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2 Aprile 2024

DOSSETTI E LA COSTITUZIONE DEI POVERI E DELLA PACE

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Giuseppe Dossetti ha incrociato quasi tutti i grandi eventi del ‘900: dall’avvento del fascismo nel suo farsi progressivamente regime fra la fine degli anni Venti e la crisi degli anni Trenta alla Seconda guerra mondiale che per tutta una generazione di cattolici ha rappresentato un evento periodizzante in grado di mutare la percezione rispetto al mondo precedente e, soprattutto, nei confronti degli assetti che avrebbe dovuto connotare la ripresa democratica del paese e dell’Europa. Dalla Resistenza cui partecipò da protagonista ma disarmato, dando testimonianza viva del dilemma di coscienza vissuto dai cattolici di fronte all’uso della violenza in un conflitto che assumeva sempre più i connotati di guerra civile, alla Costituente nella quale si spese con forza e creatività per la realizzazione di uno spazio politico nuovo per i cattolici italiani, per tutto il composito mondo ecclesiale e per rinnovare il patto fra cittadini e Stato.

Dall’esperienza nella Democrazia Cristiana in un rapporto complicato con De Gasperi sempre condotto nel rispetto personale, seppur portato su differenze profonde, nelle quali si manifestavano visioni diverse rispetto alla costruzione dello Stato e agli assetti sociali e politici del paese; al ritiro dalla vita politica determinata da considerazioni circa l’irrisolvibilità di alcuni nodi politici ed ecclesiali resi “rigidi” dalla progressiva divisione del mondo.

Dalle vicende della candidatura a Bologna come capolista DC — in obbedienza al volere del Cardinal Lercaro cui riconosceva una fondamentale paternità spirituale — in occasione delle elezioni amministrative del 1956 alla costruzione, paziente e appassionata, di una famiglia religiosa che progressivamente si veniva formando attorno alla lettura della Parola, quasi sine glossa. Dal Concilio, che rappresentò una sostanziale apertura di orizzonti nel quadro della promozione di una Chiesa povera e per i poveri a contatto con le Chiese orientali e con la modernità, fino alla dolorosa vicenda della rimozione di Lercaro dalla sede bolognese per la sua omelia contro la guerra in Vietnam e per un più deciso ruolo di testimonianza di pace da parte della Chiesa, che consequenzialmente fece maturare l’idea di trasferirsi, il più possibile permanentemente, in Medio oriente per stabilire la sua comunità laddove la Parola si era incarnata. E promuovere, quindi, un progetto di pace in una terra tormentata dalle tensioni e dalla guerra. Dal crollo del comunismo fino ai primi anni Novanta nei quali s’incrinavano equilibri internazionali e nazionali e nascevano nuovi fenomeni politici e sociali che mettevano in discussione la convivenza così come descritta dalla Costituzione e la stessa capacità della Chiesa di interloquire con originalità e novità con una società atomizzata e frammentata. Un periodo nel quale Dossetti si spese in una appassionata tutela del testo costituzionale che non si conformò come una sua difesa tout court, ma ebbe i caratteri della promozione dei valori che reggevano l’impalcatura alla Carta, proposti nella loro ineludibile validità per gli stessi assetti sociali, economici, politici e religiosi del Paese1.

Data questa sommaria descrizione di un percorso di vita così denso e ricco, occorre evidenziare come esistano dei multa genera dossettorum, come ha scritto Paolo Prodi2, coniando una definizione attraverso la quale descrive la poliedricità di un personaggio che ha conosciuto diverse fasi nella sua vita, all’insegna di un mutamento e un arricchimento continuo. In una tale riflessione di carattere generale vanno altresì individuati dei “punti ultimi”, suggerisce lo stesso Prodi, che disegnano alcuni nuclei di sostanziale continuità della vicenda dossettiana.

Innanzitutto, quel cantus firmus - soverchiato a volte da diverse sonorità ma che riappare costante — cui ha fatto cenno il nipote di Dossetti, don Giuseppe Dossetti jr3, individuato secondo i caratteri della lettura del Vangelo nella storia, e cioè nella relazione continua e feconda fra la Parola e le vicende delle persone, nelle loro sofferenze e contraddizioni. La storia, quella vera, non curiosa, non frantumata nella pura cronaca cui Dossetti fece cenno durante il discorso in occasione del conferimento dell’Archiginnasio d’oro da parte della città di Bologna all’inizio degli anni Ottanta, proponendo una tale definizione come narrazione delle vicende degli uomini e soprattutto come: «storia degli umili, dei poveri, dei piccoli, di coloro che non hanno “creatività” o sono impediti dall’esplicarla […] che sono dei “senza storia”»4.

