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Luglio
21 Luglio 2022

C’E­RA­VA­MO TAN­TO AMA­TI

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Quan­do si affron­ta un argo­men­to del gene­re c’è vera­men­te il rischio di par­ti­re per la tan­gen­te. I signo­ri ben­pen­san­ti sono già pron­ti a con­tro­bat­te­re soste­nen­do che una rivo­lu­zio­ne ses­sua­le che com­pren­da: la dis­so­lu­zio­ne del­la fami­glia, l’istituzione del matri­mo­nio, e affer­mi la natu­ra­le edu­ca­zio­ne infan­ti­le e ado­le­scen­zia­le sia qual­co­sa di uto­pi­co e di estre­ma­men­te noci­vo. Sup­por­re che que­sto pro­gram­ma ses­suoaf­fer­ma­ti­vo sia irrea­liz­za­bi­le offen­de una par­te vita­le del­la nostra sto­ria recen­te, la qua­le inve­ce ci ha dimo­stra­to l’attuabilità di que­ste poli­ti­che.

Costrin­ger­si a cre­de­re e ad accet­ta­re una cosa sen­za Le poli­ti­che in cam­po ses­sua­le effet­tua­te duran­te la gui­da leni­ni­sta sono sta­te tra­scu­ra­te dall’analisi sto­rio­gra­fi­ca sull’Unione Sovie­ti­ca. Il per­ché è facil­men­te intui­bi­le, data la por­ta­ta dei cam­bia­men­ti com­piu­ti, ma ciò che scon­vol­ge mag­gior­men­te è la tota­le indif­fe­ren­za del­la sini­stra rivo­lu­zio­na­ria per que­sta stu­pe­fa­cen­te paren­te­si. Sep­pur bre­ve, que­sto perio­do è di vita­le impor­tan­za per qual­sia­si inda­gi­ne in cam­po liber­ta­rio. Stu­dia­re quan­to acca­du­to nei pri­mi anni del­la Rivo­lu­zio­ne rus­sa e i fat­to­ri che han­no impe­di­to il per­se­gui­men­to di que­sta nuo­va vita è il pun­to da cui dob­bia­mo ripar­ti­re oggi­gior­no se voglia­mo effet­tua­re un cam­bia­men­to rea­le nel­la nostra natu­ra mec­ca­ni­ca com­pren­der­la è un atteg­gia­men­to poli­ti­co e non spi­ri­tua­le o intel­let­tua­le.

L’indifferenza da par­te del mon­do rivo­lu­zio­na­rio è altret­tan­to pre­oc­cu­pan­te, poi­ché, mai nes­sun altro Sta­to si è diret­to ver­so una così pro­fon­da libe­ra­zio­ne dell’essere uma­no. L’esempio che mi accin­ge­rò a illu­stra­re riguar­da, a mio avvi­so, la più gran­de rivo­lu­zio­ne dell’era moder­na: la Rivo­lu­zio­ne rus­sa. In par­ti­co­lar modo la Rivo­lu­zio­ne ses­sua­le bol­sce­vi­ca effet­tua­ta sot­to la gui­da di Vla­di­mir Lenin. Pri­ma di espor­re la lot­ta per la nuo­va vita in Unio­ne Sovie­ti­ca vor­rei inqua­dra­re la legi­sla­zio­ne in mate­ria ses­sua­le duran­te l’epoca zari­sta. Leg­gi ses­sua­li, in linea di prin­ci­pio, coe­ren­ti con la legi­sla­tu­ra degli altri pae­si bor­ghe­si, e quin­di diret­ta ver­so una ini­bi­zio­ne ses­sua­le del­le mas­se.

Ecco alcu­ni estrat­ti del­la legi­sla­tu­ra zari­sta pri­ma dell’avvento del­la Rivo­lu­zio­ne: 

Art.106 del Codi­ce: Il mari­to è obbli­ga­to ad ama­re la moglie come il suo stes­so cor­po, a vive­re con lei in con­cor­dia, a ono­rar­la e ad assi­ster­la duran­te le malat­tie. Egli è obbli­ga­to a pro­cu­ra­re alla moglie, secon­do la sua posi­zio­ne e le sue pos­si­bi­li­tà, i mez­zi di sus­si­sten­za.             

