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Dicembre
19 Dicembre 2022

NON SOP­POR­TO LE COSE STOR­TE

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Le inda­gi­ni sul­le “navi a per­de­re” e la mor­te del Capi­ta­no Nata­le De Gra­zia

Reg­gio Cala­bria, ora di pran­zo. Mar­te­dì, 19 dicem­bre 1995.

Ales­sio scat­ta alcu­ne foto a Nata­le, dicias­set­te per la pre­ci­sio­ne. Quel gior­no, Nata­le, com­pie tren­ta­no­ve anni. Non una cifra ton­da, cer­ta­men­te, ma un com­plean­no da festeg­gia­re, un momen­to da ricor­da­re, da pas­sa­re in com­pa­gnia. In quel­la sala, accan­to a Nata­le, ci sono i paren­ti del festeg­gia­to. Nei loro vol­ti, però, tri­stez­za. Fac­ce vitree e dub­bio­se osser­va­no quel cor­po.

Il Capi­ta­no Nata­le De Gra­zia, quel 19 dicem­bre, il gior­no di quel­lo che avreb­be dovu­to esse­re il suo com­plean­no, si tro­va­va diste­so a pan­cia in su, iner­me su un let­ti­no del­la came­ra mor­tua­ria dell’Ospedale Riu­ni­ti di Reg­gio Cala­bria. Tren­tot­to anni, una moglie, due figli, l’amore per il mare ed un futu­ro anco­ra da scri­ve­re. Un futu­ro che, però, non ver­rà mai scrit­to o, alme­no, non sarà lui a far­lo.

Meno di una set­ti­ma­na pri­ma Nata­le era mor­to in cir­co­stan­ze anco­ra poco chia­re men­tre si diri­ge­va a La Spe­zia insie­me a due suoi col­le­ghi, per ragio­ni di lavo­ro. Con sé un bor­so­ne con i cam­bi per il sog­gior­no fuo­ri casa, una mac­chi­na foto­gra­fi­ca e una vali­get­ta con­te­nen­te mate­ria­le mol­to impor­tan­te. Ma per­ché Nata­le dove­va par­ti­re? E per­ché, lui e i suoi col­le­ghi, deci­se­ro di viag­gia­re di not­te, con un’auto civet­ta?

Il Capi­ta­no De Gra­zia e i col­le­ghi di Poli­zia Giu­di­zia­ria Nico­lò Moschit­ta e Rosa­rio Fran­ca­vi­glia dove­va­no affron­ta­re un viag­gio mol­to lun­go. Dal­la pun­ta del­lo sti­va­le avreb­be­ro dovu­to rag­giun­ge­re il Nord Ita­lia. Fran­co Neri, il sosti­tu­to Pro­cu­ra­to­re che era a capo del­le inda­gi­ni a cui lavo­ra­va anche Nata­le da meno di un anno, ave­va dato indi­ca­zio­ni mol­to chia­re – sep­pur ad oggi, di quel­le dichia­ra­zio­ni, sia rima­sto ben poco di cer­to oltre quan­to scrit­to nel­le sei dele­ghe.

Le mete del viag­gio era­no, sostan­zial­men­te, tre: La Spe­zia, Como e Saler­no.

A La Spe­zia li atten­de­va l’Ispettore del Cor­po Fore­sta­le Clau­dio Tas­si, che sta­va col­la­bo­ran­do con loro e con altri col­le­ghi del­la Fore­sta­le di Bre­scia, atten­ti ai traf­fi­ci nazio­na­li e inter­na­zio­na­li di rifiu­ti peri­co­lo­si e radioat­ti­vi. Sem­pre a La Spe­zia, Nata­le e Nico­lò sareb­be­ro dovu­ti anda­re in Tri­bu­na­le per con­sul­ta­re e foto­co­pia­re del mate­ria­le di inda­gi­ne riguar­do la nave Rigel, pro­ba­bil­men­te affon­da­ta a lar­go di Capo Spar­ti­ven­to, in Cala­bria, il 21 set­tem­bre 1987.

