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Giugno
20 Giugno 2024

L’IM­PU­NI­TÀ DEI CRI­MI­NA­LI DI GUER­RA NAZI­FA­SCI­STI: RIFLES­SIO­NI PER IL TREN­TEN­NA­LE DEL­LA SCO­PER­TA DEL­L’AR­MA­DIO DEL­LA VER­GO­GNA

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Il libro di Danie­le Biac­ches­si, Ecci­di nazi­fa­sci­sti. L’armadio del­la ver­go­gna, è vivi­do, istrut­ti­vo, ben docu­men­ta­to. Rac­con­ta in tre par­ti come si arri­vò nel 1994 alla sco­per­ta dei fasci­co­li “sepol­ti” in uno scan­ti­na­to del­la sede del­la Pro­cu­ra Gene­ra­le Mili­ta­re, e dei pro­ces­si che, nono­stan­te il tem­po tra­scor­so, fu pos­si­bi­le ria­pri­re: da quel­lo per la stra­ge di S. Anna di Staz­ze­ma a piaz­za­le Lore­to a quel­li meno noti di Padu­le di Fucec­chio, Caiaz­zo e altri. Rac­con­ta qua­li furo­no le ragio­ni poli­ti­che e isti­tu­zio­na­li che por­ta­ro­no all’insabbiamento dei fasci­co­li.

Io, nel cor­so dei lavo­ri del­la Com­mis­sio­ne, ero magi­stra­to e quin­di par­to da quel­lo che è sta­to il pun­to di osser­va­zio­ne del­la mia pro­fes­sio­ne, descri­vo quel­la che vie­ne di soli­to chia­ma­ta “la sce­na del cri­mi­ne”, un ter­mi­ne ormai fre­quen­te oggi, quan­do si par­la degli inter­ven­ti del­la Poli­zia Scien­ti­fi­ca sul­la sce­na di delit­ti ecla­tan­ti.

E pro­vo, del­la sce­na di que­sti cri­mi­ni, a far­vi una descri­zio­ne visi­va.

La Com­mis­sio­ne ha cer­ca­to infat­ti di rico­strui­re esat­ta­men­te come sono sta­ti ritro­va­ti i fasci­co­li ed ha fat­to quin­di un sopral­luo­go nei loca­li del palaz­zo del­la Magi­stra­tu­ra Mili­ta­re ove nel 1994 essi si tro­va­va­no occul­ta­ti.

La sce­na è quel­la che pos­so così descri­ve­re.

Imma­gi­na­te un can­cel­lo, una stan­za più gran­de e poi una stan­za più pic­co­la e poi una stan­zi­na anco­ra più pic­co­la, buia e pol­ve­ro­sa, uno di quei posti se non inac­ces­si­bi­li, qua­si, o in cui, comun­que, non si entra mai.

In fon­do, in quest’ultimo stan­zi­no, in un arma­dio – for­se addi­rit­tu­ra con le ante con­tro il muro – ci sono que­sti 695 fasci­co­li che sono sta­ti recu­pe­ra­ti solo nel 1994, quan­do è scop­pia­to il “caso Prie­b­ke”, indi­vi­dua­to dopo tan­ti anni in Argen­ti­na.

Cosa c’era in que­sti 695 fasci­co­li? Cer­to, non tut­ti sono rela­ti­vi a even­ti tra­gi­ci; si va anche dal fur­to di bestia­me all’incendio del fie­ni­le, fat­ti che sono desti­na­ti ad esse­re dimen­ti­ca­ti negli anni. Ma poi salen­do ci sono, subi­to dopo, le fuci­la­zio­ni di die­ci o ven­ti civi­li nel­la piaz­za di qual­che pae­se, mol­to spes­so comu­ni dell’Emilia o del­la Tosca­na, i luo­ghi dove avven­ne­ro i più gra­vi ecci­di con­tro la popo­la­zio­ne iner­me.

