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Settembre
24 Settembre 2025

IL CAR­CE­RE NON TI VEDE

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Vor­rei chie­de­re alla guar­dia se c’è il sole in pri­gio­ne. 
Ma se poi mi rispon­de di no?

Emmy Hen­nings
Pri­gio­ne

Sia­mo abi­tua­ti a pen­sa­re al car­ce­re come a un’istituzione immu­ta­bi­le, che è sem­pre esi­sti­ta e che per sem­pre esi­ste­rà, di cui per­ciò non pos­sia­mo fare a meno. L’abitudine di rin­chiu­de­re uomi­ni  e don­ne — poche, come vedre­mo poi – come puni­zio­ne per aver com­mes­so un rea­to è rela­ti­va­men­te recen­te. Nel pri­mo Medioe­vo veni­va­no uti­liz­za­te pre­va­len­te­men­te le pene pecu­nia­rie, gra­dual­men­te sosti­tui­te da pene cor­po­ra­li e dal­la pena capi­ta­le (Rusche & Kirch­hei­mer 1978). I luo­ghi per allon­ta­na­re le per­so­ne dal­la socie­tà esi­ste­va­no, ma la loro fun­zio­ne era più che altro pre­ven­ti­va, in atte­sa del­la defi­ni­zio­ne del­la col­pe­vo­lez­za. La pri­va­zio­ne del­la liber­tà non era una san­zio­ne di per sé, e per assi­ste­re a que­sto muta­men­to dob­bia­mo aspet­ta­re il 1600, quan­do la strut­tu­ra socia­le ed eco­no­mi­ca comin­cia a cam­bia­re, e pove­ri e men­di­can­ti ini­zia­no a esse­re per­se­gui­ti per la loro ‘impro­dut­ti­vi­tà’ e disci­pli­na­ti al lavo­ro all’interno di isti­tu­zio­ni chiu­se. Nasco­no le hou­ses of cor­rec­tion e le wor­khou­ses pri­ma in Inghil­ter­ra e poi in Olan­da (Melos­si & Pava­ri­ni 1977). Il siste­ma è sem­bra­to con­vin­cen­te, da lì ha ini­zia­to a pro­li­fe­ra­re e da allo­ra non ha mai smes­so di cre­sce­re in qua­si ogni par­te del mon­do. 

Il pen­sie­ro illu­mi­ni­sta si è sca­glia­to con­tro la tor­tu­ra e la pena di mor­te, in Occi­den­te abbia­mo assi­sti­to al pro­gres­si­vo abban­do­no del­le puni­zio­ni cor­po­ra­li in favo­re di un’idea di pena più mite, rispet­to­sa del­la digni­tà e dei dirit­ti uma­ni. A distan­za di oltre due seco­li pos­sia­mo dir­ce­lo: il car­ce­re non è poi così uti­le, né inso­sti­tui­bi­le, come sia­mo por­ta­ti a cre­de­re. 

I siste­mi peni­ten­zia­ri varia­no a secon­da di geo­gra­fie, cul­tu­re e dirit­ti pena­li diver­si. Rac­con­ta­re del car­ce­re in Ita­lia, per com’è oggi, può aiu­tar­ci ad apri­re diver­si filo­ni di ragio­na­men­to, par­ten­do dai temi che più fre­quen­te­men­te ven­go­no trat­ta­ti dai media, par­lan­do dei suoi abi­tan­ti e cer­can­do di inda­ga­re quel­le cate­go­rie che con sem­pre mag­gio­re fre­quen­za sono col­pi­te dal siste­ma pena­le. Per poi pro­va­re a chie­der­ci, alla fine, se for­se non dovrem­mo assu­mer­ci anche noi un po’ di respon­sa­bi­li­tà in que­sta sto­ria.

Sovraf­fol­la­men­to di cor­pi, fram­men­ta­zio­ne del tem­po

Del car­ce­re in Ita­lia si dice spes­so che è sovraf­fol­la­to, si par­la di nume­ri, si ana­liz­za­no i gra­fi­ci di incre­men­to, si com­pa­ra­no le per­cen­tua­li. La situa­zio­ne attua­le è la seguen­te: al 31 luglio 2025 era­no dete­nu­te 62.569 per­so­ne a fron­te di una capien­za rego­la­men­ta­re di 51.300, anche se i posti vera­men­te dispo­ni­bi­li si aggi­ra­no intor­no ai 45mila

La dif­fe­ren­za tra capien­za rego­la­men­ta­re ed effet­ti­va dispo­ni­bi­li­tà è data dai posti che esi­sto­no sul­la car­ta, ma che per qual­che moti­vo pos­so­no esse­re ina­gi­bi­li per inter­ven­ti di ristrut­tu­ra­zio­ne, incen­di, mal­fun­zio­na­men­to degli impian­ti. Del­le per­so­ne pre­sen­ti, il 31,5% sono stra­nie­re, men­tre le don­ne sono 2.712 e rap­pre­sen­ta­no il 4,3% dell’intera popo­la­zio­ne dete­nu­ta.