Oltre a La Spe­zia, da quan­to risul­ta dal­le dele­ghe, si sareb­be­ro dovu­ti reca­re in un pae­si­no vici­no Como per rac­co­glie­re le dichia­ra­zio­ni di un signo­re, un cer­to Cesa­re Cran­chi, socio in affa­ri di un inge­gne­re su cui Nata­le e col­le­ghi sta­va­no inda­gan­do da diver­so tem­po. In real­tà su Cran­chi e sul socio Gior­gio Come­rio c’erano anche le atten­zio­ni dei ser­vi­zi segre­ti ita­lia­ni e di altri pae­si euro­pei. Per­ché?

Come­rio ave­va nota­to che i Pae­si che pro­du­ce­va­no ener­gia e bom­be ato­mi­che uti­liz­zan­do il nuclea­re, tra la fine degli anni Ottan­ta e i pri­mi anni Novan­ta, ave­va­no un gran­de anzi, direi, gran­dis­si­mo pro­ble­ma: che fare del­le sco­rie? Alcu­ne solu­zio­ni, per così dire, lega­li era­no sta­te tro­va­te ma non con­vin­ce­va­no fino in fon­do tut­ti i Pae­si. L’Unione Euro­pea lavo­ra­va su un pro­get­to in par­ti­co­la­re. In sostan­za i rifiu­ti radioat­ti­vi avreb­be­ro dovu­to esse­re inse­ri­ti in dei con­te­ni­to­ri a for­ma di silu­ro, per poi esser cari­ca­ti su una nave ed affon­da­ti in appo­si­ti fon­da­li mari­ni del Mar Medi­ter­ra­neo. Ulte­rio­ri ricer­che dove­va­no esser fat­te pri­ma di arri­va­re ad una con­cre­ta rea­liz­za­zio­ne ma tut­to ven­ne bloc­ca­to (in con­cor­dan­za con il tem­po ver­ba­le del perio­do) .

Come­rio ripre­se que­sto pro­get­to, sen­za alcu­na auto­riz­za­zio­ne, e lo pro­po­se a pae­si di mez­zo mon­do pre­stan­do par­ti­co­la­re atten­zio­ne a quel­li pesan­te­men­te inde­bi­ta­ti, in guer­ra civi­le, in cri­si eco­no­mi­ca o, più sem­pli­ce­men­te, in quei pae­si in cui ave­va degli aggan­ci, dei soci in affa­ri: Sier­ra Leo­ne, Nige­ria, Soma­lia e tan­ti altri pae­si con con­di­zio­ni poli­ti­che ed eco­no­mi­che simi­li.

Neri, De Gra­zia e tut­ti i com­po­nen­ti del pool reg­gi­no sta­va­no inda­gan­do anche su que­sto, ma non solo. Al cen­tro del­le sue inda­gi­ni, in effet­ti, c’era anche dell’altro. Pre­ci­sa­men­te c’erano del­le navi che par­ti­va­no da diver­si por­ti medi­ter­ra­nei rag­giun­gen­do, tut­te, la mede­si­ma desti­na­zio­ne: i fon­da­li mari­ni. Una del­le ipo­te­si su cui la Pro­cu­ra reg­gi­na inda­ga­va era l’affondamento di que­ste navi con a bor­do cari­chi radioat­ti­vi. Tra la fine degli anni Set­tan­ta e la fine degli anni Novan­ta, si ipo­tiz­za che oltre un cen­ti­na­io di navi furo­no fat­te ina­bis­sa­re nel Mar Medi­ter­ra­neo con i loro cari­chi.

