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Febbraio
19 Febbraio 2024

SAN BERIL­LO

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Nota: Que­sti scrit­ti sono sta­ti rea­liz­za­ti nel pie­no del­la pro­du­zio­ne del lavo­ro, tra il 2015 ed il 2018.

La serie qui pro­po­sta ripor­ta un rac­con­to cora­le da un quar­tie­re-ghet­to del cen­tro sto­ri­co di Cata­nia. Qui è in atto una rivo­lu­zio­ne demo­gra­fi­ca e cul­tu­ra­le che rispec­chia gran­di dibat­ti­ti poli­ti­ci e cul­tu­ra­li con­tem­po­ra­nei.

Nel quar­tie­re San Beril­lo con­vi­vo­no sene­ga­le­si, pro­sti­tu­te, trans ita­lia­ne e sud ame­ri­ca­ne, gio­va­ni nige­ria­ni e gam­bia­ni e una lar­ga par­te di cit­ta­di­ni ita­lia­ni. La diver­si­tà etni­co-cul­tu­ra­le del quar­tie­re va di pari pas­so con le diver­se for­me di cre­do, dal­la reli­gio­si­tà cri­stia­na degli ita­lia­ni e del­le pro­sti­tu­te, all’I­slam del­la comu­ni­tà afri­ca­na. Ai mar­gi­ni del quar­tie­re esi­sto­no, come a deli­mi­ta­re un pun­to di par­ten­za e un pun­to di arri­vo, la Chie­sa San­tis­si­ma del­la Buo­na Mor­te e la Moschea del­la Mise­ri­cor­dia. La Chie­sa San­tis­si­ma del­la Buo­na Mor­te rap­pre­sen­ta il luo­go che, gra­zie a Padre Glioz­zo, ha for­se dato ini­zio alla diver­si­tà del quar­tie­re. Padre Glioz­zo ha aper­to le por­te ai tos­si­co-dipen­den­ti quan­do l’e­roi­na impaz­za­va negli anni ‘80, così come ai pri­mis­si­mi rifu­gia­ti Afri­ca­ni – tra cui i pri­mi sene­ga­le­si che costi­tui­ran­no l’ampia comu­ni­tà del di oggi – ma anche alle pro­sti­tu­te, dan­do loro uno spa­zio per cre­de­re, pre­ga­re, con­fes­sar­si e ritro­var­si, ponen­do così le basi basi di que­sta varie­ga­ta comu­ni­tà. Gra­zie a lui, Fran­ce­sco Gras­so, noto nel quar­tie­re come Fran­chi­na, ha potu­to pub­bli­ca­re il suo pri­mo libro di scrit­ti “Davan­ti alla Por­ta – Testi­mo­nian­ze del­la vita nel quar­tie­re San Beril­lo”.

Un rac­con­to sul­la vita di quar­tie­re, dal pun­to di vista del­le sue più anti­che abi­tan­ti, le pro­sti­tu­te, che trac­cia uno spac­ca­to anche del­la vita cit­ta­di­na degli ulti­mi 50 anni. Al mar­gi­ne sud inve­ce la Moschea del­la Mise­ri­cor­dia trac­cia il limi­te idea­le del quar­tie­re, luo­go di pre­ghie­ra di tut­ti i musul­ma­ni resi­den­ti a San Beril­lo. Se la Chie­sa di Padre Glioz­zo è sta­ta il pun­to di par­ten­za del quar­tie­re, l’in­ci­pit, la Moschea ne è il pre­sen­te ed il futu­ro. Que­sto rac­con­to di un’utopia socia­le vede la figu­ra dell’emarginato come pro­ta­go­ni­sta di una rivo­lu­zio­ne cul­tu­ra­le, che sta avve­nen­do con velo­ci­tà e moda­li­tà diver­se anche nel resto d’Italia. Qui c’è l’A­fro-Ita­lia in dive­ni­re, sep­pu­re guar­dan­do al pas­sa­to del­la civil­tà in Sici­lia la con­vi­ven­za tra Musul­ma­ni e Cri­stia­ni non è cer­to una novi­tà. Qui soprat­tut­to, l’e­sclu­so è tal­men­te impe­gna­to a soprav­vi­ve­re che il con­flit­to cul­tu­ra­le pas­sa in secon­do pia­no e l’unica lot­ta che con­ta è quel­la con l’am­mi­ni­stra­zio­ne cata­ne­se e con uno Sta­to assen­te, che even­tual­men­te mani­fe­sta la sua pre­sen­za con inter­ven­ti vio­len­ti, deco­strut­ti­vi e con­tro­pro­du­cen­ti. Que­sto lavo­ro si pro­po­ne come una docu­men­ta­zio­ne schiet­ta e sin­ce­ra, con que­sti due agget­ti­vi ci si rife­ri­sce al lin­guag­gio visi­vo che uti­liz­zo, come alle moda­li­tà nar­ra­ti­ve, entram­bi sce­vri di dispo­si­ti­vi com­ples­si, auli­ci ed alti. Il mio uni­co obiet­ti­vo al ter­mi­ne di que­sto pro­get­to, infat­ti, è la resti­tu­zio­ne del rac­con­to ai sog­get­ti stes­si. Attra­ver­so que­sto lavo­ro, ho ten­ta­to di stac­car­mi dal­le for­me di docu­men­ta­rio che si sono defi­ni­te negli ulti­mi anni: ammic­can­ti all’arte con­tem­po­ra­nea, alle auto­ci­ta­zio­ni, e cita­zio­ni di lin­guag­gi erme­ti­ci, com­ples­si, auto­re­fe­ren­zia­li e fon­da­men­tal­men­te distac­ca­ti dal vol­go, dal popo­lo e ad esso stes­so incom­pren­si­bi­li o di dif­fi­ci­le acces­so.

Que­sta pre­mes­sa è per me fon­da­men­ta­le affin­ché non si frain­ten­da il mio lavo­ro come un repor­ta­ge. Que­sto lavo­ro non è un repor­ta­ge in quan­to nasce in pri­mis come espres­sio­ne di un attac­ca­men­to per­so­na­le all’argomento ed al luo­go. Una col­li­sio­ne, un’appartenenza non diret­ta, ma for­te, pre­sen­te e cre­sciu­ta den­tro di me nel pas­sa­re degli anni in cui ho svi­lup­pa­to il pro­get­to. Segui­ti da una costan­te ricer­ca e docu­men­ta­zio­ne, un pro­ces­so di cono­scen­za e tra­sfor­ma­zio­ne che ha por­ta­to al gua­da­gnar­mi la fidu­cia ed il rispet­to dei sog­get­ti in que­stio­ne, pri­ma anco­ra di ini­zia­re a ritrar­li. La dif­fe­ren­za fra repor­ta­ge e que­sta for­ma di docu­men­ta­rio si defi­ni­sce dun­que, per me, nel­la moda­li­tà in cui ho ope­ra­to e desti­na­to sin dal prin­ci­pio l’esito del lavo­ro stes­so. La mar­gi­na­liz­za­zio­ne, il raz­zi­smo, l’omofobia e la divi­sio­ne por­ta­te dall’abbandono poli­ti­co e dal­la vio­len­za siste­ma­ti­ca del­lo Sta­to, sono i temi prin­ci­pa­li che, sul­lo sfon­do, tes­so­no un tap­pe­to sono­ro die­tro a que­ste imma­gi­ni, con­ce­pi­te nel rifiu­to di rac­con­ta­re la mise­ria, la dispe­ra­zio­ne e l’impossibilità di eman­ci­pa­zio­ne.

Glau­co Cana­lis

Cata­nia, 2018

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