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Marzo
16 Marzo 2023

INTER­VI­STA AD ANGE­LO VEN­TRO­NE

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Ange­lo Ven­tro­ne inse­gna sto­ria con­tem­po­ra­nea all’Università di Mace­ra­ta e diri­ge il dipar­ti­men­to di Scien­ze poli­ti­che, del­la comu­ni­ca­zio­ne e del­le rela­zio­ni inter­na­zio­na­li dell’ateneo. È uno dei mag­gio­ri con­tem­po­ra­nei­sti ita­lia­ni e si è occu­pa­to di movi­men­ti socia­li e di comu­ni­ca­zio­ne poli­ti­ca. Dal feb­bra­io 2023, il Prof. Ven­tro­ne è diret­to­re respon­sa­bi­le di Ātman. Ubal­do gli ha pro­po­sto di par­lar­ci un po’ di se stes­so e dei suoi inte­res­si.


Ange­lo Ven­tro­ne par­la alla Came­ra dei Depu­ta­ti nel cor­so del­la cele­bra­zio­ne del Gior­no del­la Memo­ria dedi­ca­to alle vit­ti­me del ter­ro­ri­smo, 9 mag­gio 2012.

Caro Ange­lo, quan­do è nata la tua pas­sio­ne per la sto­ria?

Mol­to pre­sto, è qua­si una tra­di­zio­ne fami­lia­re. Anche mio padre ave­va la pas­sio­ne per la sto­ria e me l’ha tra­smes­sa. Poi sono sta­to for­tu­na­to ad ave­re avu­to una bra­va mae­stra alle ele­men­ta­ri, anche lei appas­sio­na­ta di sto­ria. Mi occu­po da anni di sto­ria con­tem­po­ra­nea, ma la mia pri­ma pas­sio­ne è sta­ta la sto­ria di Roma anti­ca. Mi affa­sci­na, allo­ra come oggi, osser­va­re e capi­re le solu­zio­ni che i nostri pre­de­ces­so­ri di tan­ti seco­li fa ave­va­no tro­va­to a pro­ble­mi che sono comu­ni a tut­te le epo­che. Ma la sto­ria non è la sola pas­sio­ne intel­let­tua­le del­la mia vita. Da ragaz­zo mi pia­ce­va anche l’etologia. Quan­do si trat­tò di sce­glie­re a qua­le facol­tà iscri­ver­mi, sono rima­sto inde­ci­so fino all’ultimo e alla fine ho capi­to che l’uomo, in fon­do, è l’animale più inte­res­san­te.

Tu par­te­ci­pi al dibat­ti­to degli sto­ri­ci ita­lia­ni, pri­ma come stu­den­te e poi come stu­dio­so, dal­la fine degli anni Ottan­ta. Come si è evo­lu­ta la disci­pli­na in que­sti decen­ni?

La pri­ma gran­de evo­lu­zio­ne avven­ne pro­prio negli anni in cui ero stu­den­te a Bolo­gna, dove segui­va­mo figu­re del cali­bro di Car­lo Ginz­burg. In quel perio­do la sto­rio­gra­fia ita­lia­na comin­ciò una pro­fon­da tra­sfor­ma­zio­ne sull’onda del­le inno­va­zio­ni intro­dot­te già da decen­ni dal­la scuo­la fran­ce­se del­le Anna­les. Gli sto­ri­ci este­se­ro i pro­pri argo­men­ti di stu­dio allar­gan­do la ricer­ca agli even­ti non tan­gi­bi­li, come la sto­ria del­le pas­sio­ni, del­le men­ta­li­tà e del­le visio­ni del mon­do che carat­te­riz­za­no le diver­se epo­che.

In Ita­lia que­ste inno­va­zio­ni si sono inne­sta­te su una tra­di­zio­ne mol­to atten­ta alla poli­ti­ca, le cui dina­mi­che, però, si svol­go­no su un tem­po più bre­ve. Duran­te i miei anni di dot­to­ra­to a Roma ho lavo­ra­to con un gran­de sto­ri­co poli­ti­co, Pie­tro Scop­po­la, e con lui ho pro­va­to a fon­de­re que­ste tra­di­zio­ni. Ho ini­zia­to a stu­dia­re la poli­ti­ca nel tem­po lun­go uti­liz­zan­do gli stru­men­ti del­la socio­lo­gia, dell’antropologia e, ovvia­men­te, del­la scien­za poli­ti­ca. È pos­si­bi­le in que­sto modo fare la sto­ria del­le ideo­lo­gie e del­le tra­di­zio­ni poli­ti­che su lun­ghi perio­di di tem­po. In altri ter­mi­ni, la poli­ti­ca si può osser­va­re come un feno­me­no cul­tu­ra­le in sen­so antro­po­lo­gi­co.