Art.107: La moglie è obbli­ga­ta a obbe­di­re al mari­to in quan­to capo del­la fami­glia, a resta­re pres­so di lui con amo­re, defe­ren­za e obbe­dien­za illi­mi­ta­ta, e a con­ce­der­gli ogni favo­re e ogni devo­zio­ne in quan­to don­na di casa.       

Art.164: L’autorità dei geni­to­ri con­cer­ne i figli di ambo i ses­si e di qua­lun­que età.             

Art.165: Per cor­reg­ge­re i figli disob­be­dien­ti ai geni­to­ri com­pe­te il dirit­to di far uso di misu­re dome­sti­che di cor­re­zio­ne. In caso di fal­li­men­to di tali meto­di è pote­re dei geni­to­ri:

1. Chiu­de­re in pri­gio­ne i figli di ambo i ses­si, che non sia­no impie­ga­ti sta­ta­li, per disob­be­dien­za osti­na­ta all’autorità dei geni­to­ri e per con­dot­ta di vita immo­ra­le. 

2. Spor­ge­re que­re­la pres­so le auto­ri­tà giu­di­zia­rie. [..] ai figli ver­rà impar­ti­ta, su richie­sta dei geni­to­ri e sen­za par­ti­co­la­re inchie­sta giu­di­zia­ria, una pena deten­ti­va da 2 a 4 mesi.

Ana­liz­zan­do que­sto cli­ma di coer­ci­zio­ne in cui la Rus­sia zari­sta si tro­va­va, pos­sia­mo con­sta­ta­re che la vita ses­sua­le del­le per­so­ne sia sog­get­ta alla leg­ge e non al libe­ro per­se­gui­men­to del­le pro­prie pul­sio­ni. Del­la pos­si­bi­li­tà che due per­so­ne pos­sa­no ave­re una rela­zio­ne sen­za con­trar­re matri­mo­nio nean­che l’ombra: il mari­to è obbli­ga­to ad ama­re la moglie, anche se quest’ultimo non pro­va più qual­sia­si attra­zio­ne ver­so di essa; la moglie è obbli­ga­ta ad ama­re il capo fami­glia e a non pos­se­de­re un’indipendenza eco­no­mi­ca in quan­to don­na di casa. Infi­ne, i figli, come in qual­sia­si altra socie­tà coer­ci­ti­va che si rispet­ti, devo­no sot­to­sta­re all’autorità dei geni­to­ri. Addi­rit­tu­ra, in que­sto caso i geni­to­ri pos­so­no chiu­de­re i pro­pri figli in pri­gio­ne!

Inol­tre, lo Sta­to zari­sta pone­va come isti­tu­zio­ne cen­tra­le del pro­prio ordi­na­men­to la fami­glia patriar­ca­le, al fine di per­pe­tua­re l’asservimento ses­sua­le del­le nuo­ve gene­ra­zio­ni. Ovun­que si attui una mora­le di que­sto gene­re, le liber­tà ses­sua­li sono sol­tan­to un mirag­gio.             

