9

Ottobre
9 Ottobre 2023

PER CON­TI­NUA­RE (E RIBAL­TA­RE) IL DISCOR­SO SUL­LE PARO­LE FER­ME

0 CommentI
72 visualizzazioni
9 min

Nel­la nota inti­to­la­ta Le paro­le che non san­no più star fer­me appar­sa recen­te­men­te qui su Ātman, Ubal­do Stec­co­ni ha argo­men­ta­to che l’avvento del­la let­tu­ra su scher­mo e l’utilizzo di vari siste­mi digi­ta­li ha scon­vol­to la pra­ti­ca del­la let­tu­ra ren­den­do­la un eser­ci­zio diver­so dal­la tra­di­zio­na­le let­tu­ra del­le paro­le scrit­te e stam­pa­te. Qual­cu­no ha stu­dia­to il feno­me­no tro­van­do una dif­fe­ren­za tra la paro­la scrit­ta su car­ta e quel­la let­ta su di uno scher­mo arri­van­do a con­si­de­ra­re la pri­ma più defi­ni­ti­va, più inten­sa. Que­sta mia nota cri­ti­ca par­te da un pre­sup­po­sto diver­so.
Fran­ca­men­te non cre­do che la paro­la elet­tro­ni­ca e fug­ge­vo­le sia meno “impres­sio­nan­te”.

Le con­qui­ste tec­no­lo­gi­che per loro stes­sa natu­ra nasco­no per miglio­ra­re la vita del­le per­so­ne, anche se qual­che vol­ta da que­ste ven­go­no uti­liz­za­te mala­men­te, ecces­si­va­men­te, peri­co­lo­sa­men­te, in modo deva­stan­te e per­fi­no sui­ci­da. Que­sto vale anche per la let­tu­ra sugli scher­mi digi­ta­li, che – al di là dei pro­ble­mi evi­den­zia­ti da Ubal­do – è cer­ta­men­te più agi­le, imme­dia­ta, poten­te, uni­ver­sa­le, frui­bi­le, espan­di­bi­le e col­le­ga­bi­le. La comu­ni­ca­zio­ne, dall’invenzione del lin­guag­gio pri­ma e dal­la tra­smis­sio­ne del­lo stes­so attra­ver­so la gra­fia da qual­che miglia­io di anni, ha deci­sa­men­te miglio­ra­to la com­pren­sio­ne del­la real­tà, le rela­zio­ni, il sape­re e l’evoluzione stes­sa dell’umanità. La scrit­tu­ra su vari sup­por­ti fino all’adozione defi­ni­ti­va del­la car­ta ha avu­to per mol­ti seco­li un’importanza asso­lu­ta e un pri­ma­to mai mes­so in discus­sio­ne. In que­sto sen­so, c’è con­ti­nui­tà fra le paro­le scrit­te e stam­pa­te e le paro­le che da pochi decen­ni si mate­ria­liz­za­no sul­lo scher­mo.

La paro­la è evo­ca­zio­ne di un con­cet­to, non è sostan­za essa stes­sa e non cre­do che un con­cet­to espres­so su una lapi­de sia più memo­riz­za­bi­le di quel­lo scrit­to su una tavo­let­ta di cera, o una per­ga­me­na, rispet­to alla car­ta. Temo che si trat­ti di un atteg­gia­men­to feti­ci­sta; un lega­me con l’oggetto libro, un ricor­do di frui­zio­ne che riguar­di in par­ti­co­la­re le gene­ra­zio­ni che han­no ini­zia­to il loro per­cor­so cono­sci­ti­vo attra­ver­so gli stru­men­ti libro, rivi­sta, gior­na­le. Per mol­to tem­po l’umanità è sta­ta por­ta­ta a scam­bia­re il con­te­nu­to con il con­te­ni­to­re o comun­que a pen­sar­li defi­ni­ti­va­men­te lega­ti. Non ci pote­va esse­re cono­scen­za o pia­ce­re se non attra­ver­so una pub­bli­ca­zio­ne o un disco o una foto­gra­fia stam­pa­ta per­ché que­sti era­no i medium con cui si pote­va acce­de­re a un testo, a una musi­ca o a una imma­gi­ne. Una stes­sa evo­lu­zio­ne – su di un pia­no paral­le­lo di cono­scen­za e pia­ce­re – si può ritro­va­re nel­la par­te­ci­pa­zio­ne a uno spet­ta­co­lo tea­tra­le, cine­ma­to­gra­fi­co e tele­vi­si­vo, dove la neces­si­tà del mez­zo è sta­ta supe­ra­ta e si va a tea­tro, al cine­ma o como­da­men­te sedu­ti davan­ti a uno scher­mo per scel­ta e non per­ché è l’unico modo per cono­sce­re altri mon­di, gode­re di inven­zio­ni e fan­ta­sie.

