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Ottobre
31 Ottobre 2022

STO­RIE DI RESI­STEN­ZA

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Sono pas­sa­ti cen­to anni da quel gior­no, eppu­re sem­bra mol­to vici­no. Cosa sono cen­to anni nel­la sto­ria dell’umanità?

Il 30 otto­bre 1922, suc­ces­si­va­men­te alla Mar­cia su Roma, il Re Vit­to­rio Ema­nue­le III con­fe­rì a Beni­to Mus­so­li­ni l’incarico di for­ma­re un nuo­vo gover­no di coa­li­zio­ne. La Mar­cia ini­ziò il 26 otto­bre, con Peru­gia come quar­tier gene­ra­le del­l’i­ni­zia­ti­va. Da qui ini­ziò la mani­fe­sta­zio­ne arma­ta ever­si­va più impor­tan­te del nostro Pae­se. Il gior­no seguen­te cir­ca ven­ti­mi­la cami­cie nere si dires­se­ro ver­so la capi­ta­le. Alle 6 del mat­ti­no del 28 otto­bre, il gover­no del libe­ra­le Lui­gi Fac­ta dichia­rò lo sta­to di asse­dio che non ven­ne accol­to dal Re, il qua­le inve­ce con­vo­cò Mus­so­li­ni a Roma per il con­fe­ri­men­to dell’incarico.

Ini­ziò così il ven­ten­nio più nero del­la sto­ria dell’Italia uni­ta. Nel­le set­ti­ma­ne suc­ces­si­ve ci fu il voto per la fidu­cia alla Came­ra dei depu­ta­ti (17 novem­bre) e al Sena­to del Regno (29 novem­bre), che vide una net­ta pre­sa di posi­zio­ne pro-fasci­smo in entram­be le came­re, anche se alla Came­ra ci furo­no ben 116 con­tra­ri, non basta­ro­no a evi­ta­re la nomi­na a Pri­mo Mini­stro di Mus­so­li­ni. Vota­ro­no la fidu­cia al futu­ro Duce anche impor­tan­ti espo­nen­ti del dopo­guer­ra, come Alci­de De Gaspe­ri e Gio­van­ni Gron­chi.

Peru­gia. Fasci­sti attor­no all’Hotel Bru­fa­ni

Sem­pre nel novem­bre del 1922 Mus­so­li­ni pro­nun­ciò il famo­so discor­so del bivac­co, di segui­to un pas­sag­gio che mostra chia­ra­men­te qua­li sareb­be­ro sta­te le suc­ces­si­ve mos­se del Par­ti­to Nazio­na­le Fasci­sta: «Pote­vo fare di que­sta Aula sor­da e gri­gia un bivac­co di mani­po­li: pote­vo spran­ga­re il Par­la­men­to e costi­tui­re un Gover­no esclu­si­va­men­te di fasci­sti. Pote­vo: ma non ho, alme­no in que­sto pri­mo tem­po, volu­to».

