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Agosto
9 Agosto 2024

MOBI­LI­TÀ PER TUT­TI

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Mobi­li­tà per tutt3

È sta­to dimo­stra­to come il tra­spor­to pub­bli­co gio­chi un ruo­lo fon­da­men­ta­le nell’accesso a istru­zio­ne, lavo­ro e tem­po libe­ro per le fasce più pove­re del­la popo­la­zio­ne. Tra que­ste, una del­le fet­te più con­si­sten­ti è rap­pre­sen­ta­ta dal­le don­ne, una cate­go­ria sot­to la qua­le con­flui­sco­no e si sovrap­pon­go­no un ampio ven­ta­glio di iden­ti­tà diver­se, pur­trop­po non ade­gua­ta­men­te rap­pre­sen­ta­te dai dati che abbia­mo a dispo­si­zio­ne. Nono­stan­te la que­stio­ne di gene­re sia entra­ta ormai da decen­ni all’interno del dibat­ti­to su urba­ni­sti­ca e mobi­li­tà, il lavo­ro da fare è anco­ra tan­to, soprat­tut­to in Ita­lia.

Le diver­si­tà in movi­men­to

Men­tre gli uomi­ni com­pio­no in media viag­gi più lun­ghi e più omo­ge­nei, gli spo­sta­men­ti del­le don­ne seguo­no uno sche­ma non linea­re, com­po­sto da più viag­gi, a rag­gio più bre­ve, spes­so rea­liz­za­ti uti­liz­zan­do mez­zi diver­si. Que­sta pecu­lia­re moda­li­tà di spo­sta­men­to è tal­men­te fre­quen­te nel­la quo­ti­dia­ni­tà fem­mi­ni­le da esser­si gua­da­gna­ta una pro­pria defi­ni­zio­ne: par­lia­mo di trip chai­ning, o, come defi­ni­to dall’architetta Inés Sán­chez de Mada­ria­ga, mobi­li­ty of care[1], mobi­li­tà del­la cura.

L’utilizzo del ter­mi­ne “cura”, ovvia­men­te, non è casua­le: il prin­ci­pa­le moti­vo per il qua­le le don­ne si muo­vo­no tan­to pun­tual­men­te con que­sta moda­li­tà è rap­pre­sen­ta­to dal­la mole di lavo­ro di cura di cui sono costret­te a far­si cari­co. Secon­do una ricer­ca Euro­stat con­dot­ta nel 2013[2], ben il 46,1% del­le don­ne che lavo­ra­va­no part-time in UE (più del 30% del­le don­ne con­tro meno del 10% degli uomi­ni) dichia­ra­va di far­lo per “respon­sa­bi­li­tà per­so­na­li e fami­lia­ri” con­tro l’11,7% tra gli uomi­ni, per i qua­li inve­ce il moti­vo più fre­quen­te era il non aver tro­va­to alter­na­ti­ve con con­trat­to full-time.

La situa­zio­ne del lavo­ro di cura è poi peg­gio­ra­ta ulte­rior­men­te dopo la pan­de­mia da Covid-19.
Basti guar­da­re le rispo­ste degli inter­vi­sta­ti Istat[3] (per­so­ne di più di 18 anni con figli fino ai 14) sul­le atti­vi­tà svol­te duran­te la pri­ma fase del­la pan­de­mia per far­si un’idea di quan­to cari­co di lavo­ro di cura ven­ga addos­sa­to alle don­ne rispet­to agli uomi­ni all’interno del nucleo fami­lia­re ete­ro­nor­ma­to: su 100 inter­vi­sta­ti, la cura dei figli è respon­sa­bi­li­tà del­le don­ne per il 90%, e si abbas­sa all’80% cir­ca tra gli uomi­ni, le puli­zie pas­sa­no da cir­ca il 70% a cir­ca il 40%, men­tre in cuci­na il distac­co aumen­ta anco­ra, sepa­ran­do di ben 40 pun­ti per­cen­tua­li le don­ne dagli uomi­ni, con una per­cen­tua­le supe­rio­re all’80 per le une e al 40 per gli altri. Stan­do allo stes­so son­dag­gio, gli uomi­ni han­no, inve­ce, impie­ga­to un tem­po mag­gio­re sia in atti­vi­tà ricrea­ti­ve come lo sport, la let­tu­ra, i mass media e, con­tro ogni ste­reo­ti­po, la cura del­la per­so­na, sia nel fare la spe­sa, un momen­to che, come ben ricor­dia­mo, era uno dei pochi in cui si potes­se usci­re di casa duran­te il pri­mo loc­k­do­wn.

