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2 Marzo 2023

ARGEN­TI­NA 1978: EL MUN­DIAL DESA­PA­RE­CI­DO

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Pri­mo giu­gno 1978, sta­dio Monu­men­tal di Bue­nos Aires, Argen­ti­na. Il pre­si­den­te Jor­ge Rafael Vide­la, in un cli­ma appa­ren­te­men­te diste­so e festo­so, pro­nun­cia le seguen­ti paro­le duran­te la ceri­mo­nia di aper­tu­ra dei mon­dia­li di cal­cio: “Chie­do a Dio, nostro Signo­re, che que­sto even­to sia dav­ve­ro un con­tri­bu­to per affer­ma­re la pace. La pace che tut­ti desi­de­ria­mo. Per tut­to il mon­do e per tut­ti gli uomi­ni del mon­do. Come per­so­ne con digni­tà e in liber­tà”. Que­ste sono paro­le vuo­te se si dà uno sguar­do più ampio al con­te­sto nel qua­le si svol­go­no que­sti cam­pio­na­ti mon­dia­li. Infat­ti, a poco più di un chi­lo­me­tro dal pun­to in cui Vide­la sta par­lan­do c’è la Escue­la de Mecá­ni­ca de la Arma­da, la scuo­la mili­ta­re usa­ta anche come cen­tro di deten­zio­ne e tor­tu­ra. Da lì pas­se­ran­no cen­ti­na­ia o più pro­ba­bil­men­te miglia­ia di dis­si­den­ti del regi­me mili­ta­re che è al pote­re in quel momen­to.

Per ini­zia­re occor­re risa­li­re a due anni pri­ma, il 24 mar­zo 1976, data che segna l’avvento al pote­re del­la giun­ta mili­ta­re capeg­gia­ta dal gene­ra­le Vide­la. Enri­co Cala­mai, vice Con­so­le a Bue­nos Aires tra il 1976 e il 1977, ricor­da così quel­la not­te: “Con un grup­po di col­le­ghi dell’ambasciata sia­mo anda­ti a cena fuo­ri, sape­va­mo che il gol­pe sta­va per arri­va­re, lo sape­va tut­ta la cit­tà. C’era come un sen­so di ter­ro­re, la cit­tà era vuo­ta, chi pas­sa­va in mac­chi­na lo face­va di cor­sa, i risto­ran­ti era­no semi­vuo­ti. Era una cit­tà in atte­sa, pron­ta al si sal­vi chi può. Il ricor­do era quel­lo del gol­pe di Pino­chet tre anni pri­ma a San­tia­go, si pen­sa­va che lo stes­so sareb­be suc­ces­so a Bue­nos Aires. Inve­ce il gior­no dopo, il 24 mar­zo appun­to, tut­to tran­quil­lo. Nel­la cit­tà era come se non fos­se suc­ces­so nien­te, c’era come un sen­so di sol­lie­vo, a par­te qual­che dichia­ra­zio­ne alla tv e qual­che sfi­la­ta di sol­da­ti non era suc­ces­so nul­la”.[1]

Così vie­ne arre­sta­ta la pre­si­den­te Isa­be­li­ta Perón, men­tre Vide­la, coman­dan­te in capo dell’esercito, affian­ca­to da Leo­pol­do Gal­tie­ri, Emi­lio Eduar­do Mas­se­ra a capo del­la mari­na mili­ta­re e Orlan­do Ramón Ago­sti in rap­pre­sen­tan­za dell’aviazione, pren­de il pote­re con un col­po di Sta­to mili­ta­re che segne­rà l’inizio di una del­le dit­ta­tu­re più fero­ci del­la sto­ria del Sud Ame­ri­ca. Ini­zia fin dagli albo­ri del regi­me la vio­len­ta repres­sio­ne degli oppo­si­to­ri poli­ti­ci che in mas­sa ven­go­no fat­ti spa­ri­re, ciò por­ta alla nasci­ta del­la Aso­cia­ción Madres de Pla­za de Mayo già nel 1977, quan­do ini­zia­no le pro­te­ste davan­ti alla Casa Rosa­da, il palaz­zo pre­si­den­zia­le argen­ti­no. Com­po­sta da madri che han­no per­so i pro­pri figli duran­te la dit­ta­tu­ra, l’associazione si bat­te da oltre quarant’anni per riven­di­ca­re la scom­par­sa di tut­ti quei 30.000 di cui non han­no avu­to più noti­zie.