Nel cammino da lui immaginato, secondo le coordinate di una vocazione che era preminentemente religiosa, si doveva essere testimoni di pace e di tolleranza, anche lungo quei confini così tragici che correvano attraverso regioni segnate dalla guerra e dalla violenza. Nelle motivazioni adottate dal Consiglio comunale bolognese per la concessione del già citato riconoscimento veniva evidenziato come l’intuizione di Dossetti avesse coinvolto, si legge: «due nodi cruciali delle condizione umana dei nostri tempi: la povertà e la pace»5.

Temi che ritroviamo, nella loro sostanza e in filigrana, anche negli interventi che egli tenne, con grande fatica, per le precarie condizioni di salute, all’inizio degli anni Novanta, di fronte alla vittoria elettorale di un centrodestra che sembrava mettere in discussione i caratteri fondamentali della Carta costituzionale generando una sperequazione sostanziale fra i cittadini nei loro bisogni essenziali. La sua fu una parola ferma, non ancorata ad una valorizzazione sic et simpliciter del passato, ma attenta nel considerare come il patto costituzionale, nella situazione nazionale e internazionale, andasse oltre il semplice dato legislativo e normativo. Molteplici furono gli inviti a generare un “patriottismo della Costituzione” contro quella che chiamava una “mitologia sostitutiva” della Carta affidata ad un altrettanto mitica sovranità popolare esperita attraverso l’uso non adeguato dello strumento referendario. Negava la possibilità di un nuovo potere costituente: «ciò non vuole avanzare la pretesa di bloccare il tempo, di fermare la storia: ma vuole dire che di fronte ai diritti già costituiti, ci può essere solo un potere che espande, perfeziona, garantisce ulteriormente i diritti stessi»6, disse a Milano nel 1995. L’importante, a suo giudizio, era garantire un equilibrio complessivo sulla base: «della diffusione del potere fra una pluralità di soggetti distinti»7. Solo in questo modo la democrazia avrebbe potuto essere veramente tale e i cittadini avrebbero potuto fare le proprie scelte coscientemente e in modo informato. La sua attenzione in special modo era però rivolta, nel quadro di questi interventi, ai più generali rivolgimenti che la fine degli equilibri della guerra fredda avrebbero determinato nel mondo. Per cui invitava tutti a riconsiderare molte delle proprie posizioni secondo un’ottica nuova che fosse all’altezza di quelli che definì i «rimescolii più totali» che si affacciavano all’orizzonte. E per tale motivo, disse: «Convocate delle giovani menti che siano predisposte per questo e che abbiano, oltre che l’intelligenza, il cuore, cioè lo spirito cristiano. Non cercate nella nostra generazione una risposta, noi siamo veramente solo dei sopravvissuti»8.

Dossetti riveste ancora, quindi, delle caratteristiche di interesse perché ha ragionato su alcune questioni ancora attuali (penso alla pace e alle riforme costituzionali) e lo ha fatto con originalità andando alle radici delle problematiche con cui si è trovato, a volte suo malgrado, ad interloquire. Il suo è un insegnamento ancora utile per l’oggi che ha come fondamento la necessità di un ripensamento prima personale e poi collettivo ma soprattutto l’esigenza di un approccio che vada al fondo dei problemi considerando la complessità della storia e il ruolo, fondamentale, nel suo percorso, dell’annuncio evangelico.

1 Sulla vicenda personale di Dossetti mi permetto rinviare al mio Giuseppe Dossetti. La politica come missione, Carocci, Roma 2023.

2 Cfr. P. Prodi, Diritto e storia in Giuseppe Dossetti, in Giuseppe Dossetti: la fede e la storia. Studi nel decennale della morte, a cura di A. Melloni, Il Mulino, Bologna 2007, p. 343.

3 Cfr. G. Dossetti jr, Introduzione, in G. Dossetti, Il Vangelo nella storia. Conversazioni 1993–1995, Paoline editoriale libri, Milano 2012, p. 9.

4 G. Dossetti, Discorso dell’Archiginnasio, in Id., La parola e il silenzio. Discorsi e scritti 1986–1995, Paoline editoriale libri, Milano 2005, p. 48.

5 Ivi, p. 58.

6 G. Dossetti, Il potere costituente, in Id., I valori della Costituzione, Edizioni San Lorenzo, Reggio Emilia 1995, p. 94.

7 G. Dossetti, Costituzione e riforme (Parma 26 aprile 1995), in ivi, p. 115.

8 G. Dossetti, Testimonianza su spiritualità e politica (luglio 1993), in Id., Scritti politici, G. Trotta a cura di, Marietti, Genova 1995, p. LIX.

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