Insom­ma, oltre al cari­co di lavo­ro all’interno del­le mura dome­sti­che, por­ta­re i figli a scuo­la, recar­si al lavo­ro, anda­re in ban­ca, a fare la spe­sa, por­ta­re i figli alle atti­vi­tà extra-sco­la­sti­che e pren­der­si cura dei mem­bri anzia­ni del­la fami­glia, anche quan­do que­sti fan­no par­te del nucleo fami­lia­re del mari­to, sono tut­ti com­pi­ti che ven­go­no addos­sa­ti alle don­ne, tan­to che, stan­do alla ricer­ca spa­gno­la con­dot­ta nel 2019 da Sán­chez de Mada­ria­ga[4], que­sti lavo­ri di cura rap­pre­sen­ta­no, con­tro un mise­ro 9% del­la popo­la­zio­ne maschi­le inter­vi­sta­ta, il moti­vo di ben il 40% degli spo­sta­men­ti gior­na­lie­ri fem­mi­ni­li.

Sor­ge spon­ta­nea la doman­da: come ven­go­no com­piu­ti tut­ti que­sti spo­sta­men­ti? Stan­do all’Eurobarometro 2020[5] in UE solo il 59% del­le don­ne si muo­ve in mac­chi­na, e mol­to spes­so come pas­seg­ge­re, con­tro il 66% degli uomi­ni, che mol­to più di fre­quen­te non solo pos­sie­de fisi­ca­men­te il mez­zo, ma anche lo gui­da. Le don­ne, quin­di, come mostra la stes­sa ricer­ca, non solo uti­liz­za­no di più la bici­clet­ta o si spo­sta­no a pie­di, ma sono anche le prin­ci­pa­li uten­ti dei mez­zi di tra­spor­to pub­bli­co: ne fa uso il 31% del­le inter­vi­sta­te con­tro il 24% del­la con­tro­par­te maschi­le.

Non stu­pi­sco­no, infat­ti, i risul­ta­ti otte­nu­ti nel 2020 dal­la ricer­ca dell’EIGE[6] (Isti­tu­to euro­peo per l’uguaglianza di gene­re), secon­do cui le don­ne inter­vi­sta­te han­no rite­nu­to che il tra­spor­to pub­bli­co sia sta­to “mol­to impor­tan­te” nel deter­mi­na­re sia la loro acces­si­bi­li­tà allo stu­dio (il 40% con­tro il 32% degli uomi­ni) sia al lavo­ro (il 42% con­tro il 33%) e, in gene­ra­le, che riten­ga­no del­la mas­si­ma impor­tan­za anche illu­mi­na­zio­ne, pre­sen­za di par­chi e con­di­zio­ne di mar­cia­pie­di e aree pedo­na­li, dimo­stran­do come tut­te que­ste infra­strut­tu­re abbia­no un peso non indif­fe­ren­te non solo sul­la loro mobi­li­tà rispet­to a quel­la maschi­le, ma anche sul­la loro sicu­rez­za, qua­li­tà del­la vita e addi­rit­tu­ra red­di­to.

Il tra­spor­to è per tutt3?

Sareb­be dun­que sen­sa­to imma­gi­na­re che mez­zi e trat­te del tra­spor­to pub­bli­co sia­no sta­ti dise­gna­ti pen­san­do anche alle esi­gen­ze fem­mi­ni­li, ma, come trop­po spes­so acca­de, il mon­do non rical­ca le neces­si­tà di quel­le cate­go­rie che più avreb­be­ro biso­gno di assi­sten­za.

