva di Ilovica, il fiume Jazga — metterà a rischio contaminazione il 30% delle acque sotterranee della zona. La fertilità della valle di Strumica dipende in gran parte da questi flussi sotterranei; una volta intaccato questo sistema, le acque contaminate saranno libere di diffondersi liberamente per tutta la valle”. Quello dell’acqua, come si può intuire, è uno dei temi più scottanti. La miniera consumerà dai 2 ai 5 milioni e mezzo di metri cubi d’acqua fresca all’anno, con il resto del fabbisogno soddisfatto dal riuso delle acque nel circuito di produzione, per un totale di 10 milioni di metri cubi d’acqua all’anno. Euromax sostiene che, pur prelevando le acque dalla riserva di Ilovica (la quale ha una capacità di appena 365 mila metri cubi), al momento utilizzata dai villaggi circostanti per l’approvvigionamento di acqua per usi domestici e agricoli, questa manterrà il suo livello attuale grazie a dei trasferimenti da una riserva vicina, Turjia, da cui scaturisce un altro fiume locale. Non è chiaro come Euromax abbia però intenzione di mantenere intatti i livelli d’acqua di quest’ultima riserva, e nella valutazione socio ambientale rilasciata dalla Golder Associates si fa semplicemente riferimento al fatto che potrebbe esserci una diminuzione nella disponibilità d’acqua.
Un altro problema sorgerà quando la miniera a cielo aperto cesserà le operazioni. A quel punto la compagnia smetterà di occuparsi del drenaggio delle acque dalla cavità della miniera, che in ottant’anni si trasformerà quindi in un enorme lago. Questo lago rischia di essere una fonte di acqua acida e contaminata da livelli estremamente alti di metalli, solfati e idrossidi di metallo, e di precipitati di ferro (ossia solidi insolubili derivati dalla saturazione di una soluzione) che potrebbero sedimentarsi ed ostruire il corso dei fiumi. E queste sono parole della valutazione socio ambientale fatta dalla Golder Associates per conto di Euromax stessa.


Elaborazione in 3D realizzata dagli attivisti di Zdrava Kotlina e che riporta la disposizione e l’estensione della miniera e del deposito degli sterili alla fine delle operazioni di estrazione, e da cui si può intuire la disposizione e le dimensioni della diga. Da notare la vicinanza e la densità di campi coltivati a valle. 

Le misure di mitigazione

Nella valutazione, gli impatti sulla quantità e la qualità dell’acqua della zona sono considerati piuttosto gravi, a meno che non vengano attuate una serie di misure di mitigazione come la costruzione di nuovi impianti di depurazione e distribuzione dell’acqua. Quando chiedo a Giorgi di queste misure di mitigazione, si scatena in una sonora risata, e mi racconta di uno degli episodi più inquietanti della vicenda:“in uno degli annessi agli studi di fattibilità, l’esperto in geochimica da loro consultato riferisce che il progetto sarebbe ambientalmente accettabile solo se accompagnato da misure attive per ridurne l’impatto (i.e. impianti di depurazione). Sai cosa c’era scritto nella versione macedone? Che comunque sarebbero state sperimentate delle misure passive. Perché questa indecisione? Perché le misure passive non costano niente. Sono basate sulla filtrazione naturale degli agenti inquinanti tramite le piante, i ruscelli, il terreno. Ma nessun processo organico può riportare a livelli normali quest’acqua”, rendendo necessarie misure attive ma costose, di cui Euromax vuole farsi carico in fase di elaborazione, costruzione e avviamento, ma chiaramente non nel momento in cui le operazioni di estrazione cesseranno.




In alto, la sezione del documento in macedone di Euromax: “Se, alla chiusura, si verificheranno valori nei parametri di qualità dell’acqua conformi a quelli contenuti nella valutazione di impatto ambientale, si esaminerà la possibilità di un trattamento passivo, altrimenti lo scarico delle acque necessiterà un trattamento attivo”. Contemporaneamente, il rapporto geochimico annesso alla valutazione ambientale in lingua inglese escludeva a priori la possibilità di un trattamento passivo.