Il sovraf­fol­la­men­to è un tema ricor­ren­te nel discor­so pub­bli­co quan­do si par­la di car­ce­re, e cicli­ca­men­te è uno dei più uti­liz­za­ti dai media per par­la­re del­la vita nei peni­ten­zia­ri. Sen­tia­mo anco­ra cita­re la sen­ten­za Tor­reg­gia­ni, emes­sa nel 2013 dal­la Cor­te Euro­pea dei Dirit­ti Uma­ni, con la qua­le l’Italia è sta­ta con­dan­na­ta per la vio­la­zio­ne siste­ma­ti­ca dell’art. 3 del­la Con­ven­zio­ne. La Tor­reg­gia­ni è sta­ta una sen­ten­za cosid­det­ta pilo­ta, non ha cioè deci­so in meri­to a un caso spe­ci­fi­co – il ricor­so del signor Mino Tor­reg­gia­ni e di altri set­te com­pa­gni di deten­zio­ne, in que­sto caso – ma ha valu­ta­to che era­no mol­te le per­so­ne sot­to­po­ste a trat­ta­men­ti inu­ma­ni e degra­dan­ti solo per il fat­to di tro­var­si all’interno di un isti­tu­to peni­ten­zia­rio, i cui spa­zi di agi­bi­li­tà nel­le cel­le era­no infe­rio­ri ai 3 metri qua­dri. È pas­sa­to oltre un decen­nio e gli stru­men­ti mes­si in atto allo­ra per ridur­re il nume­ro del­le pre­sen­ze han­no smes­so di pro­dur­re effet­ti, ci stia­mo pau­ro­sa­men­te riav­vi­ci­nan­do alla soglia limi­te e nel frat­tem­po, lun­gi dal met­te­re in atto prov­ve­di­men­ti deflat­ti­vi, il nostro codi­ce pena­le si è gon­fia­to di nuo­vi rea­ti e sono aumen­ta­te le pene per rea­ti già esi­sten­ti. 

Quan­do sen­tia­mo par­la­re di sovraf­fol­la­men­to è scon­ta­to che ci ven­ga­no in men­te gli spa­zi. Cosa vuol dire, in una stan­za pen­sa­ta per una per­so­na, inse­ri­re altri due pia­ni di let­ti a castel­lo? A chi toc­ca in sor­te il let­to più in alto, ha spa­zio suf­fi­cien­te tra la sua fac­cia e il sof­fit­to? Cosa signi­fi­ca man­gia­re sedu­ti sul let­to, o fare a tur­no, per­ché non ci sono abba­stan­za sedie per tut­ti? E come dev’essere sta­re chiu­si in die­ci in una stan­za dal­le 18 alle 8 quan­do fuo­ri fan­no 40 gra­di? E ave­re un solo bagno, sen­za nem­me­no la doc­cia? E l’odore, chis­sà qual è l’odore che pro­du­ce la som­ma di quei cor­pi. 