E poi anco­ra a sali­re i fasci­co­li riguar­da­no fat­ti gra­vis­si­mi come Sant’Anna di Staz­ze­ma: un ecci­dio con 560 vit­ti­me, in una loca­li­tà in cui, fra l’altro, non era suc­ces­so nul­la che potes­se dare luo­go a pre­te­sti di rap­pre­sa­glia, qua­li impor­tan­ti azio­ni par­ti­gia­ne o azio­ni di sabo­tag­gio con­tro l’occupante. Era un comu­ne che ave­va solo la sfor­tu­na di tro­var­si a ridos­so del­la linea difen­si­va tede­sca – la linea Goti­ca – e che quin­di ven­ne “boni­fi­ca­to” con le armi, ucci­den­do appun­to cen­ti­na­ia di civi­li, tra  i qua­li mol­te don­ne e bam­bi­ni, in dodi­ci fra­zio­ni dell’abitato.

E poi salia­mo e arri­via­mo alla stra­ge di Cefa­lo­nia: cono­scia­mo tut­ti que­sto ecci­dio che ha pro­vo­ca­to miglia­ia di vit­ti­me.

Que­sto è il qua­dro di quel­lo che c’era. Sono uti­li gli esem­pi con­cre­ti e anche nel libro si par­la spes­so di “archi­via­zio­ne prov­vi­so­ria”, pos­sia­mo quin­di leg­ge­re e veder­ne una per­ché for­se que­sta imma­gi­ne è quel­la che più può rima­ne­re impres­sa.

Ecco l’immagine di una “archi­via­zio­ne prov­vi­so­ria” (Archi­vio del­la Pro­cu­ra Mili­ta­re Gene­ra­le, Fasci­co­lo 275), quel­la rela­ti­va all’eccidio di Tavo­lic­ci, vici­no a For­lì, ove nel luglio 1944 furo­no ucci­si 64 civi­li:

Pro­via­mo insie­me a leg­ger­la:

“Il Pro­cu­ra­to­re Gene­ra­le Mili­ta­re, visto gli atti rela­ti­vi al fat­to di cui trat­ta il fasci­co­lo n. 275 – poi­ché nono­stan­te il lun­go tem­po tra­scor­so dal­la data del fat­to anzi­det­to, non si sono avu­te noti­zie uti­li per la iden­ti­fi­ca­zio­ne dei loro auto­ri e per l’accertamento del­le respon­sa­bi­li­tà, ordi­na la prov­vi­so­ria archi­via­zio­ne degli atti.

Data: 14 gen­na­io 1960, fir­ma­to: il Pro­cu­ra­to­re Gene­ra­le Mili­ta­re Enri­co San­ta­cro­ce”.

Tut­to qui: un foglio così leg­ge­ro è diven­ta­to un maci­gno spa­ven­to­so sui fat­ti di cui vi ho appe­na det­to.

Per usa­re anco­ra un para­go­ne giu­di­zia­rio, trat­to dall’esperienza del mio lavo­ro, i giu­di­ci più o meno fan­no così le archi­via­zio­ni per i sem­pli­ci fur­ti d’auto ad ope­ra di igno­ti.

Tra l’altro, si dice “non si sono più avu­te noti­zie uti­li per la iden­ti­fi­ca­zio­ne dei loro auto­ri”: cer­to, se nes­su­no le cer­ca o le uti­liz­za, le noti­zie uti­li da sole non arri­va­no o non ser­vo­no. E que­sto è il cuo­re del­la vicen­da.

E allo­ra cer­chia­mo di capi­re che cosa è acca­du­to e per­ché si è arri­va­ti, sul pia­no giu­di­zia­rio, a sep­pel­li­re que­ste vicen­de tra­gi­che con que­sti fogliet­ti.

È acca­du­to, ver­so il ter­mi­ne del­la guer­ra, che l’Italia, come sape­te, fos­se dive­nu­ta cobel­li­ge­ran­te e aves­se quin­di assun­to, rispet­to ai qua­si nuo­vi allea­ti ingle­si ed ame­ri­ca­ni, il dirit­to e dove­re di giu­di­ca­re o con­se­gna­re i cri­mi­na­li di guer­ra.

