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Luglio
18 Luglio 2024

INTE­SA ITA­LIA — LIBIA: LA GUER­RA DEL MEDI­TER­RA­NEO

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Le stra­de del­la soli­da­rie­tà si sono incon­tra­te a Napo­li dal 1 al 4 set­tem­bre 2022 per lo svol­gi­men­to di A Bor­do Fest!, il pri­mo festi­val del­la ONG ita­lia­na Medi­ter­ra­nea Saving Humans, che dal 2018 si occu­pa di soc­cor­re­re le per­so­ne in movi­men­to lun­go le fron­tie­re, sia di ter­ra che di mare.

Duran­te il festi­val si sono sus­se­gui­ti work­shop, dibat­ti­ti e con­cer­ti nei qua­li espo­nen­ti di varie asso­cia­zio­ni, atti­vi­sti e arti­sti han­no dato il loro con­tri­bu­to per crea­re dei momen­ti di divul­ga­zio­ne e discus­sio­ne su temi pro­fon­da­men­te attua­li qua­li: la que­stio­ne fron­ta­lie­ra, la situa­zio­ne di migran­ti e rifu­gia­ti che affron­ta­no il viag­gio per rag­giun­ge­re l’Europa.

Secon­do i dati rac­col­ti da UNH­CR, i migran­ti che ten­ta­no la tra­ver­sa­ta del Medi­ter­ra­neo sono in calo rispet­to ai pic­chi rag­giun­ti tra il 2011 e il 2015 ma i nume­ri dei mor­ti con­ti­nua­no ad aumen­ta­re. Sem­pre con­si­de­ran­do i report di UNH­CR, nel 2021 sono sta­ti regi­stra­ti cir­ca 3.231 mor­ti o disper­si in mare nel Medi­ter­ra­neo e nell’Atlantico nord-occi­den­ta­le. Nel 2020 il nume­ro regi­stra­to cor­ri­spon­de­va a 1.881, 1.510 nel 2019 e oltre 2.277 nel 2018 (Osser­va­to­rio Dirit­ti). A que­sti nume­ri van­no aggiun­te le per­so­ne che han­no per­so la vita nel­la pri­ma par­te del loro viag­gio, che nel­la mag­gior par­te dei casi ha avu­to ini­zio ben pri­ma di rag­giun­ge­re il Medi­ter­ra­neo, e che è più dif­fi­ci­le da trac­cia­re. Per colo­ro che par­to­no dall’Africa Sub-Saha­ria­na un osta­co­lo altret­tan­to peri­co­lo­so e mor­ta­le è rap­pre­sen­ta­to dal­la trat­ta di ter­ra, o meglio di sab­bia, del deser­to del Saha­ra. Per attra­ver­sar­lo, le per­so­ne si met­to­no nel­le mani di traf­fi­can­ti che li cari­ca­no su fur­go­ni sovraf­fol­la­ti. Cade­re da un vei­co­lo in cor­sa nel deser­to è mor­ta­le quan­to cade­re in acqua da un’imbarcazione, sen­za con­ta­re la disi­dra­ta­zio­ne, la mal­nu­tri­zio­ne e le vio­len­ze che pos­so­no esse­re subi­te duran­te il viag­gio.