Lo spa­zio è rile­van­te, non c’è dub­bio, e anche quan­do hai la pos­si­bi­li­tà di veder­lo, e rie­sci a pro­va­re a imma­gi­nar­lo, se non lo vivi è mol­to dif­fi­ci­le capir­lo. Il tem­po inve­ce sì, a quel­lo pos­sia­mo arri­var­ci anche se non lo pro­via­mo sul­la nostra pel­le. A una cre­sci­ta del­la popo­la­zio­ne dete­nu­ta non equi­va­le un aumen­to dell’organico, quin­di i fun­zio­na­ri giu­ri­di­co peda­go­gi­ci – un tem­po chia­ma­ti edu­ca­to­ri – devo­no segui­re più fasci­co­li, sta­re die­tro ai tem­pi dei tri­bu­na­li, alle rela­zio­ni di sin­te­si, alle esi­gen­ze indi­vi­dua­li. I medi­ci devo­no visi­ta­re, pre­scri­ve­re, moni­to­ra­re, gli infer­mie­ri pas­sa­re con il car­rel­lo del­la tera­pia, gli agen­ti di poli­zia peni­ten­zia­ria devo­no apri­re por­te, can­cel­li, accom­pa­gna­re, sor­ve­glia­re. Quan­do par­lia­mo di sovraf­fol­la­men­to inten­dia­mo un inte­ro siste­ma in sof­fe­ren­za, par­lia­mo di tem­pi ine­si­sten­ti per fare ciò che andreb­be fat­to per ognu­no, di visi­te medi­che annul­la­te per man­can­za di scor­ta, di pato­lo­gie che si aggra­va­no, di istan­ze che non ven­go­no invia­te, di oppor­tu­ni­tà lavo­ra­ti­ve ester­ne che ven­go­no per­se. Par­lia­mo del fat­to che l’articolo 27 del­la Costi­tu­zio­ne, quel­lo in cui si dice che “le pene non pos­so­no con­si­ste­re in trat­ta­men­ti con­tra­ri al sen­so di uma­ni­tà e devo­no ten­de­re alla rie­du­ca­zio­ne del con­dan­na­to”, è car­ta strac­cia, per­ché quei per­cor­si rie­du­ca­ti­vi di cui si par­la coin­vol­go­no effet­ti­va­men­te una par­te mini­ma di tut­te le per­so­ne che entra­no nel siste­ma. 

Il car­ce­re non è solo cor­pi gli uni sopra gli altri, il car­ce­re diven­ta lot­ta per acca­par­rar­si le poche risor­se dispo­ni­bi­li. Se per­di, diven­ti invi­si­bi­le. Il car­ce­re non ti vede, non fa nem­me­no in tem­po ad accor­ger­si che sei pas­sa­to tra le sue brac­cia. 

Allo­ra può suc­ce­de­re che per­di la vita, muo­ri per incu­ria o muo­ri per­ché non ce la fai più. 

I sui­ci­di del­le per­so­ne dete­nu­te sono uno degli altri gran­di temi di cui sen­tia­mo spes­so par­la­re. Al 10 ago­sto 2025 i sui­ci­di in car­ce­re sono sta­ti 53, nel cor­so del 2024 sono sta­ti 91, il nume­ro più alto da quan­do si è ini­zia­to a regi­strar­lo. È impos­si­bi­le defi­ni­re le moti­va­zio­ni che stan­no die­tro a ognu­no di que­sti gesti, quel­lo che sap­pia­mo però è che in car­ce­re ci si toglie la vita tra le diciot­to e le ven­ti vol­te in più del­la media del­la popo­la­zio­ne libe­ra. È un dato tal­men­te enor­me che, a pre­scin­de­re dal­la pos­si­bi­le scel­ta indi­vi­dua­le, non si può sot­ta­ce­re la respon­sa­bi­li­tà dell’istituzione all’interno del­la qua­le que­sto feno­me­no avvie­ne con una così incre­di­bi­le fre­quen­za. Dei sui­ci­di in car­ce­re però sap­pia­mo alcu­ne cose: avven­go­no nei pri­mi mesi di deten­zio­ne, ma anche all’approssimarsi del fine pena; acca­do­no più spes­so in isti­tu­ti sovraf­fol­la­ti e all’interno di sezio­ni a regi­me chiu­so; non c’è par­ti­co­la­re dif­fe­ren­za tra per­so­ne ita­lia­ne e stra­nie­re; la con­di­zio­ne di fra­gi­li­tà socia­le e di man­can­za di reti ester­ne è estre­ma­men­te rile­van­te. Guar­dan­do alle sta­ti­sti­che pub­bli­ca­te dall’ufficio del Garan­te nazio­na­le dei dirit­ti del­le per­so­ne pri­va­te del­la liber­tà per­so­na­le tro­via­mo una tabel­la con le moti­va­zio­ni dei sui­ci­di. Tra una sfil­za di cam­pi che ripor­ta­no la dici­tu­ra “non rile­va­to” accan­to a età, data dell’evento, car­ce­re di pro­ve­nien­za e nazio­na­li­tà, ne tro­via­mo tre che ripor­ta­no una moti­va­zio­ne diver­sa: scon­for­to. 

Un’altra doman­da che dob­bia­mo far­ci allo­ra è: ma chi sono que­ste per­so­ne che vivo­no in car­ce­re? 