Fu infat­ti negli anni suc­ces­si­vi che la dit­ta­tu­ra ini­ziò a pren­de­re for­ma, a par­ti­re dal­le ele­zio­ni del 6 apri­le 1924. La cam­pa­gna elet­to­ra­le fu segna­ta da un cli­ma di inti­mi­da­zio­ne e da ripe­tu­te vio­len­ze da par­te dei soste­ni­to­ri del Par­ti­to Nazio­na­le Fasci­sta, denun­cia­te nel­la sedu­ta par­la­men­ta­re del 30 mag­gio dal segre­ta­rio socia­li­sta Gia­co­mo Mat­teot­ti Egli fu rapi­na­to e assas­si­na­to il 10 giu­gno 1924. Secon­do le testi­mo­nian­ze sta­va pas­seg­gian­do sul lun­go Teve­re alle 16:15 cir­ca, diri­gen­do­si ver­so Mon­te­ci­to­rio. In quel momen­to, una mac­chi­na lo avvi­ci­nò e due indi­vi­dui lo stor­di­ro­no col­pen­do­lo al vol­to, Mat­teot­ti ven­ne por­ta­to via ed ucci­so. Il magi­stra­to Mau­ro del Giu­di­ce, a segui­to del­le inda­gi­ni, indi­vi­duò nel­lo squa­dri­sta Ame­ri­go Dumi­ni l’assassino. Da quel momen­to chi por­ta­va una rosa ros­sa sul­la sua tom­ba veni­va sche­da­to, i cara­bi­nie­ri a caval­lo sper­se­ro la fol­la nel gior­no del­la sua com­me­mo­ra­zio­ne. Il 27 giu­gno 1924 cir­ca 130 depu­ta­ti d’op­po­si­zio­ne si riu­ni­ro­no nel­la sala del­la Lupa di Mon­te­ci­to­rio, oggi nota anche come sala del­l’A­ven­ti­no, deci­den­do comu­ne­men­te di abban­do­na­re i lavo­ri par­la­men­ta­ri fin­ché il gover­no non aves­se chia­ri­to la pro­pria posi­zio­ne a pro­po­si­to del­la scom­par­sa di Gia­co­mo Mat­teot­ti. Pas­sa­ta alla sto­ria come la Seces­sio­ne dell’Aventino, l’iniziativa non ser­vì né a con­vin­ce­re il Re a sol­le­va­re Mus­so­li­ni dall’incarico né a far ren­de­re con­to all’opinione pub­bli­ca del­la deri­va auto­ri­ta­ria ver­so cui il pae­se si sta­va avvian­do.

La dit­ta­tu­ra fasci­sta pre­se for­ma e si con­so­li­dò tra il 1925 e il 1926 con l’adozione del­le leg­gi fasci­stis­si­me che pre­ve­de­va­no l’abolizione del­le for­ze poli­ti­che di oppo­si­zio­ne, del­la liber­tà di stam­pa e del dirit­to di scio­pe­ro, oltre a ren­de­re il Gran Con­si­glio del Fasci­smo la supre­ma auto­ri­tà costi­tu­zio­na­le del Regno d’Italia. Que­ste leg­gi furo­no com­ple­ta­te nel 1928 con una modi­fi­ca del­la leg­ge elet­to­ra­le per la Came­ra dei depu­ta­ti che pre­ve­de­va una lista uni­ca nazio­na­le di 409 can­di­da­ti scel­ti dal Gran Con­si­glio del fasci­smo da sot­to­por­re agli elet­to­ri per l’ap­pro­va­zio­ne in bloc­co.

Dal delit­to Mat­teot­ti in poi si com­ple­tò il pro­get­to auto­ri­ta­rio di Mus­so­li­ni, basa­to soprat­tut­to sul­la reto­ri­ca del gran­de Impe­ro Roma­no, cul­la del­la gran­dez­za dell’Italia che, a parer suo, meri­ta­va un mae­sto­so ed este­so impe­ro che ven­ne pro­cla­ma­to il 9 mag­gio 1936 dopo la vit­to­rio­sa guer­ra d’Etiopia. In tan­ti cer­ca­ro­no di oppor­si al regi­me, nume­ro­si furo­no man­da­ti al con­fi­no, altri ven­ne­ro ucci­si, come i fra­tel­li Car­lo e Nel­lo Ros­sel­li o come Anto­nio Gram­sci. Ci fu anche chi pro­vò ad atten­ta­re alla vita di Beni­to Mus­so­li­ni, come Tito Zani­bo­ni, depu­ta­to del Par­ti­to Socia­li­sta Uni­ta­rio, che nel­le pri­me ore del mat­ti­no del 4 novem­bre 1925 affit­tò una came­ra d’albergo davan­ti a Palaz­zo Chi­gi dal­la qua­le avreb­be volu­to spa­ra­re al Duce che si sareb­be affac­cia­to al bal­co­ne poche ore dopo. Egli fu fer­ma­to da un grup­po di inve­sti­ga­to­ri che irrup­pe­ro nel­la came­ra. Poi fu la vol­ta di Vio­let Gib­son, che il 7 apri­le 1926 spa­rò un col­po di pisto­la ver­so Mus­so­li­ni feren­do­lo al naso; un altro atten­ta­to­re fu Gino Lucet­ti che il 26 set­tem­bre del­lo stes­so anno lan­ciò un ordi­gno esplo­si­vo con­tro l’auto del Pri­mo Mini­stro, usci­to ille­so da entram­be le cir­co­stan­ze.

