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Maggio
6 Maggio 2024

LOBBY GAY: STORIA DEL COMPLOTTO DA ENGELS A PILLON (SECONDA PARTE)

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Anche se non si parla più di Homintern – un vero peccato si sia perso un tale termine – la lobby gay è ancora oggi argomento gettonatissimo tra le destre. Nell’articolo precedente [link] abbiamo sondato più di un secolo di storia alla ricerca di questa oscura organizzazione, ma non ne abbiamo trovato traccia. Anzi, ciò che risulta chiaro è che sia stata usata come capro espiatorio per i problemi più disparati: dalla crisi del ’29 al nazismo allo stalinismo.

Si pone, allora, una questione fondamentale: quanto può essere credibile chi ancora oggi ne parla? Chi punta il dito contro una fantomatica lobby, contro l’ideologia gender? Possiamo davvero prendere sul serio il patriarca russo Kirill? O Giorgia Meloni, secondo la quale «rivendicare il diritto unilaterale di proclamarsi donna oppure uomo» e «commercializzare il corpo femminile e trasformare la maternità in un business» farebbero parte di uno stesso paradigma gender contro le donne e contro il diritto dei bambini ad «avere il massimo: una mamma e un papà» ? E quanto stride con la realtà del nostro tempo la dichiarazione del Papa, secondo il quale «oggi il pericolo più brutto è l’ideologia gender», tenendo in considerazione anche le sole atrocità che stanno avvenendo in Palestina?

Ebbene, abbiamo deciso di concentrare la nostra ricerca proprio in Italia. E non solo alla luce di quanto dichiarato da Meloni e da Bergoglio, che hanno usato parole non così diverse da quelle di qualsiasi altro conservatore e/o sovranista, ma soprattutto per i risultati dello studio condotto dall’Ilga (International Lesbian and Gay Association) nel 2023 sui diritti della comunità LGBTQI in Europa. In una classifica composta da 49 stati divisi in 38 posizioni, l’Italia, senza troppe sorprese, non sta né sul podio né nei primi dieci posti. Che sia almeno tra i primi venti? Ma assolutamente no: per trovare il nostro paese in questa classifica dobbiamo spingerci fino al 27esimo posto. Peggio di noi solo 14 stati divisi su 11 posizioni. Meglio di noi addirittura l’Ungheria di Orbán, che troviamo al 24esimo posto della classifica.

C’è da chiedersi se questi risultati siano tutti da imputare all’impegno dell’attuale governo contro l’avanzata di lobby gay e ideologia gender, o se, piuttosto, ci siano state altre forze a muoversi contro i diritti della comunità LGBTQIA+. Questo è proprio ciò che andremo a scoprire.

Una lobby allo stato embrionale

Sulla scia di svariati paesi europei che avevano già istituito le unioni civili per le coppie omosessuali – nel 2001 in Paesi Bassi e Germania, nel 2002 in Finlandia, nel 2003 in Belgio e Croazia, nel 2005 in Spagna, Irlanda, Regno Unito e Slovenia – nel 2007 il governo Prodi presentò il disegno di legge conosciuto come DICO. Il Ddl sui Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi, piuttosto moderato, avrebbe, allargando il bacino dei diritti delle coppie di fatto, legittimato anche le coppie omosessuali (Prearo 2020). Questo antesignano della legge sulle unioni civili, però, non venne approvato. Visti i risultati si potrebbe dire che anche se la lobby gay si fosse nascosta tra le fila del governo Prodi, non era di certo composta da grandi strateghi. Ma, a parte gli scherzi, c’è da capire che cosa abbia impedito ad un disegno di legge così poco radicale di diventare legge.

La risposta va ricercata a Roma, davanti alla basilica di San Giovanni in Laterano. È il 12 maggio 2007 e piazza San Giovanni è gremita di persone: in centinaia di migliaia tra fedeli, associazioni cattoliche, forze politiche – da Silvio Berlusconi a Matteo Renzi – e addirittura Coldiretti si sono radunate davanti alla basilica papale. È il primo Family Day, una manifestazione organizzata, tra le varie personalità del movimento pro-life, anche da Eugenia Roccella, l’attuale Ministra per le pari opportunità e la famiglia (Prearo 2020). È proprio per l’incredibile affluenza alla manifestazione che il Ddl DICO venne affossato.

