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Agosto
9 Agosto 2024

THE AME­RI­GUNS

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Foto­gra­fie: Gabrie­le Galim­ber­ti

Testo: Gea Scan­ca­rel­lo

Più del­lo Yemen, del Liba­no, dell’Iraq. Di Pae­si dila­nia­ti da guer­re civi­li, di popo­la­zio­ni sen­za gover­ni, di nazio­ni non più nazio­ni. Sen­za distin­zio­ni di raz­za, di gene­re o di reli­gio­ne. Per­ché di fedi a cui affi­dar­si ce ne pos­so­no esse­re parec­chie, ma la litur­gia in cui si com­pio­no è uni­ca, e si sostan­zia nei nume­ri: 393 a 328. Milio­ni. Le pri­me sono armi; i secon­di abi­tan­ti. Pro­por­zio­ni: cen­to­ven­ti ogni cen­to; poco più di una a testa. Signi­fi­ca, insom­ma, che negli Sta­ti Uni­ti ci sono più pisto­le che per­so­ne: armi da fuo­co com­pra­te e pos­se­du­te legal­men­te da civi­li; di quel­le ille­ga­li, for­se anche più nume­ro­se, non ci sono trac­ce. Al limi­te, se ne vedo­no le con­se­guen­ze, ogni vol­ta che un paz­zo si met­te a spa­ra­re con­tro bam­bi­ni, stu­den­ti, gen­te al cine­ma, ragaz­zi che si diver­to­no. Ma que­sta è un’altra sto­ria, di cui par­le­re­mo dopo.

Di cui sem­pre si par­la dopo.

Dico­no le sta­ti­sti­che che com­ples­si­va­men­te, nel mon­do, alla fine del 2017, c’erano 857 milio­ni di armi in mano a cit­ta­di­ni per sco­pi non mili­ta­ri: e se poco meno del­la metà sono con­cen­tra­te negli Sta­ti Uni­ti d’America non è un caso e nep­pu­re una que­stio­ne di solo mer­ca­to. Piut­to­sto, di tra­di­zio­ne: di garan­zia costi­tu­zio­na­le.

È la sto­ria del secon­do emen­da­men­to, rati­fi­ca­to nel 1791, tre anni dopo l’entrata in vigo­re del­la Costi­tu­zio­ne ame­ri­ca­na. «Essen­do neces­sa­ria alla sicu­rez­za di uno Sta­to libe­ro una mili­zia ben orga­niz­za­ta, il dirit­to dei cit­ta­di­ni di dete­ne­re e por­ta­re armi non può esse­re infran­to», reci­ta il testo.

Sull’interpretazione da dar­ne si scon­tra­no da decen­ni insi­gni giu­ri­sti e atti­vi­sti, poli­ti­ci e sogna­to­ri, éli­te urba­ne e clas­se media; ma la gene­si e la suc­ces­si­va sto­ria dell’articolo sono inve­ce mol­to chia­re, così come le valu­ta­zio­ni dei magi­stra­ti perio­di­ca­men­te chia­ma­ti a espri­me­re pare­ri.

