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Marzo
24 Marzo 2025

LA PAR­TI­TA DI CAL­CIO

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Gli scar­pon­ci­ni di Loren­zo indu­gia­no sul­la soglia, le suo­le leg­ger­men­te stac­ca­te chie­do­no il per­mes­so di rima­ne­re sul­lo zer­bi­no di paglia, al sicu­ro. La minac­cia del cal­zi­no  leg­ger­men­te scu­ri­to dal­la par­ti­ta di cal­cet­to si fa lar­go nel­la sua fan­ta­sia; non è sere­no, ma nem­me­no inquie­to, Loren­zo è solo rien­tra­to a casa. 

Sen­te le dita dei pie­di toc­ca­re la pun­ta del­le scar­pe, gli van­no stret­te: sta cre­scen­do e mam­ma Sara darà anche quel paio ai pove­ri. Uno spil­lo di tri­stez­za lo attra­ver­sa; que­gli  scar­pon­ci­ni gli piac­cio­no, ci cor­re bene e sono resi­sten­ti, non vuo­le dar­li ai pove­ri, pre­fe­ri­sce con­ti­nua­re a usar­li fino a che gli van­no, e anche qual­co­sa in più. Si impe­gna mol­to per non rovi­nar­li, gio­can­do a pal­lo­ne. 

Quan­do è al cam­pet­to da cal­cio con i com­pa­gni, Loren­zo è uno dei miglio­ri, gli pia­ce fare tut­to, ma se pro­prio deve sce­glie­re pre­fe­ri­sce gio­ca­re come cen­tro­cam­pi­sta: da lì è faci­le anti­ci­pa­re ogni mos­sa. I suoi occhi s’ingrandiscono e rim­pic­cio­li­sco­no, pron­ti a scat­ta­re con­tro gli avver­sa­ri, i suoi pie­di lo seguo­no insi­sten­te­men­te, ascol­tan­do le sue indi­ca­zio­ni.  

Quan­do gio­ca, è un bam­bi­no. E, ora, sul pia­ne­rot­to­lo di via del­la Tor­re 32, non lo è più.  

Loren­zo è solo il suo cal­zi­no, spor­co di ter­ra sul bian­co con­su­ma­to dal fra­tel­lo Pao­lo. Quel mar­ro­ne ha già fat­to la rug­gi­ne, non si può toglie­re, Loren­zo lo grat­ta con le unghie, stru­scia le sue cavi­glie tra di loro e quel­lo rima­ne. Indi­sci­pli­na­to e mal­de­stro, direb­be suo padre di lui, e lui è quel cal­zi­no.  

La voce di papà Mario è den­sa. S’impadronisce dei suoi pen­sie­ri, la pau­ra stret­ta in un sin­ghioz­zo. Fuo­ri dal­la por­ta, Loren­zo già trat­tie­ne le lacri­me. I pie­di scio­pe­ra­no sul­lo zer­bi­no. La gran­de mani­glia in accia­io è così vici­na che la sen­te pian­ta­ta nel­lo sto­ma­co, pesan­te e silen­zio­sa. La luce che gli illu­mi­na gli scar­pon­ci­ni da sot­to lo sti­pi­te gli augu­ra buon pran­zo. Fino a quel  momen­to, il suo orec­chio è disat­ten­to, vuo­to e, poi, si riem­pie del suo­no del­la radio, acce­sa a un volu­me bas­sis­si­mo. Quel­lo che, inve­ce, con­ti­nua a non sen­ti­re è papà Mario e signi­fi­ca che è tor­na­to a casa per­ché, quan­do lui è a casa, la casa non fa rumo­re. 

Il pran­zo cuo­ce sul fuo­co, i geni­to­ri lo aspet­ta­no per man­gia­re tut­ti insie­me. In situa­zio­ni come que­sta, a Loren­zo man­ca Pao­lo che è in col­le­gio. Pri­ma del­la sua par­ten­za, liti­ga­va­no  sem­pre, ma da ora che non c’è, a vol­te, abbrac­cia il suo cusci­no.  