Era un pro­ble­ma aper­to e biso­gna­va capi­re come cele­bra­re que­sti pro­ces­si, ma intan­to i fasci­co­li rela­ti­vi a tut­ti i cri­mi­ni di guer­ra era­no sta­ti accen­tra­ti pres­so un orga­no cen­tra­le, la Pro­cu­ra Gene­ra­le pres­so il Tri­bu­na­le Supre­mo, che ave­va sede a Roma, che ave­va rac­col­to così tut­te le noti­zie che man mano afflui­va­no e che dove­va­no ser­vi­re per i pro­ces­si che si dove­va­no apri­re.

C’era però anche il pro­ble­ma dei cri­mi­na­li di guer­ra ita­lia­ni.

Fini­ta la guer­ra, i pro­ces­si ai gene­ra­li ita­lia­ni che ave­va­no com­mes­so cri­mi­ni all’estero, cri­mi­ni di guer­ra in Gre­cia, in Alba­nia, in Rus­sia, in Etio­pia e Libia e in tut­ti i Pae­si occu­pa­ti, sem­pli­ce­men­te non furo­no giu­di­ca­ti.

Fu isti­tui­ta una Com­mis­sio­ne che si chia­ma­va “Com­mis­sio­ne Casa­ti” dal nome dell’esponente poli­ti­co che la pre­sie­de­va, Com­mis­sio­ne che tirò in lun­go fin­ché si arri­vò alla fine degli anni ‘40; e così accad­de che i gene­ra­li non furo­no né pro­ces­sa­ti in Ita­lia, né con­se­gna­ti ai vari Pae­si, Gre­cia, Rus­sia, Alba­nia ed Etio­pia che li ave­va­no richie­sti.

Tra il 1950 e il 1951 fu chiu­so tut­to.

Ricor­do anche un epi­so­dio mol­to espli­ca­ti­vo: nel mar­zo 1945 sta­va per aprir­si, a Roma, il pro­ces­so, uno dei pochi che in qual­che modo – si era alla fine del­la guer­ra – dove­va ini­zia­re, quel­lo al gene­ra­le Mario Roat­ta, che era sta­to il prin­ci­pa­le respon­sa­bi­le dei cri­mi­ni dell’esercito ita­lia­no – allea­to all’epoca di quel­lo tede­sco – con­tro civi­li nei Bal­ca­ni.

Pochi gior­ni pri­ma dell’apertura del pro­ces­so, pro­ba­bil­men­te con l’aiuto dei Ser­vi­zi segre­ti mili­ta­ri, il gene­ra­le Roat­ta scap­pò dal­la pri­gio­ne in cui si tro­va­va a Roma e si rifu­giò in Spa­gna, dove c’era un regi­me “ami­co”, quel­lo del gene­ra­le Fran­co, e ove poi rima­se tran­quil­la­men­te a vive­re per oltre ven­ti anni.

Si chiu­se così il capi­to­lo dei man­ca­ti pro­ces­si ai gene­ra­li ita­lia­ni. Aggiun­go una rifles­sio­ne: non giu­di­ca­re i nostri cri­mi­na­li e nel con­tem­po non con­se­gnar­li al Pae­se dove ave­va­no com­mes­so cri­mi­ni e quin­di deci­de­re di evi­tar­ne la puni­zio­ne, face­va nel­lo stes­so tem­po per­de­re il dirit­to di chie­de­re in con­se­gna dal­la Ger­ma­nia fede­ra­le i cri­mi­na­li nazi­sti. Anzi, face­va capi­re che non si vole­va fare né l’una né l’altra cosa.

Ma tor­nia­mo ai pro­ces­si non cele­bra­ti con­tro i cri­mi­na­li nazi­sti e cioè i fasci­co­li occul­ta­ti nell’Armadio.

Come si è arri­va­ti e per­ché si è volu­to arri­va­re a prov­ve­di­men­ti del gene­re? Ad “archi­via­zio­ni prov­vi­so­rie” desti­na­te a dura­re per sem­pre? Que­sto è uno dei temi prin­ci­pa­li anche del libro di Danie­le Biac­ches­si.

I ver­ti­ci del­la Magi­stra­tu­ra mili­ta­re cer­ta­men­te non adot­ta­ro­no quei prov­ve­di­men­ti per loro deci­sio­ne auto­no­ma, ma su input e sug­ge­ri­men­to poli­ti­co.

