La Natura è un tempio dove incerte parole
mormorano pilastri che sono vivi,
una foresta di simboli che l’uomo
attraversa nel raggio dei loro sguardi familiari.
Come echi che a lungo e da lontano
tendono a un’unità profonda e buia
grande come le tenebre o la luce
i suoni rispondono ai colori, i colori ai profumi.
Profumi freschi come la pelle d’un bambino,
vellutati come l’oboe e verdi come i prati,
altri d’una corrotta, trionfante ricchezza
che tende a propagarsi senza fine – così
l’ambra e il muschio, l’incenso e il benzoino
a commentare le dolcezze estreme dello spirito e dei sensi.
I versi scritti da Charles Baudelaire nella poesia “Corrispondenze” creano il giusto ambiente per questa lettura. Un ambiente fatto di linee ed intrecci, moti ed onde dove l’essere umano non è isolato bensì parte di un insieme di elementi fondamentalmente interconnessi e interdipendenti all’interno dei processi ciclici della Natura.
La Natura si dispiega davanti al genere umano come una rete di relazioni le cui forme materiali non sono che simboli di una realtà più profonda e autentica, che si colloca al di là delle cose. Una rete di legami unisce tutte le realtà in un’unità recondita. Ma nella sua esperienza quotidiana l’essere umano difficilmente riesce a cogliere questi legami, anche se i simboli gli suonano familiari perché corrispondono a qualcosa che giace nella sua profondità. Così, per decifrare questo arcano linguaggio non bisogna limitarsi alla visione razionale che si ferma a un livello superficiale, ma andare oltre e abbandonarsi alle sensazioni che, nella loro essenza non razionale, mettono in comunicazione, o meglio muovono, un percepire più profondo fatto di sinestesie.
Solo con questa profondità, come sostiene il filosofo norvegese Arne Naess nell’opera “Life’s Philosophy: Reason and Feeling in a Deeper World”, si può rappresentare un’interdipendenza senza confini tra tutti gli esseri viventi della Terra in un più ampio processo co-evolutivo che riguarda la cultura non meno della natura, la vita umana e animale non meno di quella vegetale. Occorre, però, non limitarsi alla pura adesione teorica e sviluppare un livello ulteriore di consapevolezza e coscienza in un processo pratico-esperienziale.
È importante precisare che, con l’atteggiamento utilizzato si intende innanzitutto esprimere il modo di guardare la realtà, non la realtà stessa. In tal senso la “profondità” che connota il pensiero di Naess è meglio definibile come “profondità d’intenzione”. Il fatto che si acceda a differenti livelli di realtà è, dunque, una conseguenza del nostro modo di interrogare la realtà, e non tanto del fatto che la realtà è effettivamente caratterizzabile su diversi livelli. Tale metodo d’indagine acquista valore e consistenza alla luce di un nuovo modo di percepire la realtà che restituisce all’esperienza la profondità che si merita.
Il mondo dell’esperienza è molto più vasto e complesso di quanto l’uomo abbia sinora compreso per via scientifica; il filosofo Alfred Whitehead sostiene nel volume “Il concetto di natura” che l’ipotesi paradossale di una Natura senza colori, toni e odori può sussistere solo perché si sono confuse le nostre astrazioni con la realtà concreta.
Un poeta non dovrebbe lodare le rose, ma sé
stesso, che rende le rose rosse e belle.
La necessità di un’adeguata fenomenologia dell’esperienza naturale – ossia della nostra esperienza come genere umano in quanto essere naturale – emerge dunque come un
tentativo di difendere l’idea che la nostra esperienza della Natura, così spontanea, ricca e apparentemente contraddittoria, è qualcosa di più di una serie di impressioni soggettive: queste formano il contenuto concreto del nostro mondo. È da questa prospettiva che dobbiamo provare a ripensare il nostro modo di percepire la Natura attraverso le relazioni fra tutti gli organismi viventi di questo pianeta, incluso l’essere umano.
Per tornare alla concezione della Terra come “Madre nutrice” bisogna riconsiderare l’agricoltura attraverso modelli e pratiche che puntano ad una sostenibilità nel senso di un rinnovamento continuo delle reti ecologiche e sociali che vanno a intrecciarsi in un unico tessuto. Su questa scia, negli ultimi anni a Lucca si è sviluppato un movimento di agricoltori biodinamici che ha riportato al centro del sistema ambientale un tessuto di relazioni ecologiche e sociali per contribuire con responsabilità alla crescita del territorio lucchese anche da un punto di vista economico. Così, a luglio del 2013 nasce la Rete Lucca BioDinamica, punto di arrivo ma anche inizio di riflessioni nate ancora più indietro nel tempo. La costituzione della Rete è l’ufficializzazione delle lunghe relazioni informali di collaborazione all’interno di un coeso gruppo di agricoltori che vivono di valori volti al rispetto, in primo luogo, della Natura.
