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Febbraio
26 Febbraio 2024

RIFLES­SIO­NE MERI­DIO­NA­LI­STA

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La que­stio­ne meri­dio­na­le ita­lia­na si col­lo­ca in un più ampio e arti­co­la­to siste­ma di rela­zio­ni nord-sud che vede, nor­mal­men­te, le aree meri­dio­na­li sog­gio­ga­te o qua­si a quel­le set­ten­trio­na­li del pia­ne­ta, più svi­lup­pa­te e indu­stria­liz­za­te e per­tan­to meglio rispon­den­ti agli stan­dard socia­li ed eco­no­mi­ci dell’era del libe­ral-capi­ta­li­smo pri­ma e del­la glo­ba­liz­za­zio­ne dopo. Sen­za natu­ral­men­te sof­fer­mar­si in que­sto caso sul qua­dro glo­ba­le di tali rap­por­ti, c’è però da osser­va­re come lo sce­na­rio del nostro pae­se rap­pre­sen­ti anco­ra oggi un esem­pio loca­liz­za­to ma lam­pan­te del­la subor­di­na­zio­ne del Sud al Nord, nono­stan­te gli inne­ga­bi­li pas­si avan­ti com­piu­ti nell’iter di rilan­cio del Mez­zo­gior­no d’Italia in oltre centosessant’anni di sto­ria.

All’indomani dell’Unità nazio­na­le del 1861, non era così scon­ta­ta la pre­sa di coscien­za di una que­stio­ne meri­dio­na­le in Ita­lia. Dap­pri­ma, infat­ti, la clas­se diri­gen­te libe­ra­le, espres­sio­ne dell’alta bor­ghe­sia indu­stria­le set­ten­trio­na­le e dell’éli­te ari­sto­cra­ti­ca e fon­dia­ria meri­dio­na­le, era nel com­ples­so por­ta­ta a nega­re l’esistenza di un pro­ble­ma affe­ren­te al Mez­zo­gior­no e per con­se­guen­za ad annul­la­re com­ple­ta­men­te la stes­sa idea che un gior­no al Sud Ita­lia potes­se esse­re rico­no­sciu­ta una pari digni­tà socia­le, poli­ti­ca ed eco­no­mi­ca rispet­to alle regio­ni set­ten­trio­na­li. La ten­den­za all’azzeramento del­le real­tà meri­dio­na­li, che impli­ca­va tra l’altro situa­zio­ni di sfrut­ta­men­to più o meno evi­den­te e diret­to da par­te del Nord, era soprat­tut­to figlia di pre­con­cet­te attri­bu­zio­ni per cer­ti ver­si “raz­zi­ste” di un’équi­pe gover­na­ti­va inten­zio­na­ta prin­ci­pal­men­te a sal­va­guar­da­re il pro­prio sta­tus quo e i pro­pri inte­res­si par­ti­co­la­ri spac­cian­do­li qua­li inte­res­si col­let­ti­vi e nazio­na­li.

Il ceto domi­nan­te per­ce­pi­va la debo­lez­za e l’arretratezza socia­le ed eco­no­mi­ca del Meri­dio­ne non come urgen­te que­stio­ne da risol­ve­re in pro­spet­ti­va di una cre­sci­ta com­ples­si­va del Pae­se, ben­sì, al con­tra­rio, come fon­te di volon­tà sov­ver­si­ve da moni­to­ra­re costan­te­men­te e repri­me­re in caso di estre­ma neces­si­tà.

A testi­mo­nian­za del fat­to che il Sud fos­se con­si­de­ra­to una minac­cia per la stes­sa uni­tà del­la Peni­so­la anzi­ché una pos­si­bi­li­tà di svi­lup­po nazio­na­le su cui inve­sti­re, la rea­zio­ne manu mili­ta­ri del­la Destra sto­ri­ca al bri­gan­tag­gio (1861–1865). Tale feno­me­no non era for­se sta­to ben com­pre­so dal­la clas­se di pote­re. Era effet­ti­va­men­te sot­te­so da vel­lei­tà ever­si­ve poi­ché fomen­ta­to anche da com­po­nen­ti filo­bor­bo­ni­che che cal­deg­gia­va­no il ripri­sti­no del vec­chio ordi­ne, ma pri­ma di tut­to espri­me­va il disa­gio e il mal­con­ten­to popo­la­ri dovu­ti alla mise­ria e alla pre­ca­rie­tà del­la vita in zone carat­te­riz­za­te da un for­te vuo­to cul­tu­ra­le e per­tan­to inca­pa­ci di orga­niz­zar­si in for­ma­zio­ni poli­ti­ca­men­te evo­lu­te. In ragio­ne di ciò, non riu­sci­va­no a far vale­re le pro­prie istan­ze attra­ver­so il dia­lo­go, in un con­te­sto peral­tro di suf­fra­gio ristret­to in cui la rap­pre­sen­tan­za poli­ti­ca era pres­so­ché nul­la.