Una vol­ta arri­va­ti nel Medi­ter­ra­neo, la peri­co­lo­si­tà del viag­gio si ampli­fi­ca a cau­sa del­la mili­ta­riz­za­zio­ne sem­pre mag­gio­re del­le fron­tie­re, mes­sa in atto dall’Europa e dai suoi part­ner extraeu­ro­pei come Maroc­co e Tur­chia, che ope­ra­no per impe­di­re ai migran­ti e richie­den­ti asi­lo di entra­re nei pro­pri con­fi­ni. Per fare que­sto l’Europa ha crea­to un vero e pro­prio eser­ci­to di fron­tie­ra, ope­ran­te dal 2000 e rin­no­va­to più vol­te. Si trat­ta di Fron­tex, che è sta­ta amplia­ta e raf­for­za­ta due anni fa tra­sfor­man­do­si in Agen­zia Euro­pea del­la Guar­dia di Fron­tie­ra e Costie­ra, un part­ner fon­da­men­ta­le dell’Unione Euro­pea nel­la lot­ta con­tro le per­so­ne in movi­men­to, che, con un bud­get da 5.6 miliar­di di euro, ha in gran par­te sosti­tui­to il ruo­lo del­le guar­die costie­re e fron­ta­lie­re sta­ta­li. Il ruo­lo di Fron­tex è quel­lo di inter­cet­ta­re e respin­ge­re i migran­ti che cer­ca­no di rag­giun­ge­re le coste euro­pee e di attra­ver­sa­re le fron­tie­re di ter­ra, infran­gen­do vari dirit­ti fon­da­men­ta­li, tra cui quel­lo di non-respin­gi­men­to. Secon­do il dirit­to inter­na­zio­na­le e la Con­ven­zio­ne di Gine­vra del 1951 per i rifu­gia­ti, le richie­ste di asi­lo non pos­so­no esse­re rifiu­ta­te pri­ma di esse­re pre­se in con­si­de­ra­zio­ne, e una per­so­na non può esse­re ripor­ta­ta in un pae­se in cui rischia tor­tu­ra, per­se­cu­zio­ne o mor­te, o se il pae­se non si tro­va sul­la lista dei pae­si sicu­ri. Fron­tex è sta­ta più vol­te cri­ti­ca­ta da ONG e atti­vi­sti, fino a crea­re un vero e pro­prio movi­men­to chia­ma­to Abo­lish Fron­tex, che ope­ra pro­prio per abo­li­re tale agen­zia euro­pea e per met­te­re fine al siste­ma che rap­pre­sen­ta. Il mani­fe­sto di Abo­lish Fron­tex recla­ma la rego­la­riz­za­zio­ne dei migran­ti e il dirit­to alla liber­tà di movi­men­to per tut­ti, met­ten­do fine alla mili­ta­riz­za­zio­ne del­le fron­tie­re, alla vigi­lan­za sul­le per­so­ne che le attra­ver­sa­no, ai respin­gi­men­ti, alle depor­ta­zio­ni e alle deten­zio­ni.

Un altro ele­men­to che ha reso anco­ra più peri­co­lo­sa la trat­ta marit­ti­ma del Medi­ter­ra­neo cen­tra­le e che è sta­ta tra i prin­ci­pa­li argo­men­ti trat­ta­ti duran­te i vari incon­tri e dibat­ti­ti di Medi­ter­ra­nea, è quel­lo dei recen­ti accor­di Ita­lia-Libia, cono­sciu­ti in ter­mi­ni uffi­cia­li come Memo­ran­dum d’intesa tra Ita­lia e Libia.

Non è la pri­ma vol­ta che Ita­lia e Libia sigla­no accor­di di ami­ci­zia e col­la­bo­ra­zio­ne. La sto­ria dei due pae­si ini­zia ad incro­ciar­si nel 1911, quan­do l’Italia ten­ta di colo­niz­za­re la Libia.

La riu­sci­ta di tale ope­ra­zio­ne era sta­ta ipo­tiz­za­ta in tem­pi bre­vi, poi­ché il ter­ri­to­rio libi­co veni­va con­si­de­ra­to una emp­ty land, una ter­ra di nes­su­no, sen­za tene­re con­to del­le tri­bù loca­li che abi­ta­va­no quei luo­ghi, all’epoca sot­to il pote­re Otto­ma­no. La rispo­sta di tali popo­la­zio­ni non tar­dò ad arri­va­re e i colo­ni ita­lia­ni si tro­va­ro­no sin da subi­to in dif­fi­col­tà nei con­fron­ti di una resi­sten­za così agguer­ri­ta. Gli abi­tan­ti del luo­go non vole­va­no rinun­cia­re in alcun modo alla loro ter­ra e così scop­piò un con­flit­to inter­no al pae­se che cau­sò tan­tis­si­me vit­ti­me e vio­len­ze da entram­be le par­ti, com­pre­se fuci­la­zio­ni e impic­ca­gio­ni da par­te degli ita­lia­ni nei con­fron­ti dei ribel­li libi­ci. Con l’ascesa del fasci­smo, la situa­zio­ne diven­ne anco­ra più cri­ti­ca, tan­to che tra il 1923 e il 1936 si assi­stet­te ad un crol­lo demo­gra­fi­co del­la popo­la­zio­ne libi­ca, cau­sa­to sia dai mor­ti in com­bat­ti­men­to che dai dan­ni inflit­ti al pae­se sul pia­no eco­no­mi­co e sani­ta­rio dovu­ti ad una serie di depor­ta­zio­ni sen­za pre­ce­den­ti. Par­te del­la popo­la­zio­ne ven­ne rin­chiu­sa in dei veri e pro­pri cam­pi di con­cen­tra­men­to dove i dete­nu­ti, mal­nu­tri­ti e mal­trat­ta­ti, furo­no costret­ti a svol­ge­re este­nuan­ti lavo­ri for­za­ti, tra­sci­nan­do­si ogni mat­ti­na all’appello a cui diver­se per­so­ne non si pre­sen­ta­va­no, poi­ché mor­te di sten­ti e malat­tie nell’arco del­la gior­na­ta pre­ce­den­te.