La strut­tu­ra del­le cit­tà e, con­se­guen­te­men­te, la mobi­li­tà sono sta­te rical­ca­te dagli uomi­ni sul­le loro spe­ci­fi­che esi­gen­ze attra­ver­so un dise­gno del tra­spor­to pub­bli­co che segue le loro moda­li­tà di spo­sta­men­to, e che costa alle don­ne più sol­di e più tem­po.

Vie­ne rical­ca­to, quin­di, un pat­tern che, pri­vi­le­gian­do gli ora­ri di pun­ta lun­go diret­tri­ci che van­no dal­la peri­fe­ria al cen­tro, gio­ca a svan­tag­gio del­le uten­ti, le cui moda­li­tà di spo­sta­men­to sono in media più cir­co­la­ri che radia­li e, ten­den­zial­men­te, più lon­ta­ne dagli ora­ri di mag­gio­re traf­fi­co.

Tut­to que­sto, però, non deve stu­pi­re: stan­do al rap­por­to 2021 del­la Com­mis­sio­ne per i dirit­ti del­la don­na e l’uguaglianza di gene­re del Par­la­men­to euro­peo (FEMM) [7], la media UE di impie­ga­te nel set­to­re dei tra­spor­ti si atte­sta al solo 18,6%, per­cen­tua­le che in Ita­lia scen­de fino al 17,9%.

Ci si potreb­be aspet­ta­re, se le don­ne fos­se­ro mag­gior­men­te impie­ga­te in que­sto set­to­re, una mobi­li­tà più atten­ta alle neces­si­tà fem­mi­ni­li (ma que­sto non è così scon­ta­to: fat­ti recen­ti ci han­no ricor­da­to che non neces­sa­ria­men­te una don­na farà gli inte­res­si del­le altre, ma che anzi, a livel­li alti di pote­re acce­do­no solo don­ne che si ten­go­no ben alla lar­ga dal­le que­stio­ni fem­mi­ni­ste), più atten­ta all’ambiente e anche più sicu­ra: stan­do alla ricer­ca di Orte­ga[8] del 2019, le don­ne, tenen­do comun­que pre­sen­te la mino­re pos­si­bi­li­tà di per­met­ter­si e di gui­da­re un’automobile, sono mol­to più cau­te alla gui­da, e cau­sa­no meno inci­den­ti.

Tra i tan­ti moti­vi per i qua­li in que­sto set­to­re c’è un indi­ce di impie­go fem­mi­ni­le così bas­so ce n’è uno che sicu­ra­men­te spic­ca tra gli altri: dal­la ricer­ca del 2017[9] con­dot­ta da Jane Pil­lin­ger su 13 pae­si, di cui 11 sta­ti mem­bri dell’UE, per l’ILO (Orga­niz­za­zio­ne inter­na­zio­na­le del lavo­ro) su vio­len­za e mole­stie nel mon­do del lavo­ro è emer­so come, tra le impie­ga­te nell’ambito dei tra­spor­ti, aves­se subi­to vio­len­za l’82% del­le inter­vi­sta­te, di cui il 18% ripor­ta­va di aver­ne subi­te più di cin­que anni pri­ma dell’intervista, il 38% tra 1 e i 5 anni pre­ce­den­ti e ben il 44% duran­te lo stes­so anno. Cifre che fan­no accap­po­na­re la pel­le e che aumen­ta­no al dimi­nui­re dell’occupazione fem­mi­ni­le nell’ambiente.

