Perché il costante aumento dei fenomeni metereologici estremi, i continui rapporti dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), gli appelli di migliaia di scienziati non suscitano ancora nella società civile e nella classe politica italiana un campanello d’allarme? Perché il dibattitto sull’ambiente in Italia è ancora relegato ai margini del nostro intelletto, quando invece dovrebbe essere il nostro primo rompicapo da risolvere? Credo che uno dei motivi principali stia nel fatto che la maggior parte dei cittadini italiani sia convinta che questi allarmismi ambientali siano del tutto eccessivi e lontani, a livello temporale e spaziale. Lo scetticismo che aleggia intorno alle previsioni dei più importanti ecologisti e meteorologi italiani einternazionali è del tutto irrazionale e privo di fondamento empirico. Certamente le condizioni della nostra penisola non sono ancora oggi paragonabili a quelle dell’isola pacifica di Tuvalu, la quarta nazione più piccola del mondo, ventisei chilometri quadrati e 11,500 abitanti, minacciata dall’aumento del livello del mare causato dallo scioglimento dei ghiacciai e dall’espansione termica delle acque che rischiano di sommergere completamente l’isola nei prossimi decenni. Ma sostenere che il riscaldamento climatico sia presente solo altrove e non qui, in Italia, offende profondamente migliaia di pescatori, agricoltori, alpinisti,guardie forestali, scienziati, insomma tutte quelle persone che nei decenni hanno assistito in prima persona a un cambiamento epocale che segna l’inizio di una nuova era geologica: l’Antropocene.
La misurazione della variazione dei parametri climatici nel tempo, detta anche “anomalia termica”, si basa sul confronto tra valori misurati in periodi di tempo determinati, come giorni, anni o decadi. I parametri principali che vengono utilizzati per la descrizione delle variazioni del clima sono le temperature (medie,minime e massime), sia sul mare che sulla terraferma, le precipitazioni (annuali, stagionali, mensili egiornaliere) e l’umidità relativa (Mezzalama 2021, 55). Attraverso l’accumulo di questi dati nel tempo è possibile constatare se effettivamente ci sono state delle anomalie climatiche rispetto al passato. Riscontrando questi dati nei decenni possiamo scientificamente provare che l’Italia è diventata più calda. Il 2019 è stato il ventitreesimo anno consecutivo con un’anomalia termica e otto dei dieci anni più caldi si sonoregistrati dal 2011 in poi. Dal 1981 in poi le temperature medie nazionali sono aumentate di 0,34°C ogni dieci anni, mentre la tendenza globale di aumento delle temperature medie dal 1981 in poi è stato di 0,18°C ogni dieci anni (Mezzalama 2021, 55). Ebbene sì, l’Italia si sta riscaldando più velocemente rispetto alla media. Ad esempio, a Lecce la temperatura media del 28 ottobre è passata dal quinquennio 1976–1980 al quinquennio 2016–2020 da 13,6°C a 16,7°C, e a Palermo da 18,8°C a 21,3°C. Questi dati apparentemente così innocui nascondono in realtà un profondo dramma per la nostra specie. Un futuro da evitare per noi e per i nostri figli.
Mercoledì 11 agosto 2021, alle ore 13:14 la stazione metereologica ufficiale del Servizio Informatico Agrometereologico Siciliano (SIAS), situato nella Piana di Siracusa, ha segnalato la temperatura più alta mai registrata in Europa, pari a 48,8°C. Il precedente record italiano ed europeo era di Enna, che il 20 agosto del 1999 aveva raggiunto i 48,5°C. Dati allarmanti se uniti ad un’amministrazione politica del tutto indifferente a queste problematiche, e a un territorio a rischio desertificazione e con gravi problematiche idrogeologiche. Questo aumento delle temperature sta riscaldando i nostri mari in maniera significativa, specialmente l’Adriatico, e le piogge si concentrano in pochi momenti dell’anno, diventando così più intense. La quantità di pioggia annuale è rimasta pressoché invariata, ma è la sua distribuzione a essersi alterata. Secondo un recente studio condotto da Coldiretti, la maggiore associazione di rappresentanza e assistenza all’agricoltura italiana, nell’estate del 2021 in Italia si sono verificati 1400 eventi climatici estremi, tutto ciò segna un aumento del 65% per grandinate, bombe d’acqua, bufere di vento e ondate di calore che hanno devastato tutto il territorio dal Trentino alla Sicilia. Ancora secondo Coldiretti “precipitazioni sempre più intense e frequenti, con vere e proprie bombe d’acqua, si abbattono su un territorio reso più fragile dalla cementificazione e dall’abbandono, con ben 7252 i comuni italiani, ovvero il 91,3% del totale, che sono a rischio idrogeologico secondo le elaborazioni effettuate sui dati Ispra. Il risultato è che oltre sette milioni di italiani vivono oggi in zone dove esiste il pericolo di frane e alluvioni” (Coldiretti 2021). Il territorio di Genova è l’esempio perfetto, una città urbanizzata e posta alle basi di versanti appenninici, da cui l’acqua si riversa improvvisa e con forza inaudita.