Con la pre­sa al pote­re dei bol­sce­vi­chi nell’ottobre del 1917 si assi­stet­te, però, per la pri­ma vol­ta nel­la sto­ria al per­se­gui­men­to del­le liber­tà ses­sua­li distrug­gen­do la vec­chia mora­le coer­ci­ti­va con del­le poli­ti­che che mira­va­no al sod­di­sfa­ci­men­to del­le pro­prie pul­sio­ni ses­sua­li, e quin­di a una vita ses­suoaf­fer­ma­ti­va. Su quan­to acca­du­to in Unio­ne Sovie­ti­ca dal 1917 al suo disfa­ci­men­to è sta­to det­to tut­to e di più, dal­le poli­ti­che eco­no­mi­che a quel­le poli­ti­che fino alla deri­va auto­ri­ta­ria intra­pre­sa da Sta­lin, ma mai nes­su­na men­zio­ne è sta­ta fat­ta alla rivo­lu­zio­ne ses­sua­le sovie­ti­ca, ai più rima­sta sco­no­sciu­ta. Wilhelm Reich, medi­co e psi­chia­tra austria­co è l’eccezione. Nel suo libro: La rivo­lu­zio­ne ses­sua­le (Fel­tri­nel­li, 1963), Reich espo­ne luci­da­men­te il per­cor­so sto­ri­co intra­pre­so in Rus­sia in que­gli anni, soste­nen­do che “la repres­sio­ne ses­sua­le è alla base del­la psi­co­lo­gia di mas­sa di una data civil­tà, e pre­ci­sa­men­te quel­la patriar­ca­le e auto­ri­ta­ria, in tut­te le sue for­me”. Una rivo­lu­zio­ne ses­suo­po­li­ti­ca che se per­pe­tua­ta nel tem­po avreb­be por­ta­to alla dis­so­lu­zio­ne defi­ni­ti­va del­le nevro­si pre­sen­ti nel­la strut­tu­ra psi­chi­ca del­le mas­se, in favo­re di un atteg­gia­men­to affer­ma­ti­vo nei con­fron­ti del­la vita e di con­se­guen­za alla disgre­ga­zio­ne del siste­ma capi­ta­li­sti­co, faro del­la nega­zio­ne dell’esistenza). 

Le pri­me dispo­si­zio­ni furo­no ema­na­te il 19 e 20 dicem­bre del 1917 da par­te di Lenin, le qua­li nei con­te­nu­ti abo­li­va­no, di fat­to, tut­ta la legi­sla­zio­ne zari­sta vista in pre­ce­den­za. La pri­ma dispo­si­zio­ne era deno­mi­na­ta “Del­lo scio­gli­men­to del matri­mo­nio”, men­tre la secon­da ave­va il tito­lo “Del matri­mo­nio civi­le, dei figli e del­la regi­stra­zio­ne pres­so l’Ufficio di Sta­to civi­le”. Entram­be le leg­gi espri­me­va­no ine­qui­vo­ca­bil­men­te l’abolizione dell’autorità patriar­ca­le, pre­sup­po­sto fon­da­men­ta­le per pri­va­re al mari­to del dirit­to di gui­da­re la fami­glia; dava­no alla don­na pie­na auto­de­ter­mi­na­zio­ne mate­ria­le e ses­sua­le, dichia­ran­do ovvio che la don­na potes­se deci­de­re libe­ra­men­te cogno­me, resi­den­za e cit­ta­di­nan­za. Aven­do già pri­va­to, attra­ver­so la rivo­lu­zio­ne, il pote­re del­la clas­se domi­nan­te, il pas­sag­gio suc­ces­si­vo non pote­va che esse­re la dis­so­lu­zio­ne del­la fami­glia, isti­tu­zio­ne pri­ma­ria del­la socie­tà auto­ri­ta­ria e car­di­ne del­lo Sta­to bor­ghe­se.

La fami­glia ave­va per­so, così, la sua fun­zio­ne di cel­lu­la ripro­dut­ti­va di per­so­ne alta­men­te nevro­ti­che, timo­ro­se del­la vita e sot­to­mes­se all’autorità. Nel­la secon­da dispo­si­zio­ne veni­va enun­cia­to lo scio­gli­men­to del matri­mo­nio coer­ci­ti­vo, in accor­do con la sem­pli­fi­ca­zio­ne del­la vita volu­ta dal siste­ma dei soviet. D’ora in avan­ti i matri­mo­ni già con­trat­ti pote­va­no esse­re sciol­ti con la stes­sa faci­li­tà con cui era­no sta­ti sti­pu­la­ti. Inol­tre, i matri­mo­ni reli­gio­si furo­no abo­li­ti e rim­piaz­za­ti dagli Uffi­ci del­lo Sta­to civi­le.