C’è anche da sot­to­li­nea­re come le mole­stie sui mez­zi pub­bli­ci non sia­no un pro­ble­ma del­le sole impie­ga­te nel set­to­re. Stan­do a una ricer­ca Istat[10] del 2018, infat­ti, que­sto tipo di vio­len­ze sul­le don­ne avven­go­no in asso­lu­to più di fre­quen­te sui mez­zi pub­bli­ci, nel 27,9% dei casi, e, a segui­re, in stra­da, nel 16,1%. Pur­trop­po, non sono pre­sen­ti abba­stan­za dati per poter inda­ga­re quan­to que­sta stes­sa inci­den­za col­pi­sca una del­le cate­go­rie più svan­tag­gia­te in asso­lu­to all’interno del­la nostra socie­tà, e cioè la comu­ni­tà LGB­TQ+.

Gra­zie però a un’indagine con­dot­ta dall’Agenzia dell’Unione euro­pea per i dirit­ti fon­da­men­ta­li (FRA)[11] nel 2012, pos­sia­mo cer­ca­re di far­ci un’idea, per quan­to ridut­ti­va, sul­le mole­stie subi­te nel­lo spe­ci­fi­co dal­la comu­ni­tà trans: nel 42% dei casi le vio­len­ze subi­te nei 12 mesi pre­ce­den­ti l’intervista sono sta­te tre o più, con cros­sdres­ser don­ne e don­ne trans tra le cate­go­rie più col­pi­te; inve­ce, riguar­do le sole vio­len­ze per­pe­tra­te sui mez­zi pub­bli­ci, sono sta­te le ulti­me subi­te nel 9% dei casi e le più gra­vi nel 7%.

È però bene sot­to­li­nea­re anco­ra una vol­ta come que­sti dati sia­no solo una goc­cia nel mare, anche per­ché, come spe­ci­fi­ca­to all’interno del­la stes­sa ricer­ca, nel 62% dei casi in cui le vit­ti­me dichia­ra­va­no di non aver denun­cia­to gli attac­chi subi­ti, era per sfi­du­cia nel­le isti­tu­zio­ni. Un dato, que­sto, che dimo­stra come la vio­len­za ver­so la comu­ni­tà trans si tra­sci­ni anche all’interno dei luo­ghi dove le vit­ti­me dovreb­be­ro tro­va­re soste­gno e acco­glien­za.

Oltre alle mole­stie, un’altra gran­de pro­ble­ma­ti­ca del tra­spor­to pub­bli­co è rap­pre­sen­ta­ta dall’accessibilità fisi­ca ai mez­zi: ascen­so­ri non fun­zio­nan­ti nel­le sta­zio­ni di tre­ni e metro, auto­bus non ido­nei alla sali­ta di car­roz­zi­ne e pas­seg­gi­ni, pochi annun­ci voca­li di fer­ma­ta e insuf­fi­cien­za di indi­ca­zio­ni in brail­le sono solo alcu­ni degli esem­pi.

Secon­do una ricer­ca Istat[12] del 2013 dichia­ra­va dif­fi­col­tà di uti­liz­zo dei mez­zi di tra­spor­to pub­bli­ci il 77,3% degli inter­vi­sta­ti con soli pro­ble­mi alla vista, il 65,2% con soli pro­ble­mi all’udito, l’88,3% di chi pre­sen­ta­va entram­bi i pro­ble­mi e il 42,7% di chi ne pre­sen­ta­va di altri. Un pro­ble­ma que­sto che oltre a col­pi­re le per­so­ne con disa­bi­li­tà fisi­ca, lede altre cate­go­rie che più avreb­be­ro biso­gno di un tra­spor­to pub­bli­co acces­si­bi­le, anche eco­no­mi­ca­men­te par­lan­do: don­ne anzia­ne e sole e don­ne stra­nie­re.