Biso­gna infat­ti ricor­da­re che la Magi­stra­tu­ra mili­ta­re dell’epoca era, nel suo più alto ver­ti­ce, nomi­na­ta dal Con­si­glio dei Mini­stri e ave­va una strut­tu­ra rigi­da­men­te gerar­chi­ca, non era quin­di indi­pen­den­te ma anzi dipen­de­va dal Mini­ste­ro del­la Dife­sa.

Così pro­prio per que­sta strut­tu­ra lega­ta al mon­do poli­ti­co e for­te­men­te gerar­chi­ca sono sta­ti più faci­li ed indo­lo­ri prov­ve­di­men­ti come quel­li di cui stia­mo par­lan­do.

La Pro­cu­ra Gene­ra­le pres­so il Tri­bu­na­le Supre­mo fece il pro­prio “dove­re”: occul­tò i fasci­co­li, fece quel­lo che per­ce­pi­va come l’aspettativa espli­ci­ta o impli­ci­ta dei gover­ni, soprat­tut­to quel­li for­ma­ti­si dal 1947 in poi dopo l’estromissione dei par­ti­ti di sini­stra.

L’idea di cele­bra­re un uni­co gran­de pro­ces­so, rela­ti­vo a tut­ti i cri­mi­ni com­mes­si dai nazi­sti in Ita­lia era del resto pre­sto sfu­ma­ta per­ché, con l’insorgere del­la guer­ra fred­da, era venu­to meno l’interesse da par­te degli Allea­ti ad apri­re un con­ten­zio­so con quel­lo che sta­va diven­tan­do il nuo­vo allea­to, cioè la Ger­ma­nia Fede­ra­le in via di inse­ri­men­to nel­la NATO e le cui for­ze arma­te pote­va­no esse­re inglo­ba­te nel qua­dro del siste­ma difen­si­vo da quel­lo che era visto come il “nuo­vo nemi­co”, cioè il comu­ni­smo sovie­ti­co.

Nel libro, Biac­ches­si cita un illu­mi­nan­te car­teg­gio inter­cor­so nel 1956, non mol­to tem­po pri­ma del­le archi­via­zio­ni prov­vi­so­rie, tra il Mini­stro degli Este­ri Gae­ta­no Mar­ti­no e il Mini­stro del­la Dife­sa Emi­lio Tavia­ni. Il pri­mo scri­ve che richie­de­re alla Ger­ma­nia l’estradizione dei cri­mi­na­li nazi­sti avreb­be cau­sa­to “una sfa­vo­re­vo­le impres­sio­ne” per­ché la Ger­ma­nia sta­va rico­struen­do pro­prio in que­gli anni le sue For­ze Arma­te di cui “la NATO recla­ma con impa­zien­za l’allestimento”.

Il mini­stro Tavia­ni nel­la sua rispo­sta “con­cor­da pie­na­men­te”. Più chia­ro di così.

A que­sto pun­to il “gran­de pro­ces­so” non sareb­be più sta­to cele­bra­to ma la Pro­cu­ra Gene­ra­le Mili­ta­re dispo­ne­va di tut­ti i fasci­co­li. È asso­lu­ta­men­te ovvio, non c’è biso­gno di esse­re stu­den­ti o lau­rea­ti in giu­ri­spru­den­za, per capi­re quel­lo che avreb­be dovu­to fare: pren­de­re i fasci­co­li uno per uno per e man­dar­li nel­le sedi com­pe­ten­ti per ter­ri­to­rio dove dove­va­no svol­ger­si i pro­ces­si, la Pro­cu­ra di Tori­no, quel­la di Vero­na, quel­la di La Spe­zia e così via e cioè invia­re cia­scun fasci­co­lo rela­ti­vo ad ogni cri­mi­ne avve­nu­to in Ita­lia nel­la sua sede natu­ra­le ove com­ple­ta­re le inda­gi­ni e por­ta­re a giu­di­zio i respon­sa­bi­li.

Inve­ce i fasci­co­li sono sta­ti tut­ti trat­te­nu­ti a Roma e il 14 gen­na­io 1960 archi­via­ti “prov­vi­so­ria­men­te”, prov­vi­so­rie­tà che dure­rà qua­si 35 anni, sino al ritro­va­men­to del 1994.