L’idea di partenza è nata da un incontro informale tra Saverio Petrilli, Giuseppe Ferrua e Gabriele Da Prato, caparbi trascinatori nella costituzione della Rete nonché figure di riferimento per gli agricoltori della zona. Ad oggi la Rete conta 16 realtà agricole, di queste
la maggior parte produce vino, nonostante sia presente un’ampia diversificazione di
prodotti. Sia che si produca vino o si faccia allevamento o si coltivano ortaggi e cereali, la gestione delle pratiche agricole segue i principi della biodinamica.
La percezione della biodinamica in Lucchesia è quella di una pratica agricola ecologica che pone al centro le relazioni, essenziali per creare un ambiente vivo e interagente che accoglie la biodiversità oltre a favorire la cooperazione fra le diverse forme di vita all’interno di un processo virtuoso in continuo sviluppo.
In un primo momento si può dire che è l’applicazione di questa pratica ad accomunare il modo in cui gli agricoltori di Lucca BioDinamica interagiscono con l’ambiente di cui sono parte integrante. Approfondendo la questione direttamente con Saverio della società agricola Malgiacca si capisce come la biodinamica non è l’unico elemento ad accomunare questo gruppo di agricoltori, ma c’è altro:
Sì è la biodinamica da un lato, però dall’altro c’è una fiducia reciproca che è abbastanza stupefacente. Perché tra gli esseri umani la fiducia non è così comune, così evidente. E invece qui c’è una fiducia reciproca per cui anche se qualcuno fa qualche cavolata ci si scherza su, ci si ironizza, però va bene e si va avanti. Ancora oggi Saverio si chiede da dove derivi questa cosa che fa parte di tutto ciò che non sappiamo: Che è poi la parte esoterica se vogliamo dargli un nome, un’etichetta, anche se per me non ha un nome o un’etichetta. Quanto detto da Saverio porta alla luce l’esistenza di uno spazio “non definito”, dove sono presenti tutta una serie di elementi di cui l’esistenza umana non è a conoscenza ma che in un modo o nell’altro si manifestano: Come? Magicamente si direbbe. — sostiene Saverio — ovverosia non ci sono tutti gli intoppi che ci sono abitualmente. Solo quando trovi questi gruppi di persone le cose funzionano perfettamente. Tu puoi avere un’idea meravigliosa ma da solo approdi pressoché a niente. Trovi questo gruppo di persone che ti danno fiducia, che sono disponibili ad accettare te e le tue cavolate e improvvisamente tutto acquista una forza incredibile e procede speditamente. Come? Magicamente.
Ecco si parla di fiducia e di disponibilità ad accettare il prossimo per quello che è e quando
questo accade, improvvisamente, tutto acquista una forza incredibile e procede splendidamente. In questo caso il riferimento è verso tutta una serie di eventi che comprendono non solo l’ambito agricolo ma anche la sfera sociale collettiva ed emotiva che raccoglie più individui e che in qualche modo fa accadere le cose convogliandole nel verso giusto o a volte anche meglio di come dovrebbero andare. L’elemento relazionale fra più esseri umani che decidono di cooperare donandosi fiducia reciprocamente e accettando l’alterità genera questa forza. È qui la chiave di volta: questa fiducia è la stessa che l’agricoltore biodinamico nutre nei confronti della terra rispettando i tempi e i cicli delle stagioni, ad esempio, ma non solo: Sì, da una parte in un certo senso nella biodinamica ti affidi alla grande Madre Terra, al grande dio Sole, alla loro forza e potenza e a quello che sanno fare. C’è un certo grado di affidarsi senza il quale la biodinamica fatica a funzionare e in effetti questo affidarsi corrisponde ad una fiducia. Hai fiducia che poi funzioni e questa cosa qui ti predispone ad avere fiducia negli esseri umani che sono figli di quella Madre e di quel Padre.
Emerge quindi come queste relazioni abbiano un’origine più profonda trovando nella fiducia il comune denominatore tra gli agricoltori di Lucca BioDinamica come nel rapporto tra l’essere umano e la Madre Terra o il dio Sole, così avviene nella biodinamica. C’è poi questa cosa che mi affascina che non conosco, non so - continua Saverio - talvolta dicono che alcune anime si reincarnano. Io non so neanche se credere o meno alla reincarnazione, ma si reincarnano e si ritrovano unite da un progetto comune. E questa roba è una cosa che mi affascina abbastanza perché ci sono alcuni casi molto forti che conosco dove delle persone si sono messe insieme e hanno fatto cose incredibili, di nuovo con una fiducia reciproca formidabile. Per creare cose incredibili c’è bisogno di quella fiducia, apparentemente intangibile perché intrinsecamente dinamica, che muove e crea spazi verso quei legami generati dall’onestà: Se te sei onesto e trasmetti ciò che hai imparato onestamente, senza costruirci sopra niente di particolare, - dice Saverio - la gente questo lo sente, lo percepisce, senza avere un secondo fine, come dire egoistico. Questo porta alla fiducia. Ecco perché alla fiducia corrisponde un amore che fa della condivisione del sapere la più alta forma di libertà. Saverio infatti afferma: L’amore, insegnare ciò che sai e condividerlo è un atto d’amore, ti apre e scatena energia che si autoproduce.