Secon­do la rile­va­zio­ne sul­le disu­gua­glian­ze in Ita­lia con­dot­ta dall’Istat[13] nel 2021 le don­ne anzia­ne e sole rap­pre­sen­ta­no una gros­sa fet­ta del­le fami­glie in pover­tà asso­lu­ta, cir­ca 200mila, supe­ra­te solo dal­le fami­glie di occu­pa­ti con bas­so pro­fi­lo pro­fes­sio­na­le e figli mino­ri, qua­si 300mila uni­tà, che cre­sco­no oltre le 450mila nel caso in cui alme­no un mem­bro del­la fami­glia non sia in pos­ses­so del­la cit­ta­di­nan­za ita­lia­na. E nel caso in cui il nucleo fami­lia­re sia a com­po­si­zio­ne uni­ca­men­te stra­nie­ra, l’incidenza di pover­tà asso­lu­ta supe­ra il 30%, con­tro il 5,7% tra le fami­glie ita­lia­ne.

Buo­ne pra­ti­che dall’UE

Amplia­re e miglio­ra­re il tra­spor­to pub­bli­co basan­do­si sul­le neces­si­tà del­le cate­go­rie più svan­tag­gia­te del­la popo­la­zio­ne fareb­be un’enorme dif­fe­ren­za: lo stu­dio sull’inclusione socia­le nel tra­spor­to pub­bli­co in UE[14] con­dot­to nel 2015 dal Par­la­men­to euro­peo ha con­sta­ta­to come quan­to più gli indi­vi­dui sono in con­di­zio­ni di pover­tà, tan­to più gli sono neces­sa­ri i mez­zi pub­bli­ci per poter stu­dia­re, lavo­ra­re e vive­re appie­no il pro­prio tem­po libe­ro.

Pro­prio su que­sti pre­sup­po­sti, alcu­ne cit­tà dell’UE han­no rivo­lu­zio­na­to i loro vol­ti[15]. Dal 2006 a Ber­li­no è sta­to intro­dot­to un Gen­der Check, che assi­cu­ra ven­ga­no pre­se in con­si­de­ra­zio­ne le neces­si­tà di diver­se cate­go­rie di uten­ti, e che ha intro­dot­to del­le inno­va­zio­ni sem­pli­ci, ma effi­ca­ci: fer­ma­te dei mez­zi pub­bli­ci ogni 300–400 metri in base alla den­si­tà di popo­la­zio­ne del­la zona, acces­so più sem­pli­ce per per­so­ne con disa­bi­li­tà fisi­ca, che si muo­va­no in car­roz­zi­na o che por­ti­no pas­seg­gi­ni, e piste cicla­bi­li e per­cor­si pedo­na­li col­le­ga­ti diret­ta­men­te e sen­za bar­rie­re con le fer­ma­te dei mez­zi.

Mal­mö in Sve­zia, inve­ce, lavo­ra dal 2011 per miglio­ra­re la vita di chi uti­liz­za mez­zi di tra­spor­to o si muo­ve a pie­di o in bici: alcu­ni sem­pli­ci accor­gi­men­ti come la rimo­zio­ne di cespu­gli e arbu­sti nel­le vici­nan­ze del­le fer­ma­te, l’eliminazione del­le entra­te meno illu­mi­na­te e l’istituzione di fer­ma­te a richie­sta duran­te la not­te han­no miglio­ra­to sen­si­bil­men­te la vita degli uten­ti. Un’attenzione par­ti­co­la­re è sta­ta anche data alla peri­fe­ria di Rosen­gård, ora col­le­ga­ta a Mal­mö anche tra­mi­te piste cicla­bi­li e per­cor­si pedo­na­li. Uno degli aspet­ti più inte­res­san­ti emer­si dal­le inda­gi­ni con­dot­te nel­la cit­tà sve­de­se è sta­ta l’assoluta neces­si­tà di con­cen­trar­si sugli uomi­ni per con­vin­cer­li ad adot­ta­re com­por­ta­men­ti di mobi­li­tà più simi­li a quel­li del­le don­ne.