Per­ché hai col­lo­ca­to la comu­ni­ca­zio­ne poli­ti­ca al cen­tro dei tuoi inte­res­si di ricer­ca?

Anche in que­sto c’è for­se l’influenza del­la mia fami­glia. For­se non ti ho det­to che mia madre inse­gna­va sto­ria dell’arte ed era pit­tri­ce e scul­tri­ce. La comu­ni­ca­zio­ne non ver­ba­le ha una straor­di­na­ria capa­ci­tà di sin­te­si, le imma­gi­ni dico­no mol­tis­si­mo. Il tema del­la mia tesi di lau­rea è sta­to l’ar­ri­vo in Ita­lia dei nuo­vi model­li di com­por­ta­men­to lega­ti al model­lo ame­ri­ca­no, e ho usa­to come fon­te sia i film hol­ly­woo­dia­ni che i foto­ro­man­zi ita­lia­ni come Grand Hotel, che poi era­no in gran par­te dise­gna­ti anche da gran­di illu­stra­to­ri come Wal­ter Moli­no. I pro­ta­go­ni­sti di que­sti foto­ro­man­zi, che nei pri­mi anni era­no qua­si sem­pre a fumet­ti, ave­va­no le sem­bian­ze dei divi di Hol­ly­wood e ali­men­ta­va­no il mito dell’Ame­ri­can way of life. Stu­dia­re le imma­gi­ni su car­ta e su pel­li­co­la ha alle­na­to la visio­ne per le mie ricer­che suc­ces­si­ve.

Quan­do ho ini­zia­to a occu­par­mi dei par­ti­ti poli­ti­ci ita­lia­ni, soprat­tut­to nel­la tran­si­zio­ne fra fasci­smo e demo­cra­zia, ho appli­ca­to que­sta fami­lia­ri­tà che ave­vo acqui­si­to con i segni non ver­ba­li. Ave­vo svi­lup­pa­to un’attenzione par­ti­co­la­re per le imma­gi­ni fis­se, come i mani­fe­sti e le vignet­te nel­le rivi­ste di par­ti­to, e per le imma­gi­ni in movi­men­to. Più in gene­ra­le, pun­ta­vo lo sguar­do sul­la rap­pre­sen­ta­zio­ne che i par­ti­ti face­va­no di se stes­si attra­ver­so la pro­pa­gan­da e i riti col­let­ti­vi. La fina­li­tà di quel­le mie ricer­che era capi­re come si fos­se veri­fi­ca­to il pas­sag­gio dal regi­me fasci­sta alla nostra repub­bli­ca anti­fa­sci­sta.

Ma l’utilizzo poli­ti­co del­la comu­ni­ca­zio­ne di mas­sa non è nato con il fasci­smo

Cer­to. I gia­co­bi­ni fran­ce­si furo­no i pri­mi a por­si il pro­ble­ma di comu­ni­ca­re alle mas­se per por­tar­le dal­la pro­pria par­te e lot­ta­re con­tro il pote­re ari­sto­cra­ti­co e del­la chie­sa. Poi sono venu­ti i movi­men­ti nazio­na­li­sti dell’Ottocento, soprat­tut­to in Ger­ma­nia. Infi­ne il fasci­smo e più anco­ra il nazi­smo han­no por­ta­to la comu­ni­ca­zio­ne di mas­sa e la sua tec­ni­ca all’apoteosi.

E nei movi­men­ti sto­ri­ci di sini­stra?

Qui la situa­zio­ne è più com­ples­sa. L’attenzione alla litur­gia poli­ti­ca c’è anche a sini­stra, natu­ral­men­te, dove però si con­ser­va una dif­fi­den­za ver­so l’uso ecces­si­vo del­la pro­pa­gan­da. La sini­stra ha fat­to tra­di­zio­nal­men­te appel­lo al discor­so razio­na­le men­tre la pro­pa­gan­da di mas­sa si fon­da sul­l’ap­pel­lo emo­ti­vo. La destra radi­ca­le non ha que­ste pre­oc­cu­pa­zio­ni per­ché ha una visio­ne dell’uomo dar­wi­nia­na, dell’uomo mos­so dal­le pas­sio­ni.

Quin­di, per tor­na­re al secon­do dopo­guer­ra, i par­ti­ti ere­di­ta­no il lasci­to del­la pro­pa­gan­da fasci­sta ma si tro­va­no a costrui­re l’Italia demo­cra­ti­ca facen­do appel­lo alla razio­na­li­tà dell’individuo. Ciò che con­ta in que­sti anni sono le assem­blee e i con­gres­si di par­ti­to, la qua­li­tà del­le discus­sio­ni e l’esercizio del­la demo­cra­zia di base.

Pas­sia­mo al pre­sen­te. Secon­do te que­ste rifles­sio­ni che ci pro­po­ni pos­so­no aiu­tar­ci a capi­re meglio la for­ra oscu­ra e impe­ne­tra­bi­le del­la comu­ni­ca­zio­ne poli­ti­ca di oggi?