La fine del­la colo­niz­za­zio­ne ita­lia­na in Libia avven­ne con­se­guen­te­men­te alla vit­to­ria degli ingle­si nel 1943, a segui­to del­la fine del­la Secon­da guer­ra mon­dia­le. Da quel momen­to il pae­se si è avvia­to ver­so una com­pli­ca­ta rico­stru­zio­ne. L’Italia ave­va inte­res­se a man­te­ne­re buo­ni rap­por­ti con la nuo­va gover­nan­ce del pae­se, poi­ché sul ter­ri­to­rio era­no rima­sti nume­ro­si cit­ta­di­ni ita­lia­ni e il gover­no teme­va riper­cus­sio­ni nei loro con­fron­ti. Per rego­la­re i rap­por­ti tra i due pae­si ven­ne sti­pu­la­to il trat­ta­to ita­lo-libi­co di col­la­bo­ra­zio­ne del 1956, il qua­le garan­ti­va agli ita­lia­ni pre­sen­ti sul ter­ri­to­rio di con­ti­nua­re a vive­re libe­ra­men­te in Libia in cam­bio di 5 milio­ni di ster­li­ne offer­te dall’Italia per la rico­stru­zio­ne del pae­se che ave­va con­tri­bui­to a distrug­ge­re.

Negli anni si sono sus­se­gui­ti vari tipi di col­la­bo­ra­zio­ne tra i due gover­ni, soprat­tut­to nell’ambito ener­ge­ti­co, petro­li­fe­ro su tut­ti, e in tem­pi più recen­ti anche nel con­te­sto dei flus­si migra­to­ri. Nel 2004 il lea­der libi­co Muham­mar Ghed­da­fi, che ave­va pre­so il pote­re nel 1961 in segui­to ad un col­po di sta­to, diven­ne part­ner dell’Unione Euro­pea nel­la lot­ta all’immigrazione clan­de­sti­na, arri­van­do ad esse­re invi­ta­to a Bru­xel­les dal pre­si­den­te del­la Com­mis­sio­ne Euro­pea Roma­no Pro­di. Men­tre Ghed­da­fi si impe­gna­va a bloc­ca­re le vie di tran­si­to dei migran­ti, l’UE pro­met­te­va alla Libia la revo­ca dell’embargo sul­le armi in vigo­re dal 1986, assi­cu­ran­do una tota­le liber­tà di rifor­ni­men­ti mili­ta­ri al pae­se. Nel 2007 la Fran­cia ne appro­fit­tò subi­to per fir­ma­re un memo­ran­dum di coo­pe­ra­zio­ne con la Libia in cui i due sta­ti si impe­gna­va­no in nego­zia­ti esclu­si­vi per equi­pag­gia­men­ti mili­ta­ri dal valo­re di più di 5 miliar­di di euro. L’Italia nel 2008 seguì il suo esem­pio, fir­man­do a Ben­ga­si un trat­ta­to di ami­ci­zia, par­te­na­ria­to e coo­pe­ra­zio­ne sti­pu­la­to tra il Pri­mo Mini­stro Sil­vio Ber­lu­sco­ni e il Pre­si­den­te Ghed­da­fi. Tale accor­do ser­vì anche per appia­na­re defi­ni­ti­va­men­te i ran­co­ri deri­van­ti dal pas­sa­to colo­nia­le, che ha lascia­to segni che l’Italia non ha mai real­men­te con­tri­bui­to a risa­na­re.