Il “Pro­ce­so de Reor­ga­ni­za­ción Nacio­nal” o sem­pli­ce­men­te “El Pro­ce­so”, come si auto­de­fi­ni­sce il regi­me dei mili­ta­ri, sa bene che i mon­dia­li di cal­cio incom­bo­no e che lo sport è un’ottima via per raf­for­za­re e dare cre­di­bi­li­tà al nuo­vo gover­no. Data l’instabilità poli­ti­ca dell’Argentina degli anni 70’, altri pae­si si fan­no avan­ti per ospi­ta­re il gran­de even­to. Tut­ta­via, con­sci del­la gran­de oppor­tu­ni­tà, Vide­la e i mem­bri del­la giun­ta dopo l’avvento al pote­re non solo ras­si­cu­ra­no sul pro­se­gui­men­to dei lavo­ri, ma stan­zia­no ulte­rio­ri finan­zia­men­ti per moder­niz­za­re gli sta­di e per le ope­re di urba­niz­za­zio­ne.

L’organizzazione del mon­dia­le è anche un modo per dare al mon­do un’immagine puli­ta e posi­ti­va dell’Argentina, men­tre la FIFA (Fédé­ra­tion Inter­na­tio­na­le de Foot­ball Asso­cia­tion) e il suo Pre­si­den­te di allo­ra João Have­lan­ge si limi­ta­no a invia­re una dele­ga­zio­ne per segui­re i lavo­ri e a chiu­de­re un occhio per quan­to riguar­da il regi­me dit­ta­to­ria­le e le pra­ti­che che esso riser­va agli oppo­si­to­ri. Infat­ti, i desa­pa­re­ci­dos si sti­ma­no a cir­ca 30.000 in soli set­te anni di dit­ta­tu­ra. I ver­ti­ci del­la FIFA si nascon­do­no die­tro la deci­sio­ne pre­sa dai loro pre­de­ces­so­ri e lascia­no che l’organizzazione vada avan­ti sen­za bada­re trop­po alle dina­mi­che inter­ne del pae­se sud ame­ri­ca­no. Addi­rit­tu­ra Have­lan­ge, in una con­fe­ren­za stam­pa poco pri­ma dei mon­dia­li, dichia­ra: “Il mon­do potrà gode­re del­la vera imma­gi­ne dell’Argentina”.

Le paro­le di Cala­mai ci tor­na­no nuo­va­men­te uti­li per capi­re le dina­mi­che di quei mesi: “La cosa tipi­ca e inquie­tan­te dell’Argentina era pro­prio que­sta, che con­tem­po­ra­nea­men­te c’erano due imma­gi­ni oppo­ste. Da una par­te la vita di tut­ti i gior­ni a Bue­nos Aires, come non fos­se suc­ces­so nul­la: la cit­tà con il traf­fi­co di sem­pre, il cen­tro pie­no di gen­te, i cine­ma con la fila fuo­ri, i risto­ran­ti pie­ni, la vita di tut­ti i gior­ni. Inve­ce poi, le cose che veni­vo a sape­re in uffi­cio, testi­mo­nia­va­no l’esistenza di una cit­tà not­tur­na, direi demo­nia­ca, in cui suc­ce­de­va­no ogni sor­ta di atro­ci­tà”.

Nei mesi che pre­ce­do­no il mon­dia­le, la situa­zio­ne eco­no­mi­ca e socia­le nel pae­se va peg­gio­ran­do, l’inflazione sale alle stel­le e di con­se­guen­za i prez­zi dei beni di pri­ma neces­si­tà. Agli argen­ti­ni vie­ne chie­sto un gran­de sfor­zo, facen­do leva sull’orgoglio nazio­na­le e sul pre­sti­gio che con­se­gue dall’ospitare un mon­dia­le di cal­cio. La pro­pa­gan­da si rifà agli ido­li spor­ti­vi del momen­to, come il ten­ni­sta Guil­ler­mo Vilas o il pugi­le Car­los Mon­zon ed a una reto­ri­ca: 25 milio­ni di argen­ti­ni che gio­che­ran­no il mon­dia­le.