Come scris­se lo scrit­to­re rus­so P. Zaga­rin: “Gra­zie alla legi­sla­tu­ra attua­le è pos­si­bi­le com­ple­ta­re la pro­ce­du­ra di scio­gli­men­to del matri­mo­nio in soli 15 minu­ti”. Deci­si­vo, in que­sto caso, risul­ta­va esse­re solo il con­sen­so di uno dei due coniu­gi. Non era più la leg­ge, quin­di, a gui­da­re lo scio­gli­men­to del vin­co­lo matri­mo­nia­le, ma il loro libe­ro pro­po­si­to. Pre­ten­de­re dei moti­vi per divor­zia­re diven­ne una cosa sen­za sen­so. Come nel comu­ni­smo pri­mi­ti­vo se un coniu­ge aves­se volu­to divor­zia­re non sareb­be sta­to tenu­to a moti­var­lo a nes­su­na auto­ri­tà, al con­tra­rio, il sem­pli­ce decli­no dell’attrazione ver­so il part­ner era suf­fi­cien­te. Il divor­zio diven­ne un fat­to pura­men­te pri­va­to e gesti­to dai diret­ti inte­res­sa­ti. Col­pa e dis­sen­so­di­ven­ne­ro fat­ti pura­men­te estra­nei alla nuo­va vita ses­sua­le intra­pre­sa dai soviet. Alla fine del 1918 qua­si set­te­mi­la cop­pie ave­va­no divor­zia­to nel­la sola Mosca. I divor­zi supe­ra­ro­no i matri­mo­ni civi­li. Nel 1927 a Mosca ci furo­no 9.3 divor­zi ogni mil­le per­so­ne, una per­cen­tua­le tre vol­te supe­rio­re a quel­la regi­stra­ta a New York nel 2014. Inol­tre, a livel­lo nazio­na­le, nel­la pri­ma metà del 1927, una cop­pia sovie­ti­ca su quat­tro ave­va divor­zia­to.

Oltre a que­ste due impo­nen­ti tra­sfor­ma­zio­ni rivo­lu­zio­na­rie, nel 1920, fu con­ces­so a tut­te le don­ne, sen­za ecce­zio­ne, il dirit­to a effet­tua­re, entro i pri­mi tre mesi, l’interruzione del­la gra­vi­dan­za in appo­si­te cli­ni­che pub­bli­che. L’Unione Sovie­ti­ca fu il pri­mo pae­se al mon­do a lega­liz­za­re l’aborto e a rea­liz­zar­lo in modo del tut­to gra­tui­to. 

Il 18 novem­bre 1920, il Com­mis­sa­rio Popo­la­re del­la Salu­te del Popo­lo e il Com­mis­sa­rio Popo­la­re del­la Giu­sti­zia ema­na­ro­no un decre­to con­giun­to “Sul­la pro­te­zio­ne del­la salu­te del­le don­ne”, che pro­cla­ma­va la natu­ra libe­ra e gra­tui­ta degli abor­ti. La lega­liz­za­zio­ne dell’aborto si inse­ri­va nel con­te­sto natu­ra­le del­la vita, per il qua­le è incon­ce­pi­bi­le costrin­ge­re una don­na a par­to­ri­re figli per amo­re di un pote­re che sta sopra di loro. Il fat­to di ave­re figli rien­tra­va nel­la natu­ra­le gio­ia di vive­re, in armo­nia con una vita ses­suoaf­fer­ma­ti­va e non nel­la sot­to­mis­sio­ne a una pre­te­sa mora­le in discor­dan­za con essa. Così, l’aborto si pone­va nel­la chia­ra espres­sio­ne del puro godi­men­to ses­sua­le sen­za, però, ave­re figli. La distin­zio­ne tra ses­sua­li­tà e geni­ta­li­tà ven­ne espli­ci­ta­ta a gran voce.  Per assi­ste­re a una simi­le leg­ge in un pae­se civi­liz­za­to e “pro­gres­si­sta” come l’Italia si dovet­te aspet­ta­re la leg­ge del 22 mag­gio 1978 (58 anni dopo!), la qua­le depe­na­liz­za­va e rego­la­riz­za­va le moda­li­tà di acces­so all’aborto. Pri­ma di allo­ra il Codi­ce pena­le ita­lia­no con­si­de­ra­va l’aborto come un rea­to e veni­va puni­to con la reclu­sio­ne (art.545–548). Da quel momen­to in poi in Unio­ne Sovie­ti­ca sareb­be basta­ta solo la volon­tà del­la don­na, la ricet­ta del medi­co e l’aborto era fat­to. Sì, basta­va solo il vole­re del­la don­na! Poi­ché in que­sti casi il dirit­to di deci­de­re spet­ta solo alla don­na e a nes­sun altro. Il fat­to che que­sta dispo­si­zio­ne sia sta­ta rego­la­men­ta­ta e sia dive­nu­ta di domi­nio pub­bli­co fu un enor­me pas­so in avan­ti. Que­sta rimar­rà una del­le più gran­di lezio­ni ses­suo­po­li­ti­che dell’Unione Sovie­ti­ca, ovve­ro che la sod­di­sfa­zio­ne ses­sua­le deve esse­re scis­sa una vol­ta per tut­te dal­la pro­crea­zio­ne.             