Con le rivol­te scop­pia­te in Libia nel 2011 in segui­to all’ondata del­le pri­ma­ve­re ara­be e con la con­se­guen­te cat­tu­ra e mor­te di Ghed­da­fi, inflit­ta da par­te dei ribel­li libi­ci, l’esistenza di tale trat­ta­to ven­ne cri­ti­ca­ta da diver­se par­ti in Ita­lia, tra chi vole­va met­ter­vi fine e chi dice­va che l’accordo era tra sta­ti e non lea­der poli­ti­ci e che quin­di doves­se esse­re man­te­nu­to. L’estinzione del trat­ta­to ita­lo-libi­co pote­va avve­ni­re solo in caso di “vio­la­zio­ne sostan­zia­le”, come sti­pu­la­to dal­la Con­ven­zio­ne di Vien­na sul dirit­to dei trat­ta­ti. Per arri­va­re ad una sospen­sio­ne del trat­ta­to l’Italia avreb­be dovu­to denun­cia­re le vio­la­zio­ni dei dirit­ti dell’uomo da par­te del regi­me libi­co, azio­ne che non è mai avve­nu­ta. In segui­to alle vio­len­ze sca­tu­ri­te dal­le pro­te­ste, la situa­zio­ne in Libia si è com­pli­ca­ta ulte­rior­men­te, con la nasci­ta di due gover­ni riva­li che han­no por­ta­to nuo­vi scon­tri e vio­len­ze cau­san­do la fuga di un nume­ro sem­pre più ele­va­to di per­so­ne dal pae­se, le qua­li han­no ten­ta­to la tra­ver­sa­ta ver­so l’Europa. Nel 2016 il Gover­no ita­lia­no fir­mò un con­cor­da­to con il Gover­no di Accor­do Nazio­na­le libi­co, in segui­to all’esigenza di con­tra­sta­re l’aumento di migran­ti in par­ten­za dal pae­se.

Tale con­cor­da­to vie­ne segui­to dal Memo­ran­dum di inte­sa Ita­lia-Libia, fir­ma­to a Roma il 2 set­tem­bre 2017, che si col­lo­ca nel set­to­re del­la coo­pe­ra­zio­ne e del­lo svi­lup­po con­fer­man­do la volon­tà di con­tra­sta­re l’immigrazione ille­ga­le, il traf­fi­co di esse­ri uma­ni e il con­trab­ban­do, andan­do a raf­for­za­re la sicu­rez­za del­le fron­tie­re tra la Libia e l’Italia. Tali accor­di han­no dura­ta di tre anni e sono già sta­ti rin­no­va­ti una vol­ta.

Secon­do il Memo­ran­dum, i mez­zi per la lot­ta all’immigrazione clan­de­sti­na e per il con­trol­lo del­le fron­tie­re ter­re­stri e marit­ti­me del­la Libia ven­go­no spe­sa­ti per il 50% dal­lo Sta­to ita­lia­no, e per l’altro 50% dall’Unione Euro­pea. Que­sta coo­pe­ra­zio­ne si con­cre­tiz­za nel­la costru­zio­ne di cam­pi di acco­glien­za sul ter­ri­to­rio libi­co, sot­to l’esclusivo con­trol­lo del Mini­ste­ro dell’Interno libi­co, nei qua­li dovran­no sog­gior­na­re i migran­ti in atte­sa del rim­pa­trio o del rien­tro volon­ta­rio nei pae­si di ori­gi­ne. Dal momen­to in cui per attua­re que­ste due solu­zio­ni c’è biso­gno del con­sen­so degli sta­ti ver­so cui i migran­ti ver­ran­no rein­di­riz­za­ti, par­te del­la col­la­bo­ra­zio­ne pre­ve­de anche di sti­pu­la­re degli accor­di con i pae­si di ori­gi­ne affin­ché accet­ti­no il rim­pa­trio dei pro­pri cit­ta­di­ni.

Il testo dell’articolo 1 del Memo­ran­dum pre­ve­de che l’Italia s’impegni a for­ni­re sup­por­to tec­ni­co e tec­no­lo­gi­co agli orga­ni­smi libi­ci inca­ri­ca­ti di con­tra­sta­re l’immigrazione irre­go­la­re, insie­me con la for­ma­zio­ne del per­so­na­le libi­co all’interno dei cen­tri di acco­glien­za e del­la guar­dia costie­ra.

Men­tre i sud­det­ti cen­tri di acco­glien­za resta­no atti­vi gra­zie ai finan­zia­men­ti con­giun­ti di Ita­lia ed Euro­pa, al festi­val di Medi­ter­ra­nea han­no par­te­ci­pa­to diver­si ragaz­zi che da quei cam­pi ci sono pas­sa­ti, e che come tan­ti altri han­no denun­cia­to esse­re, in real­tà, luo­ghi di tor­tu­ra e deten­zio­ne.