Non che nel­le cam­pa­gne vene­te o tosca­ne viges­se una con­di­zio­ne di pale­se e costan­te pro­gres­so intel­let­tua­le o spi­ri­tua­le; tut­ta­via, in mol­te regio­ni set­ten­trio­na­li, spe­cial­men­te i lavo­ra­to­ri del­le fab­bri­che si sta­va­no appre­stan­do a strut­tu­rar­si poli­ti­ca­men­te fino ad orga­niz­zar­si in un movi­men­to di mas­sa a base dot­tri­na­le socia­li­sta gui­da­to da vere e pro­prie oli­gar­chie ope­ra­ie che ne det­te­ran­no già a par­ti­re dagli anni Ottan­ta del XIX seco­lo le istan­ze rifor­mi­sti­che o rivo­lu­zio­na­rie. È pro­prio per que­sto moti­vo che nel­le rifles­sio­ni di bril­lan­ti e auto­re­vo­li pen­sa­to­ri meri­dio­na­li­sti di fine Otto­cen­to e pri­mi Nove­cen­to, come Gae­ta­no Sal­ve­mi­ni, domi­na­va l’idea del­la neces­si­tà di un’alleanza fra più con­sa­pe­vo­li ope­rai del Nord e mas­se con­ta­di­ne del Sud, allean­za che dal­la loro visua­le costi­tui­va la pre­mes­sa inde­ro­ga­bi­le del­lo svi­lup­po socio-eco­no­mi­co loca­le e nel con­tem­po nazio­na­le. Ma anche al di là del­lo spe­ci­fi­co discor­so meri­dio­na­li­sta di alcu­ni intel­let­tua­li e tor­nan­do inve­ce al bri­gan­tag­gio, si deve asso­lu­ta­men­te tene­re con­to del fat­to che esso era un feno­me­no pre­e­si­sten­te all’Unificazione e la sua ori­gi­ne non pote­va esse­re quin­di rin­trac­cia­bi­le nel solo desi­de­rio di scar­di­na­re l’ordinamento libe­ra­le appe­na costi­tui­to­si attor­no alla ban­die­ra ita­lia­na.

For­se sol­le­ci­ta­ta dall’attività dei bri­gan­ti e in con­co­mi­tan­za con l’avvento al pote­re del­la Sini­stra sto­ri­ca, si assi­stet­te in segui­to ad una pro­gres­si­va sen­si­bi­liz­za­zio­ne del­la clas­se poli­ti­ca ver­so la que­stio­ne meri­dio­na­le. Pur­tut­ta­via, la gra­dua­le – e obiet­ti­va­men­te fati­co­sa, con­si­de­ra­to il pano­ra­ma cul­tu­ra­le dell’epoca – pre­sa d’atto del rea­le males­se­re che afflig­ge­va il Mez­zo­gior­no non ser­vì indub­bia­men­te a risol­ve­re nell’immediato le pro­ble­ma­ti­che. Fu però da sti­mo­lo per la suc­ces­si­va attua­zio­ne, nei pri­mi anni del Nove­cen­to, di misu­re spe­cia­li a favo­re del­le regio­ni meri­dio­na­li, che, sep­pur offren­do solu­zio­ni incom­ple­te e tem­po­ra­nee quan­to set­to­ria­li e pri­ve di una spe­ci­fi­ca orga­ni­ci­tà, pote­va­no esse­re let­te nel con­cre­to come pri­mi embrio­na­li ten­ta­ti­vi di alli­nea­men­to Nord-Sud. Fra tali ten­ta­ti­vi, con­tras­se­gna­ti dun­que da uno spi­ri­to rifor­mi­sta di carat­te­re essen­zial­men­te loca­li­sta, ricor­do alcu­ni prov­ve­di­men­ti per il risa­na­men­to finan­zia­rio del­la cit­tà di Napo­li, la leg­ge per la costru­zio­ne dell’Acquedotto puglie­se e alcu­ne misu­re spe­cia­li a favo­re del­la Basi­li­ca­ta, ai qua­li sem­bra­va aggiun­ger­si un nuo­vo e man mano cre­scen­te inte­res­se da par­te dei vari gover­ni ita­lia­ni (Zanar­del­li, Gio­lit­ti, For­tis, Son­ni­no) per regio­ni come Cala­bria e Sici­lia.