Richia­mo la vostra atten­zio­ne su un pun­to impor­tan­te: la Pro­cu­ra Gene­ra­le Mili­ta­re pres­so il Tri­bu­na­le Supre­mo non ave­va, nem­me­no in base al siste­ma giu­di­zia­rio mili­ta­re dell’epoca, il pote­re di archi­via­re. Per­ché il pote­re di archi­via­zio­ne spet­ta­va – sicu­ra­men­te chi leg­ge di un po’ di pro­ces­si ha memo­riz­za­to que­sto dato – al Giu­di­ce Istrut­to­re fino alla rifor­ma, ed ades­so al GIP, il Giu­di­ce per le Inda­gi­ni Pre­li­mi­na­ri.

La Pro­cu­ra Gene­ra­le Mili­ta­re era quin­di del tut­to incom­pe­ten­te e ha adot­ta­to prov­ve­di­men­ti che altro non pos­so­no defi­nir­si se non come asso­lu­ta­men­te ille­ga­li.

E per di più alcu­ni fasci­co­li ebbe­ro stra­ni movi­men­ti. Ne cito sola­men­te uno che è ampia­men­te trat­ta­to anche in un capi­to­lo del libro e riguar­da un even­to che a Mila­no non è sta­to dimen­ti­ca­to: la stra­ge di Piaz­za­le Lore­to del 10 ago­sto 1944, in cui, su ordi­ne del Coman­do tede­sco ma con mate­ria­li ese­cu­to­ri mili­ti del­la Guar­dia Nazio­na­le Repub­bli­ca­na e del­la Bri­ga­ta “Muti”, furo­no fuci­la­ti in Piaz­za­le Lore­to quin­di­ci anti­fa­sci­sti pre­le­va­ti dal car­ce­re di San Vit­to­re.

Bene, il fasci­co­lo rela­ti­vo a que­sta stra­ge era sta­to già com­ple­ta­men­te istrui­to dagli Allea­ti. In par­ti­co­la­re l’efficiente Spe­cial Inve­sti­ga­tion Branch ingle­se già nel ’45 ave­va inter­ro­ga­to mili­ta­ri tede­schi, ita­lia­ni, inter­pre­ti, dat­ti­lo­gra­fe, guar­die car­ce­ra­rie; c’era asso­lu­ta­men­te scrit­to tut­to. C’era un pac­co di atti assai alto, sul­la base dei qua­li si pote­va chia­ra­men­te pro­ce­de­re subi­to, sen­za nes­su­na dif­fi­col­tà, con­tro i respon­sa­bi­li.

Uno di que­sti era il capi­ta­no Theo Sae­vec­ke, capo del­la Poli­zia di Sicu­rez­za tede­sca a Mila­no.

Que­sto fasci­co­lo rima­se par­cheg­gia­to per ven­ti anni. Ad un cer­to pun­to in Ger­ma­nia si sco­prì che  Theo Sae­vec­ke era sta­to assun­to, con un ruo­lo impor­tan­te, nel Mini­ste­ro dell’Interno; era diven­ta­to un fun­zio­na­rio del­la Poli­zia tede­sca di un cer­to ran­go.

Però era cir­co­la­ta nel mon­do del­la stam­pa tede­sca anche la noti­zia che Sae­vec­ke ave­va com­mes­so gra­vi cri­mi­ni duran­te la guer­ra e le auto­ri­tà tede­sche era­no sta­te costret­te a chie­de­re noti­zie al nostro gover­no.

Vi furo­no una serie di pas­sag­gi buro­cra­ti­ci, dall’Ambasciata ita­lia­na al Mini­ste­ro degli Este­ri, da que­sto al Mini­ste­ro del­la Dife­sa. Il Mini­ste­ro del­la Dife­sa inter­pel­lò la Pro­cu­ra Gene­ra­le Mili­ta­re chie­den­do se si sape­va qual­che cosa di cri­mi­ni com­mes­si in Ita­lia dal cap. Sae­vec­ke.