Inoltre, come dimostra il rapporto dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) del 2018 ogni secondo, in Italia, spariscono sotto cemento e asfalto 2 metri quadri di suolo. Ad oggi un’area grande quanto l’intera Emilia-Romagna, 23 000 chilometri quadrati, è urbanizzata o meglio impermeabilizzata. Tutto ciò impedisce il filtraggio dell’acqua, di conseguenza l’aumento delle alluvioni nelle città e l’immagazzinamento da parte del suolo della CO2. Queste bombe d’acqua si riversano trasportando fango e detriti in città iper-urbanizzate e sovrappopolate causando ingenti perdite in termini di vite umane e danni urbani. L’alluvione del 1970 di Genova Bolzaneto in cui caddero 948 millimetri in 24ore, record assoluto italiano, registrò 35 vittime, furono invece 429 i millimetri di pioggia che caddero il 27 settembre 1992, e allora i morti furono due, mentre il 23 settembre 1993 caddero 351 millimetri (Mercalli 2021, 195).
Continuare a girare la testa ed evitare il problema ci porterà in futuro ad avere meno possibilità di limitare i danni, e chi non cura il poco, cura il tanto! Vogliamo veramente lasciare ai bambini del futuro un’eredità così misera? Per non parlare poi di quello che sta succedendo sulle Alpi. Sul versante italiano del Monte Bianco, tra la Val Veny e la Val Ferret, la superficie dei ghiacciai è passata da 38 chilometri quadrati nel 2012 a 35,4 chilometri quadrati nel 2019. Il territorio della Valle d’Aosta è passato da una superficie glaciale di 188 chilometri quadrati nel 1975 a una superficie di 128 chilometri quadrati nel 2012, con la perdita di 32 ghiacciai minori nello stesso periodo. Dal 1864 le temperature sulle Alpi sono aumentate di circa due gradi e dal 1980 le temperature hanno accelerato il loro aumento di circa mezzo grado per decennio. In pratica è come se le Alpi si abbassassero di 100 metri ogni 10 anni (Mezzalama 2021, 15).
Questi sono solo alcuni dei molteplici esempi a sostegno di un disastro ambientale di notevole portata per il nostro Paese. La situazione di Venezia, i Grandi Laghi, il Mar Mediterraneo e molte altre zone d’Italia è illustrata in maniera impeccabile nel recente libro di Roberto Mezzalama, Il clima che cambia l’Italia, in cui l’autore fa emergere le voci di quei testimoni oculari che assistono in prima persona alla perdita di un patrimonio naturale millenario. Il mio intento è quello di far capire alle persone che il cambiamento climatico è già qui intorno a noi, è riscontrabile empiricamente, basta solo osservare il mondo circostante con occhio critico, e non pensare unidirezionalmente che questo fantomatico sviluppo ci possa salvare da questa situazione. È lo sviluppo stesso la causa del problema. Come giustamente sostiene il meteorologo Luca Mercalli non può esistere una crescista infinita in un mondo che è finito. È proibito dalle leggi dell’universo che ci sono da 13,7 miliardi di anni. Chi siamo noi per evadere questo postulato?”.
Oggi consumiamo l’equivalente di un pianeta e mezzo, e ogni anno anticipiamo la data del collasso ambientale, l’Overshoot Day, ovvero, il giorno che segna l’esaurimento delle risorse rinnovabili che la Terra è in grado di rigenerare nell’arco di 365 giorni. La data cambia di anno in anno a seconda della rapidità concui tali risorse vengono sfruttate. Quest’anno è caduto il 28 luglio, in anticipo rispetto al 29 agosto dell’anno precedente. Da quel giorno in avanti sovrasfruttiamo i mari, il suolo, le riserve d’acqua dolce, i minerali e i combustibili fossili, in cambio rilasciamo una quantità enorme di rifiuti, metano e CO2, con danni irreparabili per l’intero ecosistema terrestre. Rimango sempre affascinato quando durante le conversazioni su questo tema, sento da parte dell’interlocutore frasi del tipo “dobbiamo salvare il pianeta Terra”; anche quando mi è capitato di partecipare a manifestazioni in piazza per il clima ho assistito a cartelloni che incitavano al medesimo slogan. E mi sono sempre risposto: “ma perché il pianeta Terra?”. Tra i due quello che ci lascerà le penne sarà sicuramente l’homo sapiens e non il contrario. La Terra vive da miliardi di anni e ha superato cambiamenti geologici molto più importanti, credo che riuscirà a vivere benissimo anche senza il parassita-uomo.
Bibliografia:
- Coldiretti. 2 settembre 2021. Accessibile a: Onu: in Italia 1400 eventi climatici estremi nel 2021(+65%) — Coldiretti
- Mercalli Luca. 2021. Non c’è più tempo. Torino: Einaudi.
- Mezzalama Roberto. 2021. Il clima che cambia l’Italia. Torino: Einaudi.
- Jones Sophia. 2020. Il cambiamento climatico ostacola la pace in Afghanistan. National Geographic.Accessibile a: Il cambiamento climatico ostacola la pace in Afghanistan | National Geographic