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Agosto
30 Agosto 2023

LE PARO­LE CHE NON SAN­NO PIÙ STAR FER­ME

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Non ci fidia­mo più di quel­lo che vedia­mo, ascol­tia­mo e – soprat­tut­to – leg­gia­mo. Que­sto feno­me­no è un vele­no che sta intos­si­can­do poco a poco la vita per­so­na­le, socia­le e poli­ti­ca di tut­ti noi. La demo­cra­zia non fun­zio­na più se i cit­ta­di­ni per­do­no fidu­cia nel­le paro­le dei rap­pre­sen­tan­ti poli­ti­ci e del­le isti­tu­zio­ni del­lo Sta­to. Il dibat­ti­to pub­bli­co s’inceppa e si bloc­ca se non dia­mo più cre­di­to ai ‘redat­to­ri’ del­la demo­cra­zia, come gli intel­let­tua­li, i media e gli orga­ni­smi indi­pen­den­ti. La cri­si di fidu­cia s’insinua per­si­no nel­la vita quo­ti­dia­na. Qual­che anno fa, nes­su­no si sareb­be sogna­to, di ritor­no da una visi­ta medi­ca, di veri­fi­ca­re se la dia­gno­si e le medi­ci­ne pre­scrit­te dal dot­to­re era­no giu­ste. Eppu­re oggi un con­trol­li­no su inter­net è abba­stan­za comu­ne, qua­si irre­si­sti­bi­le. Insom­ma, non ci fidia­mo più del­la paro­la di nes­su­no.

L’analisi e i ter­mi­ni che ave­te appe­na let­to sono di Miguel Madu­ro, un acca­de­mi­co e giu­ri­sta di cui vi assi­cu­ro ci pos­sia­mo fida­re, se non altro per­ché pre­sie­de il con­si­glio ese­cu­ti­vo dell’Euro­pean Digi­tal Media Obser­va­to­ry (tro­va­te una bre­ve sin­te­si del suo pen­sie­ro su que­sti temi qui, a par­ti­re da 1:56:21). Il discor­so di Madu­ro è assai più ampio del bre­ve inter­ven­to che si tro­va dall’altra par­te del link e indi­ca mol­te­pli­ci ragio­ni per la situa­zio­ne descrit­ta sopra. Una che tro­vo par­ti­co­lar­men­te azzec­ca­ta la pos­sia­mo chia­ma­re ‘deli­rio tra­co­tan­te’. L’accesso a una quan­ti­tà ster­mi­na­ta di dati, sostie­ne Madu­ro, pro­du­ce in mol­ti di noi il con­vin­ci­men­to che non vi sia dif­fe­ren­za fra infor­ma­zio­ne e cono­scen­za. Ecco per­ché ci sen­tia­mo tito­la­ti a met­te­re in discus­sio­ne quel­lo che dice il dot­to­re.

Lascio ora a malin­cuo­re le tesi di Madu­ro che ci han­no per­mes­so di inqua­dra­re con pre­ci­sio­ne la que­stio­ne per il resto del per­cor­so. Ci tro­via­mo quin­di di fron­te a una cri­si di fidu­cia gene­ra­liz­za­ta. Que­sta mia nota vuo­le avan­za­re l’ipotesi che una del­le sue cau­se è lega­ta al sup­por­to mate­ria­le sul qua­le ci arri­va la mag­gior par­te del­le infor­ma­zio­ni che rice­via­mo quo­ti­dia­na­men­te – lo scher­mo. Per la pre­ci­sio­ne, dipen­de dal fat­to che la tec­no­lo­gia del­lo scher­mo riscri­ve le rego­le che le paro­le scrit­te e stam­pa­te han­no sem­pre rispet­ta­to incon­tran­do i let­to­ri.

