Signal esplora il concetto di «possibilità», inteso come “caratteristica di ciò che può esistere, realizzarsi, avvenire”. L’obiettivo di questo progetto fotografico è infatti raccontare la sensazione della ricerca continua, ma non costante, di quei giovani adulti che tentano di trovare un segnale.Ci troviamo nel ventunesimo secolo e viviamo in una società dove le automobili sono diventate un prolungamento del nostro movimento, l’architettura diventa sempre più omogenea in tutto il globo e gli unici animali selvatici che riescono a vivere nelle città con gli uomini sono rimasti gli uccelli, perché dotati di ali.
Questa, Byung-Chul Han, la definisce la “società della prestazione”. Un mondo in cui ogni individuo si pone degli obbiettivi e mira all’autodeterminazione, disponendo di molteplici mezzi a disposizione e numerose opportunità. Così l’individuo, non essendo sottomesso ad alcuno se non a sé stesso, si ritrova ad essere sia la propria vittima che il proprio carnefice. L’eccesso di positività lo mette di fronte a sensazioni contrastanti, ponendolo in continua oscillazione tra entusiasmo e angoscia. Di fronte a ciò, non sapendo dove dirigersi, egli “diventa irrequieto e si aggira di qua e di là”, cercando una connessione, un segnale, un qualcosa che rimane ancora ignoto. Il soggetto di prestazione può sentirsi libero di muoversi, ma nel tragitto da un luogo all’altro, come lui, anche il contesto che lo circonda cambierà forma.
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