Si pen­sa­va, nel 1791, che con­sen­ti­re ai cit­ta­di­ni di armar­si potes­se esse­re il modo per orga­niz­zar­li rapi­da­men­te in mili­zie nel caso di attac­chi da par­te di for­ze stra­nie­re: il timo­re era che la ex madre­pa­tria, la Gran Bre­ta­gna, pro­vas­se a ripren­der­si i ter­ri­to­ri per­du­ti. Tut­ta­via, una vol­ta che gli sfor­zi richie­sti nel­la Guer­ra d’Indipendenza ebbe­ro dimo­stra­to che i cit­ta­di­ni non sareb­be­ro sta­ti suf­fi­cien­ti a pro­teg­ge­re la nazio­ne, e asso­da­to che il nuo­vo gover­no fede­ra­le avreb­be dovu­to neces­sa­ria­men­te crea­re e gesti­re un eser­ci­to oltre a even­tua­li mili­zie, si radi­cò negli abi­tan­ti dei ter­ri­to­ri fre­schi d’indipendenza la pau­ra che quel­lo stes­so gover­no fede­ra­le potes­se, un gior­no, pre­va­ri­ca­re loro; addi­rit­tu­ra oppri­mer­li. Era­no i pri­mi vagi­ti dell’ideale di liber­tà su cui si fon­da l’intera nar­ra­zio­ne ame­ri­ca­na: pos­si­bi­li­tà infi­ni­te, pochi vin­co­li, auto­de­ter­mi­na­zio­ne. Garan­ti­ti dal­le armi. Il secon­do emen­da­men­to nac­que per diri­me­re lo scon­tro tra que­sti cit­ta­di­ni sospet­to­si del­la nuo­va auto­ri­tà costi­tui­ta e gli entu­sia­sti del gover­no fede­ra­le, facen­do il gio­co di entram­bi gli schie­ra­men­ti: la Costi­tu­zio­ne cui fa rife­ri­men­to il testo garan­ti­va infat­ti il pote­re sull’esercito al gover­no cen­tra­le, men­tre l’emendamento garan­ti­va il dirit­to ad armar­si dei cit­ta­di­ni. In altre paro­le: una solu­zio­ne per fare tut­ti con­ten­ti sen­za pren­de­re una deci­sio­ne defi­ni­ti­va sul­la que­stio­ne.

E se nei seco­li e decen­ni tra­scor­si da allo­ra l’esercito ame­ri­ca­no è diven­ta­to il più poten­te al mon­do, e l’idea di inva­so­ri da com­bat­te­re con mili­zie auto-orga­niz­za­te si è fat­ta eva­ne­scen­te (quan­to­me­no negli Sta­ti Uni­ti), il secon­do emen­da­men­to, cari­co del­le sue impli­ca­zio­ni poli­ti­che e socia­li, è rima­sto un capo­sal­do del­la vita ame­ri­ca­na. «Pen­so che i revol­ver sia­no la quin­tes­sen­za di que­sto Pae­se», ci ha det­to duran­te le chiac­chie­ra­te fat­te per que­sto libro Ste­phen F. Wag­ner, ses­san­ta­seien­ne istrut­to­re di tiro del­la Penn­syl­va­nia. E i tri­bu­na­li gli dan­no ragio­ne.

Nel 2008, in un caso dive­nu­to cele­bre (District of Colum­bia Vs. Hel­ler) la Cor­te costi­tu­zio­na­le rove­sciò una leg­ge fede­ra­le che proi­bi­va ai cit­ta­di­ni di pos­se­de­re pisto­le nel­la capi­ta­le, Washing­ton D.C.; due anni dopo, la Cor­te si espres­se in manie­ra ana­lo­ga con­tro un simi­le divie­to impo­sto però dal­lo Sta­to dell’Illinois (McDo­nald Vs. City of Chi­ca­go, 2010).

Il lega­me tra gli ame­ri­ca­ni e le armi, un lega­me visce­ra­le e intri­so di ardo­re, aspi­ra­zio­ni e appar­te­nen­za, con­ti­nua insom­ma a esse­re pro­tet­to. Anche se negli anni è cam­bia­to, si è allar­ga­to, raf­for­za­to e arric­chi­to: si è fat­to mer­ca­to, lavo­ro ed eco­no­mia men­tre si vesti­va di nuo­vi idea­li, ten­sio­ni e pas­sio­ni. E del­le loro con­trad­di­zio­ni.