Il fasci­co­lo allo­ra esce dall’armadio, sia­mo nel 1963, vie­ne riguar­da­to un momen­to, le noti­zie che ven­go­no for­ni­te alle auto­ri­tà del­la Ger­ma­nia Fede­ra­le sono elu­si­ve e pra­ti­ca­men­te inu­ti­li e poi il fasci­co­lo tor­na nell’armadio. Un dop­pio occul­ta­men­to quin­di.

Quan­to avve­nu­to è vera­men­te inquie­tan­te. Se pen­sia­mo soprat­tut­to al fat­to che quan­do, nel 1994, si vol­le vera­men­te esa­mi­na­re i fasci­co­li per smi­star­li alle Pro­cu­re ter­ri­to­ria­li che pote­va­no e dove­va­no con­dur­re le inda­gi­ni, bastò pochis­si­mo – per­ché il fasci­co­lo era già pron­to – per cer­ca­re dove Sae­vec­ke vives­se, giu­di­car­lo in pri­mo e secon­do gra­do e con­dan­nar­lo infi­ne all’ergastolo.

E così è avve­nu­to e Sae­vec­ke – in con­tu­ma­cia per­ché duran­te il pro­ces­so è rima­sto in Ger­ma­nia – è sta­to con­dan­na­to all’ergastolo per l’eccidio di Piaz­za­le Lore­to.

Ma se il pro­ces­so fos­se sta­to fat­to ven­ti o tren­ta anni pri­ma non solo lui ma tut­ti gli altri respon­sa­bi­li, i gene­ra­li e gli alti uffi­cia­li suoi supe­rio­ri, che coman­da­va­no la piaz­za di Mila­no sareb­be­ro sta­ti sicu­ra­men­te giu­di­ca­ti col­pe­vo­li con lui di que­sto gra­vis­si­mo ecci­dio.

Pri­ma di con­clu­de­re biso­gna rispon­de­re alle doman­de più impor­tan­ti che sono sta­te poste.

Ci si è chie­sti, ovvia­men­te, per­ché ciò sia avve­nu­to: cer­to anche per­ché era­no sta­ti sot­trat­ti alla puni­zio­ne i gene­ra­li ita­lia­ni. Se l’Italia non puni­va i suoi cri­mi­na­li, non pote­va, di con­se­guen­za, chie­de­re in con­se­gna dal­la Ger­ma­nia Fede­ra­le i cri­mi­na­li nazi­sti, era una sor­ta di rinun­zia impli­ci­ta. Que­sta è una ragio­ne e un mec­ca­ni­smo per­ver­so che si è for­ma­to nel­la cor­ni­ce poli­ti­ca dell’inizio del­la guer­ra fred­da in cui l’amico è diven­ta­to il nemi­co e vice­ver­sa.

Ma una del­le pos­si­bi­li cau­se, anco­ra, del­la rimo­zio­ne del­la giu­sti­zia alme­no per alcu­ni cri­mi­na­li, è il ruo­lo che alcu­ni di essi ave­va­no rico­per­to dopo la guer­ra.

Si è sco­per­to – gra­zie al Free­dom Infor­ma­tion Act, la leg­ge che ha reso pub­bli­ci negli Sta­ti Uni­ti i docu­men­ti anche del perio­do suc­ces­si­vo alla 2ª guer­ra mon­dia­le – che Theo Sae­vec­ke, dopo il 1945,  oltre a diven­ta­re fun­zio­na­rio del­la Poli­zia tede­sca  – e già que­sto non è poco – era sta­to reclu­ta­to dai Ser­vi­zi di Sicu­rez­za ame­ri­ca­ni, ave­va un suo nome in codi­ce, si chia­ma­va Caba­nio, e svol­ge­va un’azione infor­ma­ti­va anti­co­mu­ni­sta  in Ger­ma­nia per con­to degli Ame­ri­ca­ni.

E que­sto dice mol­to sul moti­vo per cui alcu­ni ex nazi­sti non furo­no puni­ti: cer­to chi vie­ne reclu­ta­to  non può esse­re usa­to come agen­te di spio­nag­gio se vie­ne mes­so in car­ce­re. Deve esse­re lascia­to libe­ro di agi­re per­chè è dive­nu­to uti­le a nuo­vi e deter­mi­na­ti inte­res­si.

