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Ottobre
10 Ottobre 2024

APPUN­TI SU MEZ­ZO­GIOR­NO E UNI­TÀ D’I­TA­LIA

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Il dibat­ti­to sugli effet­ti dell’Unità d’Italia sul Mez­zo­gior­no è una di quel­le discus­sio­ni tra­sver­sa­li alla socie­tà ita­lia­na, dai ban­co­ni dei bar  alle cat­te­dre dell’università, e sen­za voler toglie­re nien­te al fol­klo­re e al meto­do scien­ti­fi­co, si potreb­be disqui­si­re ad libi­tum sul­le ragio­ni del­le due posi­zio­ni clas­si­che che chia­me­re­mo ‘colo­nia­li­sta’ e ‘nazio­na­li­sta’. Que­ste due posi­zio­ni sono note a chiun­que abbia mai affron­ta­to que­sta discus­sio­ne, per quan­to que­sta cate­go­riz­za­zio­ne sia pro­pria solo a quest’articolo e, volen­do usa­re un lin­guag­gio più scien­ti­fi­co, le si potreb­be chia­ma­re la posi­zio­ne eso­ge­na e quel­la endo­ge­na: ovve­ro­sia, la pri­ma affe­ren­te a feno­me­ni ester­ni – la con­qui­sta colo­nia­le del Sud da par­te del Nord – e l’altra a feno­me­ni inter­ni – l’arretratezza del Regno del­le Due Sici­lie ieri e del Sud Ita­lia oggi, eco­no­mi­ca­men­te ed antro­po­lo­gi­ca­men­te. In medio stat vir­tus sole­va ripe­ter­mi mio padre e non v’è dub­bio che, anche in que­sto caso, la veri­tà sta pro­ba­bil­men­te nel mez­zo.

Per evi­ta­re frain­ten­di­men­ti scon­tia­mo subi­to dal­le più faci­li cri­ti­che que­ste due posi­zio­ni. Per gusto per­so­na­le – se c’è una cosa che non ho mai sop­por­ta­to è la discri­mi­na­zio­ne – la posi­zio­ne ‘nazio­na­li­sta’ l’ho sem­pre rite­nu­ta raz­zi­sta: sin­te­tiz­zan­do con ‘i meri­dio­na­li sono pelan­dro­ni e scan­sa­fa­ti­che’ for­se ci si scor­da di chi det­te la for­za lavo­ro alle fab­bri­che del Nord o di chi, spin­to da uno spi­ri­to d’avventura ancor mag­gio­re, deci­se di migra­re nel­le Ame­ri­che e, spes­so, lavo­ran­do dura­men­te, diven­tò ric­co nel Nuo­vo Mon­do. Il ‘terùn’, ieri come oggi, lavo­ra come ogni altro esse­re uma­no e ha le sue gio­ie e i suoi dolo­ri. Si tro­va­no scan­sa­fa­ti­che, fur­bet­ti, sca­ri­ca­ba­ri­le Su come Giù, basta fare due chiac­chie­re al bar. 

La posi­zio­ne ‘colo­nia­li­sta’, anche qui per gusto per­so­na­le, l’ho abban­do­na­ta più fati­co­sa­men­te per­ché dal­la mia posi­zio­ne poli­ti­ca fa risuo­na­re cor­de già cono­sciu­te e pos­sie­de quel fasci­no di costru­zio­ne di un model­lo sto­ri­co-poli­ti­co che, come per altri pro­ces­si sto­ri­ci, mi ha sicu­ra­men­te con­vin­to più che l’idea di un’ arre­tra­tez­za intel­let­tua­le. Al Nord ser­vi­va for­za lavo­ro e il Sud ne pos­se­de­va in abbon­dan­za, il pae­se sareb­be sta­to stra­te­gi­ca­men­te più for­te e, anche solo per pre­sti­gio e roma­na memo­ria, l’Italia dove­va esse­re uni­ta: ecco che l’impresa gari­bal­di­na, idea­ta nei salot­ti di Tori­no, arri­vò a Mar­sa­la e si con­clu­se a Tea­no. Tut­ta­via, se c’è qual­co­sa che l’università mi ha inse­gna­to, è che nes­sun pro­ces­so sto­ri­co è pre­de­ter­mi­na­to e che la sto­ria col sen­no di poi, che diven­ta quin­di mec­ca­ni­ci­sti­ca e fata­li­sta, è misti­ci­smo e non scien­za.