Nata­le era l’esperto, il tec­ni­co di una man­cia­ta di uomi­ni del­le for­ze dell’ordine. L’unico vero uomo di mare del grup­po, in gra­do di leg­ge­re car­te nau­ti­che, bol­le di cari­co, rot­te marit­ti­me e, for­se, uno dei pochi che avreb­be potu­to met­te­re in chia­ro il feno­me­no su cui sta­va­no inda­gan­do, le “navi a per­de­re”. Una sto­ria stra­na, peri­co­lo­sa. Una sto­ria che ha al suo inter­no altre sto­rie. Una sto­ria fat­ta di pedi­na­men­ti subi­ti da colo­ro che lot­ta­va­no per la ricer­ca del­la veri­tà. Una sto­ria fat­ta di pau­re e miste­ri, di paro­le e di tan­ti, trop­pi, pesan­ti silen­zi.

La sto­ria del­le navi a per­de­re par­te, in real­tà, da una denun­cia che ave­va a che fare con la ter­ra e non con il mare anzi, per la pre­ci­sio­ne, con la mon­ta­gna. Tut­to era par­ti­to dall’ipotesi che in Cala­bria, una tren­ti­na di anni fa, fos­se­ro arri­va­ti diver­si camion cari­chi di rifiu­ti peri­co­lo­si pro­ve­nien­ti dal­le indu­strie del Nord Ita­lia. Un po’ come è suc­ces­so in Cam­pa­nia, nel­la ormai tri­ste­men­te nota Ter­ra dei Fuo­chi. La ‘ndran­ghe­ta ave­va dato l’assenso per lo sca­ri­co e l’occultamento di mate­ria­le peri­co­lo­so anche nel ter­ri­to­rio cala­bre­se. È pro­ba­bi­le che aree del­la Cala­bria sia­no sta­te uti­liz­za­te come disca­ri­che di rifiu­ti peri­co­lo­si da par­te del­la ‘ndran­ghe­ta e di altri soci in affa­ri. In Cala­bria, come in Ligu­ria, in Lom­bar­dia, in Pie­mon­te, in Vene­to ed in altri ter­ri­to­ri del cen­tro-nord Ita­lia.

A fian­co a que­sta, l’ipotesi secon­do cui “navi a per­de­re” venis­se­ro cari­ca­te con rifiu­ti radioat­ti­vi e con mate­ria­le che avreb­be con­sen­ti­to di scher­ma­re la radioat­ti­vi­tà – in caso di con­trol­li – per poi esse­re affon­da­te. Alcu­ne navi affon­da­te nel Medi­ter­ra­neo e, in par­ti­co­la­re, vici­no alle coste cala­bre­si, ave­va­no a bor­do pro­prio del gra­nu­la­to di mar­mo o, come nel caso del­la Rigel, anche del cemen­to. “Vuoi vede­re che è que­sta la trac­cia da segui­re”, ave­va pen­sa­to Nata­le? Vuoi vede­re che chi si è occu­pa­to di fal­si­fi­ca­re le bol­le di cari­co ha fat­to un erro­re, ha lascia­to un indi­zio? Vuoi vede­re che, oltre al traf­fi­co di rifiu­ti tos­si­ci diret­ti in Afri­ca, era in atto un più gra­ve traf­fi­co di sco­rie nuclea­ri? Vuoi vede­re che quel­le navi che era­no sta­te fat­te affon­da­re, era­no cari­che di que­ste sco­rie e che, con­tem­po­ra­nea­men­te, altre navi traf­fi­ca­va­no mate­ria­le nuclea­re pron­to per arma­re qual­che bom­ba ato­mi­ca? E vuoi vede­re che die­tro tut­to c’era anche Come­rio? Maga­ri pro­prio Cesa­re Cran­chi avreb­be potu­to dire qual­co­sa in più.

Quel 12 dicem­bre, Nata­le sta­va sicu­ra­men­te seguen­do trac­ce nuclea­ri. Trac­ce peri­co­lo­se e com­pli­ca­te.  Se par­tì nel tar­do pome­rig­gio da Reg­gio Cala­bria, con un’auto civet­ta, sen­za dare infor­ma­zio­ni di sor­ta nep­pu­re ai suoi fami­lia­ri, un moti­vo c’era. O, for­se, ce n’era più di uno.