Per quan­to riguar­da l’omosessualità, pri­ma dell’avvento dei bol­sce­vi­chi in Rus­sia vige­va l’articolo 995 del Codi­ce zari­sta, pro­mul­ga­to dal­lo zar Nico­la I di Rus­sia, secon­do il qua­le le rela­zio­ni omo­ses­sua­li (muz­he­lo­z­hst­vo), con­sen­zien­ti e in for­ma pri­va­ta era­no ban­di­te. Inol­tre, le per­so­ne con­dan­na­te veni­va­no spo­glia­te dei pro­pri dirit­ti civi­li e tra­sfe­ri­te in Sibe­ria per un perio­do di tem­po che pote­va anda­re dai quat­tro ai cin­que anni. In segui­to, la Rivo­lu­zio­ne d’ottobre dichia­rò nul­lo l’art.995, e la voce a riguar­do ven­ne rim­piaz­za­ta con una nuo­va dispo­si­zio­ne pre­sen­te nel­la gran­de Enci­clo­pe­dia uffi­cia­le sovie­ti­ca. Il nuo­vo para­gra­fo sta­bi­li­va che biso­gna­va abbat­te­re i muri che sepa­ra­va­no gli omo­ses­sua­li dal­la socie­tà; essa fu con­ce­pi­ta come inna­ta o come pro­ces­so per­so­na­le e indi­vi­dua­le, rimar­can­do solen­ne­men­te che le scel­te ses­sua­li sono fat­ti pri­va­ti e non sog­get­ti alla leg­ge o ad alcun tipo di mora­le. 

Tut­te que­ste rifor­me ses­sua­li si pone­va­no l’obbiettivo di aiu­ta­re gli esse­ri uma­ni a svi­lup­pa­re libe­ra­men­te le loro capa­ci­tà natu­ra­li. Un altro esem­pio di come ven­ne affron­ta­ta la rivo­lu­zio­ne ses­sua­le in Unio­ne Sovie­ti­ca fu la ristrut­tu­ra­zio­ne anti­au­to­ri­ta­ria del­la ses­sua­li­tà infan­ti­le. Uno dei pun­ti cru­cia­li, infat­ti, per una rie­du­ca­zio­ne ses­suoaf­fer­ma­ti­va del­la strut­tu­ra psi­chi­ca del­le mas­se è pro­prio la libe­ra­zio­ne degli impul­si bio­lo­gi­ci dei bam­bi­ni.  L’esperienza rivo­lu­zio­na­ria in ambi­to ses­sua­le in Unio­ne Sovie­ti­ca, però, va inqua­dra­ta in un perio­do ben pre­ci­so, poi­ché la deri­va auto­ri­ta­ria intra­pre­sa dai nuo­vi ver­ti­ci del par­ti­to non lasciò scam­po nem­me­no all’ambito del­la ses­sua­li­tà. Que­sta nuo­va vita nell’URSS ebbe, ahi­mè, vita bre­ve. 

Dal 1924 in avan­ti si poté assi­ste­re allo sman­tel­la­men­to del­la legi­sla­tu­ra instau­ra­ta sot­to la lea­der­ship di Lenin e pro­prio con la mor­te di quest’ultimo e la con­se­guen­te asce­sa al pote­re di Sta­lin, ogni nuo­va rifor­ma ven­ne ripo­sta nel­la pro­pria cor­ni­ce con­ser­va­tri­ce e ses­suo­ne­ga­ti­va. 

