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Settembre
8 Settembre 2022

VOCE DI UN ABI­TAN­TE

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Sem­pre più abi­tan­ti stan­no lascian­do il nostro vil­lag­gio. Sono già pas­sa­ti anni ormai dal­le pri­me par­ten­ze ‑sem­bra una vita. Le cose non sono miglio­ra­te e il nume­ro di chi rima­ne si assot­ti­glia di gior­no in gior­no. Vede­te, io sono fra quel­li che ad andar­se­ne ha pro­va­to, ma ha pre­sto capi­to che non avreb­be potu­to: ero già trop­po vec­chio. Fra chi è rima­sto ci inter­ro­ghia­mo spes­so riguar­do chi è par­ti­to: dove sarà? sen­ti­rà nostal­gia? Non arri­va­no let­te­re né reso­con­ti. Nes­su­no di noi ovvia­men­te ha rispo­ste: le nostre con­ver­sa­zio­ni sono diven­ta­te un gira­re intor­no ras­se­gna­ti. C’è chi sie­de sui bastio­ni del­le mura e fis­sa l’orizzonte fino al tra­mon­to. For­se non accet­tia­mo fino in fon­do che ades­so c’è un noi e c’è un loro, chi è rima­sto e chi è par­ti­to, quan­do pri­ma inve­ce era­va­mo tut­ti un uni­co vil­lag­gio. Un vil­lag­gio coi suoi pro­ble­mi, sì, le sue ten­sio­ni e disac­cor­di, ma pur sem­pre una cosa sola, una gran­de fami­glia. Si ride­va di più. C’erano piaz­ze rumo­ro­se, assem­blee e la sera, in quel­le, la gen­te par­la­va pas­seg­gian­do. 

Tut­to ciò ades­so è un ricor­do, e la spe­ran­za che le cose tor­ni­no come pri­ma.. un’illusione. Que­sto non ce lo dicia­mo mai a paro­le, ma si leg­ge negli occhi di ognu­no. Ci sen­tia­mo tra­di­ti da chi c’ha lascia­to, tra­di­ti poi da noi stes­si, che abbia­mo pro­va­to e fal­li­to. Di loro abbia­mo pie­tà, di noi mise­ria. Sia­mo sta­ti for­tu­na­ti, per­ché dei due mali c’è capi­ta­to il mino­re. Sol­tan­to di ciò sia­mo cer­ti, e lo sia­mo gra­zie ai pochi che qui sono tor­na­ti dopo anni, decen­ni di assen­za. Quan­do bus­sa­no alla por­ta del­le mura ogni vol­ta riz­zia­mo la testa e ci guar­dia­mo fis­si per un lun­go secon­do. Ogni vol­ta ci illu­dia­mo di tro­var rispo­ste. Qua­si con foga li inter­ro­ghia­mo, dob­bia­mo trat­te­ner­ci, per­ché la curio­si­tà è tan­ta, ma tut­ti cono­scia­mo già la rispo­sta: il silen­zio. Nes­su­no più par­la fra chi è ritor­na­to. Nes­su­no par­la e nem­me­no fa suo­ni, gesti o espres­sio­ni. 

Ricor­do uno dei pri­mi ritor­ni, quan­do non era anco­ra mani­fe­sta la gra­vi­tà degli even­ti. Era un gio­va­ne ragaz­zo, par­ti­to da bam­bi­no. Mi ven­ne l’idea di comu­ni­ca­re tra­mi­te il movi­men­to del suo sguar­do su una tabel­la con l’alfabeto. C’era tan­ta fidu­cia. Subi­to ne fab­bri­ca­ro­no una e me la por­ta­ro­no. Era­va­mo nel cen­tro del­la piaz­za e tut­ti face­va­no cer­chio attor­no. Sospe­si la tabel­la davan­ti al suo vol­to con due mani, sbir­cian­do­lo da un lato. Un altro abi­tan­te sta­va accan­to a me, la car­ta e la pen­na tre­man­te, pron­te a tra­scri­ve­re il mes­sag­gio. Fis­sam­mo in silen­zio gli occhi del ragaz­zo, ma come la lin­gua le mani e il viso tut­to, pure i loro occhi tac­cio­no. Tor­nam­mo alle nostre case a testa chi­na, dub­bio­si. Dov’è che va la gen­te? Cosa c’è laggiù?I o sono solo un abi­tan­te, un uomo sem­pli­ce, sen­za scien­za, ma so leg­ge­re, e di que­sti fat­ti ricor­do sin dal prin­ci­pio: tut­to ini­ziò con un volan­ti­no. C’è chi dice por­ta­to dal ven­to, chi dice affis­so dal dia­vo­lo stes­so. Pro­met­te­va un nuo­vo mon­do, aldi­là del nostro vil­lag­gio. Suo­nò come un invi­to lusin­ghie­ro, solo oggi sap­pia­mo ch’era una trap­po­la. Nono­stan­te ciò ci sono anco­ra volan­ti­ni e sem­pre più per­so­ne si met­to­no in viag­gio. È una vera disgra­zia e qui noi anzia­ni non sap­pia­mo come fare­mo quan­do rimar­re­mo soli.

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