Uno degli atti d’amore più forti per l’agricoltura in Lucchesia lo ha generato sicuramente Alex Podolinsky diffondendo le pratiche biodinamiche e stimolando gli agricoltori, che ora formano la Rete Lucca BioDinamica, a interagire con la Natura secondo un’attiva percezione. Un esempio di come questi agricoltori oggi percepiscono l’ambiente di cui fanno parte ci viene fornito da Daniele della cooperativa agricola Calafata: Non s’intende il modo in cui vorresti far vivere le piante o il modo di gestione del verde, ma il modo in cui le piante vivono. Secondo queste parole la Natura è una forza generatrice indipendente con la capacità di autoregolarsi, per questo l’essere umano si dovrebbe rivolgere, come nel caso descritto da Daniele, in una posizione d’ascolto. Questa posizione viene ripresa da Marco dell’azienda vinicola Maestà della Formica aggiungendo la capacità di osservare la Natura nel tempo, leggendo i segnali per poi considerarli nel loro insieme di relazioni. È evidente come per parlare di relazioni ecologiche in ambito agricolo diventa imprescindibile la capacità di osservare e ascoltare l’ambiente circostante che Marco e Daniele, in questo caso applicano in un più ampio concetto di responsabilità e rispetto della Natura secondo le proprie esperienze di agricoltori. Anche Giuseppe dell’azienda agricola Fabbrica di San Martino si esprime a riguardo: La Natura stessa è capace di rigenerarsi, creare fertilità, di riparare i danni fatti dall’uomo. La Natura di per sé ha tutto, degli strumenti estremamente potenti quanto perfetti.
La prospettiva agricola della biodinamica, porta quindi a riflettere sul ruolo dell’uomo non più come unico elemento centrale di un sistema in quanto le relazioni diventano il nuovo centro di un più complesso sistema ramificato che comprende tutti quegli elementi presenti nell’ambiente. Secondo Saverio il ruolo dell’essere umano, e quindi dell’agricoltore in questo caso, dal momento in cui la sua azione s’inserisce in una più ampia rete di relazioni che innescano inevitabilmente molteplici processi in relazione è abbastanza centrale. Questa consapevolezza viene nutrita indubbiamente da un’attenta sensibilità e una conoscenza ecologica profonda che portano l’essere umano ad oltrepassare quello strato superficiale interrogandosi per attribuire significati alle proprie azioni. Perciò Giuseppe sostiene: C’è tutto l’aspetto della biodinamica che è quello più legato all’antroposofia, è una cosa che viene di seguito. Lì dipende molto da una persona o da quanto uno intende approfondire certi argomenti, dalla sensibilità della persona agli aspetti prettamente antroposofici, sono cose che riguardano più l’aspetto pratico della biodinamica, magari supportano l’aspetto del pensiero, del perché, del trovare dei significati a quello che si sta facendo in relazione alla Natura che hai intorno.
Dalla matrice antroposofica della biodinamica emerge un approccio sensibile, un approccio organicistico ed ecologico allo studio del vivente. L’agricoltura biodinamica considera perciò l’importanza delle forze cosmiche nei ritmi del vivente. I ritmi sono di grande rilevanza per la vita del suolo, delle piante e degli animali. Questa concezione sistemica della biodinamica porta così a ripensare il nostro modo di percepire l’ambiente espandendo le nostre capacità relazionali fino alle forze cosmiche. Per questo, la biodinamica non può essere intesa solo come un insieme di tecniche agricole, ma, più profondamente come un tentativo di ripensare il modo di percepire e interagire con la Natura includendo tutte quelle relazioni fra gli organismi viventi, compreso l’essere umano.
Emerge così l’importanza di una Rete come quella di Lucca BioDinamica alla quale si riconosce un ruolo fondamentale per portare avanti una concezione di sostenibilità che prima ancora di essere ecologica abbia alla base un modo di percepire il mondo attraverso la reciprocità e la cura nelle relazioni e che si basa su uno specifico sistema etico e valoriale che ha nel rispetto della Natura il principio cardine. È necessario infine rivolgersi con cura e attenzione verso un sistema di percezione più profondo che consideri il tutto, più della somma delle sue parti in quanto siamo tutti relazionati ma soprattutto siamo relazioni.
Testo e fotografie di Jacopo Ricciardolo