E que­sto feno­me­no ha toc­ca­to non solo Sae­vec­ke, ma anche altri per­so­nag­gi di spic­co come il mag­gio­re Karl Hass che è sta­to con­dan­na­to, insie­me a Erich Prie­b­ke, per la stra­ge del­le Fos­se Ardea­ti­ne.

Karl Hass, reclu­ta­to in Austria, era dive­nu­to, sin dal 1946, un agen­te dei Ser­vi­zi Segre­ti ame­ri­ca­ni.

Lo ha con­fes­sa­to lui stes­so quan­do è sta­to indi­vi­dua­to negli anni ‘90.

Duran­te le inda­gi­ni che ho con­dot­to sul­la ever­sio­ne di destra e sul­la stra­ge di piaz­za Fon­ta­na, ero infat­ti anda­to a cer­ca­re anche i docu­men­ti che lo riguar­da­va­no e nel fasci­co­lo di Hass che abbia­mo tro­va­to nell’archivio dei nostri Ser­vi­zi Segre­ti, c’era una pigna di docu­men­ti sull’attività che ave­va svol­to per gli Ame­ri­ca­ni, per mol­ti anni, pri­ma di anda­re in pen­sio­ne. Era anche in con­tat­to con il Mini­ste­ro degli Inter­ni ita­lia­no ed era sta­to inca­ri­ca­to di appron­ta­re una “rea­zio­ne” nel caso in cui nel 1948 il Fron­te Popo­la­re di sini­stra aves­se vin­to le ele­zio­ni.

Con­clu­do sull’argomento. Karl Hass, pri­ma di esse­re sco­per­to – o risco­per­to – come com­pli­ce di Prie­b­ke per la stra­ge del­le Fos­se Ardea­ti­ne, vive­va tran­quil­la­men­te in Lom­bar­dia nel­la sua vil­let­ta ed era ormai un dop­pio pen­sio­na­to per­ché era pen­sio­na­to del­le SS e pen­sio­na­to dei Ser­vi­zi ame­ri­ca­ni. Quin­di ave­va pro­prio fat­to car­rie­ra, nono­stan­te tut­to.

Con­clu­den­do: ci si è chie­sto qua­le sia sta­to il sen­so di que­sti pro­ces­si e se sia sta­to giu­sto ria­prir­li.

Io cre­do che nes­su­no cer­ta­men­te si pones­se come obiet­ti­vo prin­ci­pa­le quel­lo di met­te­re in car­ce­re i respon­sa­bi­li, ormai mol­to anzia­ni, di que­sti ecci­di. Cre­do che que­sto inte­res­sas­se vera­men­te poco.

Non è que­sto il fine per cui la magi­stra­tu­ra dopo la sco­per­ta dell’Armadio ha ripre­so a muo­ver­si.

Le vere fina­li­tà, inve­ce, secon­do me sono altre.

Pri­ma di tut­to il signi­fi­ca­to di que­sti pro­ces­si è sta­ta la pos­si­bi­li­tà di uno sma­sche­ra­men­to pub­bli­co dei col­pe­vo­li: pen­sia­mo alla per­so­na che ha dato di sé, per decen­ni, un’im­ma­gi­ne rispet­ta­bi­le, che è sta­to maga­ri fun­zio­na­rio di Poli­zia come Sae­vec­ke e che ha vis­su­to tran­quil­la­men­te con la fama di uomo per­be­ne, che fa rispet­ta­re le leg­gi. È giu­sto che que­sti cri­mi­na­li del­la “por­ta accan­to” sia­no sta­ti inve­ce sma­sche­ra­ti dinan­zi all’o­pi­nio­ne pub­bli­ca del loro Pae­se e del nostro Pae­se come assas­si­ni di don­ne e bam­bi­ni qua­li sono sta­ti.

E que­sto secon­do me è il pun­to essen­zia­le. Lo sma­sche­ra­men­to pub­bli­co e il fat­to che sia sta­to pos­si­bi­le usci­re dal silen­zio.