In que­ste poche righe ho cer­ca­to di scon­ta­re le due posi­zio­ni dal­le cri­ti­che più facil­men­te for­mu­la­bi­li e rela­ti­viz­za­to un dibat­ti­to che assu­me spes­so posi­zio­ni asso­lu­ti­ste. Que­sta rela­ti­viz­za­zio­ne del pro­ble­ma mi per­met­te infat­ti di met­te­re in risal­to le posi­zio­ni di due gran­dis­si­mi auto­ri ita­lia­ni in meri­to al Mez­zo­gior­no che, per quan­to mi riguar­da, sono sta­te illu­mi­nan­ti. Ange­lo Del Boca e Gio­van­ni Arri­ghi han­no ana­liz­za­to l’Italia e, soprat­tut­to il secon­do, il mon­do inte­ro, con posi­zio­ni ete­ro­dos­se e spes­so in con­tra­sto con il cosid­det­to esta­blish­ment. Ma, per quan­to sia­no del Nord, i loro occhi han­no esal­ta­to del­le con­trad­di­zio­ni che ci per­met­to­no di guar­da­re al pro­ble­ma con occhi diver­si.

Ange­lo Del Boca, per quan­to poco rico­no­sciu­to dall’accademia ita­lia­na – men­tre inve­ce è sta­to il pri­mo euro­peo a rice­ve­re la lau­rea hono­ris cau­sa dall’Etiopia – fu il pri­mo vero stu­dio­so del colo­nia­li­smo ita­lia­no, rive­lan­do­ne le stra­gi e smon­tan­do l’idea degli “ita­lia­ni bra­va gen­te”, ovve­ro che il nostro, di colo­nia­li­smo, fos­se in qual­che modo ‘miglio­re’ di quel­lo degli altri euro­pei. Egli, inol­tre, vide la sostan­zia­le con­ti­nui­tà, rispet­to alla poli­ti­ca colo­nia­le, dell’Italia libe­ra­le e di quel­la fasci­sta – quest’ultima fu più effi­cien­te, tut­ta­via l’ideologia e i meto­di rima­se­ro gli stes­si. Del Boca fu il più gran­de cri­ti­co del colo­nia­li­smo ita­lia­no e, per quan­to la sua patria d’adozione diven­ne Tori­no, nel­la sua qua­dri­lo­gia “Gli ita­lia­ni in Afri­ca Orien­ta­le” si chie­se: cosa sareb­be suc­ces­so se l’Italia, libe­ra­le e fasci­sta, aves­se spe­so le pro­prie risor­se nel Mez­zo­gior­no anzi­ché per le colo­nie? Non par­le­rem­mo ora di un’altra Ita­lia? Tut­ta­via, l’élite, libe­ra­le e fasci­sta, votò in Par­la­men­to in manie­ra una­ni­me – a par­te qual­che voto con­tra­rio dei socia­li­sti, noto­ria­men­te dell’onorevole Andrea Costa – per l’impresa colo­nia­le; che for­se le ragio­ni poli­ti­co eco­no­mi­che dei gran­di d’Italia andas­se­ro oltre que­sto dibat­ti­to e, per­ciò, a sca­pi­to del­la mag­gio­ran­za del­la popo­la­zio­ne?

Se la tesi di Del Boca potreb­be striz­za­re l’occhio alla tesi ‘colo­nia­li­sta’, in quan­to il Par­la­men­to era com­po­sto mag­gior­men­te da depu­ta­ti ‘polen­to­ni’, non saprei dire con cer­tez­za ad oggi ma è tut­ta­via impor­tan­te far nota­re come l’élite ita­lia­na, dopo l’Unità, abban­do­nò ben pre­sto gli idea­li risor­gi­men­ta­li per far spa­zio a quel­li del­la poli­ti­ca di poten­za – indif­fe­ren­te­men­te duran­te l’Italia libe­ra­le e fasci­sta. 

Se dun­que a fine Otto­cen­to e nel­la pri­ma metà del Nove­cen­to gli inte­res­si del­la clas­se diri­gen­te pre­fe­ri­ro­no le colo­nie al Sud, l’analisi di Gio­van­ni Arri­ghi, in tan­dem con For­tu­na­ta Pisel­li, riguar­do a tre zone del­la Cala­bria e al loro svi­lup­po capi­ta­li­sti­co, get­ta nuo­va luce sul dibat­ti­to, pro­ble­ma­tiz­zan­do­lo ulte­rior­men­te. 