Pao­lo ha pau­ra di papà Mario anche se è più gran­de: Loren­zo lo sa per­ché lo ha sen­ti­to pian­ge­re spes­so dal pia­no supe­rio­re del let­to a castel­lo. 

Un rumo­re taglien­te di chia­vi spa­ven­ta i suoi ricor­di che van­no a nascon­der­si di nuo­vo e Loren­zo si accor­ge di dover fare la pipì; non sa per­ché non l’ha fat­ta a scuo­la pri­ma di  rien­tra­re, ma ora che se ne accor­ge non può fare a meno di pen­sar­ci. Un sol­le­ti­co si arram­pi­ca sul­le sue gam­be, i pie­di chie­do­no pie­tà e, nel frat­tem­po, scal­cia­no som­mes­sa­men­te. Loren­zo sen­te che le lacri­me e la pipì stan­no per usci­re e non sa due cose: quan­to riu­sci­rà a trat­te­ner­le entram­be e quan­do papà Mario farà scat­ta­re il chia­vi­stel­lo. 

Le chia­vi bal­la­no tra le sue mani pesan­ti e Loren­zo strin­ge le gam­be un’ul­ti­ma vol­ta. Anche se non alza lo sguar­do, avver­te quel­lo di suo padre dal modo in cui la por­ta si apre per far­si sem­pre più sot­ti­le. Ai suoi pie­di, lo zer­bi­no si bagna e anche la rispo­sta a una del­le due doman­de goc­cio­la via. Loren­zo non si spie­ga come mai, tra le lacri­me e la pipì, il suo cor­po scel­ga la pipì. Scen­de lun­go le gam­be, s’in­fi­la sot­to i cal­zi­ni e li ripu­li­sce da quel­la par­ti­ta che ha fat­to con i com­pa­gni. La sua col­pa è il gio­co. Quan­do è un bam­bi­no, spor­ca i cal­zi­ni, fa ritar­do a casa, se la fa addos­so davan­ti a papà Mario.  

Una sago­ma nemi­ca sbat­te le unghie sull’orologio e Loren­zo è sol­tan­to quel cal­zi­no spor­co, lava­to dal­la sua pipì. Papà Mario diva­ri­ca le gam­be e cer­ca un odo­re sgra­de­vo­le: vuo­le una con­fer­ma di ciò che imma­gi­na e quan­do i mocas­si­ni  si bagna­no, il suo vol­to smet­te di muo­ver­si. Ha tro­va­to Loren­zo e, final­men­te, pos­so­no anda­re a pran­zo.  

Non si dico­no nul­la. Papà Mario si gira, supe­ra velo­ce­men­te l’ingresso e va a seder­si a capo­ta­vo­la, Loren­zo si stac­ca dal­lo zer­bi­no e si spor­ge, cer­can­do mam­ma Sara, ma lei è in  cuci­na e non si accor­ge di nul­la, ha but­ta­to la pasta poco fa. Lui fa un pas­so in avan­ti ed è qua­si nel sog­gior­no: suo padre lo aspet­ta.

Le gam­be fred­de e i pan­ta­lo­ni pesan­ti gli dan­no pru­ri­to, vuo­le anda­re a cam­biar­si. Loren­zo è impac­cia­to; la mano vuo­ta e gran­de di papà Mario sbat­te sul tavo­lo, mam­ma Sara sus­sul­ta  dal­la cuci­na, Loren­zo ha capi­to.  

Va ver­so il tavo­lo da pran­zo e incon­tra suo padre, mam­ma Sara affret­ta il pas­so, strin­gen­do tra le mani la pen­to­la con la pasta. È pron­to. Sem­bra­no i re Magi, ma Loren­zo non por­ta con sé alcun dono. Per lui c’è una peni­ten­za. 