Vedre­mo più avan­ti in che modo la paro­la digi­ta­le riscri­ve le rego­le del gio­co. Ora occor­re aggiun­ge­re tre glos­se in gran fret­ta. La pri­ma è che, ovvia­men­te, lo scher­mo digi­ta­le non ser­ve sola­men­te per leg­ge­re, anzi lo usia­mo sem­pre di più per guar­da­re imma­gi­ni fis­se e in movi­men­to. Ma sic­co­me il tema di que­sta nota è il con­fron­to fra paro­le stam­pa­te e digi­ta­li, con­vie­ne con­cen­trar­si su que­sta azio­ne.

La secon­da glos­sa è che cer­ti svi­lup­pi tec­no­lo­gi­ci recen­ti ci indu­co­no a dubi­ta­re del­la veri­tà non solo del­le paro­le ma anche dei segni di altro tipo. Tut­ti pos­sia­mo mani­po­la­re o crea­re di sana pian­ta imma­gi­ni fis­se e in movi­men­to con gran­de faci­li­tà. L’immagine qui sot­to, ad esem­pio, è sta­ta pro­dot­ta da un siste­ma di intel­li­gen­za arti­fi­cia­le seguen­do il sog­get­to e lo sti­le di un cele­bre dipin­to di Van Gogh.

Infi­ne, ter­za glos­sa, non dimen­ti­chia­mo­ci che le cose pos­so­no cam­bia­re sen­za pre­av­vi­so. Maga­ri fra un po’ di tem­po gli scher­mi ver­ran­no affian­ca­ti o rim­piaz­za­ti da viso­ri per la real­tà vir­tua­le e da impian­ti neu­ra­li. Ma per ora le cose stan­no così.

 

Fat­ta chia­rez­za su que­sti pun­ti, pos­sia­mo ripren­de­re il discor­so. Lo scher­mo è il sup­por­to che ci dà acces­so alla scrit­tu­ra digi­ta­le. Leg­ge­re que­ste paro­le o quel­le stam­pa­te sul­la car­ta è la stes­sa cosa oppu­re ci sono del­le dif­fe­ren­ze? Uno stu­dio del­la fon­da­zio­ne Lui­gi Einau­di pre­sen­ta­to a luglio 2023 rispon­de a que­sta doman­da (Il valo­re impre­scin­di­bi­le di car­ta e pen­na nei pro­ces­si di appren­di­men­to). Lo stu­dio sostie­ne che pas­sa­re trop­po tem­po allo scher­mo non sia esat­ta­men­te una buo­na idea. La pra­ti­ca vie­ne col­le­ga­ta alla «cre­scen­te e dif­fu­sa inca­pa­ci­tà di com­pren­sio­ne dei testi, [a]l defi­cit di empa­tia e [al]la dif­fi­col­tà nel distin­gue­re i fat­ti dal­le opi­nio­ni» (Car­ta e Pen­na, p. 5). I ricer­ca­to­ri del­la fon­da­zio­ne Einau­di non par­la­no a van­ve­ra. Cia­scu­no di que­sti effet­ti è cor­ro­bo­ra­to da pub­bli­ca­zio­ni scien­ti­fi­che più o meno recen­ti. La Sta­van­ger Decla­ra­tion, per esem­pio, par­la gene­ral­men­te di un «effet­to di infe­rio­ri­tà del­lo scher­mo» (Car­ta e Pen­na, p. 13).

Altri effet­ti di ordi­ne socia­le e poli­ti­co sono altret­tan­to seri. Alcu­ne ricer­che ripor­ta­te dal­lo stu­dio sta­bi­li­sco­no che usa­re rego­lar­men­te lo scher­mo per leg­ge­re con­tri­bui­sce al «decli­no del sen­so di empa­tia», aggiun­gen­do che «hate speech e feno­me­ni sem­pre più inquie­tan­ti di bul­li­smo, ali­men­ta­ti anche dal siste­ma degli algo­rit­mi che faci­li­ta­no la for­ma­zio­ne di came­re dell’eco e che spin­go­no alla radi­ca­liz­za­zio­ne dei pro­pri con­vin­ci­men­ti, sono gli epi­fe­no­me­ni di que­sta gra­ve emor­ra­gia di com­pe­ten­ze e che ha un costo socia­le inso­ste­ni­bi­le» (Car­ta e Pen­na, p. 27).