Gio­van­ni Arri­ghi, nato a Mila­no e cre­sciu­to alla Boc­co­ni, è sta­to uno dei pen­sa­to­ri ita­lia­ni più influen­ti degli ulti­mi quarant’anni, anche se diven­ne più rino­ma­to nel mon­do anglo­sas­so­ne che in Ita­lia. Egli infat­ti, come patria d’elezione, scel­se gli Sta­ti Uni­ti, ma qui c’interessa per­ché dedi­cò par­te del­la sua car­rie­ra al Mez­zo­gior­no. Insie­me all’insegnamento dei cor­si di dot­to­ra­to dell’Università del­la Cala­bria, da cui nac­que un volu­me, Arri­ghi ela­bo­rò con For­tu­na­ta Pisel­li “Capi­ta­li­st Deve­lo­p­ment in Hosti­le Envi­ron­men­ts”. In que­sto sag­gio, si ana­liz­za la tra­iet­to­ria sto­ri­ca di tre regio­ni del­la Cala­bria – il Cosen­ti­no, la pia­na di Gio­ia Tau­ro e il Cro­to­ne­se – chie­den­do­si come mai una zona come quel­la, nel Nove­cen­to, fos­se rima­sta eco­no­mi­ca­men­te arre­tra­ta per quan­to faces­se par­te dell’Italia, una del­le eco­no­mie fon­dan­ti il bloc­co occi­den­ta­le. 

Arri­ghi e Pisel­li sco­pri­ro­no nume­ro­si feno­me­ni, fra cui il fat­to che siste­mi di pro­du­zio­ne spes­so con­ce­pi­ti come sta­di suc­ces­si­vi nel­lo svi­lup­po capi­ta­li­sti­co – pro­du­zio­ne di sus­si­sten­za, pro­du­zio­ne su pic­co­la e lar­ga sca­la – si svi­lup­pa­ro­no in Cala­bria allo stes­so tem­po ma soprat­tut­to, ciò che c’interessa, defi­ni­ro­no le zone del­la Cala­bria come ‘peri­fe­ri­che’ rispet­to al siste­ma inter­na­zio­na­le. Peri­fe­ri­che in che sen­so?

Nell’economia agri­co­la cala­bre­se si svi­lup­pa­ro­no sì del­le rela­zio­ni di pro­du­zio­ne capi­ta­li­sti­che e che quin­di non era­no intrin­se­ca­men­te peri­fe­ri­che dato che in altre aree e in altri momen­ti sto­ri­ci que­ste por­ta­ro­no all’ascesa di altri ter­ri­to­ri. Nono­stan­te ciò, la Cala­bria diven­tò comun­que peri­fe­ri­ca rispet­to all’economia mon­dia­le, ovve­ro­sia un’area in cui la com­pe­ti­zio­ne è alta e i pro­fit­ti bas­si. Il ragio­na­men­to di Arri­ghi e Pisel­li, qui para­fra­sa­to e ridot­to all’osso, affer­ma sostan­zial­men­te che, per quan­to vi sia sta­ta una tran­si­zio­ne capi­ta­li­sti­ca non vi è sta­to svi­lup­po socioe­co­no­mi­co come in altre aree, per esem­pio a dif­fe­ren­za del più ric­co Nord Ita­lia inse­ri­to già da tem­po nell’economia mon­dia­le. Una del­le dif­fe­ren­ze chia­ve del diver­so svi­lup­po fra Sud e Nord la si può dun­que tro­va­re nel momen­to sto­ri­co in cui que­sta è sta­ta effet­tua­ta e nel­la posi­zio­ne che que­ste aree assun­se­ro nel con­te­sto del­le dina­mi­che capi­ta­li­sti­che inter­na­zio­na­li: il Nord ha acqui­si­to una posi­zio­ne più cen­tra­le men­tre il Sud una più peri­fe­ri­ca, anche se i pro­ces­si di svi­lup­po capi­ta­li­sti­co sono avve­nu­ti in entram­bi i luo­ghi. 

Inol­tre, Arri­ghi e Pisel­li sot­to­li­nea­no come, nel momen­to in cui i pro­ces­si di tran­si­zio­ne capi­ta­li­sti­ca gene­ra­no con­flit­to socia­le — fra clas­si lavo­ra­tri­ci e isti­tu­zio­ni sta­ta­li ed impren­di­to­ria­li — in quan­to scar­di­na­no il pre­ce­den­te modus viven­di, influen­za­no in manie­ra deter­mi­nan­te come que­sto svi­lup­po avvie­ne. Al Sud, non a caso, la vec­chia clas­se diri­gen­te — vec­chia nel sen­so di pre-Uni­tà — con­ti­nuò a man­te­ne­re le pro­prie posi­zio­ni e anzi ven­ne raf­for­za­ta dall’intrusione sabau­da, impe­den­do il ricam­bio fra la clas­se fon­dia­ria e quel­la impren­di­to­ria­le, che inve­ce si fuse­ro, pre­ve­nen­do la nasci­ta del­la clas­se media. L’intuizione di Arri­ghi e Pisel­li fu di com­pren­de­re come la migra­zio­ne dal Sud — ver­so il Nord, l’Europa e le Ame­ri­che — fu la val­vo­la di sfo­go per sfug­gi­re al man­ca­to cam­bia­men­to gene­ra­to dal con­flit­to socia­le, difat­ti mol­ti emi­gra­ti cala­bre­si diven­ne­ro impren­di­to­ri di suc­ces­so, ma non in Cala­bria. 