Non dimo­stra­va né dice­va di sen­tir­si in peri­co­lo ma le per­so­ne che lo cono­sce­va­no par­la­va­no (con­cor­da­na) di un Nata­le diver­so rispet­to al soli­to. Già dai gior­ni che pre­ce­det­te­ro la sua par­ten­za per La Spe­zia era stra­no, dub­bio­so ma non era il tipo che si tira­va indie­tro di fron­te alle dif­fi­col­tà. Era una per­so­na con la schie­na drit­ta che non sop­por­ta­va “le cose stor­te”, un padre che vole­va lascia­re ai suoi figli un mon­do diver­so da come l’aveva tro­va­to. Vole­va un mare diver­so, una Reg­gio diver­sa o, for­se, vole­va solo difen­de­re le bel­lez­ze che, gior­no dopo gior­no, la vita ci dà e di cui, in cam­bio, ci chie­de di pren­der­ci cura.

Quel 12 dicem­bre, Nata­le, Rosa­rio e Nico­lò, dopo aver supe­ra­to la Cala­bria e la Basi­li­ca­ta, si fer­ma­ro­no in una trat­to­ria per man­gia­re un boc­co­ne e, poi, ripren­de­re il lun­go viag­gio. Entra­ro­no in una trat­to­ria in tar­da sera­ta con la cuci­na pros­si­ma alla chiu­su­ra ed usci­ro­no poco dopo le undi­ci con lo sto­ma­co pie­no. Intor­no alla mez­za­not­te, la tra­ge­dia.

Nata­le sede­va nel posto affian­co al con­du­cen­te, Rosa­rio alla gui­da e Nico­lò die­tro. Sem­bra­va esser­si addor­men­ta­to ma una bru­sca fre­na­ta con­sen­tì ai due col­le­ghi di sco­pri­re la veri­tà: Nata­le sta­va moren­do o, for­se, era già mor­to. Il respi­ro era un ran­to­lo, la fron­te suda­ta, la testa pen­zo­lo­ni. Subi­to dopo una gal­le­ria, Rosa­rio acco­stò. I col­le­ghi cer­ca­ro­no di capi­re cosa aves­se Nata­le, cosa gli fos­se suc­ces­so. Nel frat­tem­po, infat­ti, una vio­len­ta piog­gia si era abbat­tu­ta sull’autostrada, bagnan­do il cor­po di Nata­le, river­so sull’asfalto nel ten­ta­ti­vo di esser ria­ni­ma­to.

Anche il cie­lo pian­ge­va la mor­te di un gran­de uomo. Lacri­me pesan­ti, lacri­me ama­re.

Una lun­ga not­te di lam­pi e ful­mi­ni quel­la tra il 12 ed il 13 dicem­bre 1995. Una lun­ga not­te fat­ta di testi­mo­nian­ze e di doman­de, di affer­ma­zio­ni e di tan­ti inter­ro­ga­ti­vi irri­sol­ti.

Quel­la lun­ga not­te con­ti­nua.

A ven­ti­cin­que anni di distan­za con­ti­nua la richie­sta di giu­sti­zia pre­sen­ta­ta dal­la fami­glia De Gra­zia insie­me al Cir­co­lo di Legam­bien­te di Reg­gio Cala­bria che, da anni, tie­ne viva la memo­ria di Nata­le e chie­de, uni­ta­men­te ad altre asso­cia­zio­ni e gior­na­li­sti, qua­le fu la rea­le cau­sa del­la mor­te del Capi­ta­no De Gra­zia e per­ché, pro­prio in quel dicem­bre del 1995, l’inchiesta fu sostan­zial­men­te bloc­ca­ta. Con rin­no­va­to vigo­re, anche gra­zie ad alcu­ne inte­res­san­ti inchie­ste gior­na­li­sti­che, la richie­sta di giu­sti­zia va avan­ti, con mag­gio­re vee­men­za, con asso­lu­ta urgen­za. Ci si con­ti­nua a chie­de­re per­ché la vita di Nata­le si inter­rup­pe quel­la not­te, per­ché in meno di tre gior­ni fu sot­ter­ra­to sen­za fare nep­pu­re un’autopsia, se non poi, il 19 dicem­bre, infan­ga­re anco­ra e anco­ra il suo cor­po e la sua memo­ria con un’autopsia fat­ta dal­la dot­to­res­sa Simo­na Del Vec­chio che rife­ri­va di una pre­sun­ta mor­te per infar­to del Capi­ta­no – smen­ti­ta qua­si un ven­ten­nio dopo.