Ibra­hi­ma Lo ha par­te­ci­pa­to al dibat­ti­to di aper­tu­ra del festi­val in quan­to testi­mo­ne diret­to di un soc­cor­so in mare da par­te di Medi­ter­ra­nea. Pri­ma di scap­pa­re dal­la Libia ver­so l’Italia è sta­to tra colo­ro che han­no vis­su­to i cam­pi libi­ci, che lui defi­ni­sce lager e pri­gio­ni. Arri­va­to in Euro­pa, è rima­sto scon­vol­to dal­le dichia­ra­zio­ni di alcu­ni poli­ti­ci ita­lia­ni che si dimo­stra­no sod­di­sfat­ti dei risul­ta­ti del Memo­ran­dum. Per la sua espe­rien­za tali accor­di han­no signi­fi­ca­to mor­te e sof­fe­ren­za. Nel suo libro Pane e Acqua, edi­to da Vil­lag­gio Mao­ri, rac­con­ta il suo viag­gio dal Sene­gal all’Italia, pas­san­do attra­ver­so la Libia. Il suo è un rac­con­to per­so­na­le, a cui si intrec­cia­no le sto­rie di tan­ti altri, di cui è por­ta­vo­ce con la sua scrit­tu­ra.

La migra­zio­ne si fa sto­ria col­let­ti­va e duran­te il festi­val inter­ven­go­no anche altri ragaz­zi che han­no vis­su­to espe­rien­ze diver­se, ma con ele­men­ti comu­ni.

David Yam­bio e Lam Magok inter­ven­go­no insie­me sul pal­co dedi­ca­to alla discus­sio­ne degli accor­di Ita­lia-Libia. David e Lam sono arri­va­ti da pochi mesi in Ita­lia: si sono cono­sciu­ti in una pri­gio­ne in Libia in cui han­no con­di­vi­so la deten­zio­ne con cri­mi­na­li e pre­sun­ti ter­ro­ri­sti, per la sola col­pa di aver intra­pre­so il viag­gio ver­so l’Europa.

David Yam­bio ha pas­sa­to quat­tro anni nell’inferno libi­co. Quat­tro vol­te ha cer­ca­to di scap­pa­re e per quat­tro vol­te è sta­to cat­tu­ra­to e por­ta­to indie­tro dal­la guar­dia costie­ra libi­ca. Insie­me a Lam è tra i fon­da­to­ri di Refu­gees in Libya, un’associazione di rifu­gia­ti che si tro­va­no in Libia, che lot­ta­no per un trat­ta­men­to equo e per il rico­no­sci­men­to dei loro dirit­ti, attra­ver­so cui le per­so­ne diret­ta­men­te col­pi­te dal­le vio­len­ze per­pe­tra­te dal gover­no pos­sa­no espri­me­re la loro voce e la loro opi­nio­ne libe­ra­men­te e sen­za fil­tri. I pun­ti fon­da­men­ta­li del movi­men­to sono ben chia­ri: esse­re rifu­gia­ti non è un cri­mi­ne, chie­de­re asi­lo è un dirit­to uma­no, così come lo è il dirit­to alla vita. I mem­bri dell’organizzazione han­no anche par­te­ci­pa­to atti­va­men­te al pre­si­dio ini­zia­to nell’ottobre 2021 che si è svol­to davan­ti alla sede dell’UNHCR a Tri­po­li, per chie­de­re pro­te­zio­ne e un pia­no di eva­cua­zio­ne dal pae­se, per una dura­ta di 100 gior­ni pri­ma che la zona venis­se vio­len­te­men­te sgom­be­ra­ta il 10 gen­na­io.

Tra i mani­fe­stan­ti sono sta­ti regi­stra­ti alme­no 600 arre­sti, secon­do le ONG Nor­we­gian Refu­gee Coun­cil (Nrc) e Inter­na­tio­nal Rescue Com­mit­tee (Irc). In quell’occasione oltre cin­que mila migran­ti sono sta­ti tra­sfe­ri­ti in cen­tri di deten­zio­ne in cui le con­di­zio­ni era­no già pes­si­me pri­ma del loro arri­vo e che ha cau­sa­to un ulte­rio­re sovraf­fol­la­men­to. Uno di que­sti cam­pi è quel­lo di Ain Zara, dove han­no avu­to luo­go varie pro­te­ste a cau­sa del­le ter­ri­bi­li con­di­zio­ni. Anche in que­sto caso Refu­gees For Libya fa appel­lo all’UNHCR e all’Europa per met­te­re fine a que­ste ingiu­sti­zie e assi­cu­ra­re i dirit­ti fon­da­men­ta­li che spet­ta­no alle per­so­ne dete­nu­te.