Sen­za ades­so apri­re paren­te­si sul ven­ten­nio fasci­sta e rico­strui­re minu­zio­sa­men­te gli epo­ca­li cam­bia­men­ti isti­tu­zio­na­li che riguar­da­ro­no la Peni­so­la nel­la pri­ma metà del XX seco­lo, potrem­mo azzar­da­re a dire che in segui­to, negli anni Cin­quan­ta e Ses­san­ta, i pri­mor­dia­li ten­ta­ti­vi di rilan­cio del Mez­zo­gior­no ita­lia­no si evol­se­ro in misu­re più orga­ni­che o in ampi pia­ni di pro­gram­ma­zio­ne eco­no­mi­ca. Tra gli altri, mi rife­ri­sco in par­ti­co­la­re alla Cas­sa per il Mez­zo­gior­no, al pia­no Vano­ni, al pia­no Gio­lit­ti, i qua­li sor­ge­va­no pro­prio dal­la pie­na acqui­si­zio­ne di con­sa­pe­vo­lez­za che lo squi­li­brio ter­ri­to­ria­le Nord-Sud fos­se uno dei pro­ble­mi fon­da­men­ta­li dell’economia ita­lia­na a cui si sareb­be dovu­ta tro­va­re una ade­gua­ta riso­lu­zio­ne poli­ti­ca. Que­sti stes­si ten­ta­ti­vi subi­ro­no inol­tre un pro­ces­so di inar­re­sta­bi­le per­fe­zio­na­men­to nel cor­so del tem­po, fino ai gior­ni nostri, assu­men­do infi­ne la for­ma di auten­ti­ci pro­gram­mi di inter­ven­to di rilie­vo per­si­no inter­na­zio­na­le in quan­to com­ples­si­va­men­te siste­ma­tiz­za­ti e strut­tu­ra­ti nel­la cor­ni­ce gene­ra­le di una via via mag­gio­re coe­sio­ne euro­pea. A tale coe­sio­ne, in par­te già favo­ri­ta da pia­ni di aiu­ti di Sta­to pen­sa­ti appo­si­ta­men­te per le aree in par­ti­co­la­re dif­fi­col­tà di svi­lup­po, la recen­te pan­de­mia ha senz’altro impres­so una deter­mi­nan­te acce­le­ra­zio­ne sfo­cia­ta nei PNRR.

È chia­ro, resta da valu­ta­re il rea­le impat­to degli ulti­mi fon­di stan­zia­ti a bene­fi­cio del Meri­dio­ne. Cio­non­di­me­no, al momen­to le poli­ti­che pub­bli­che sino­ra imple­men­ta­te, pur non essen­do­si rive­la­te nel com­ples­so fal­li­men­ta­ri, sono sta­te insuf­fi­cien­ti a diri­me­re inte­gral­men­te la que­stio­ne. Si è trat­ta­to pro­ba­bil­men­te di misu­re anco­ra carat­te­riz­za­te da un ele­va­to livel­lo di paras­si­ti­smo ammi­ni­stra­ti­vo, il qua­le, ben­ché di sicu­ro meno evi­den­te se com­pa­ra­to a quel­lo di età gio­lit­tia­na, potreb­be aver­ne impe­di­to l’ottimizzazione dei risul­ta­ti. La foto­gra­fia del­la situa­zio­ne rima­ne infat­ti quel­la di un Mez­zo­gior­no social­men­te arre­tra­to ed eco­no­mi­ca­men­te inef­fi­cien­te rispet­to al Nord.