Infi­ne, Vien­na, che si inte­res­sa alla mobi­li­tà spe­ci­fi­ca­ta­men­te fem­mi­ni­le da più di trent’anni. Le con­di­zio­ni di pedo­ni, cicli­sti e pen­do­la­ri sono sta­te otti­miz­za­te amplian­do i mar­cia­pie­di, soprat­tut­to in pros­si­mi­tà di scuo­le e altre isti­tu­zio­ni pub­bli­che, intro­du­cen­do fer­ma­te ogni 500 metri per la metro­po­li­ta­na e ogni 300 metri per tram e bus, aumen­tan­do il nume­ro di pan­chi­ne, di fila­ri albe­ra­ti e di sema­fo­ri che pri­vi­le­gia­no i pedo­ni, fun­gen­do anche da deter­ren­te alla mobi­li­tà su ruo­te. A Vien­na, però, non si sono limi­ta­ti alla sola mobi­li­tà, ma han­no rivo­lu­zio­na­to l’intera cit­tà adot­tan­do il cosid­det­to gen­der main­strea­ming, la pra­ti­ca cioè di pro­get­ta­re, attua­re, moni­to­ra­re e valu­ta­re le poli­ti­che e i pro­gram­mi in tut­ti gli ambi­ti poli­ti­ci, eco­no­mi­ci e socia­li in una pro­spet­ti­va di gene­re.

Nel­la Capi­ta­le austria­ca, infat­ti, è sta­to isti­tui­to un uffi­cio di coor­di­na­men­to com­po­sto da sole don­ne, il Frauen­bü­ro, che si occu­pa di gesti­re e con­trol­la­re che la poli­cy sul­la pro­get­ta­zio­ne urba­ni­sti­ca sia, come dal 2002, in linea anche con le neces­si­tà fem­mi­ni­li. Que­sto è sta­to pos­si­bi­le gra­zie all’intervento dell’architetta Eva Kail, pio­nie­ra del gen­der main­strea­ming in ambi­to urba­ni­sti­co, che, par­ti­ta da un solo con­do­mi­nio (il Women-Work-City, com­ple­ta­to nel ’97 e super­vi­sio­na­to in toto basan­do­si sul­le neces­si­tà fem­mi­ni­li) è poi pas­sa­ta a un inte­ro quar­tie­re, il Maria­hilf, distret­to cen­tra­le e den­sa­men­te popo­la­to, dive­nu­to pro­get­to pilo­ta per quel­la che vie­ne ora defi­ni­ta una pink city. Ora a Vien­na non rispet­ta­re il gen­der main­strea­ming nel­la pia­ni­fi­ca­zio­ne del­la cit­tà è diven­ta­to rea­to.

E in Ita­lia?

Nono­stan­te in UE la que­stio­ne di gene­re sia entra­ta nel dibat­ti­to su urba­ni­sti­ca e mobi­li­tà ormai da decen­ni, in Ita­lia l’argomento non ha attec­chi­to con la stes­sa inten­si­tà, limi­tan­do­si all’introduzione di par­cheg­gi e taxi rosa.

D’altra par­te, quel­lo del tra­spor­to pub­bli­co è un tema su cui non si è inve­sti­to quan­to la gran­de impor­tan­za rive­sti­ta da que­sta infra­strut­tu­ra pre­sup­por­reb­be, tan­to che il nostro uti­liz­zo di tram e metro non solo è la metà del­la media UE, ma ci pone addi­rit­tu­ra al quin­tul­ti­mo posto del­la clas­si­fi­ca, supe­ran­do solo Dani­mar­ca, Irlan­da, Lus­sem­bur­go e Tur­chia, come mostra­to dal­lo sta­ti­sti­cal poc­ket­book 2021[16] del­la Dire­zio­ne gene­ra­le del­la Mobi­li­tà e dei tra­spor­ti del­la Com­mis­sio­ne euro­pea.

