《La coscienza di un uomo è il suo bene più prezioso, peccato che gli uomini non se ne rendano conto》. Recita così una delle battute più incisive di Drusilla Foer in Cattiva Coscienza, l’ultimo film di Davide Minnella in sala dal 19 luglio. Il film, che già dal titolo svela il cuore della trama, ha un intento provocatorio perché vuole《metterci a confronto con le nostre coscienze e la nostra etica》, come dichiara più volte lo stesso regista.
D’altronde, il termine coscienza indica generalmente la consapevolezza che il soggetto ha di sé, dei propri pensieri e del proprio corpo. Indica anche l’insieme dei valori morali che permettono ad una persona di approvare (o disapprovare) le proprie azioni e quelle altrui, di sviluppare un senso del dovere e un interesse verso i problemi di carattere sociale. Dunque, stando a questa definizione, lo scopo della coscienza è quello di guidare al meglio l’essere umano, di aiutarlo a condurre la propria vita nel modo più giusto possibile.
Ma cosa succederebbe se questo non accadesse? Cosa succederebbe se nella vita di ognuno quest’importante vocina interiore scomparisse? È quello che si domanda Davide Minnella in questo suo terzo film, presentato in anteprima alla 69° edizione del Taormina Film Festival.
Si tratta di una commedia romantica mescolata ad elementi fantastici, un progetto divertente ma allo stesso tempo estremamente profondo che fornisce a Minnella l’occasione per mettersi alla prova. Egli infatti non solo ha la possibilità di dirigere un cast d’eccezione — Francesco Scianna, Matilde Gioli, Filippo Scicchitano, Caterina Guzzanti, Beatrice Grannò e Gianluca Gori (in arte Drusilla Foer) — ma lo fa in modo anticonvenzionale: inventa un mondo totalmente nuovo, quasi eidetico, chiamato “Mondo Altro”. Qui vivono miliardi di coscienze, tante quante ciascun abitante del pianeta, il cui compito è quello di dirigere le loro azioni, consigliarli durante le scelte difficili ed allontanarli quanto più possibile dalle situazioni eticamente scorrette.
Tra esse ce n’è una che detiene addirittura un primato: si tratta di Otto (Francesco Scianna), la coscienza migliore d’Italia stando alla classifica stilata dal presidente del Mondo Altro (Drusilla Foer in versione ologramma). I meriti di Otto sono relativi alla condotta di Filippo (Filippo Scicchitano), il suo “protetto”, che sulla Terra gode di una vita perfetta proprio perché rispetta fedelmente ogni singolo consiglio: egli è un avvocato di successo, vive una relazione stabile da sette anni e sta per sposarsi. Tuttavia persino una vita da sogno come questa, desiderata da chiunque al giorno d’oggi, nasconde delle crepe profonde, tali da farla implodere da un momento all’altro. Ed è quello che accade nel momento in cui Otto si distrae per pochi minuti, provocando un corto circuito che frantuma tutte le certezze di Filippo.
Ad aggravare la situazione sarà l’incontro con Valentina (Matilde Gioli), una ragazza incasinata dalla condotta caotica, ribelle tanto quanto la sua coscienza Dodici (interpretata dalla Guzzanti). A questo punto l’ipocrita patina di perfezione viene definitivamente distrutta, gettando i due protagonisti maschili nel caos della vita vera e costringendoli ad uscire dalla rigida comfort zone in cui si erano rifugiati. Costretti a rivedere le proprie priorità morali, si ritrovano in un’assurda circostanza che induce persino la coscienza migliore a infrangere le regole nel tentativo di fare la cosa giusta. Saranno proprio queste situazioni paradossali a mostrare quanto sia complesso il mondo comportamentale umano, sempre in bilico tra razionalità e sentimento, imprigionato in rigidi schemi universali che non tengono conto del carattere relativo della stessa moralità.
Cattiva Coscienza — nonostante l’ambientazione fantasy -dipinge una realtà non poi così lontana da quella attuale, dove ciascuno di noi è disposto a tutto pur di ottenere risultati eccellenti, carriere di successo o relazioni invidiabili. Ambizioni, queste, che a lungo andare si trasformano in prigioni mentali, soffocanti standard sempre più irraggiungibili nonostante gli sforzi fatti. Una sensazione fin troppo ricorrente tra i giovani della Gen Z: costretti a rientrare nei rigidi parametri proposti dalla società, costretti ad omologare i propri progetti a quelli dei molti — dal finire l’università per tempo al diventare genitori sotto i 40 anni — per non rischiare di essere additati come coloro che hanno “fallito” la missione della vita.
Il film di Minnella, tramite le vicende di Filippo, cerca proprio di denunciare l’irrazionale pretesa della perfezione e di dimostrare invece quanto sia liberatorio uscire dagli schemi, anche sbagliando ma vivendo delle proprie scelte.
Noi della redazione di Ātman Journal abbiamo intervistato Caterina Guzzanti al Taormina Film Festival dove, insieme ad altri film, Cattiva Coscienza è stato proiettato in anteprima.
Il ruolo della coscienza Dodici (12000818 per l’esattezza) a cui hai dato vita è qualcosa che si sposa con il tuo carattere in qualche modo? Anche perchè si tratta di un personaggio piuttosto ribelle, come ti sei sentita nei suoi panni?
Guarda io interpreto questa coscienza che è diversa dalle altre, che ha da ridire. Protesta perché non è contenta del metodo con cui vengono premiate le coscienze, dato che assegna loro un punteggio in base al comportamento dei loro umani sulla terra. Un punteggio però non esattamente così preciso, d’altronde come si fa ad assegnarlo? C’è un libro da seguire? Ci sono delle regole? No. In questo la mia coscienza è molto diversa e, sì, mi somiglia un po’. È più materna e montessoriana in un certo senso perché crede che “sbagliando s’impara” e bisogna lasciare chi cresce libero di fare da solo.
Tu con la tua coscienza, quella vera intendo, che rapporto hai?
La mia coscienza purtroppo non è una semplice vocina che mi “dice cosa fare”, la vedo più come un coro di gente perché acchiappa le opinioni di tutti. Credo che le coscienze a volte siano costruite dalle opinioni altrui e non soltanto dal proprio senso che ti dice ciò che è giusto o sbagliato fare.
Una domanda off topic, dopo Boris la tua esperienza sui set e la tua carriera d’attrice sono cambiate in qualche maniera? Hai un modo diverso di viverti il set rispetto ai film precedenti?
Vedo il set in maniera molto diversa, ma soprattutto ho un rapporto con le troupe di tutti i set molto più diretto. In ogni set c’è qualcuno che mi vede ancora come aiuto regista e per lui/lei resto sempre Arianna.
Un’ultima domanda: in futuro cosa hai in mente di fare? Abbiamo visto che stai conducendo un nuovo progetto a teatro La Scoria Infinita, ti va di parlamene?
La Scoria Infinita è un reading tratto dal libro della mia amica Arianna Gaudio, che stimo molto perché ha una straordinaria capacità di scrittura, sintesi e critica delle vicende che incontra sul suo tragitto e che, di conseguenza, trascrive. Sono tutti aneddoti e dialoghi rubati alla vita quotidiana, ci divertiamo molto a farlo e saremo in tournée per quest’estate.