Ad oggi, però, ci si chie­de anche cosa, nel det­ta­glio, avreb­be­ro dovu­to fare Nata­le, Rosa­rio e Nico­lò duran­te quel viag­gio, qua­le sareb­be sta­to il per­cor­so da segui­re, qua­le le per­so­ne da incon­tra­re e qua­li i com­pi­ti per ognu­no di loro. Non si trat­ta di doman­de scon­ta­te né lo sareb­be­ro, tan­to­me­no, le rispo­ste ad esse. Rispo­ste pesan­ti e peri­co­lo­se, sen­za ombra di dub­bio. Ma dare que­ste rispo­ste non è solo un dove­re nei con­fron­ti del­la fami­glia di Nata­le. Lo è nei con­fron­ti di tut­te quel­le per­so­ne che, negli anni, han­no lot­ta­to affin­ché la veri­tà venis­se fuo­ri. Lo è nei con­fron­ti di quel­le per­so­ne che, oggi, non sono più pre­sen­ti per poter con­ti­nua­re a lot­ta­re. Lo è, infi­ne, nei con­fron­ti di quel­le per­so­ne che, inquie­te, si chie­do­no per­ché Nata­le sia mor­to e cosa ave­va intui­to o, peg­gio, sapu­to. Di quel­le per­so­ne che si chie­do­no cosa ci sia nei nostri mari. Di quel­le per­so­ne che si chie­do­no, e chiu­do, per­ché chi sa qual­co­sa, anco­ra con­ti­nui a rima­ne­re in silen­zio.

PRE­SEN­TA­ZIO­NE AUTO­RE

Dot­to­re di ricer­ca in Stu­di sul­la cri­mi­na­li­tà orga­niz­za­ta pres­so l’Università degli Stu­di di Mila­no con una tesi sto­ri­co inter­na­zio­na­li­sta sul traf­fi­co inter­na­zio­na­le di rifiu­ti tos­si­co-noci­vi e radioat­ti­vi ita­lia­ni, tra la fine degli anni Ottan­ta e i pri­mi anni Novan­ta. Vin­ci­to­re del­la II edi­zio­ne del Pre­mio “Sape­ri per la lega­li­tà: Gio­van­ni Fal­co­ne” ban­di­to annual­men­te dal­la Fon­da­zio­ne Fal­co­ne. Asse­gni­sta di ricer­ca e Pro­fes­so­re a con­trat­to in Cri­mi­na­li­tà orga­niz­za­ta e meto­do­lo­gia del­la ricer­ca pres­so l’Università degli Stu­di di Mila­no. Ha pub­bli­ca­to la sua pri­ma mono­gra­fia nel 2017 dal tito­lo ‘Ndran­ghe­ta tota­li­ta­ria. Ana­li­si filo­so­fi­ca dell’Onorata socie­tà, per poi idea­re, cura­re e con­tri­bui­re alla rea­liz­za­zio­ne del volu­me Cose stor­te. Docu­men­ti, fat­ti e memo­rie attor­no alle “navi a per­de­re” (2018). Ha scrit­to all’interno di diver­si volu­mi (Mafie tos­si­che, 2019; Sul­le trac­ce dell’antindrangheta. Appro­fon­di­men­ti, testi­mo­nian­ze e stru­men­ti per le scuo­le, 2021) e, in ulti­mo, ha pub­bli­ca­to il volu­me Le navi dei vele­ni all’interno del­la col­la­na “Sto­ria dei gran­di segre­ti d’Italia” (vol. n. 62, usci­to in edi­co­la il 21 set­tem­bre 2022).

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