Per assistere a un secondo tentativo della fantomatica lobby gay di – orrore! – acquisire diritti civili, bisogna aspettare fino al 2013. Mentre in Francia viene istituito il matrimonio per le coppie omosessuali, in Italia viene proposto il Ddl Scalfarotto per la penalizzazione dei crimini d’odio a carattere omofobico e transfobico, seguito nel 2014 dal Ddl Cirinnà per il riconoscimento delle unioni civili omosessuali e dal Ddl Fedeli sull’educazione di genere. Ed ecco che, come per il primo tentativo, si assiste a una forte resistenza. Questa volta, però, alle manifestazioni non c’era quasi nessuna delle associazioni presenti al primo Family Day, né vennero organizzate da personalità ecclesiastiche. Anzi: alcune frange laiche cattoliche, dopo aver accusato l’istituzione vaticana di aver avuto un ruolo pienamente strutturale nella nascita e nello sviluppo dell’ideologia gender, decisero che a ergersi a difesa dei valori tradizionali cattolici doveva essere un nuovo attore, un movimento che fosse sì cattolico, ma esterno alla Chiesa, laico (Prearo 2020).

In soli tre anni queste frange laiche cattoliche istituirono le Marce per la vita, il Comitato Difendiamo i Nostri Figli, l’associazione Vita È e vennero proposti diversi convegni, a Roma di carattere pro-life e a Verona in chiave anti-gender, sancendo definitivamente l’inizio di quest’ultima causa. Non solo: con la nomina di Massimo Gandolfini – l’attuale consulente del governo Meloni al Dipartimento per le politiche antidroga – a portavoce del Popolo del Family Day, il movimento si dotava di associazioni e apparati per allargare la sua sfera d’influenza. Non accontentandosi più delle sole piazze, si espanse fin dentro le aule di tribunale con Giuristi per la Vita, le scuole (attraverso azioni dei GpV) e dotandosi di un proprio organo di stampa (Notizie ProVita, ora ProVita Onlus). Quello che stava sorgendo intorno alla retorica anti-gender era un movimento sì cattolico, ma profondamente politico, capace di accogliere al suo interno forze di altra natura (Prearo 2020). Tra queste, l’associazione La Manif Pour Tous, una lobby francese in seguito alla cui nascita, avvenuta nel 2012, in Francia si registrò un aumento delle azioni omofobe del 78% in un solo anno, come mostra il rapporto annuale dell’associazione SOS Homophobie del 2013. Questa è l’associazione che, dopo aver aperto nel 2013 una propria sezione in Italia, sarà a capo dell’organizzazione dei Family Day del 2015 e 2016 (Prearo 2020).

Nascita di una lobby

Nel frattempo, mentre il Ddl Scalfarotto era decaduto al decadere del governo, le leggi Cirinnà e Fedeli vennero approvate, sotto il governo di Matteo Renzi, che, come abbiamo visto, quel 12 maggio 2007 era tra le fila dei sostenitori. Finalmente delle conquiste della lobby gay? Vediamo in cosa consistono. 

L’obiettivo della legge Fedeli sull’educazione di genere, come più volte ribadito dall’allora Ministra dell’istruzione, era semplicemente quello di compiere appieno l’articolo terzo della Costituzione, sulla non discriminazione in base alla religione o all’orientamento sessuale. Nulla di particolarmente radicale, quindi, ma anzi, così poco sovversivo da essere pienamente costituzionale. 