Occor­re sot­to­li­nea­re il ter­mi­ne ‘epi­fe­no­me­ni’. A rigor di logi­ca, que­ste distor­sio­ni socia­li, di cui ho scrit­to anch’io su Ātman nel ciclo “Com­pa­gna dell’impero” (pri­ma, secon­da e ter­za par­te), non dipen­do­no in modo essen­zia­le dal fat­to che pas­sia­mo sem­pre meno tem­po sul­le pagi­ne stam­pa­te e sem­pre più tem­po davan­ti allo scher­mo. Se, per esem­pio, il tem­po per lo scher­mo non dimi­nuis­se ma potes­si­mo cor­reg­ge­re gli algo­rit­mi dei gigan­ti digi­ta­li, le cose andreb­be­ro già meglio. Tut­ta­via la migra­zio­ne di mas­sa del­le paro­le dal­la pagi­na allo scher­mo ha pre­pa­ra­to il ter­re­no per le erbac­ce che rischia­no di sof­fo­ca­re la casa dei segni nel­la qua­le tut­ti vivia­mo.

Per capi­re l’effetto che lo scher­mo digi­ta­le pro­du­ce sul­le paro­le e sul­la let­tu­ra ci dob­bia­mo rivol­ge­re a Wal­ter Ong e al suo Ora­li­ty and Lite­ra­cy: The Tech­no­lo­gi­zing of the Word (Rou­tled­ge, Lon­don and New York. 1982. Edi­zio­ne ita­lia­na: Ora­li­tà e scrit­tu­ra: Le tec­no­lo­gie del­la paro­la. Il Muli­no, Bolo­gna. 2014). In que­sto sag­gio clas­si­co, Ong sostie­ne che l’in­ven­zio­ne del­la scrit­tu­ra e del­la stam­pa ha rior­ga­niz­za­to la coscien­za del­la nostra spe­cie. Nel cor­so del tem­po, que­ste tec­no­lo­gie ci han­no gra­dual­men­te por­ta­to da una moda­li­tà di pen­sie­ro e di espres­sio­ne domi­na­ta dal sen­so dell’udito a una moda­li­tà diver­sa, domi­na­ta dal sen­so del­la vista. La stam­pa più del­la scrit­tu­ra ha con­sen­ti­to agli esse­ri uma­ni di osser­va­re la rap­pre­sen­ta­zio­ne del pro­prio pen­sie­ro come si guar­da una cosa che fa par­te del mon­do ester­no e ciò ha svi­lup­pa­to, fra mol­ti altri effet­ti, il pen­sie­ro astrat­to e ana­li­ti­co e la pre­ci­sio­ne tipi­ca del discor­so scien­ti­fi­co e acca­de­mi­co. «Expla­na­to­ry exa­mi­na­tion of phe­no­me­na or of sta­ted tru­ths is impos­si­ble without wri­ting and rea­ding» (Ong 1982: 8–9).

Quan­do Ong pub­bli­cò que­ste for­mi­da­bi­li intui­zio­ni, il pri­mo PC dell’IBM ave­va un anno di vita e un dif­fu­so siste­ma di scrit­tu­ra era il Lanier model­lo 103 rap­pre­sen­ta­to nell’immagine.

 

In que­sti quarant’a anni, lo svi­lup­po del­la tec­no­lo­gia, l’imporsi dei gigan­ti digi­ta­li e l’uso che abbia­mo fat­to dei loro pro­dot­ti han­no mesco­la­to i ter­mi­ni del discor­so su ora­li­tà e scrit­tu­ra come si fa con le car­te da gio­co alla fine del­la par­ti­ta. Il pro­ble­ma è che la par­ti­ta digi­ta­le attual­men­te in cor­so sta cor­ro­den­do dal­l’in­ter­no le strut­tu­re di pen­sie­ro che, gra­zie alla scrit­tu­ra, si sono for­ma­te nel­la men­te uma­na nel cor­so di ses­san­ta seco­li.