Emer­go­no — debor­da­no — anch’esse nei nume­ri: 135 e 38. Mila. La dina­mi­ci­tà del busi­ness e le sue con­se­guen­ze. Cen­to­tren­ta­cin­que­mi­la sono, appros­si­ma­ti­va­men­te, i nego­zi che han­no una licen­za per poter ven­de­re armi nel Pae­se: die­ci vol­te più dei McDonald’s, sim­bo­lo glo­ba­le e glo­ba­liz­za­to dell’America e del­le sue abi­tu­di­ni di con­su­mo; 38.658 sono inve­ce, negli Sta­ti Uni­ti, le vit­ti­me di un pro­iet­ti­le ogni anno: più di cen­to al gior­no, il 15% dei deces­si mon­dia­li per armi da fuo­co in sce­na­ri non di guer­ra. Sol­tan­to il Gua­te­ma­la, il Vene­zue­la, la Colom­bia e il Mes­si­co fan­no peg­gio, e non c’è biso­gno di sot­to­li­nea­re le dif­fe­ren­ze socio-eco­no­mi­che medie tra i due bloc­chi. Nessun’altra nazio­ne del cosid­det­to pri­mo mon­do, e men che meno del G8, entra nel­le sta­ti­sti­che, così come nes­su­na ha leg­gi sul­la ven­di­ta di pisto­le ugual­men­te dibat­tu­te e con­te­sta­te, non­ché con­trol­li anche più con­tro­ver­si.

La que­stio­ne riaf­fio­ra come un fiu­me car­si­co dopo ogni spa­ra­to­ria di mas­sa e ogni esi­bi­zio­ne di lacri­me obbli­ga­to­ria­men­te asso­cia­ta, dopo ogni mar­cia e ogni pole­mi­ca. Ne par­la­no pro­gres­si­sti e con­ser­va­to­ri, favo­re­vo­li e con­tra­ri, cre­den­ti e lai­ci, media e cit­ta­di­ni. Ma ne par­la­no per par­lar­ne, for­se più che per cam­bia­re. L’ultimo ten­ta­ti­vo serio di inter­ve­ni­re sul­le nor­me che rego­la­no il pos­ses­so di armi ven­ne fat­to dal pre­si­den­te Barack Oba­ma nel 2016, dopo le stra­gi nel­la scuo­la ele­men­ta­re San­dy Hook e in una disco­te­ca di Orlan­do, che cau­sa­ro­no rispet­ti­va­men­te 27 e 49 vit­ti­me: i buo­ni pro­po­si­ti affon­da­ro­no nell’inerzia del Con­gres­so, forag­gia­to dal­la lob­by del­le armi. E nel­la pau­ra del­le rica­du­te elet­to­ra­li.

Dun­que ser­ve sì la mag­gio­re età per com­pra­re un’arma in Ame­ri­ca — 18 anni per pisto­le e fuci­li; 21 per altri tipi di armi, e la distin­zio­ne già rac­chiu­de un mon­do di pos­si­bi­li­tà che spes­so sfug­ge al sen­so comu­ne — ed è neces­sa­rio sot­to­por­si a veri­fi­che gover­na­ti­ve: l’FBI con­trol­la per esem­pio che il poten­zia­le acqui­ren­te non abbia gra­vi pro­ble­mi men­ta­li, che non abbia pre­ce­den­ti pena­li incom­pa­ti­bi­li col pos­ses­so di armi come la vio­len­za dome­sti­ca, che non sia sta­to in gale­ra per più di un anno, che non sia un lati­tan­te e che non sia un immi­gra­to irre­go­la­re. Ma i con­trol­li non si fan­no tra pri­va­ti, tra colo­ro che acqui­sta­no sui for­ni­tis­si­mi scaf­fa­li di Inter­net, o che si incon­tra­no alle fie­re di armi dif­fu­se in tut­ti gli Sta­ti, in tut­te le sta­gio­ni. E se già que­sto aumen­ta a dismi­su­ra i rischi che chi non dovreb­be rie­sca a pos­se­de­re un’arma, le pos­si­bi­li­tà si fan­no mol­to più con­cre­te nel caso in cui l’FBI non ulti­mi le veri­fi­che entro tre gior­ni, il tem­po mas­si­mo per l’evasione del­la pra­ti­ca: una vol­ta tra­scor­si, l’acquirente ha il dirit­to di ave­re comun­que la pro­pria pisto­la. Quel­lo che suc­ce­de dopo, spes­so, fini­sce nel­le pagi­ne di cro­na­ca: nel 2015 fu per esem­pio un uomo che non avreb­be pas­sa­to i con­trol­li, se solo li aves­se­ro ulti­ma­ti in tem­po, ad apri­re il fuo­co su un grup­po di per­so­ne di colo­re den­tro a una chie­sa, a Char­le­ston, in South Caro­li­na, nove i mor­ti.