L’obiettivo di fon­do che quest’analisi vuo­le cen­tra­re è dun­que scar­di­na­re l’idea che il pro­gres­so — inte­so come il pas­sag­gio dal feu­da­le­si­mo al capi­ta­li­smo o i pro­ces­si con­tem­po­ra­nei di svi­lup­po e sot­to­svi­lup­po — non è un sen­tie­ro uni­co ma una mol­te­pli­ci­tà di vie, le qua­li non sono linea­ri e sto­ri­ca­men­te con­tin­gen­ti tan­to che all’interno di uno sta­to — o all’interno di una sub-regio­ne come in que­sto caso — mol­te­pli­ci tra­iet­to­rie ver­so il capi­ta­li­smo pos­so­no esse­re osser­va­te. Inol­tre, a quest’analisi con­se­gue anche che la tran­si­zio­ne capi­ta­li­sti­ca stes­sa non è neces­sa­ria­men­te sino­ni­mo di svi­lup­po eco­no­mi­co ma anzi può coe­si­ste­re con il sot­to­svi­lup­po, con la sta­bi­li­tà socia­le e con la cri­si.

L’idea dei due stu­dio­si ita­lia­ni, dun­que, ha un dop­pio livel­lo di let­tu­ra: da una par­te evi­den­zia come i con­fi­ni sta­ta­li non sia­no neces­sa­ria­men­te deter­mi­nan­ti per cata­lo­ga­re un pae­se entro il Sud o il Nord del mon­do, ovve­ro­sia che alcu­ne aree all’interno di un pae­se svi­lup­pa­to pos­sa­no inve­ce mostra­re dina­mi­che da pae­se in via di svi­lup­po; dall’altra che la gerar­chia mon­dia­le che divi­de fra cen­tro e peri­fe­ria gli sta­ti non è così uni­for­me come la si potreb­be pen­sa­re ad una pri­ma occhia­ta. 

Per con­clu­de­re, le intui­zio­ni for­ni­te­ci da que­sti due auto­ri e il mio inten­to nel por­tar­le alla luce mira­no a rela­ti­viz­za­re, ma anche a svec­chia­re, un dibat­ti­to che, a mio avvi­so, è sem­pre sta­to con­fi­na­to in un’ottica pret­ta­men­te nazio­na­le. Le colo­nie, così come l’economia mon­dia­le, le scel­te dell’élite ita­lia­na e le lot­te dei lavo­ra­to­ri han­no deter­mi­na­to la tra­iet­to­ria sto­ri­ca del Mez­zo­gior­no: que­sto non è impro­dut­ti­vo, inef­fi­cien­te o las­si­sta, ha anzi avu­to uno svi­lup­po pro­prio. Tut­ta­via l’attenzione e le volon­tà del­lo Sta­to era­no da un’altra par­te e, nono­stan­te le lot­te dei lavo­ra­to­ri – con­tro il lati­fon­do ad esem­pio – che han­no cam­bia­to l’economia loca­le, le ten­den­ze dell’economia mon­dia­le sono anda­te in un’altra dire­zio­ne, ren­den­do il Mez­zo­gior­no un’area peri­fe­ri­ca. 

Dun­que, del­le due tesi, ‘colo­nia­li­sta’ e ‘nazio­na­li­sta’, né l’una né l’altra. Que­sto in quan­to, che si voglia far chiac­chie­re da bar o ana­li­si scien­ti­fi­che, è bene ren­der­si con­to che la real­tà, dato che riguar­da milio­ni di per­so­ne e ter­ri­to­ri vari e scon­fi­na­ti, sca­tu­ri­sce da più cau­se, da più feno­me­ni intrec­cia­ti, sovrap­po­sti e mul­ti­li­vel­lo ed è bene cer­ca­re di coglier­ne il più pos­si­bi­le pri­ma di lasciar­si anda­re a dei giu­di­zi super­fi­cia­li o a faci­li par­ti­gia­ne­rie.

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