È inte­res­san­te con­si­de­ra­re a que­sto pro­po­si­to il river­be­ro di un Eco di nome Umber­to che solo in mini­ma par­te ha fre­quen­ta­to la nuo­va tec­no­lo­gia e che in una Busti­na di Miner­va del 1994 soste­ne­va che “i libri da leg­ge­re non potran­no esse­re sosti­tui­ti da alcun aggeg­gio elet­tro­ni­co. Son fat­ti per esse­re pre­si in mano, anche a let­to, anche in bar­ca, anche là dove non ci sono spi­ne elet­tri­che, anche dove e quan­do qual­sia­si bat­te­ria si è sca­ri­ca­ta, pos­so­no esse­re sot­to­li­nea­ti, sop­por­ta­no orec­chie e segna­li­bri, pos­so­no esse­re lascia­ti cade­re per ter­ra o abban­do­na­ti aper­ti sul pet­to o sul­le ginoc­chia quan­do ci pren­de il son­no, stan­no in tasca, si sciu­pa­no, assu­mo­no una fisio­no­mia indi­vi­dua­le a secon­da del­l’in­ten­si­tà e rego­la­ri­tà del­le nostre let­tu­re, ci ricor­da­no (se ci appa­io­no trop­po fre­schi e inton­si) che non li abbia­mo ancor let­ti, si leg­go­no tenen­do la testa come voglia­mo noi, sen­za impor­ci la let­tu­ra fis­sa e tesa del­lo scher­mo di un com­pu­ter, ami­che­vo­lis­si­mo in tut­to sal­vo che per la cer­vi­ca­le. Pro­va­te a leg­ger­vi tut­ta la Divi­na Com­me­dia, anche solo un’o­ra al gior­no, su un com­pu­ter, e poi mi fate sape­re” (cf. Umber­to Eco. La busti­na di Miner­va. Mila­no, Bom­pia­ni, 2000).

E poi però, in un’intervista a Fami­glia Cri­stia­na del 2012, rico­no­sce­va che attra­ver­so la sua Sto­ria del­la Civil­tà Euro­pea in 75 ebook pub­bli­ca­to da Ency­clo­me­dia sareb­be sta­to pos­si­bi­le “chia­ri­re se ci tro­via­mo nel mede­si­mo perio­do sto­ri­co o no, per­ché con­sen­te di muo­ver­si non solo nel tem­po, ma anche nel­lo spa­zio, attra­ver­san­do tut­te le disci­pli­ne. Gio­can­do con le cro­no­lo­gie pos­sia­mo chie­der­ci se Imma­nuel Kant abbia mai incon­tra­to Napo­leo­ne, e capi­re se un cer­to per­so­nag­gio era con­tem­po­ra­neo di una sco­per­ta scien­ti­fi­ca o di un dato even­to poli­ti­co può riser­var­ci gran­di sor­pre­se. Si può far navi­ga­re con pochi movi­men­ti del­le dita nel tem­po e nel­lo spa­zio per cor­to­cir­cui­ti istan­ta­nei. Se, leg­gen­do una sche­da su uno scien­zia­to, si vuo­le sape­re in qua­le ambien­te arti­sti­co vives­se, o qua­li altri scien­zia­ti cono­sces­se, da quel­la sche­da par­ti­rà un invi­si­bi­le filo ros­so attra­ver­so miglia­ia di altre sche­de. In que­sta navi­ga­zio­ne si pos­so­no incon­tra­re sag­gi appro­fon­di­ti cor­re­da­ti da ope­re d’arte, suo­ni, video. E anche chi non ha un pre­ci­so pro­get­to di ricer­ca potrà navi­ga­re come se gio­cas­se…”

Cre­do che per valu­ta­re appie­no il pas­sag­gio biso­gne­rà ascol­ta­re come le nuo­ve gene­ra­zio­ni che affi­da­no il loro per­cor­so cono­sci­ti­vo ai dispo­si­ti­vi digi­ta­li par­la­no di sé stes­se sen­za l’influenza ine­vi­ta­bil­men­te pas­sa­ti­sta di chi si è tro­va­to in bili­co sul­la rivo­lu­zio­ne digi­ta­le appog­gian­do­si anco­ra al legno del­la pre­ce­den­te. Ho rac­col­to le paro­le di due ragaz­zi. Il pri­mo, di 25 anni d’età, affer­ma di non leg­ge­re mai in digi­ta­le, per­ché un libro lo puoi annu­sa­re e toc­ca­re. La con­tro­par­te digi­ta­le, per lui, per sua natu­ra sbri­ga in modo più sem­pli­ce pra­ti­che come lo stu­dio. Chi leg­ge vera­men­te per pia­ce­re e per cono­scen­za, con­clu­de, non potrà mai pre­fe­ri­re il digi­ta­le. Il secon­do ragaz­zo, di poco più gio­va­ne, intro­du­ce una pro­spet­ti­va sto­ri­ca al discor­so. Dice che si rispec­chia sia nel pri­mo discor­so di Eco a dife­sa dei libri sia nel secon­do a dife­sa del­la tec­no­lo­gia e aggiun­ge che la civil­tà uma­na segui­rà come ogni orga­ni­smo un ciclo di evo­lu­zio­ne e mor­te e non una linea ret­ta di pro­gres­so ver­so l’infinito. Non è chia­ro quan­to ci vor­rà; potrem­mo esse­re agli sta­di ini­zia­li, all’apice o già in fase dege­ne­ra­ti­va. O for­se – e qui la sua rispo­sta supe­ra la logi­ca dico­to­mi­ca che soli­ta­men­te domi­na que­sti discor­si – stia­mo viven­do tut­te le tre fasi insie­me.

Dun­que, volen­do con­clu­de­re con un’azzardata (ma non poi così tan­to) pre­vi­sio­ne, si può dire che in un pros­si­mo futu­ro la car­ta sarà com­ple­ta­men­te deca­du­ta – anche per­ché, per sua natu­ra, è fra­gi­le e cor­rut­ti­bi­le dagli agen­ti atmo­sfe­ri­ci e cli­ma­ti­ci – e che altre for­me di sup­por­to oltre a quel­la digi­ta­le saran­no acces­si­bi­li, maga­ri in olo­gram­ma o per indu­zio­ne chi­mi­ca, per osmo­si o chis­sà come e il libro sarà un mera­vi­glio­so, affa­sci­nan­te reper­to a cui qual­cu­no si dedi­che­rà con pas­sio­ne prou­stia­na.

Ad maio­ra, dun­que. Ma in fon­do ci sia­mo già!

Con­di­vi­di:
TAGS:
I commenti sono chiusi