In segui­to a que­sti avve­ni­men­ti David e Lam, ricer­ca­ti dal­le for­ze libi­che per il loro atti­vi­smo, sono riu­sci­ti a rag­giun­ge­re l’Italia via mare sen­za esse­re inter­cet­ta­ti. Ora che sono qui il loro lavo­ro non si è fer­ma­to. L’obiettivo è quel­lo di far cono­sce­re a tut­ti le con­di­zio­ni che loro e i loro fra­tel­li han­no vis­su­to e con­ti­nua­no a subi­re sul ter­ri­to­rio libi­co e l’inferno che que­sta trat­ta por­ta con sé. La loro lot­ta non si fer­me­rà fin­ché le per­so­ne non ver­ran­no tra­sfe­ri­te in dei luo­ghi sicu­ri e fin­ché non avran­no acces­so ai dirit­ti fon­da­men­ta­li.

Secon­do un report di Humans Rights Watch del 2022, l’organizzazione inter­na­zio­na­le per la migra­zio­ne (IOM), ha sti­ma­to la pre­sen­za di 212.593 sfol­la­ti inter­ni libi­ci, insie­me a 610.128 migran­ti pro­ve­nien­ti da altri pae­si, sen­za con­ta­re colo­ro che non sono regi­stra­ti all’ufficio dell’UNHCR e che quin­di non risul­ta­no in que­sti nume­ri. L’alta pre­sen­za di sfol­la­ti inter­ni è un altro dei fat­to­ri che ci per­met­to­no di capi­re che la Libia non è un pae­se sicu­ro, nem­me­no per i suoi cit­ta­di­ni.

Duran­te la mani­fe­sta­zio­ne in Piaz­za del Ple­bi­sci­to il 3 set­tem­bre 2022, sia David che Lam han­no con­di­vi­so anco­ra una vol­ta la loro testi­mo­nian­za, denun­cian­do gli accor­di Ita­lia-Libia e le azio­ni dei gover­ni euro­pei, che stan­no finan­zian­do la mor­te e le tor­tu­re per miglia­ia di per­so­ne, al fine di sal­va­guar­da­re la cosid­det­ta for­tez­za Euro­pa. Le loro voci par­la­no per tut­ti i rifu­gia­ti, per i mor­ti in mare, per le don­ne stu­pra­te e i loro bam­bi­ni. Duran­te la mani­fe­sta­zio­ne si sono rivol­ti ai gover­ni euro­pei per chie­de­re di non nego­zia­re e di non fare accor­di con un gover­no cri­mi­na­le. Han­no riba­di­to che la Libia è un pae­se dove rischi di esse­re arre­sta­to in qual­sia­si momen­to sen­za appa­ren­te moti­vo, dove non c’è liber­tà. È un pae­se in cui temi di esse­re rapi­to improv­vi­sa­men­te o col­pi­to a mor­te da un col­po di pisto­la. La Libia è un pae­se dove non hai tem­po di sogna­re, per­ché vie­ni ucci­so pri­ma.

Per que­sto, dice Lam, dob­bia­mo tut­ti chie­de­re al gover­no ita­lia­no e all’Europa di smet­te­re di finan­zia­re la Libia sot­to­li­nean­do l’importanza di crea­re e man­te­ne­re viva una rete tra atti­vi­sti in Libia e in Euro­pa, come quel­la che è sta­ta pre­sen­te al festi­val di Medi­ter­ra­nea, per con­ti­nua­re a sal­va­re per­so­ne e lot­ta­re per i dirit­ti uma­ni, affin­ché nes­su­no ven­ga dimen­ti­ca­to.

Biblio­gra­fia

- Ahmi­da, A.A. (2020) Geno­ci­de in Libya: Shar, a Hid­den Colo­nial Histo­ry. Rou­tled­ge. Avai­la­ble at: http://gen.lib.rus.ec/book/index.php?md5=81A915CD078B559B3B2EE6E0A587BC3A (Acces­sed: 3 Novem­ber 2023).

- Saler­no, E. (2005). Geno­ci­dio in Libia. Le atro­ci­tà nasco­ste dell’avventura colo­nia­le ita­lia­na (1911–1931), Mila­no, Mani­fe­sto­li­bri.

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