Nel­lo stes­so anno ci fu un altro atten­ta­to alla vita di Mus­so­li­ni: il 31 otto­bre, quar­to anni­ver­sa­rio del­la sua nomi­na a Pri­mo Mini­stro, Mus­so­li­ni si tro­va­va a Bolo­gna per l’inaugurazione del­lo Sta­dio Lit­to­ria­le. Alla fine del­le cele­bra­zio­ni, il duce si dires­se ver­so la sta­zio­ne a bor­do di un’au­to­mo­bi­le sco­per­ta, gui­da­ta da Lean­dro Arpi­na­ti. Alle 17:40 il cor­teo ave­va rag­giun­to l’an­go­lo tra via Riz­zo­li e via del­l’In­di­pen­den­za. Anteo Zam­bo­ni, fat­to­ri­no di pro­fes­sio­ne nel­la tipo­gra­fia del padre, si tro­va­va in que­sta via, appo­sta­to tra la fol­la sot­to il pri­mo por­ti­co, e men­tre l’au­to­mo­bi­le ral­len­ta­va per svol­ta­re, spa­rò con­tro Mus­so­li­ni, man­can­do­lo. Il tenen­te Paso­li­ni (padre di Pier Pao­lo) distin­se l’attentatore, gli affer­rò il brac­cio, aiu­ta­to dal pat­tu­glian­te Gio­van­ni Val­li­si, pri­van­do­lo del­la rivol­tel­la. La scor­ta di Mus­so­li­ni si avven­tò sul ragaz­zo tra­sci­nan­do­lo dall’altro lato del­la stra­da, davan­ti al Bar Cen­tra­le. L’automobile di Mus­so­li­ni ripar­tì per la sta­zio­ne. Il pre­sun­to atten­ta­to­re, col­pi­to a gra­gno­la dai pugna­li, fu sca­ra­ven­ta­to dall’altra par­te di Via Ugo Bas­si, ai pie­di di Palaz­zo d’Accursio, dove si acca­sciò. Sono le 18:30 quan­do il cor­po fu por­ta­to in una stan­za del­la vici­na sta­zio­ne di Poli­zia, suc­ces­si­va­men­te all’obitorio in Cer­to­sa, dove ore dopo ven­ne rico­no­sciu­to dal padre.


Anteo Zam­bo­ni

«Se tu vedes­si, bab­bo, che fac­cia da delin­quen­te ha Mus­so­li­ni» con­fi­dò il sedi­cen­ne Anteo Zam­bo­ni al padre Mam­mo­lo, tipo­gra­fo bolo­gne­se d’idee anti­fa­sci­ste: «Sì, Anteo vol­le atten­ta­re a Mus­so­li­ni. E noi non ne sapem­mo nul­la, per­ché egli sep­pe non far­ci sospet­ta­re, sep­pe non far­ci sape­re», scris­se Mam­mo­lo Zam­bo­ni, padre di Anteo. Egli era un ex anar­chi­co con­ver­ti­to­si al fasci­smo per ragio­ni eco­no­mi­che, ciò nono­stan­te, le inda­gi­ni sull’attentato con­ver­se­ro sul­la sua figu­ra, dal momen­to che Anteo ave­va solo 16 anni, rite­nu­to trop­po gio­va­ne e ine­sper­to per archi­tet­ta­re un pia­no del gene­re.