Eppu­re, va det­to, non sono que­ste vit­ti­me a gon­fia­re i nume­ri del­la vio­len­za per armi da fuo­co in Ame­ri­ca. Le spa­ra­to­rie di mas­sa fan­no noti­zia, spes­so indi­gna­no, tal­vol­ta ango­scia­no — sem­pre meno inten­sa­men­te e meno a lun­go: ci si abi­tua a tut­to — ma, sta­ti­sti­ca­men­te, non sono rile­van­ti. Due ter­zi dei deces­si per armi da fuo­co, in media, sono sui­ci­di; “appe­na” un ter­zo sono omi­ci­di, di cui pochis­si­mi per stra­gi. Tra i 38.658 mor­ti del 2016, le per­so­ne che si sono tol­te la vita era­no 22.938; quel­le ammaz­za­te da altri 14.415, di cui “solo” 71 in spa­ra­to­rie di mas­sa. Poco più di 1.300, infi­ne, gli inci­den­ti dome­sti­ci.

È una con­ta­bi­li­tà fred­da e spie­ta­ta, ma non ste­ri­le: dice del­la nazio­ne for­se qual­co­sa di più pro­fon­do dei tito­li stril­la­ti sui gior­na­li. «Il vero pro­ble­ma di que­sto Pae­se è la depres­sio­ne. E un’arma non è cer­to l’unico modo per ucci­der­si», ci ha rac­con­ta­to Robert Bald­win Jr., col­le­zio­ni­sta di pisto­le e pilo­ta pro­fes­sio­ni­sta, quan­do lo abbia­mo incon­tra­to a casa sua, in Neva­da.

Come mol­tis­si­mi altri cit­ta­di­ni che han­no acqui­sta­to legal­men­te le pro­prie armi, le cui imma­gi­ni e sto­rie tro­ve­re­te nel­le pros­si­me pagi­ne, Robert Bald­win Jr tie­ne il pun­to. Rifiu­ta di far­si acco­mu­na­re coi mol­ti che han­no ammas­sa­to arse­na­li pic­co­li e gran­di acqui­stan­do­li in modo ille­ga­le, che nes­su­no può con­trol­la­re. Riba­di­sce che non ser­vo­no altre leg­gi, ben­sì un’applicazione miglio­re di quel­le esi­sten­ti. E riaf­fer­ma il prin­ci­pio sacro del secon­do emen­da­men­to, un dirit­to costi­tu­zio­na­le che non è più uni­ca­men­te quel­lo dell’autodifesa ma una più ampia garan­zia del pro­prio sti­le di vita, del­le pro­prie pas­sio­ni, per­si­no del­le tra­di­zio­ni di fami­glia.

È pro­prio la nuo­va lin­fa del secon­do emen­da­men­to che rac­con­tia­mo in que­sto volu­me, il filo con­dut­to­re di imma­gi­ni e testi rag­grup­pa­ti in quat­tro cate­go­rie di valo­ri: la liber­tà, la fami­glia, le pas­sio­ni e pro­prio lo sti­le di vita, inte­so come dirit­to all’esibizionismo, alla moda, all’acquisto com­pul­si­vo, alla bel­lez­za, anche attra­ver­so le armi, che in nes­sun luo­go come in Ame­ri­ca sono un pro­dot­to di con­su­mo come tut­ti gli altri. Sono i prin­ci­pi, gli idea­li, le aspi­ra­zio­ni, le abi­tu­di­ni e le con­vin­zio­ni che rac­con­ta­no cosa cemen­ta il lega­me di mol­ti degli abi­tan­ti degli Sta­ti Uni­ti con le loro pisto­le: non tut­ti, ma una mag­gio­ran­za che non ha para­go­ni nel mon­do. E che, con­tra­ria­men­te alle con­vin­zio­ni dif­fu­se, è distri­bui­ta sull’intero ter­ri­to­rio nazio­na­le e in ogni stra­to socia­le, in ogni appar­te­nen­za etni­ca e cul­tu­ra­le. Non esi­ste una dico­to­mia tra cit­tà e cam­pa­gna, ric­chi e pove­ri, intel­let­tua­li e mano­va­li: l’ambizione ulti­ma di ogni cit­ta­di­no ame­ri­ca­no è la liber­tà: liber­tà di esse­re, fare, ave­re e liber­tà da gover­ni, pres­sio­ni, intru­sio­ni. Il mez­zo per garan­tir­la sono i pro­iet­ti­li, anche quan­do non ven­go­no usa­ti.