Iden­ti­kit degli abi­tan­ti

Un’altra idea ben radi­ca­ta, che ser­ve a legit­ti­ma­re l’istituzione peni­ten­zia­ria e ad autoas­sol­ver­ci, è che il car­ce­re sia pie­no di mafio­si, pedo­fi­li, stu­pra­to­ri e assas­si­ni. Se tut­te e tut­ti noi aves­si­mo la pos­si­bi­li­tà di entra­re e par­la­re con le per­so­ne dete­nu­te, ci ren­de­rem­mo con­to nel­lo spa­zio di poche ore di quan­to sia infon­da­ta que­sta nostra con­vin­zio­ne. Pro­via­mo, quin­di, a ragio­na­re per cate­go­rie. Qua­si 28mila per­so­ne sono in car­ce­re per vio­la­zio­ne del testo uni­co sugli stu­pe­fa­cen­ti, rap­pre­sen­tan­do uno dei mag­gio­ri moti­vi di ingres­so in isti­tu­to peni­ten­zia­rio, rea­ti spes­so cor­re­la­ti a quel­li con­tro il patri­mo­nio e con uno stret­to lega­me con l’utilizzo e l’abuso di sostan­ze. Nel 2023, le per­so­ne entra­te in car­ce­re con una dipen­den­za da sostan­ze sono sta­te il 38% del tota­le e da anni, in media, il 30% del­le per­so­ne dete­nu­te ha una dipen­den­za accer­ta­ta. Un altro tema fon­da­men­ta­le riguar­da la salu­te men­ta­le. Uno stu­dio del 2015 con­dot­to in nove regio­ni ita­lia­ne e che ha coin­vol­to 15mila per­so­ne dete­nu­te ha rile­va­to come le pato­lo­gie lega­te alla salu­te men­ta­le sia­no le più rap­pre­sen­ta­ti­ve tra tut­te le pato­lo­gie pre­sen­ti all’interno degli isti­tu­ti, con oltre il 40% di casi regi­stra­ti. Del nume­ro del­le per­so­ne stra­nie­re abbia­mo già det­to, e le con­di­zio­ni pri­ma elen­ca­te si intrec­cia­no con pre­ca­rie­tà abi­ta­ti­va, eco­no­mi­ca e socia­le, con vul­ne­ra­bi­li­tà e man­can­za di rela­zio­ni ester­ne. 

Que­ste cate­go­rie non devo­no ovvia­men­te esse­re som­ma­te tra loro, l’intersezionalità è par­ti­co­lar­men­te pre­sen­te in car­ce­re, dove in una sin­go­la per­so­na pos­so­no esse­re pre­sen­ti varie con­di­zio­ni, che inter­se­can­do­si rischia­no di pro­dur­re ulte­rio­re mar­gi­na­liz­za­zio­ne e discri­mi­na­zio­ne. Non pos­sia­mo quin­di non fare un focus sul­le don­ne in car­ce­re.