La scar­si­tà di un siste­ma di mez­zi pub­bli­ci ade­gua­ti, poi, si acui­sce man mano che si scen­de lun­go lo sti­va­le: come mostra­to dal rap­por­to con­dot­to da Legam­bien­te nel 2021 sul­le per­for­man­ce ambien­ta­li del­le cit­tà, Eco­si­ste­ma urba­no[17], i pri­mi cin­que posti per offer­ta di tra­spor­to pub­bli­co (cal­co­la­ta in chi­lo­me­tri per­cor­si annual­men­te dal com­ples­so del­le vet­tu­re divi­si per abi­tan­ti) sono occu­pa­ti da Mila­no, Roma, Trie­ste, Vene­zia e Sie­na, men­tre agli ulti­mi cin­que tro­via­mo Biel­la, Son­drio, Cal­ta­nis­set­ta, Vibo Valen­tia e Ragu­sa. Per quan­to riguar­da i dati sul nume­ro di pas­seg­ge­ri (cal­co­la­ti sui viag­gi per abi­tan­te) abbia­mo anco­ra Mila­no, Vene­zia, Roma, Geno­va e Bolo­gna, men­tre in fon­do ci sono Impe­ria, Son­drio, Cro­to­ne, Sira­cu­sa e Vibo Valen­tia. Come si può vede­re, in testa ci sono le gran­di cit­tà del cen­tro e del nord, men­tre sono le pro­vin­ce di Sici­lia e Cala­bria a chiu­de­re que­ste clas­si­fi­che, con le uni­che ecce­zio­ni rap­pre­sen­ta­te da alcu­ne pro­vin­ce set­ten­trio­na­li con ter­ri­to­ri dal­la dif­fi­ci­le oro­gra­fia.  

Nell’anno più cal­do mai regi­stra­to in Ita­lia dal 1800[18], inve­sti­re sul tra­spor­to pub­bli­co, soprat­tut­to nel­le zone che più ne avreb­be­ro biso­gno, basan­do­si sul­le esi­gen­ze di chi più ne dipen­de, non signi­fi­che­reb­be una mobi­li­tà miglio­re solo per le don­ne, ma per tutt3: come mostra­to dai dati offer­ti dal­la Com­mis­sio­ne Euro­pea[19], più del 70% del­le emis­sio­ni di gas ser­ra pro­dot­te in Euro­pa dal set­to­re dei tra­spor­ti, che pro­du­ce da solo cir­ca un quar­to del­le emis­sio­ni tota­li, pro­vie­ne dal tra­spor­to su stra­da. Un dato, que­sto, che dimi­nui­reb­be dra­sti­ca­men­te se impie­gas­si­mo i capi­ta­li che abbia­mo a dispo­si­zio­ne a favo­re di una mag­gio­re capil­la­ri­tà e acces­si­bi­li­tà del ser­vi­zio, dei mez­zi su rota­ie, di cicla­bi­li e di mez­zi di tra­spor­to eco­so­ste­ni­bi­li. Pec­ca­to però che la fet­ta più ampia del fon­do euro­peo per il Pnrr, cir­ca 40 miliar­di, sia al momen­to nel­le mani del nuo­vo Mini­stro del­le Infra­strut­tu­re e Mobi­li­tà Soste­ni­bi­le Mat­teo Sal­vi­ni, il cui uni­co pen­sie­ro sem­bra inve­ce esse­re il fami­ge­ra­to e irri­du­ci­bi­le Pon­te sul­lo Stret­to di Mes­si­na.

Il futu­ro, insom­ma, non sem­bra affat­to roseo. 

[1] Sán­chez de Mada­ria­ga, Inés. (2013). Mobi­li­ty of care: Intro­du­cing new con­cep­ts in urban trans­port. Fair Shared Cities: The Impact of Gen­der Plan­ning in Euro­pe. 33–48. 

 

[2] Euro­stat, Euro­pean social sta­ti­stics – 2013 edi­tion https://ec.europa.eu/eurostat/documents/3930297/5968986/KS-FP-13–001-EN.PDF/

 

[3] Isti­tu­to Nazio­na­le di Sta­ti­sti­ca, Rap­por­to annua­le 2020, 2020 https://www.istat.it/storage/rapporto-annuale/2020/capitolo1.pdf

 

[4] Sán­chez de Mada­ria­ga, I. and Zuc­chi­ni, E. (2019). ‘Mea­su­ring Mobi­li­ties of Care, a Chal­len­ge for Trans­port Agen­das’. In: C. Schol­ten and T. Joels­son (eds.), Inte­gra­ting Gen­der into Trans­port Plan­ning. Pal­gra­ve Mac­mil­lan

[5] Eurobarometer(2020a). ‘Mobi­li­ty and Trans­port’, Spe­cial Euro­ba­ro­me­ter Report, No. 495.