“Una volta depredato il territorio di tutto l’oro, Euromax sostiene che ad occuparsi dei nuovi impianti di depurazione dovrebbero essere le compagnie pubbliche, pagate dalle municipalità e dalla popolazione. Ma il budget annuale di tutte queste aziende raggiunge a malapena i quattro milioni di dollari americani, mentre la manutenzione si stima costerà almeno due milioni di dollari: quindi cosa dovrebbe succedere nei prossimi duecento anni? Non c’è alcuna logica economica in questo”. E la sensazione si fortifica considerando che Euromax verserebbe allo stato macedone solamente il 2% dell’oro estratto, più una tariffa annuale di 55 mila euro per entrambe le concessioni. Il 100% del rame verrà invece acquistato da Trafigura, colosso del commercio mondiale dei metalli e azionista di maggioranza di Euromax Resources Ltd. La domanda mi sorge spontanea: Ma come vi è venuto in mente di mettere a confronto il documento macedone e il documento in inglese? “È successo puramente per caso. Alcuni di noi stavano leggendo il documento in inglese e altri in macedone, poiché non conoscevano l’inglese. Così è nato il confronto con cui è emerso che c’erano delle differenze fra le due versioni.”

Un altro aspetto riguarda il ripristino dell’ambiente precedente, una volta terminate le attività di estrazione. Principalmente l’area è dominata da boschi di querce e prati utilizzati dalla popolazione per far pascolare gli animali, trarne legna o passarci il tempo libero. Verranno rimossi, durante le operazioni di costruzione ed estrazione, 465 ettari di foresta. Di questi 465 ettari, 284 serviranno alla costruzione della zona smaltimento sterili, dove la foresta non sarà restaurata, al contrario del resto della superficie, dove Euromax promette di ricreare l’ambiente precedente. Tuttavia, il problema spesso riscontrato con questo genere di concessioni è che alla fine del ciclo di vita della miniera, le aziende tendenzialmente chiudono, deresponsabilizzandosi completamente dalle attività di ripristino dell’ambiente precedente. Un’eventualità paventata da Gorgi, e sottolineata anche in un documento dell’UNDP, Mining and environment in the Western Balkans (fonte). Nello stesso rapporto è contenuto un sunto delle performance ambientali delle varie miniere installate in Macedonia. Delle otto miniere citate, sette sono state causa di inquinamento delle acque, del suolo e dell’aria. “Non una singola miniera nel nostro paese ha avuto un processo di chiusura che ha portato alla restaurazione delle condizioni precedenti. Perché ora dovrebbe essere diverso?”

Gli interessi delle élite locali nel progetto di Ilovica-Shtuka

Oltre alle questioni legate alla sicurezza del progetto e alla sua sostenibilità sociale e ambientale, gli attivisti di Zdrava Kotlina hanno dovuto anche fare i conti con l’atteggiamento ambivalente e non sempre disinteressato delle istituzioni.

“Ogni partito politico ha dei donatori nell’imprenditoria a livello locale e nazionale, che Euromax ha promesso di coinvolgere nell’attività mineraria, ad esempio nelle operazioni di trasporto, utilizzando o noleggiando macchinari durante la fase di costruzione o estrazione del metallo, in cambio di un’attività lobbistica presso i partiti che portasse all’approvazione della miniera. Parliamo in un certo senso delle élite di questo paese. Anche il mondo della politica è quindi fortemente coinvolto nella promozione di questo progetto”. È buffo come una delle principali argomentazioni di Euromax circa le conseguenze positive del progetto per il territorio diventi all’improvviso volano di corruzione.

Il nodo concessioni

Pur essendo più che trascorsi i quattro anni in cui Euromax avrebbe dovuto presentare la documentazione necessaria al rilascio dei permessi per l’estrazione, solo una delle due concessioni in suo possesso le è stata revocata e con tre anni di ritardo, nel 2019. Euromax ha portato la decisione del governo in un tribunale amministrativo, sostenendo che era prioritario per il governo decidere sulla fusione delle due concessioni, piuttosto che sulla loro revoca. La posta in gioco è altissima, data l’approvazione, nel 2019, di una legge che impedisce l’avvio di attività ambientalmente dannose a meno di cinque chilometri da qualunque centro abitato, più un’altra che proibisce l’utilizzo di acidi solforici e cianuro nei processi di estrazione, pur senza effetto retroattivo.

Questo cambio di rotta è dovuto, secondo Gorgi, in parte alle pressioni della popolazione, in parte al fatto che dal 2017 al 2020 il primo ministro era Zoran Zaev, nato e cresciuto proprio a Strumica. D’altro canto, diversi personaggi dell’élite politica ed economica macedone hanno interessi nella realizzazione del progetto. Ad esempio, Arlind Zeqiri, ex-ministro della Repubblica della Macedonia del Nord, a cavallo fra il 2016 ed il 2017, e socio amministratore dello studio legale di Skopje (filiale locale dello studio LGP, uno dei più grandi d’Europa) che ha preso in carico la causa intentata da Euromax contro il governo macedone dopo la revoca di una delle due concessioni. Dopo un saliscendi fra i veri livelli della giustizia amministrativa macedone, il 4 maggio del 2023 la Corte Amministrativa della Macedonia ha dato ragione a Euromax e rispedito il caso alle autorità competenti, per un nuovo giudizio. Gorgi non è per niente stupito dal verdetto.