Il lato fem­mi­ni­le del­la deten­zio­ne 

Le don­ne in car­ce­re rap­pre­sen­ta­no una par­te estre­ma­men­te resi­dua­le del­la popo­la­zio­ne dete­nu­ta, in un siste­ma che è prin­ci­pal­men­te pen­sa­to e gesti­to da uomi­ni per uomi­ni. Non c’è spa­zio per la dif­fe­ren­za e per le diver­se esi­gen­ze che una don­na espri­me all’interno dell’istituzione: neces­si­tà igie­ni­che, di cura del cor­po, una mag­gio­re dif­fi­col­tà di adat­ta­men­to alla pri­va­zio­ne del­la liber­tà. Le rego­le di Ban­g­kok pub­bli­ca­te nel 2010 dall’Assemblea Gene­ra­le del­le Nazio­ni Uni­te for­ni­sco­no del­le indi­ca­zio­ni per il trat­ta­men­to del­le don­ne autri­ci di rea­to, ed evi­den­zia­no come “biso­gna tener con­to del­le esi­gen­ze pecu­lia­ri del­le don­ne dete­nu­te” (The Ban­g­kok Rules 2010, 4), chie­den­do che ven­ga­no indi­vi­dua­te il più pos­si­bi­le solu­zio­ni alter­na­ti­ve all’incarcerazione. Oltre allo stig­ma che accom­pa­gna chiun­que entri in con­tat­to con il car­ce­re, e che spes­so ne impe­di­sce il rein­se­ri­men­to aumen­tan­do la reci­di­va, nume­ro­si stu­di inter­na­zio­na­li evi­den­zia­no come la com­mis­sio­ne del cri­mi­ne, nel­le mag­gior par­te del­le don­ne, sia stret­ta­men­te cor­re­la­to con vis­su­ti di vio­len­za psi­co­lo­gi­ca, fisi­ca ed eco­no­mi­ca spe­ri­men­ta­ti nel cor­so del­la vita. La vit­ti­miz­za­zio­ne fisi­ca e ses­sua­le non gio­ca un ruo­lo solo nei per­cor­si cri­mi­na­li, ma ha anche un evi­den­te impat­to sul­la salu­te fisi­ca e men­ta­le, con­tri­buen­do all’emersione di com­por­ta­men­ti a rischio come l’utilizzo o l’abuso di sostan­ze e psi­co­far­ma­ci. In Ita­lia esi­sto­no pochi stu­di su que­sto, e nes­su­no a livel­lo siste­mi­co. La man­can­za di dati e ricer­che è un limi­te all’implementazione di solu­zio­ni e pro­gram­mi per soste­ne­re i per­cor­si del­le don­ne in ese­cu­zio­ne pena­le, che spes­so a cau­sa del loro vis­su­to si tro­va­no a esse­re anco­ra più iso­la­te e ad ade­ri­re con mag­gio­re dif­fi­col­tà alle atti­vi­tà pro­po­ste negli isti­tu­ti peni­ten­zia­ri. Il nostro siste­ma pena­le ha la ten­den­za a leg­ge­re la spe­ci­fi­ci­tà fem­mi­ni­le in car­ce­re solo attra­ver­so il bino­mio don­na-madre, con­tri­buen­do ad accre­sce­re gli ste­reo­ti­pi e ad ave­re uno sguar­do fal­sa­to sul­la real­tà del­la popo­la­zio­ne dete­nu­ta fem­mi­ni­le. D’altronde, non si può igno­ra­re come figlie e figli di per­so­ne in car­ce­re – si sti­ma cir­ca 60mila in Ita­lia – viva­no gli effet­ti dele­te­ri del­la deten­zio­ne dei pro­pri geni­to­ri, aven­do acces­so solo a un’ora di col­lo­quio e a die­ci minu­ti di tele­fo­na­ta alla set­ti­ma­na. Ven­go­no chia­ma­te vit­ti­me dimen­ti­ca­te, l’impatto che l’incarcerazione di una figu­ra di rife­ri­men­to può ave­re sul­la cre­sci­ta di que­sti mino­ri non è anco­ra sta­to suf­fi­cien­te­men­te inda­ga­to. In ulti­mo, non pos­sia­mo igno­ra­re i bam­bi­ni che pos­so­no esse­re dete­nu­ti fino ai tre anni di età insie­me alle madri. Anche se que­sto feno­me­no ha subi­to un note­vo­le calo negli ulti­mi anni, pas­san­do da una media di ses­san­ta don­ne con bam­bi­ni fino alle quat­tor­di­ci del 31 luglio 2025, risul­ta incom­pren­si­bi­le come anco­ra oggi non si rie­sca­no a tro­va­re solu­zio­ni alter­na­ti­ve per col­lo­ca­re mino­ri che vivo­no una fase così deli­ca­ta del pro­prio svi­lup­po cir­con­da­ti da sbar­re, can­cel­li e divi­se. 