[6] Isti­tu­to euro­peo per l’uguaglianza di gene­re, Gen­der equa­li­ty and urban mobi­li­ty, 2020 https://eige.europa.eu/publications/gender-equality-and-urban-mobility

 

[7] Par­la­men­to euro­peo, Dire­zio­ne gene­ra­le del­le Poli­ti­che inter­ne dell’Unione, San­so­net­ti, S., Davern, E., Women and trans­port, Par­la­men­to euro­peo, 2021, https://data.europa.eu/doi/10.2861/70855

[8] Orte­ga A., Gros­so M., Hag G., Tsa­ka­li­dis A., Women in Trans­port Research and Inno­va­tion: A Euro­pean Per­spec­ti­ve, 2021 Sustai­na­bi­li­ty | Free Full-Text | Women in Trans­port Research and Inno­va­tion: A Euro­pean Per­spec­ti­ve | HTML (mdpi.com)

[9] Vio­len­ce and harass­ment again­st women and men in the world of work: tra­de union per­spec­ti­ves and action / Inter­na­tio­nal Labour Offi­ce, Bureau for Wor­kers’ Acti­vi­ties (ACTRAV). — Gene­va: ILO, 2017 https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/—ed_dialogue/—actrav/documents/publication/wcms_546645.pdf

[10] Isti­tu­to Nazio­na­le di Sta­ti­sti­ca, Le mole­stie e i ricat­ti ses­sua­li sul lavo­ro, 2018 https://www.istat.it/it/files//2018/02/statistica-report-MOLESTIE-SESSUALI-13–02-2018.pdf

 

[11] Agen­zia dell’Unione euro­pea per i dirit­ti fon­da­men­ta­li, Esse­re trans nell’UE, 2014  https://fra.europa.eu/sites/default/files/fra-2015-being-trans-eu-comparative-summary_it.pdf

[12] Isti­tu­to Nazio­na­le di Sta­ti­sti­ca, Stu­dio sul­la popo­la­zio­ne di per­so­ne con disa­bi­li­tà sen­so­ria­li e plu­ri­me in con­di­zio­ni di gra­vi­tà https://www.fishonlus.it/allegati/LegaFilodOro_RicercaISTAT.pdf

[13] Isti­tu­to Nazio­na­le di Sta­ti­sti­ca, Rap­por­to annua­le 2022, 2022 https://www.istat.it/storage/rapporto-annuale/2022/Capitolo_4.pdf

[14] opean Par­lia­ment, Social Inclu­sion in EU Public Trans­port – Stu­dy, 2015 Social inclu­sion in EU public trans­port (europa.eu)

[15] CIVI­TAS WIKI Con­sor­tium, 2014 https://civitas.eu/sites/default/files/civ_pol-an2_m_web.pdf

[16] Euro­pean Com­mis­sion, Direc­to­ra­te-Gene­ral for Mobi­li­ty and Trans­port, EU trans­port in figu­res: sta­ti­sti­cal poc­ket­book 2021, Publi­ca­tions Offi­ce, 2021, https://data.europa.eu/doi/10.2832/27610

 

[17] Legam­bien­te, Eco­si­ste­ma Urba­no, 2021, https://www.legambiente.it/rapporti/ecosistema-urbano/

 

[18] Isti­tu­to di Scien­ze dell’Atmosfera e del Cli­ma, 2022, https://www.isac.cnr.it/climstor/climate_news.html

[19] https://climate.ec.europa.eu/eu-action/transport-emissions_en

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