L’ingresso di nuovi soci

Recentemente Euromax Resources ha acquisito un nuovo investitore, che ha comprato circa il 25% delle azioni per tre milioni di dollari e si è riservato il diritto di investirne, a certe condizioni, altri otto milioni nella società. È l’ND Group B.V., una compagnia basata in Olanda ma fondata nel 2008 da Nazif Destani, uno dei principali donatori del BDI (Bashkimi Demokratik për Integrim, l’Unione Democratica per l’Integrazione) il principale partito dell’etnia albanese in Macedonia, e al governo ininterrottamente dal 2008 come alleato dei principali partiti macedoni. Nazif Destani è anche fondatore di Ekolog, una delle aziende più grandi del paese, ma con sede a Dubai. Al momento, Ekolog è una controllata di ND Group, una connessione che, secondo Gorgi, quest’ultima avrebbe utilizzato a suo vantaggio. “L’acquisto delle azioni da parte di ND è avvenuto a novembre 2022 (Ndr. quando non era ancora uscito il verdetto sulla causa di Euromax). Qualche mese prima il governo macedone aveva concesso a Ekolog un sussidio di 130 milioni di euro per la realizzazione di fabbriche per la costruzione di macchine elettriche. Nessuna fabbrica è stata realizzata, ma allo stesso tempo Ekolog ha trovato quattro milioni di euro da investire in azioni di Euromax Resources. Ora chiediti: qual è il senso di investire in una compagnia che è in debito di quaranta milioni di dollari e le cui concessioni minerarie sono una virtualmente scaduta, mentre sulla revoca dell’altra è in corso un processo? Nessuno prenderebbe una decisione del genere, se non qualcuno che può avere un impatto sull’andamento del processo. Siamo di fronte ad un gigantesco conflitto di interessi”.

Gli altri investitori

Anche l’azionista di maggioranza di Euromax, Galena Resources Equities Ltd., non è esattamente un esempio di trasparenza, essendo registrata alle Isole Cayman secondo un documento diffuso dall’Anti-trust macedone. La società è controllata per metà da Trafigura, compagnia leader mondiale del commercio di metalli (più di 300 miliardi di dollari di entrate nel 2022), e acquirente del 100% del rame proveniente da Ilovica. L’altra metà appartiene a Tzolo Vutov, uno degli uomini più ricchi di Bulgaria e proprietario del gruppo Geotechmin, fra le altre cose impegnato proprio in attività minerarie. Suo figlio, Ivan Vutov, è al momento direttore non-esecutivo nel Board di Euromax Resource. Inoltre, avendo Galena acquisito la quota di maggioranza, quello che è avvenuto è a tutti gli effetti un passaggio di proprietà sulla concessione, che secondo la legge macedone comporterebbe anche un pagamento al governo di una tassa pari al 7% del valore della concessione, tassa che Euromax chiaramente non ha ancora pagato. Sulla stampa macedone è stato suggerito che il coinvolgimento degli azionisti bulgari potrebbe determinare l’andamento delle relazioni fra la Bulgaria e la Macedonia del Nord, al momento molto tese ma determinanti per l’accesso di quest’ultima nell’Unione europea.


Il documento diffuso dall’Anti-trust macedone che segnala la registrazione alle Isole Cayman della società Galena Resources Equities Limited.

Fra gli azionisti figura anche la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (EBRD), una partecipazione che secondo i suoi sostenitori dovrebbe rappresentare una garanzia della bontà del progetto, ma anche su questo Gorgi ha da ridire. “La EBRD ha a un interesse nello sviluppo di questa miniera. E se andiamo a vedere il contratto fra la EBRD ed Euromax, niente di ciò che era stato pattuito è stato ancora realizzato. Ad esempio, dovevano assicurarsi la proprietà della totalità dei terreni dove sorge la concessione entro tre mesi dalla firma del contratto, e dopo tutti questi anni siamo ancora qua a discutere se la miniera si costruirà o meno. Questo dimostra che la Banca Europea per lo Sviluppo è troppo disattenta per rappresentare una garanzia in questo progetto, e devono saperlo anche loro, visto che non ci hanno mai smentito”.