La pri­ma cosa da dire è che ver­so la fine degli anni Set­tan­ta e i pri­mi anni Ottan­ta è cam­bia­to tut­to, si è chiu­sa una sto­ria mil­le­na­ria. Con l’ascesa al pote­re di Mar­ga­ret That­cher nel 1979 e di Ronald Rea­gan, elet­to nel 1980, è fini­ta l’era del­la col­let­ti­vi­tà ed è ini­zia­ta quel­la dell’individuo. È fini­to il tem­po in cui si cre­de­va che la mas­sa potes­se costrui­re un futu­ro miglio­re. Dagli anni Ottan­ta ad oggi si è impo­sta la visio­ne che la poli­ti­ca sia incar­na­ta nel­la figu­ra del lea­der. Cer­to, c’erano sta­ti alcu­ni esem­pi di lea­de­ri­smo anche in pre­ce­den­za, si pen­si a Lenin o a Sta­lin, ma nel­la mag­gior par­te dei casi i diri­gen­ti poli­ti­ci era­no suc­ce­da­nei, ciò che con­ta­va in poli­ti­ca era il pro­get­to socia­le, la rige­ne­ra­zio­ne col­let­ti­va.

Quin­di si assi­ste a que­sta svol­ta ver­so la dimen­sio­ne indi­vi­dua­le alla qua­le si accom­pa­gna coe­ren­te­men­te un’altra svol­ta: la sal­vez­za non si gua­da­gna più sul­la base di valo­ri socia­li e poli­ti­ci da rea­liz­za­re ma coin­ci­de con il benes­se­re. Non si basa sul futu­ro ma sul pre­sen­te.

Non pas­sa­no mol­ti anni da que­sta tra­sfor­ma­zio­ne che com­pa­re in Ita­lia la figu­ra dell’imprenditore che si è fat­to da solo. Negli anni Novan­ta, Ber­lu­sco­ni fon­da la pro­pria comu­ni­ca­zio­ne sull’idea che il suo suc­ces­so pri­va­to nel mon­do degli affa­ri è segno del suc­ces­so che avrà come uomo poli­ti­co. Ciò signi­fi­ca che la poli­ti­ca non ha più un pro­get­to di socie­tà ma diven­ta sem­pli­ce ammi­ni­stra­zio­ne. La tra­sfor­ma­zio­ne non si osser­va sola­men­te nel­la figu­ra di Ber­lu­sco­ni. Pen­sa alla pole­mi­ca con­tro la casta e con­tro la par­ti­to­cra­zia e pen­sa al mito dell’antipolitica, che – sia det­to per inci­so – è un’espressione che tro­vo impre­ci­sa, sareb­be meglio dire ‘anti­par­ti­ti­smo’.

Quin­di assi­stia­mo alla mor­te del­la poli­ti­ca?

No, que­sta tra­sfor­ma­zio­ne non esau­ri­sce affat­to il com­pi­to del­la politica.Ti sei chie­sto per­ché la destra è vin­cen­te in Ita­lia e in mol­te altre par­ti d’Europa e dell’occidente?  Per­ché le destre di que­sti anni han­no col­to una doman­da di sicu­rez­za dif­fu­sa negli stra­ti socia­li di cui la sini­stra ave­va tra­di­zio­nal­men­te dife­so gli inte­res­si e pro­mos­so le aspi­ra­zio­ni. Si trat­ta del­le fasce di popo­la­zio­ne che sen­to­no nel­la loro vita quo­ti­dia­na l’incertezza pro­vo­ca­ta dall’accelerazione del­la glo­ba­liz­za­zio­ne. Feno­me­ni come il tra­sfe­ri­men­to del­le atti­vi­tà pro­dut­ti­ve ver­so i pae­si con costi di pro­du­zio­ne più bas­si e l’arrivo di un gran nume­ro di migran­ti fan­no cre­sce­re ogget­ti­va­men­te la doman­da di sicu­rez­za del­le clas­si socia­li più vul­ne­ra­bi­li. E sap­pia­mo che quan­do la sto­ria acce­le­ra il suo cor­so c’è sem­pre il rischio del­la fuga dal­la liber­tà di cui scri­ve­va Erich Fromm, secon­do cui la mas­sa si affi­da a una figu­ra for­te che pro­met­te di tute­la­re la sicu­rez­za di tut­ti in cam­bio del­la rinun­cia alle liber­tà indi­vi­dua­li. Le destre caval­ca­no e a vol­te stru­men­ta­liz­za­no que­sta doman­da di sicu­rez­za. Non è det­to che abbia­no rispo­ste tan­gi­bi­li ed essa, ma temo che sia­no le sole ad aver­la col­ta dav­ve­ro.

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