Infat­ti, furo­no mol­ti i sospet­ta­ti man­dan­ti dell’attentato, tra cui alcu­ni espo­nen­ti del fasci­smo, come Rober­to Fari­nac­ci che fu segre­ta­rio del Par­ti­to Nazio­na­le Fasci­sta. Egli ven­ne accu­sa­to di esse­re tra i man­dan­ti, ipo­te­si mai con­fer­ma­ta, ma che tut­ta­via ha avu­to mol­ti soste­ni­to­ri. Nono­stan­te le nume­ro­se inda­gi­ni sull’accaduto non è mai sor­ta una veri­tà cer­ti­fi­ca­ta, ci sono sta­te una serie di accu­se che non han­no mai tro­va­to un respon­so cer­to. Suc­ces­si­va­men­te all’attentato ci fu un ulte­rio­re ina­spri­men­to del­la dit­ta­tu­ra, che già sta­va seguen­do la dire­zio­ne del tota­li­ta­ri­smo.

I ten­ta­ti­vi di atten­ta­re alla vita del Duce non ces­sa­ro­no, ce ne furo­no altri che però non ven­ne­ro mai por­ta­ti a com­pi­men­to, resta­ro­no solo un’idea che non fu pos­si­bi­le appli­ca­re. Miche­le Schir­ru, anar­chi­co sar­do, nel gen­na­io del 31’ si tro­va­va a Pari­gi come mol­ti esu­li anti­fa­sci­sti, rien­trò in Ita­lia pro­get­tan­do di ucci­de­re Mus­so­li­ni. Allog­giò all’Hotel Royal, luo­go stra­te­gi­co per segui­re gli abi­tua­li iti­ne­ra­ri del Duce, ma non riu­scì a met­te­re in atto il suo pia­no pri­ma di esse­re fer­ma­to dal­la poli­zia, tro­va­to in pos­ses­so di un’arma da fuo­co e con­dan­na­to a mor­te dal Tri­bu­na­le Spe­cia­le Fasci­sta per aver avu­to l’intenzione di ucci­de­re Mus­so­li­ni. Lo stes­so desti­no fu riser­va­to a Ange­lo Pel­le­gri­no Sbar­del­lot­to, pre­sen­te nel­la lista degli anti­fa­sci­sti più peri­co­li redat­ta dal Par­ti­to Fasci­sta. Esu­le in Bel­gio e poi a Pari­gi, tor­nò in Ita­lia il 25 otto­bre 1931, con le stes­se inten­zio­ni di Schir­ru. Ma pur aven­do ten­ta­to di avvi­ci­nar­si a Mus­so­li­ni l’im­pre­sa si rive­lò impos­si­bi­le e deci­se di ritor­na­re in Fran­cia. Egli ten­tò nuo­va­men­te di ucci­de­re il capo del fasci­smo nel mag­gio del 32’, fer­ma­to da un agen­te di poli­zia in Piaz­za Vene­zia, ven­ne tro­va­to in pos­ses­so di una pisto­la e un ordi­gno che gli costa­ro­no la stes­sa pena di Schir­ru: con­dan­na del Tri­bu­na­le Spe­cia­le e fuci­la­zio­ne nel giu­gno del­lo stes­so anno.

Tra il 1925 e il 1926 ci furo­no quat­tro atten­ta­ti da Beni­to Mus­so­li­ni, nes­su­no degli atten­ta­to­ri riu­scì nel suo sco­po, piut­to­sto essi qua­si “aiu­ta­ro­no” a strin­ge­re il con­trol­lo del­lo Sta­to sui cit­ta­di­ni e det­te­ro una svol­ta in sen­so auto­ri­ta­rio. Egli ne uscì for­ti­fi­ca­to. I ten­ta­ti­vi suc­ces­si­vi non furo­no mai com­piu­ti da Miche­le Schir­ru e Ange­lo Sbar­del­lot­to che nono­stan­te le loro chia­ri inten­zio­ni non riu­sci­ro­no a por­ta­re a con­se­gui­re il loro obiet­ti­vo. Nel pro­se­guo degli anni 30’ il con­sen­so al regi­me rag­giun­se il suo api­ce, non ci furo­no più atten­ta­ti ver­so il Duce che con­dus­se il pae­se indi­stur­ba­to fino al  25 luglio del 43’ quan­do ven­ne depo­sto dal Gran Con­si­glio del Fasci­smo.

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