Chiunque abbia avuto le mestruazioni nella propria vita avrà pensato almeno una volta che loro “lo sanno”: lo sanno quando devi partire per le vacanze, lo sanno quando indossi i pantaloni bianchi e lo sanno quando hai finito gli assorbenti nella borsa. Quando si dice che “lo sanno” non si attribuisce certamente alle mestruazioni una conoscenza di tipo razionale, ma qualcosa che somiglia più agli “istinti misteriosi” che per Simone de Beauvoir stanno alla base dell’orrore – e della paura – che l’uomo prova per il corpo della donna (De Beauvoir 2016). L’idea che il corpo pensi è stata sempre rigettata con forza dalla tradizione occidentale, che sin dai suoi inizi si basa sulla netta separazione tra materia e ragione, sostanza e pensiero. E poiché Dio è pensiero di pensiero, non c’è necessità che il corpo abbia una sua intelligenza. Arriverà prima Spinoza e poi Nietzsche a dire che il corpo “è una grande ragione” (Spinoza 2025, 89; Nietzsche 2017, 32), ma in generale questo concetto ha avuto poca fortuna se non per quelle formule ormai idiomatiche della serie ‘l’intestino è il secondo cervello’.
Oggi che siamo impegnati, come dice la filosofa Avital Ronell, in una inutile ‘guerra contro la stupidità’ cerchiamo l’intelligenza dappertutto (Ronell 2008; Schirò 2009). Dai tempi di Howard Gardner (1987), teorico delle intelligenze multiple, il numero delle intelligenze possibili lievita di anno in anno, cosicché ognuno possa trovare la propria: quella verbale, quella matematica o quella emotiva. In alcune descrizioni è chiara la volontà di rivendicare una sorta di superiorità morale: «Non sarò molto brava a fare i conti, ma almeno io sono una persona empatica!». Eppure se si riuscisse ad abbattere quella forzosa distinzione tra corpo e ragione, apparirebbe chiaro che tutte le intelligenze sono fatte di materia.
Come scrive l’esperta di salute mestruale Anna Buzzoni nel suo libro Ecologia Mestruale (2025): “l’intelligenza della mente senza l’intelligenza del corpo fisico è menomata, incompleta e fuorviante” (Buzzoni 2025).
C’è un filo che le unisce, e che sembra unire anche ciò che sta fuori di noi, a cui Buzzoni ha dato il nome di Matrice Ciclica. È un copione in quattro atti messo in scena da tante compagnie teatrali diverse, dallo scorrere del giorno alla respirazione: si parte coi polmoni vuoti, si inspira, i polmoni si riempiono e si espira. C’è un seme, poi sboccia, fiorisce e appassisce.
Nel ciclo mestruale, queste quattro fasi si riproducono ogni mese – mestruazione, fase follicolare, ovulazione e fase luteale – ma anche nell’arco di una vita, infanzia senza mestruazioni, dal menarca fino alla fase di ‘assestamento’, fase del ciclo ovulatorio fino alla menopausa. Per Buzzoni, ogni ciclo ha una dinamica interna che prevede un’opposizione non competitiva, ma complementare: se i polmoni non si svuotano, non si possono riempire, se le piante non muoiono, non possono ricrescere. In altre parole, è necessaria una morte se si vuole una rinascita.
Ciò è particolarmente evidente con il ciclo mestruale, che ha la sua prima fase proprio nella mestruazione, che è la fuoriuscita del sangue mestruale. Questa fase è la più visibile del ciclo, ma anche la più maltrattata: in molte culture, è ancora oggetto di pregiudizi e tabù, ma anche se siamo pronti a bollare come superstizione la credenza secondo cui ‘in quei giorni’ è meglio non fare il pane altrimenti non lieviterà, la realtà è che tendiamo a nascondere questa fase molto più di quanto non ci piaccia ammettere. Secondo uno studio pubblicato su The Lancet, circa 151 milioni di donne nel mondo prendono la pillola, ovvero non hanno più le mestruazioni. Tolte alcune patologie o condizioni particolari in cui la sospensione del sanguinamento allevia sintomi particolarmente dolorosi o nel caso delle persone trans a cui causa disforia, non è raro che chi assume questo contraccettivo lo faccia con l’idea di ‘regolarizzare il ciclo’, che però viene interrotto proprio dall’azione del farmaco. Nel 2011, solo il 42% delle donne americane usava la pillola soltanto per scopi contraccettivi. Da uno studio condotto in vari paesi europei nel 2013, emerge inoltre che poter gestire più facilmente le mestruazioni è un fattore importante nella scelta della contraccezione.