La legge Cirinnà, dal canto suo, ha sì legittimato le unioni civili, ma non il matrimonio egualitario. Tant’è che le coppie omosessuali unite civilmente vengono riconosciute come «formazione sociale specifica» (art. 2 Cost.), mentre quelle eterosessuali unite in matrimonio come «famiglia» a tutti gli effetti (art. 29 Cost.). Inoltre, visto che in Italia è possibile adottare solo se sposati, tra i diritti acquisiti non si annovera l’adozione.  Una conquista, certo, ma decisamente mutilata. 

Alla luce di queste conquiste, possiamo dire che per essere un’associazione potente e pervasiva di tutta la società, questa lobby gay quantomeno non sa servirsi come dovrebbe delle sue risorse. Dall’altra parte, invece, una lobby vera e propria si era già formata, e sapeva indubitabilmente sfruttare le sue potenzialità. Capitanato da Gandolfini, il gruppo pro-family – termine ombrello che racchiude sia gli anti-choice sia gli anti-gender – sempre meno influenzato dalle forze cattoliche e sempre più dalla lobby francese, iniziò a tessere la sua tela nel mondo della politica. Iniziò, attraverso strategie di lobbying, a contaminare le forze politiche più sensibili alle sue cause: il centro, il centrodestra e l’estrema destra.

La lobby esiste ma è antigay 

Nel 2018 Massimo Gandolfini avvia la sua strategia – così come la definì lui stesso – “pre-politica” : nonostante la decisa non affiliazione partitica, avrebbe comunicato ai suoi seguaci i partiti che avessero garantito la loro dedizione alla causa. Questo, a patto che i politici interessati sottoscrivessero il suo Manifesto di dieci punti per la promozione e la difesa della vita e che candidassero alcuni uomini del Family Day all’interno delle liste elettorali. Nel novembre del 2018, infatti, vennero invitati a Milano eletti ed elette alle elezioni politiche locali per parlare delle buone pratiche da adottarsi su famiglia e gender, tra cui il neoeletto senatore leghista Simone Pillon. 

L’anno seguente si tenne a Verona Il Congresso Mondiale delle Famiglie, un enorme evento politico, ampiamente coperto dai media e duramente contestato dall’associazione Non Una Di Meno. Organizzato dall’associazione cristiana americana World Congress of Families – fondata nel 1997 da Allan C. Carlson, storico ex funzionario dell’amministrazione Reagan – questo evento vide una lunga serie di personalità della destra mondiale, di cui citeremo alcuni presenti. Oltre al suo presidente Brian Brown – molto vicino a Donald Trump – troviamo anche il Presidente della Commissione patriarcale per la Famiglia e la Maternità della Chiesa Ortodossa Dmitrij Smirnov, ed esponenti del partito di estrema destra tedesco AfD (Alternative für Deutschland). Sono presenti, senza troppe sorprese, anche Massimo Gandolfini, Simone Pillon e Toni Brandi, presidente di Pro Vita, nonché grande amico di Roberto Fiore, presidente di Forza Nuova, anch’essa presente al congresso. Non solo: tra i tanti ci sono Matteo Salvini, Lorenzo Fontana e Giorgia Meloni.

Un altro esempio paradigmatico della cooperazione tra movimento e partiti fu l’evento L’Umbria mette al centro la famiglia: organizzato il 17 ottobre 2019, costituì il momento conclusivo della campagna elettorale di Matteo Salvini in regione. Presenziarono e intervennero all’evento alcuni firmatari del Manifesto di Gandolfini, ovvero tre personalità che, sembra doveroso sottolinearlo, non sono proprio famose per aver creato delle famiglie tradizionali così come le intendono i pro-family: Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi (Prearo 2020). 