I colpi bassi di Euromax

Oltre agli agganci con l’élite politica ed economica, Euromax ha anche tentato di guadagnarsi il consenso della popolazione locale con metodi, a guardare dall’esterno, per lo meno goffi. Oltre a campagne (sacrosante, per carità) di donazione di materiale sanitario durante la pandemia, Gorgi riporta come la società donasse denaro e attrezzi a singoli individui della comunità, in cambio della firma di un documento in cui si dichiaravano a favore della miniera. “Di fatto, una compravendita di consenso su piccola scala; io la ritengo corruzione, in piena regola”.
In questo modo hanno coinvolto circa duecento famiglie, con donazioni fra i trecento e i cinquecento euro. Allo stesso tempo Euromax iniziò una serie di attività per sostenere la compatibilità della miniera con l’agricoltura biologica, con l’appoggio di Slow Food Ograzden. Fonti interne a Slow Food riferiscono come al tempo Slow Food Ograzden fosse stata deferita ed diffidata dall’uso del simbolo e del nome dell’organizzazione, in quanto agiva in modo autonomo e incompatibile con la filosofia del gruppo. Dopo qualche tempo, infatti, il presidente dell’ormai ex presidio Slow Food Ograzden fondò l’ONG Rural Development Ograzden, citata da Euromax fra i suoi principali partner nella regione.

Nemmeno Zdrava Kotlina è stata risparmiata dalle pressioni della società canadese. “Euromax ha provato più volte a diffamarci, a metterci pressione con sottili minacce o tentativi di corruzione; per noi si è semplicemente trattato di resistere, di volta in volta. A questo proposito penso che sia stato utile organizzarsi secondo una struttura decentralizzata. Ogni villaggio ha un comitato locale che agisce indipendentemente. Allo stesso tempo i comitati sono in comunicazione fra di loro, e ogni decisione presa dall’insieme dei comitati è unanime in quanto frutto della discussione fra i vari comitati. Ritengo sia un meccanismo molto democratico, ma che allo stesso tempo permette di proseguire l’azione anche se un comitato dovesse venir meno, per qualunque ragione, fra cui le pressioni di vario genere di Euromax. Questa precauzione si è dimostrata molto utile, e per di più ha avuto l’effetto di attrarre nel movimento molte persone”.

Le tappe, gli strumenti e gli obiettivi della Resistenza

La popolazione, intanto, si è espressa nel 2017 con un referendum locale. “All’inizio non è stato facile rendere divulgabile il contenuto di 300 pagine di studi scientifici altamente specifici. Abbiamo tenuto moltissimi incontri pubblici e siamo andati anche porta a porta a spiegare le implicazioni del progetto. Abbiamo anche avuto degli incontri televisivi con esperti tecnici inviati da Euromax. Dopo tre incontri, la società si è rifiutata di farne altri! Il loro argomento principale è sempre stato quello per cui non siamo esperti. Allora durante i dibattiti gli abbiamo rivolto delle domande molto precise, visto che essere più o meno esperti non toglieva rilevanza alle domande che facevamo, e che rimanevano senza risposta. Penso che questa sia stata una scoperta fondamentale: l’importanza di fare le domande giuste”. L’affluenza fu del 40%, dato dovuto alla presenza nei registri elettorali di molti emigrati all’estero, ma comunque notevole se confrontata con l’affluenza alle elezioni presidenziali, in media uguale al 48% dal 2006 ad oggi secondo i dati dell’IFES, la Fondazione Internazionale per i Sistemi elettorali. In quell’occasione, il 98% dei votanti delle comunità di Bosilovo e Novo Selo si espresse contro la costruzione della miniera, praticamente un plebiscito, ma che verrà successivamente vanificato dalla Corte Costituzionale macedone.

Gli attivisti di Zdrava Kotlina sono attivamente impegnati nelle istituzioni locali: “Io e altri due compagni siamo entrati nelle municipalità di Strumica, Bosilovo e Novoselo. Nelle municipalità abbiamo proposto di proibire ogni concessione di estrazione mineraria per preservare strategicamente l’orientamento agricolo della nostra regione. Le maggioranze nelle municipalità si sono opposte, pur essendo di partiti diversi! Dobbiamo vedere come andranno i prossimi incontri, anche se sono sei mesi che ci stiamo lavorando. Poi però durante in campagna elettorale sono tutti ambientalisti e contro la miniera…”. A Novo Selo, i due partiti principali avevano sette consiglieri a testa, con il consigliere di Zdrava Kotlina, data la situazione, nominato presidente del consiglio municipale. Tuttavia, dopo qualche mese, i due partiti si sono accordati per il passaggio di un consigliere dal gruppo di centro-sinistra a quello del centro-destra, in modo da formare una nuova maggioranza ed eleggere un nuovo presidente dell’assemblea. Se gli estremismi alla fine si incontrano, figuriamoci i ‘centrismi’…