E altret­tan­to impor­tan­te è che le sen­ten­ze pro­nun­zia­te dopo che è sta­to pos­si­bi­le ria­pri­re i pro­ces­si rela­ti­vi ad alcu­ni fasci­co­li dell’Armadio del­la ver­go­gna, san­ci­sca­no tut­te il prin­ci­pio giu­ri­di­co fon­da­men­ta­le che i respon­sa­bi­li non pote­va­no avan­za­re in alcun modo la giu­sti­fi­ca­zio­ne di aver obbe­di­to ad ordi­ni. Era­no sem­mai quel­li che gli ordi­ni li dava­no.

E un altro effet­to impor­tan­te dei pro­ces­si che sono sta­ti ria­per­ti è l’aiuto che han­no dato al recu­pe­ro del­la memo­ria per le comu­ni­tà che sono sta­te mar­to­ria­te e dimen­ti­ca­te.

I com­po­nen­ti del­la Com­mis­sio­ne, all’inizio dei lavo­ri, pro­prio per ren­der­si con­to dei luo­ghi, han­no visi­ta­to il monu­men­to di com­me­mo­ra­zio­ne e il Museo Sto­ri­co di Sant’Anna di Staz­ze­ma. È uno dei più impor­tan­ti costi­tui­ti dai soprav­vis­su­ti di una stra­ge nazi­fa­sci­sta e ha un per­cor­so didat­ti­co che può esse­re segui­to anche dagli stu­den­ti, con un mate­ria­le foto­gra­fi­co e docu­men­ta­le note­vo­le e con una ste­le e un ossa­rio in ricor­do di que­gli even­ti.

Que­sti luo­ghi di incon­tro e di com­me­mo­ra­zio­ne con­sen­to­no, per le comu­ni­tà col­pi­te, che non si per­da la memo­ria e che anche tut­te le gene­ra­zio­ni che non han­no diret­ta­men­te vis­su­to que­ste tra­ge­die pos­sa­no ricor­da­re que­gli even­ti.

E se riflet­tia­mo, i fat­ti di cui si è occu­pa­ta la Com­mis­sio­ne e i fat­ti di stra­ge che sono avve­nu­ti in Ita­lia negli anni ‘70 da piaz­za Fon­ta­na in poi sono lega­ti un po’ da un uni­co filo: dal­lo stes­so modo di con­ce­pi­re il rap­por­to fra lo Sta­to ed i cit­ta­di­ni, cit­ta­di­ni che lo Sta­to non ha tute­la­to ma anzi ha accet­ta­to che fos­se­ro sacri­fi­ca­ti e dimen­ti­ca­ti.

In tut­ti que­sti casi è sta­ta sacri­fi­ca­ta la vita dei cit­ta­di­ni e la veri­tà per inte­res­si altrui. Dall’Armadio del­la ver­go­gna alle stra­gi del­la stra­te­gia del­la ten­sio­ne di cui mi sono occu­pa­to vi è sta­ta la tra­gi­ca scel­ta di sta­bi­liz­za­re equi­li­bri inter­na­zio­na­li e comun­que man­te­ne­re un cer­to qua­dro poli­ti­co e isti­tu­zio­na­le che non dove­va­no esse­re asso­lu­ta­men­te modi­fi­ca­ti da pro­ces­si e inda­gi­ni che pote­va­no dare fasti­dio.

Vi è quin­di un filo che col­le­ga i cri­mi­ni avve­nu­ti nell’ultima fase del­la guer­ra e il loro occul­ta­men­to e gli avve­ni­men­ti qua­si del­lo stes­so segno, i ten­ta­ti­vi di col­po di Sta­to e le stra­gi, avve­nu­ti negli anni ‘60 e ’70, ogget­to di altret­tan­ti occul­ta­men­ti e depi­stag­gi. Io cre­do che pos­sia­mo com­pren­de­re, anche pen­san­do a que­sto nes­so, che la sto­ria d’Italia non è una sto­ria di miste­ri che non han­no né padri né col­pe­vo­li, ma è una sto­ria di veri­tà tra­gi­che che gra­zie al lavo­ro dei magi­stra­ti, al lavo­ro del­le Com­mis­sio­ni par­la­men­ta­ri e oggi gra­zie al libro di Danie­le Biac­ches­si, che dovreb­be esse­re let­to in tut­te le scuo­le, sia­mo ormai in gra­do di leg­ge­re pie­na­men­te.

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