Pen­sa­re di poter­ne fare a meno

Come dice Gwé­no­la Ricor­deau — socio­lo­ga mili­tan­te fem­mi­ni­sta e abo­li­zio­ni­sta pena­le — la pre­do­mi­nan­te deten­zio­ne maschi­le impat­ta comun­que sul­le don­ne in quan­to madri, mogli e com­pa­gne di uomi­ni in car­ce­re, ver­so i qua­li sus­si­sto­no com­pi­ti di cura, spes­so mol­to gra­vo­si. C’è da chie­der­si allo­ra, in un siste­ma che impri­gio­na pre­va­len­te­men­te le fasce più debo­li del­la popo­la­zio­ne, se non sia pos­si­bi­le imma­gi­na­re altri siste­mi per occu­par­si di quel­le che sem­bra­no più que­stio­ni socia­li, che pro­ble­mi cri­mi­na­li. Uti­liz­za­re la car­ta del­la repres­sio­ne per affron­ta­re la mar­gi­na­li­tà ha sicu­ra­men­te un for­te impat­to nel bre­ve perio­do, soprat­tut­to dal pun­to di vista del con­sen­so rac­col­to dal­la clas­se poli­ti­ca quan­do, di fron­te a un pro­ble­ma, si ema­na­no decre­ti che aumen­ta­no a dismi­su­ra rea­ti e pene. La fal­sa sen­sa­zio­ne di sicu­rez­za che deri­va da que­sti prov­ve­di­men­ti ha sicu­ra­men­te una rica­du­ta sul­la per­ce­zio­ne pub­bli­ca, ma sia­mo trop­po poco abi­tua­ti a chie­der­ci quan­to que­sti sia­no vera­men­te effi­ca­ci. Il car­ce­re come “disca­ri­ca socia­le” (Mar­ga­ra 2015, 10), inte­so come il luo­go in cui con­fi­nia­mo tut­ti colo­ro che non voglia­mo ave­re intor­no, per­ché ci distur­ba­no e ci fan­no pau­ra, ci dà solo l’illusione di esse­re fuo­ri peri­co­lo. Le per­so­ne che fini­sco­no in car­ce­re tor­na­no nel mon­do, in mez­zo a noi, e basta evo­ca­re il 68,5% di pro­ba­bi­li­tà di reci­di­va per ren­der­ci con­to che nel­la mag­gior par­te dei casi il tran­si­to den­tro un peni­ten­zia­rio non fa altro che resti­tuir­ci uomi­ni e don­ne che non han­no avu­to la pos­si­bi­li­tà di effet­tua­re un rea­le per­cor­so di rie­du­ca­zio­ne. Non pos­sia­mo più accon­ten­tar­ci di get­ta­re via gli esse­ri uma­ni ‘inde­si­de­ra­ti’ solo per­ché non abbia­mo la for­za di pre­ten­de­re garan­zia socia­li, rispet­to dei dirit­ti uma­ni e pro­te­zio­ne del­le fra­gi­li­tà. 

Guar­da­re il car­ce­re da vici­no ser­ve a que­sto, a con­sta­ta­re quan­to la caren­za di ser­vi­zi, risor­se e oppor­tu­ni­tà fuo­ri crei quel micro­co­smo di esclu­sio­ne che tro­via­mo den­tro. Sta tut­ta qui la nostra respon­sa­bi­li­tà, quel­la di pre­ten­de­re che non si adot­ti­no le solu­zio­ni più faci­li – che repri­mo­no, esclu­do­no, distrug­go­no vite – ma che si lavo­ri affin­ché si arri­vi a un sem­pre più equo acces­so alle risor­se e alle oppor­tu­ni­tà. Se lo sap­pia­mo guar­da­re, il car­ce­re ci mostra distin­ta­men­te cosa non fun­zio­na nel­le nostre socie­tà. Ed è per que­sto che riguar­da tut­te e tut­ti noi.   

Nota a mar­gi­ne.

I dati cita­ti con rife­ri­men­to tem­po­ra­le — ad esem­pio la media di ses­san­ta don­ne con bam­bi­ni fino alle quat­tor­di­ci del 31 luglio 2025 — sono pre­si dal­la sezio­ne sta­ti­sti­ca del Mini­ste­ro del­la Giu­sti­zia

Foto­gra­fia di Fede­ri­ca Coc­ci­ro

Biblio­gra­fia 

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Sito­gra­fia

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Mini­ste­ro del­la giu­sti­zia, Sta­ti­sti­ca: https://www.giustizia.it/giustizia/page/it/statistiche 

Tac­car­di, C. 2022. Note ai mar­gi­ni dei rap­por­ti tra deten­zio­ne fem­mi­ni­le e pre­gres­sa vit­ti­miz­za­zio­ne, anno XVII, n.2, Anti­go­ne : https://www.antigone.it/upload/Note_ai_margini…_detenzione_femminile_e_pregressa_vittimizzazione.pdf.

Uni­ted Nation Offi­ce on Drugs and Cri­me. 2010. The Ban­g­kok Ruleshttps://www.unodc.org/documents/justice-and-prison-reform/Bangkok_Rules_ENG_22032015.pdf .

Val­lin, A. Map­pa inte­rat­ti­va: sui­ci­di in car­ce­re dal 2002 al 2025. Dos­sier Mori­re in car­ce­re:  

http://www.ristretti.it/areestudio/disagio/ricerca/ 

https://www.ars.toscana.it/files/pubblicazioni/Volumi/2015/carcere_2015_definitivo.pdf 

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