Ad ogni modo, non si può dubi­ta­re che negli anni sia­no sta­ti effet­tua­ti ten­ta­ti­vi prag­ma­ti­ci, real­men­te vol­ti alla riso­lu­zio­ne dei pro­ble­mi eco­no­mi­co-finan­zia­ri che gra­va­no sul Meri­dio­ne. Non si può però nem­me­no pen­sa­re che il rilan­cio socia­le ed eco­no­mi­co del­le aree meri­dio­na­li deb­ba pren­de­re le mos­se esclu­si­va­men­te da prov­ve­di­men­ti di natu­ra finan­zia­ria. La spin­ta pro­pul­si­va deci­si­va dovreb­be pro­ve­ni­re innan­zi­tut­to da un cam­bia­men­to cul­tu­ra­le sostan­zia­le e non sol­tan­to for­ma­le, da par­te del­la clas­se poli­ti­ca e del­la socie­tà tut­ta, in gra­do di affran­ca­re il Sud Ita­lia da retag­gi di lun­ga dura­ta. A quan­to pare que­sti retag­gi per­si­sto­no e con­ti­nua­no ad intrap­po­la­re il Mez­zo­gior­no nel­la mor­sa di aber­ran­ti pre­giu­di­zi tali da limi­tar­ne la cre­sci­ta finan­zia­ria ed osta­co­lar­ne la rea­liz­za­zio­ne socia­le nono­stan­te il rico­no­sci­men­to uffi­cia­le del­la que­stio­ne meri­dio­na­le nel qua­dro gene­ra­le di una stra­te­gia poli­ti­ca­men­te cor­ret­ta. Da par­zia­le con­trap­pe­so a ciò, c’è da dire natu­ral­men­te che la stes­sa cul­tu­ra meri­dio­na­le, non meno radi­ca­ta di quel­la set­ten­trio­na­le ed anzi per alcu­ni ver­si ancor più con­ser­va­tri­ce, sem­bra pro­dur­re una cer­ta resi­sten­za al cam­bia­men­to la qua­le può osta­co­la­re lo svi­lup­po del Sud nel­le varie decli­na­zio­ni. Sareb­be tut­ta­via trop­po sem­pli­ce e ridu­zio­ni­sti­co affib­bia­re la respon­sa­bi­li­tà del sot­to­svi­lup­po del Mez­zo­gior­no sola­men­te alle incli­na­zio­ni cul­tu­ra­li del­la popo­la­zio­ne meri­dio­na­le, poi­ché equi­var­reb­be ad aval­la­re posi­zio­ni ideo­lo­gi­che che, sep­pur ad oggi sfu­ma­te, riman­da­no vela­ta­men­te alla visio­ne discri­mi­na­to­ria dell’éli­te poli­ti­ca del post-Uni­tà.

Que­sta rifles­sio­ne non ha ovvia­men­te alcu­na pre­te­sa di asso­lu­tez­za o com­ple­tez­za sto­ri­ca, ma sareb­be for­se oppor­tu­no ripen­sa­re le moda­li­tà tra­mi­te cui valo­riz­za­re a livel­lo mul­ti­di­men­sio­na­le il Mez­zo­gior­no. Sareb­be infat­ti auspi­ca­bi­le ripar­ti­re, con un più pro­fon­do sguar­do sul­la real­tà uma­na met­ten­do per un momen­to da par­te i para­me­tri mate­ria­li­sti­ci e con­su­mi­sti­ci del­la socie­tà del­la glo­ba­liz­za­zio­ne, par­ten­do dall’incontrovertibile assun­to dell’uguaglianza fra indi­vi­dui. Sola­men­te dopo aver pre­so dav­ve­ro con­sa­pe­vo­lez­za del­la pari digni­tà di tut­ti i cit­ta­di­ni ed esser­si di con­se­guen­za pie­na­men­te libe­ra­ti da una con­so­li­da­ta ma ingiu­sti­fi­ca­ta tra­di­zio­ne discri­mi­nan­te nei con­fron­ti dei ter­ri­to­ri meri­dio­na­li e di chi li abi­ta, sarà final­men­te pos­si­bi­le costrui­re pro­get­ti poli­ti­ci vali­di in pro­spet­ti­va di un rilan­cio pri­ma di tut­to iden­ti­ta­rio e socia­le, poi eco­no­mi­co e finan­zia­rio del Sud del­la nostra peni­so­la.

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