Ven­ne­ro vol­ta­te le spal­le alle pre­ce­den­ti dispo­si­zio­ni riguar­dan­ti la dis­so­lu­zio­ne del­la fami­glia. I col­let­ti­vi socia­li­sti che negli anni pre­ce­den­ti ave­va­no pre­so il posto del­la fami­glia e ave­va­no col­let­ti­viz­za­to l’educazione dei figli furo­no sciol­ti.  Il trion­fo del­la poli­ti­ca rea­zio­na­ria por­tò alla rein­tro­du­zio­ne del­la fami­glia come fon­da­men­to del­la socie­tà e del­lo Sta­to, così facen­do l’educazione dei figli ven­ne nuo­va­men­te affi­da­ta a geni­to­ri incom­pe­ten­ti e nevro­ti­ci. Ven­ne ripri­sti­na­to il dirit­to natu­ra­le e la pie­na pote­stà dei geni­to­ri nei con­fron­ti dei figli e mul­te sala­te a chiun­que aves­se abban­do­na­to la fami­glia. 

La col­let­ti­viz­za­zio­ne dell’educazione dei figli ven­ne effet­ti­va­men­te abo­li­ta con prov­ve­di­men­ti repres­si­vi negli anni 1933–1935. In que­gli stes­si anni ven­ne revo­ca­ta anche la rego­la­men­ta­zio­ne sul matri­mo­nio adot­ta­ta nel 1918. L’Unione Sovie­ti­ca abban­do­nò l’ideologia del­le unio­ni libe­re e sta­bi­lì spe­se one­ro­se per qua­lun­que coniu­ge voles­se divor­zia­re, ren­den­do di fat­to que­sta pra­ti­ca un lus­so per pochi. L’idea del­la col­let­ti­viz­za­zio­ne dell’educazione infan­ti­le fu abban­do­na­ta in favo­re di poli­ti­che pro-fami­lia­ri.             

Nel 1934 ven­ne rein­tro­dot­to il para­gra­fo zari­sta sull’omosessualità e le per­se­cu­zio­ni agli omo­ses­sua­li tor­na­ro­no a veri­fi­car­si in misu­ra cre­scen­te. Nel gen­na­io del 1934 a Mosca, Lenin­gra­do, Char­kiv (capi­ta­le dell’Ucraina Sovie­ti­ca) e Odes­sa si veri­fi­ca­ro­no arre­sti in mas­sa nei con­fron­ti di omo­ses­sua­li. Alle deten­zio­ni furo­no date moti­va­zio­ni poli­ti­che, tra di loro si tro­va­va­no nume­ro­si atto­ri e musi­ci­sti che furo­no con­dan­na­ti a vari anni di car­ce­re o nel peg­gio­re dei casi all’esilio in Sibe­ria. Nel mar­zo del 1934 ven­ne pro­mul­ga­ta una leg­ge, auto­riz­za­ta dal bol­sce­vi­co Michail Iva­no­vic Kali­nin, che vie­ta­va e puni­va il rap­por­to ses­sua­le fra per­so­ne del­lo stes­so ses­so; tale rap­por­to ses­sua­le ven­ne defi­ni­to “cri­mi­ne socia­le” e puni­to con pene di reclu­sio­ne dai tre ai cin­que anni. Da quel momen­to la stam­pa sovie­ti­ca inau­gu­rò una cam­pa­gna con­tro l’omosessualità defi­nen­do­la come “feno­me­no di dege­ne­ra­zio­ne del­la bor­ghe­sia fasci­sta”.