La consapevolezza che Gorgi dimostra circa tutti gli aspetti che riguardano il progetto (e che il sottoscritto ha toccato con mano confrontandosi con la mole di documenti messagli a disposizione per farsi un’idea in modo autonomo) è la punta dell’iceberg di una forza sì dirompente, ma anche organizzata, frutto del lavoro di 250 attivisti, ingegneri, business analysts, attori e comuni cittadini, in grado di portare nelle strade della regione, ma anche di Skopje, migliaia di manifestanti da tutto il paese, e anche da fuori. “Ci sentiamo supportati, perché la gente vede in noi un segnale di speranza. In Macedonia sono successi diversi disastri per la stessa negligenza dei governi a cui stiamo assistendo ora. La nostra lotta è percepita come legittima, e abbiamo ricevuto appoggio da diverse città, e le nostre proteste a Skopje sono sempre molto partecipate. Penso che ciò sia dovuto alla nostra trasparenza. Stiamo cercando anche di raggiungere una platea più internazionale, ma è un discorso più complicato. Abbiamo contatti con un gruppo di Halkidiki, in Grecia, un altro in Serbia che si oppone ad un progetto per una miniera di litio, e in Bulgaria. Ci supportiamo a vicenda nelle manifestazioni. È interessante notare come i problemi che abbiamo sono comuni, gli esperti che ci troviamo di fronte sono sempre gli stessi. Cerchiamo anche di parlare con gli ambasciatori europei, o i delegati del Parlamento europeo interessati, come Thomas Waltz, un eurodeputato dei Verdi che è venuto a Ilovica. Siamo percepiti positivamente, ma questo non toglie che la maggior parte dei risultati che otterremo dipende da noi, e noi soltanto”.


Manifestazione del 2018 nelle strade di Strumica. Sullo striscione c’è scritto “Stop alla miniera della morte Ilovica-Shtuka, fermiamola prima che ci uccida.

Ciò che più mi ha stupito durante l’intervista, è la serenità con cui Gorgi mi ha parlato della vicenda, e con cui afferma di essere pronto a tutto. Lui, un ragazzo istruito, che stava realizzando il sogno di molti giovani macedoni, lasciarsi alle spalle un paese di corruzione e stipendi bassi alla volta dell’Unione europea. Ma forse è proprio questa, la fonte della sua decisione. Tornato per amore della sua terra, sembra deciso a far di tutto perché non siano messe in pericolo la sopravvivenza delle sue relazioni e dei suoi paesaggi. “Qualunque cosa decidano di fare, noi non la permetteremo, anche se la protesta dovrà diventare violenta, poiché sotto ogni circostanza le persone non hanno intenzione di approvare un progetto così pericoloso. Ci siamo andati molto vicini durante un blocco stradale fra le montagne in cui abbiamo impedito lo svolgimento dei rilievi archeologici. Per fortuna siamo riusciti a bloccare quella spedizione senza scontri violenti con la polizia”. La resistenza però non è votata al mantenimento di un sistema perfetto che rischia di essere violato. C’è di più, in quello che sta succedendo in quest’angolo d’Europa.

“Noi abbiamo capito come attivisti che era importante cambiare il sistema, o per lo meno mettere delle barriere a livello locale contro questo tipo di società. Partecipare alle elezioni locali, anche con pochi mezzi, è stata anche una scusa per pensare ad un programma che andasse al di là della singola vertenza della miniera. Certamente il nostro punto rimane la protezione dell’ambiente, ma pensiamo anche che sia fondamentale eliminare la corruzione, e lavorare per innalzare il livello di informazione della cittadinanza e aumentare la sostenibilità del nostro sistema economico a livello locale. Abbiamo la libertà di dire tutto ciò che vogliamo, al contrario dei partiti al momento al potere, che ci guardano con timore. Non avendo niente da perdere, possiamo permetterci una trasparenza per loro impossibile, e questo fa sì che le persone ci guardino con sempre più simpatia. Pur essendo da soli, nelle municipalità abbiamo fatto un grande lavoro al di là dell’ecologia, portando temi come il controllo sulle attività delle imprese municipali, con lo stesso approccio utilizzato nel caso della miniera, facendo domande e pressioni sui temi cruciali e lì dove notavamo delle anomalie fra la legge e la pratica. Le anomalie in Macedonia sono sistematiche, e un cambiamento è necessario”.

Condividi:
I commenti sono chiusi