Abbia­mo visto sopra che le paro­le scrit­te e stam­pa­te seguo­no cer­te rego­le quan­do incon­tra­no i let­to­ri. A mio avvi­so, una del­le rego­le fon­da­men­ta­li è rias­sun­ta in que­sta fra­se: “All script repre­sen­ts words as in some way things, quie­scent objec­ts, immo­bi­le marks for assi­mi­la­tion by vision” (Ong 1982: 91). La fis­si­tà del­le paro­le scrit­te è una di quel­le rego­le che defi­ni­sco­no il gio­co, ana­lo­ga­men­te a quel­la che dice che a tre­set­te devi gio­ca­re una car­ta del­lo stes­so seme. Se non rispet­ti quel­la rego­la, non è più tre­set­te. La paro­la scrit­ta, soprat­tut­to quel­la stam­pa­ta, è fis­sa e defi­ni­ti­va. È que­sta la rego­la a cui sia­mo abi­tua­ti quan­do leg­gia­mo ed è que­sto il gio­co che ci aspet­tia­mo.

 

Le paro­le digi­ta­li che ci appa­io­no dal­lo scher­mo sov­ver­to­no que­sta rego­la di fon­do per­ché, in linea di prin­ci­pio, pos­so­no sem­pre esse­re spo­sta­te, modi­fi­ca­te o can­cel­la­te con faci­li­tà. Sono sem­pre sul pun­to di sva­ni­re. Cer­to, sono mol­ti e inge­gno­si i ten­ta­ti­vi di immo­bi­liz­za­re e ren­de­re defi­ni­ti­vi i fug­ge­vo­li bit che ani­ma­no i nostri dispo­si­ti­vi – fili­gra­na digi­ta­le, col­le­ga­men­ti per­ma­nen­ti, bloc­k­chain e altro – ma sono di effi­ca­cia varia­bi­le e par­zia­le. Per non par­la­re del­la fra­gi­li­tà del mon­do digi­ta­le stes­so. Una tem­pe­sta sola­re di poten­za suf­fi­cien­te can­cel­le­reb­be tut­ti i dati dagli archi­vi ma lasce­reb­be i libri e i gior­na­li indi­stur­ba­ti (fon­te). Insom­ma, la stes­sa tec­no­lo­gia che riem­pie lo scher­mo di paro­le, le con­dan­na a un desti­no di pre­ca­rie­tà.

Que­sta è una vio­la­zio­ne mol­to gra­ve del­le rego­le tra­di­zio­na­li del­la scrit­tu­ra, non deve sor­pren­de­re quin­di che abbia con­se­guen­ze altret­tan­to gra­vi sul rap­por­to che le paro­le digi­ta­li instau­ra­no con il let­to­re. In appa­ren­za, le paro­le digi­ta­li si pre­sen­ta­no sul­lo scher­mo così come le paro­le stam­pa­te si pre­sen­ta­no sul­la car­ta: ben alli­nea­te una die­tro l’altra e dispo­ste ordi­na­ta­men­te nel­lo spa­zio. Spes­so, anche in vir­tù di que­sta super­fi­cia­le somi­glian­za, pro­met­to­no al let­to­re di ave­re la stes­sa natu­ra pro­fon­da del­le paro­le stam­pa­te, ovve­ro di esse­re rap­pre­sen­ta­zio­ni fis­se e in sta­to di quie­te alle qua­li pos­sia­mo tor­na­re in futu­ro ogni vol­ta che voglia­mo. Ma abbia­mo visto che que­sta è una pro­mes­sa che la scrit­tu­ra digi­ta­le non può man­te­ne­re. La pre­ca­rie­tà pro­du­ce inaf­fi­da­bi­li­tà.