Nono­stan­te la bre­ve dura­ta di que­sta espe­rien­za rivo­lu­zio­na­ria, quan­to acca­du­to in Unio­ne Sovie­ti­ca sot­to la gui­da di Lenin non deve esse­re dimen­ti­ca­to. Le cau­se per cui que­sta espe­rien­za ter­mi­na­ro­no furo­no mol­te­pli­ci: gli stra­sci­chi del­la Pri­ma guer­ra mon­dia­le, del­la Rivo­lu­zio­ne d’ottobre e del­la guer­ra civi­le rus­sa con le care­stie dei pri­mi anni Ven­ti non anda­ro­no di cer­to a van­tag­gio di una rivo­lu­zio­ne così fati­co­sa e di un tema così strut­tu­ra­to nell’animo uma­no come quel­la lega­to alla ses­sua­li­tà con­ser­va­tri­ce. Un cam­bia­men­to di que­sta por­ta­ta pre­sup­po­ne una rivo­lu­zio­ne cul­tu­ra­le impo­nen­te che richie­de mol­tis­si­mo tem­po. Inol­tre, dob­bia­mo ricor­da­re che que­sta è sta­ta la pri­ma rivo­lu­zio­ne ses­sua­le di que­sto tipo e quin­di è com­pren­si­bi­le che sia nau­fra­ga­ta così pre­sto. Dopo la mor­te di Lenin, infat­ti, la nuo­va nomen­kla­tu­ra  bol­sce­vi­ca ha dato la pre­mi­nen­za all’economia facen­do pas­sa­re la que­stio­ne ses­sua­le in secon­do pia­no. Agli asi­li nido col­let­ti­vi­sti furo­no rein­tro­dot­te for­me di inse­gna­men­to patriar­ca­li, nel­la qua­li la com­pe­ti­zio­ne e l’istruzione auto­ri­ta­ria ave­va­no la pre­ce­den­za. Come ripor­ta­no da alcu­ni peda­go­ghi del tem­po, alle inter­ro­ga­zio­ni gli inse­gnan­ti chie­de­va­no: “Qual è la tesi prin­ci­pa­le del VII Con­gres­so dell’Internazionale Comu­ni­sta?”. L’ideologia pre­se il posto del­la ses­sua­li­tà e del­le atti­vi­tà moto­rie, ma essa non potrà mai con­ce­der loro ciò che offre la rivo­lu­zio­ne ses­sua­le. È indub­bio però che un’ideologia pos­sa offri­re sfi­la­te, mar­ce, ban­die­re, inni e uni­for­mi. Pro­prio come il fasci­smo.

Una rivo­lu­zio­ne cul­tu­ra­le pre­sup­po­ne un cam­bia­men­to del­la strut­tu­ra psi­chi­ca del­le mas­se e que­sto richie­de anni, se non seco­li. Le poli­ti­che eco­no­mi­che si attua­no in pochi anni, men­tre le “ideo­lo­gie” si attua­no più len­ta­men­te. Nono­stan­te ciò, ten­go a fare una pre­ci­sio­ne per tut­ti quei signo­ri ben­pen­san­ti che gene­ra­liz­za­no sul­la sto­ria dell’Unione Sovie­ti­ca defi­nen­do­la una dit­ta­tu­ra come un’altra. L’URSS dal 1924 fino alla sua dis­so­lu­zio­ne si è mac­chia­ta dei peg­gio­ri cri­mi­ni e ha attua­to poli­ti­che fasci­ste nega­tri­ci del­la vita, men­tre l’Unione Sovie­ti­ca dal 1917 al 1924 è sta­ta il pun­to di par­ten­za per una socie­tà libe­ra. In que­gli anni, infat­ti, la tema­ti­ca del­la ses­sua­li­tà era entra­ta nel­la vita pub­bli­ca, si era fat­ta poli­ti­ca, ovve­ro ses­suo­po­li­ti­ca. Stu­dia­re nel pro­fon­do quel­le poli­ti­che, la loro attua­zio­ne e la for­za con il qua­le sono sta­te inse­ri­te in cima all’agenda poli­ti­ca deve esse­re di gran­de lezio­ne per tut­ti noi. 

Deri­de­re tut­to que­sto e smi­nui­re la sto­ria dell’Unione Sovie­ti­ca non con­si­de­ran­do quan­to è sta­to fat­to nei suoi pri­mi anni di vita è fare un tor­to a noi stes­si e alla tan­to auspi­ca­ta liber­tà. Se non por­re­mo un cam­bia­men­to alla nostra vita ses­sua­le, essa con­ti­nue­rà in modo distor­to, noci­vo e pato­lo­gi­co.

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