Loren­zo guar­da la sedia in tes­su­to vici­no al suo posto, i  piat­ti sono pie­ni, sua madre si è sedu­ta e lui rima­ne immo­bi­le; una lacri­ma scen­de sul bei­ge del­la sedu­ta e ini­zia ad allar­gar­si. Poi si sie­de.  

Il con­tat­to con il cusci­no mor­bi­do lo riscal­da, ma quan­do anche quel­lo comin­cia a bagnar­si, Loren­zo con­ge­la. Non rie­sce a masti­ca­re bene per­ché i suoi den­ti bat­to­no, si schiac­cia la lin­gua men­tre cer­ca di non fare rumo­re. 

Men­tre tre­ma tut­to, si sen­te nudo, i pan­ta­lo­ni sono solo un  con­tor­no e il suo cor­po fred­do si è fuso con la sedia. Non può alzar­si. Con­ti­nua a man­da­re i boc­co­ni giù e deglu­ti­sce: per  papà Mario è insop­por­ta­bi­le. Allun­ga la sua mano e strin­ge for­te le dita attor­no al pol­so di Loren­zo, che chiu­de a for­za le lab­bra. Mam­ma Sara guar­da suo mari­to e suo figlio come se fos­se­ro tra­spa­ren­ti. 

Papà Mario non lascia la pre­sa e Loren­zo fa cade­re la for­chet­ta nel piat­to pie­no, ha anco­ra fame, ma non se ne accor­ge in tem­po che è già in pie­di. Suo padre sta mar­cian­do ver­so il cen­tro del­la stan­za e lui è la sua ombra. Vuo­le anda­re a cam­biar­si, ma non può per­ché le dita lun­ghe e veno­se lo impri­gio­na­no.  

D’un trat­to, la pre­sa si allen­ta. Loren­zo spo­sta i pie­di sul  pavi­men­to fred­do e duro, ma quel­li non fun­zio­na­no in una casa che asso­mi­glia tut­ta a suo padre. Le pare­ti non nascon­do­no pas­sag­gi segre­ti. Il sipa­rio non cala, lo spet­ta­co­lo è appe­na ini­zia­to. 

Il pavi­men­to è fred­do e duro e Loren­zo lo sa per­ché è cadu­to. La mano vuo­ta di papà Mario ora è pie­na del suo­no del­la sua cin­tu­ra. La fib­bia schioc­ca sull’orologio, poi sul­la fede. Loren­zo ha pau­ra che si slac­ci i pan­ta­lo­ni.  

Al cen­tro del sog­gior­no ci sono lui e suo padre, poco più in là mam­ma Sara con­ti­nua a man­gia­re e nem­me­no quan­do la cin­ta si spo­sta da papà Mario a Loren­zo, lei smet­te di ingoz­zar­si.  

È un rumo­re che dura mol­ti secon­di, Loren­zo non sa bene quan­ti, per­ché le sue gam­be nasco­ste sot­to un blu scu­ris­si­mo ora van­no a fuo­co e pen­sa solo a quel­le. Il pri­mo col­po è l’unico che gli fa male, per tut­ti gli altri sen­te solo quel calo­re che fini­sce e rico­min­cia, fini­sce e rico­min­cia.  

Loren­zo con­ge­la, ma den­tro muo­re dal cal­do; il suo cor­po è ros­so, sca­va­to dal san­gue e graf­fia­to di bian­co. Non tre­ma più, le sue lab­bra ser­ra­te non dico­no nul­la che non pen­si e  nei suoi pen­sie­ri, ora, non c’è nul­la.  

Le pare­ti non nascon­do­no pas­sag­gi segre­ti e, per ter­ra, Loren­zo è solo un cal­zi­no spor­co che rima­ne lì, men­tre papà Mario e mam­ma Sara fini­sco­no di pran­za­re. 

 

Foto­gra­fia di Davi­de Bon­diel­li (davide_bondielli)

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