 La lobby antigay oggi

Insomma, che la lobby antigay esista è dato per appurato, ma quella gay? Come sempre, né sfrutta le sue potenzialità, né propone politiche radicali: il disegno di legge a firma Alessandro Zan, approvato alla Camera e bocciato al Senato, avrebbe semplicemente ampliato i confini di alcuni delitti già previsti e puniti all’interno dell’ordinamento italiano. Infatti, alla legge sulla Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa, sarebbero stati aggiunti i motivi di discriminazione in base al sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità. Oltretutto, nel testo era presente un’esplicita volontà di non interferire con il diritto alla libertà di espressione: la legge, infatti, si sarebbe limitata a punire solo in caso di concreto pericolo di azioni discriminatorie o violente

Eppure, ve le ricordate le eco di entusiasmo che il 27 ottobre 2021 hanno riempito l’aula del Senato all’affossamento della legge? Ciò per cui hanno esultato in Senato, allora, contrariamente a quanto millantavano le destre del “non si può più dire niente”, non poteva avere a che fare con il loro diritto alla libertà di espressione. Dando per scontato che i senatori avessero davvero letto la proposta di legge, la loro esaltazione non poteva che nascere dalla possibilità di azioni concretamente pericolose nei confronti non solo della comunità LGBTQ+, ma anche di donne cis e persone con disabilità. 

A peggiorare ulteriormente la situazione, il governo di Giorgia Meloni ha deciso che, sull’onda della sua guerra alla maternità surrogata e nel nome di “Dio, Patria e Famiglia”, fosse giusto togliere un genitore ai figli di coppie omogenitoriali. Infatti, il governo ha deciso di bloccare, con una circolare ministeriale di marzo 2023, la trascrizione dei certificati di nascita esteri dei figli di coppie omosessuali, costringendo i comuni a sospendere l’iscrizione all’anagrafe di questi bambini. Una decisione, questa, che non lede solo la comunità LGBTQIA+, ma anche e soprattutto i loro figli, che si trovano in una situazione estremamente precaria anche a livello giuridico. Non stupisce, allora, che il Parlamento europeo abbia approvato un emendamento di condanna al governo italiano, nel quale «ritiene che tale azione costituisca una violazione diretta dei diritti dei minori, quali elencati nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989; esprime preoccupazione per il fatto che tale decisione si inscrive in un più ampio attacco contro la comunità Lgbtqi+ in Italia; invita il governo italiano a revocare immediatamente la sua decisione».

Una triste conclusione

Insomma, guardando alla storia della lobby gay dall’Ottocento ai giorni nostri, di questa organizzazione non si trovano tracce. Ciò che si trova, invece, sono discriminazione, persecuzione e violenza. Tutto ai danni della comunità LGBTQIA+. E mentre in alcuni stati la situazione dei nostri diritti è migliorata e sta migliorando, in Italia va via via inasprendosi, in un clima di odio che ci obbliga a preoccuparci concretamente per la nostra incolumità. E se tutto questo succede è per iniziativa delle lobby omofobe, con il sostegno della politica, e con l’aiuto, anche quando in maniera inconsapevole, dei media. 

Tutto questo, allora, ci risulta amaramente ironico. È ironico che la retorica che ci sorbiamo nel 2024 si basi sulle stesse premesse che aveva nell’Ottocento. È ironico che chi dice di ergersi a difesa dalla lobby gay, al soldo di una lobby ci sia davvero. Ed è ironico che chi ci propugna i valori della famiglia tradizionale non ne sia neanche lontanamente un esempio. 

Alla fine di questa ricerca, mi sento di lasciarvi con una riflessione che forse avrei dovuto fare all’inizio dell’articolo. 

E se anche fosse? Se anche una lobby gay esistesse, cosa potrebbe fare di così terribile? Permettere alle persone di amarsi alla luce del sole? Di costruirsi una famiglia? Di non stare perennemente all’erta nel caso di un’aggressione? Di poter decidere del proprio corpo? Perché ambire a diritti tanto basilari dovrebbe associarsi a trame e intrighi di associazioni oscure e pericolose? Infondo, le persone eterosessuali e cisgender – spesso uomini e quasi sempre bianche – non hanno forse sempre avuto dalla loro parte politica e istituzioni, denaro e potere? E perché questo paradigma non lo chiamiamo lobby etero?

Bibliografia

Prearo, Massimo. 2020. L’ipotesi neocattolica. Politologia dei movimenti anti-gender, Mimesis Edizioni, Milano-Udine.

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