Lo dimo­stra­no le per­so­ne immor­ta­la­te nel­le pros­si­me pagi­ne, che inclu­do­no ere­di di fami­glie bene­stan­ti e inge­gne­ri del­la Sili­con Val­ley, camio­ni­sti del pro­fon­do Sud e india­ni Nava­jo; uomi­ni e don­ne, ado­le­scen­ti e pen­sio­na­ti, demo­cra­ti­ci e repub­bli­ca­ni, iscrit­ti alla Natio­nal Rifle Asso­cia­tion (NRA, la poten­tis­si­ma lob­by del­le armi) e cri­ti­ci fero­ci del­la stes­sa, equa­men­te rap­pre­sen­ta­ti nel nostro cam­pio­ne.

Han­no accon­sen­ti­to a posa­re, a rac­con­ta­re e a con­di­vi­de­re pez­zi del loro mon­do, inten­zio­na­ti a dimo­stra­re una vol­ta per tut­te che non sono loro quel­li da guar­da­re con sospet­to: «L’unica cosa che fer­ma un cat­ti­vo con una pisto­la è un buo­no con la pisto­la», ci ha det­to e ridet­to Floyd McMil­lin in Kan­sas, facen­do­si por­ta­vo­ce di una con­vin­zio­ne dif­fu­sa. Non­ché di una cer­tez­za spes­so ere­di­ta­ta dai geni­to­ri e dai non­ni, fre­quen­te­men­te insie­me a una col­le­zio­ne pic­co­la o gran­de di armi, qua­si una dote d’altri tem­pi:  un pez­zo del­la pro­pria sto­ria, da con­ser­va­re e tra­man­da­re, insie­me ai ricor­di di quan­do si è spa­ra­to insie­me al pro­prio padre per la pri­ma vol­ta, o del­le bat­tu­te di cac­cia in fami­glia. È una que­stio­ne di valo­ri, appun­to: per que­sto la fami­glia è uno dei car­di­ni del nostro libro.

C’è poi la pas­sio­ne, che diven­ta col­le­zio­ni­smo o sport, intrat­te­ni­men­to o inve­sti­men­to eco­no­mi­co, che si fon­de con il mito del­la natu­ra e del­la fron­tie­ra e con quel­lo di una sto­ria di con­qui­ste, vit­to­rie, cele­bra­zio­ni. Esi­ste una paro­la, negli Sta­ti Uni­ti, per rac­con­ta­re tut­to que­sto ed è “Ame­ri­ca­na”; l’ha scel­ta Will Ren­ke, tren­ta­cin­quen­ne impren­di­to­re del South Caro­li­na, per par­lar­ci del suo lega­me con le armi: «Spa­ra­re è sta­ta un’esperienza stu­pe­fa­cen­te: sape­vo che nell’oggetto che ave­vo in mano c’erano tan­to rispet­to e tan­to coin­vol­gi­men­to, sape­vo di esse­re par­te dell’Americana».

Sono così con­vin­ti e così orgo­glio­si del­la loro pas­sio­ne, i cit­ta­di­ni che vedre­te in que­ste pagi­ne, da sfi­da­re la cen­su­ra pre­ven­ti­va e la disap­pro­va­zio­ne digi­ta­le, met­ten­do in mostra le pro­prie armi lad­do­ve oggi tut­to si mostra: sui social net­work. Si trat­ta di una novi­tà, anche meto­do­lo­gi­ca, di que­sta ricer­ca.