E allo­ra il mon­dia­le ini­zia, con l’Argentina che supe­ra la pri­ma fase a giro­ni die­tro un’ottima Ita­lia, che rie­sce ad impor­si sui padro­ni di casa per 1–0 gra­zie al gol di Rober­to Bet­te­ga. Quel­la rimar­rà l’unica scon­fit­ta dell’albiceleste dell’intera mani­fe­sta­zio­ne. Nel­la secon­da fase a giro­ni le cose si com­pli­ca­no: L’Argentina bat­te la Polo­nia per 2–0 tra­sci­na­ta dal­la dop­piet­ta di uno dei suoi uomi­ni sim­bo­lo, Mario Kem­pes. Nel­la secon­da par­ti­ta però, la sfi­da al Bra­si­le ter­mi­na sen­za reti ed il pas­sag­gio alla fina­le è riman­da­to alla gara suc­ces­si­va con­tro il Perù. Dopo che il Bra­si­le ha bat­tu­to 3–1 la Polo­nia nel­la par­ti­ta del­le 16:45 del 21 giu­gno, l’Argentina neces­si­ta di quat­tro gol di scar­to nel­la par­ti­ta del­le 19:15 per anda­re a gio­car­si la fina­le. Ope­ra­zio­ne non impos­si­bi­le ma com­ples­sa, anche per­ché quel Perù è la ver­sio­ne un po’ invec­chia­ta di quel­lo trion­fan­te nel­la Copa Ame­ri­ca del 1975.

La gara con­tro il Perù, che è in quel momen­to sot­to la dit­ta­tu­ra di Fran­ci­sco Mora­les Ber­mu­dez, lascia anco­ra oggi degli inter­ro­ga­ti­vi sul com­por­ta­men­to dei peru­via­ni in cam­po e su quel 6–0 fina­le che sa di com­plot­to e di bef­fa per il Bra­si­le. In un’intervista al gior­na­le Tro­me ripre­sa dal sito Cró­ni­ca­Vi­va, Josè Velá­squez, schie­ra­to tito­la­re in quel­la par­ti­ta e sosti­tui­to nel secon­do tem­po, va drit­to all’o­biet­ti­vo, indi­can­do alcu­ni dei gio­ca­to­ri arte­fi­ci del ‘biscot­to’. Non pote­va man­ca­re il prin­ci­pa­le indi­zia­to, il por­tie­re Ramón Qui­ro­ga, e con lui Munan­te, Man­zo e Gor­ri­ti, que­st’ul­ti­mo but­ta­to den­tro pro­prio al posto di Velá­squez. In mez­zo ai due dit­ta­to­ri c’è uno che di poli­ti­ca del­l’A­me­ri­ca Lati­na, in un perio­do in cui il fasci­no del comu­ni­smo è vivo e vege­to, si inte­res­sa parec­chio: il segre­ta­rio di Sta­to ame­ri­ca­no Hen­ry Kis­sin­ger. Un gran­de appas­sio­na­to di cal­cio, spes­so pre­sen­te anche alle par­ti­te del cam­pio­na­to ita­lia­no e imman­ca­bi­le alle fasi fina­li dei mon­dia­li. “Vide­la e Kis­sin­ger pri­ma del­la par­ti­ta entra­ro­no nel nostro spo­glia­to­io augu­ran­do­ci buo­na par­ti­ta e ricor­dan­do i buo­ni rap­por­ti tra i nostri pae­si…”, ricor­da Velá­squez. Di fat­to un avver­ti­men­to, che poi sul cam­po si tra­du­ce in una mez­za far­sa[2].

L’Argentina vola così in fina­le dove ad atten­der­la c’è l’Olanda, vin­ci­tri­ce per 2–1 nel­la par­ti­ta deci­si­va dell’altro giro­ne con­tro l’Italia. La par­ti­ta è una lot­ta, la spun­ta­no i padro­ni di casa ai sup­ple­men­ta­ri gra­zie alle reti del soli­to Kem­pes e di Daniel Ber­to­ni, cono­scen­za del cal­cio ita­lia­no. Final­men­te Vide­la ha la sua cop­pa, milio­ni di argen­ti­ni festeg­gia­no nel­le piaz­ze e, per un gior­no, for­se, le vio­len­ze, le spa­ri­zio­ni for­za­te, le tor­tu­re, le ucci­sio­ni e la dispe­ra­zio­ne del­le madri fan­no meno male, anche se non è così, anche se la FIFA, Vide­la, Have­lan­ge e Kis­sin­ger fan­no fin­ta di nul­la. “El Pro­ce­so” ha vita bre­ve, la guer­ra del­le Fal­kland del 1982 acce­le­ra il pro­ces­so di cadu­ta del regi­me dei mili­ta­ri, che avver­rà l’anno suc­ces­si­vo. Final­men­te si può tor­na­re a vive­re anche in Argen­ti­na, anche in quel­la Bue­nos Aires demo­nia­ca.

[1] Sto­rie di Mat­teo Mara­ni, “Il mon­dia­le Desa­pa­re­ci­do”, Sky Sport, 2018

[2] Perù, la rive­la­zio­ne di Vela­squez: “La sfi­da con l’Argentina del 1978 fu truc­ca­ta”, La Repub­bli­ca, Lui­gi Pan­nel­la, 14 mar­zo 2018

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