L’inaffidabilità del­le paro­le digi­ta­li assu­me diver­se for­me. A vol­te è un effet­to dell’algoritmo, come i mes­sag­gi di Twit­ter che è mol­to dif­fi­ci­le ritro­va­re già pochi minu­ti dopo aver­li visti per la pri­ma vol­ta. In altri casi, l’evanescenza diven­ta una carat­te­ri­sti­ca pro­pria del pro­dot­to, come le foto di Sna­p­chat che sva­ni­sco­no dopo non più di 10 secon­di. Quest’ultima solu­zio­ne ha il van­tag­gio di esse­re intel­li­gen­te e one­sta, per­ché dice la veri­tà sull’incostanza dei segni digi­ta­li e non ci fa nes­su­na pro­mes­sa da mari­na­io.

Que­ste sono situa­zio­ni spe­cia­li. Nel­la mag­gior par­te dei casi, alme­no nel­la mia espe­rien­za di uten­te, le cose van­no diver­sa­men­te. Gli scher­mi tra­boc­ca­no di ten­ta­ti­vi di miti­ga­re, mini­miz­za­re e spaz­za­re sot­to il tap­pe­to la pre­ca­rie­tà e l’inaffidabilità del­le paro­le che vi tro­via­mo. A vol­te affer­ma­no diret­ta­men­te il con­tra­rio – ovve­ro ci men­to­no.

Pen­sia­mo alla com­pa­gnia aerea che aumen­ta il prez­zo del volo se tor­ni sul suo sito di pre­no­ta­zio­ni una secon­da vol­ta e che mostra solo due posti libe­ri – affret­ta­ti ad acqui­sta­re! – men­tre all’amico che sta pre­no­tan­do lo stes­so volo dal­la stan­za accan­to dice che ne resta­no die­ci. Que­ste scher­ma­te vio­la­no nasco­sta­men­te le rego­le del­la scrit­tu­ra. Quel­le che sem­bra­no due copie iden­ti­che, come sono sem­pre le copie di un libro che esce dal­la tipo­gra­fia, sono inve­ce pro­dot­ti diver­si di un algo­rit­mo che gira sen­za sosta.

Il col­le­ga­men­to sal­va­to fra i pre­fe­ri­ti che non fun­zio­na più, per fare un altro esem­pio, è una pro­mes­sa non man­te­nu­ta così irri­tan­te per noi uten­ti che i siti com­mer­cia­li fan­no di tut­to per dora­re la pil­lo­la.

 

Ma la que­stio­ne – come tut­te le gran­di que­stio­ni semio­ti­che – è di ordi­ne gene­ra­le. Le paro­le che appa­io­no sui nostri scher­mi non ce la fan­no a star fer­me come le paro­le stam­pa­te sul­la car­ta. Ci pro­va­no, ma pro­prio non ce la fan­no. A vol­te fan­no fin­ta di nien­te. Altre vol­te ti giu­ra­no il con­tra­rio, che le puoi ritro­va­re iden­ti­che e nel­lo stes­so posto quan­do vuoi. Ma non gli pos­sia­mo cre­de­re con la stes­sa fidu­cia che accor­dia­mo alle paro­le dei libri. Han­no vio­la­to una rego­la fon­da­men­ta­le del gio­co. Per­ché allo­ra pren­der­le sul serio? Mi sem­bra natu­ra­le che la gen­te non si fidi di una scrit­tu­ra che non fa pro­mes­se e se le fa non le man­tie­ne. Que­sta rot­tu­ra del pat­to mil­le­na­rio fra paro­le scrit­te e let­to­ri, secon­do me, con­tri­bui­sce a crea­re l’ef­fet­to di infe­rio­ri­tà del­lo scher­mo e ad aggra­va­re la cri­si di fidu­cia gene­ra­liz­za­ta che osser­via­mo.

PS Gustia­mo­ci insie­me l’ironia che que­sta nota com­pa­re su una rivi­sta che è sola­men­te digi­ta­le. Spe­ria­mo che la tem­pe­sta sola­re aspet­ti anco­ra un po’ pri­ma di col­pi­re….

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