I sog­get­ti ritrat­ti, dal­le Hawaii a New York, sono sta­ti con­tat­ta­ti per lo più attra­ver­so Insta­gram, Face­book e You­Tu­be, su cui han­no pagi­ne per­so­na­li in cui rac­con­ta­no la pro­pria rou­ti­ne con fuci­li e pisto­le o dove addi­rit­tu­ra han­no cana­li dedi­ca­ti a esi­bi­re le armi, a inse­gna­re a uti­liz­zar­le o anche a pro­muo­ver­le. In modo disin­te­res­sa­to e non: c’è chi esi­bi­sce il pro­prio sti­le di vita per riven­di­car­lo, affian­can­do alle­na­men­ti in pale­stra e ses­sio­ni al poli­go­no, bor­set­te e revol­ver, auto da cor­sa e kala­sh­ni­kov, e c’è chi è sta­to inter­cet­ta­to dal­le indu­strie pro­dut­tri­ci di armi per diven­ta­re un influen­cer, così come ne esi­sto­no ormai per ogni pro­dot­to, dai libri agli abi­ti.

I social net­work sono la fron­tie­ra su cui si è spo­sta­ta la pos­si­bi­li­tà non solo di fare pub­bli­ci­tà — proi­bi­ta sui media tra­di­zio­na­li per le armi da fuo­co — ma anche di inter­ve­ni­re sull’immaginario col­let­ti­vo, di crea­re mode e model­li, di assi­mi­la­re nel con­cet­to di tren­dy e desi­de­ra­bi­le anche ogget­ti rite­nu­ti tra­di­zio­nal­men­te fred­di come le armi. E per­si­no di crea­re un nuo­vo fem­mi­ni­smo del­le pari oppor­tu­ni­tà, a suon di pro­iet­ti­li: uno stru­men­to di dife­sa che, secon­do le pro­po­nen­ti, ren­de infi­ne le don­ne più libe­re e meno dipen­den­ti dagli uomi­ni, anche per la pro­pria dife­sa. È una del­le decli­na­zio­ni dell’idea di liber­tà in cui oggi si com­pie la cele­bra­zio­ne del secon­do emen­da­men­to, accan­to al dirit­to alla pro­prie­tà pri­va­ta, alla riser­va­tez­za, alla non inge­ren­za del­lo Sta­to e dun­que, in cer­ta misu­ra, all’autodeterminazione del pro­prio desti­no.

Che il neo­fem­mi­ni­smo del­le armi sia mar­ke­ting del­le inten­zio­ni o real­tà, con­di­vi­de con gli altri valo­ri car­di­ne l’importanza del­la vetri­na digi­ta­le in cui vie­ne esi­bi­to. Ed è per que­sto che abbia­mo scel­to di affian­ca­re ai ritrat­ti fat­ti da Gabrie­le Galim­ber­ti le imma­gi­ni pub­bli­ca­te spon­ta­nea­men­te dai sog­get­ti sui pro­pri account: momen­ti del loro quo­ti­dia­no che rac­con­ta­no l’imprescindibilità del­le armi, il lega­me con la sto­ria fami­glia­re, le abi­tu­di­ni, i diver­ti­men­ti, le aspi­ra­zio­ni. In altre paro­le, la loro iden­ti­tà.

«Non ho un’arma pre­fe­ri­ta: per me sono come figli, non puoi pre­fe­rir­ne uno», ha rispo­sto a una del­le nostre doman­de Mia Fari­nel­li, una quin­di­cen­ne del­la Vir­gi­nia che anco­ra non ha figli e nem­me­no l’età lega­le per gira­re arma­ta. Spa­ra per sport, una pas­sio­ne che le ha tra­smes­so il padre, dopo aver­le mes­so in mano il pri­mo fuci­le a set­te anni. Era il fuci­le di uno zio e ave­va un nomi­gno­lo, The Cric­ket, pro­prio come un qual­sia­si mem­bro del­la fami­glia: lo spac­ca­to per­fet­to di cosa rap­pre­sen­ti, oggi, il dirit­to costi­tu­zio­na­le del secon­do emen­da­men­to.

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