Spesso è difficile stabilire in maniera definitiva se le nostre decisioni sono davvero libere o se sono frutto di condizionamenti sociali, specie per quelle che riguardano il nostro corpo. Ma vale la pena interrogarsi su cosa spinga a dover controllare, o addirittura eliminare, una parte così significativa della vita di molte persone. Le mestruazioni, in una società dove dobbiamo essere tutti performanti al massimo, implicano lentezza, imprevisto, cura.
Mestruo è la fase del ritiro e del riposo, della rielaborazione e della delega. Proprio come il sonno, componente necessaria al benessere, è la fase della rigenerazione del nostro corpo. Non è un caso se entrambi sono considerati nemici della produttività: gli hustle guru dei social invitano la gente a trattenersi al lavoro fino a mezzanotte e ad alzarsi alle cinque di mattina se si vuole ottenere qualcosa nella vita. Nel 2017 fece scalpore una dichiarazione dell’amministratore delegato di Netflix, Reed Hastings, che disse che il più grande avversario dell’azienda era non un’altra piattaforma di streaming, ma il sonno. Anche il ciclo mestruale in un certo senso è oggetto della stessa inimicizia: non solo la nostra società preferisce far finta che non esista, ma il generico ombrello degli ‘ormoni’ è diventato la causa di tutti i problemi che affliggono le donne, non solo quelli di salute. Se al lavoro non riesci a concentrarti, è colpa degli ormoni. Se sei brutta, è colpa degli ormoni. Se sei triste, è colpa degli ormoni.
Tutti questi discorsi per Buzzoni hanno un nome: Cazzocene. Il Cazzocene è l’era geologica in cui si ignora la Matrice Ciclica dentro e fuori di noi in favore di un’accumulazione insensata e di una produttività senza scopo. Se l’Antropocene è l’era in cui la presenza dell’uomo ha modificato irreversibilmente la composizione del pianeta, il Cazzocene rappresenta l’ultimo stadio di incuria ed egoismo. Anziché prevedere la naturale e necessaria alternanza di produttività e riposo e il concerto tra gli ormoni, il Cazzocene ne ha incoronato uno solo: il cortisolo, quello che oggi chiamiamo impropriamente ‘l’ormone dello stress’, ma che è più corretto definire ‘l’ormone della sopravvivenza’. Il cortisolo è la molla che ci fa scappare di fronte a un predatore, ma che, nell’epoca attuale, non riesce tanto bene a distinguere tra una tigre dai denti a sciabola e una raffica di notifiche sul telefono. Nel Cazzocene non c’è tempo per la piccola morte necessaria a ricostruire una vita nuova, perché viviamo inseguiti da un predatore che non esiste.
Per Buzzoni, il cortisolo è l’anti-progesterone, ovvero l’ormone protagonista di un’altra fase molto bistrattata del ciclo mestruale, che siamo abituati a chiamare ‘premestruo’ e ad associare a irascibilità e instabilità mentale. Ma il progesterone è un ormone fondamentale, che prepara e organizza, proprio come ci prepariamo prima di andare a letto. Il problema è che sempre più spesso, anziché struccarci e lavarci i denti, restiamo incollati a uno smartphone, sovvertendo il processo naturale di rallentamento e sovraccaricandoci di stimoli inutili – e aumentando i livelli di cortisolo.
È proprio ciò che succede nel Cazzocene quando si ignorano i segnali del nostro corpo o dell’ambiente circostante. Il suo sintomo terminale è proprio pensare di essere padroni del mondo, di aver capito come vanno le cose o, ancora meglio, di essere i soli ad aver capito come vanno le cose.
Nel suo libro Stupidity (2008), Avital Ronell osserva come la nostra condanna morale nei confronti della stupidità ci porti a esagerare la nostra intelligenza. Nella storia abbiamo assistito a più riprese a movimenti sociali e politici convinti di aver trovato la chiave di un’intelligenza suprema.
Un tempo lo credevano i positivisti, oggi lo credono i tecno-millenaristi, che come i loro predecessori sono affascinati da idee di selezione e miglioramento della razza, stavolta con l’aiuto dell’intelligenza artificiale. Il tutto senza mai guardarsi dietro, dentro, ma anche solo intorno, e riconoscere che il mondo non può andare avanti e basta, ma deve sempre tornare in qualche modo alla sua prima fase per crescere, e quindi sopravvivere. Questi ideologi credono che l’accelerazione del progresso tecnologico, che culminerà in una catastrofe per l’umanità, sia l’unico rimedio alla decadenza della modernità. Ma la Matrice Ciclica non prevede mai una morte definitiva. La mestruazione stessa, scrive Buzzoni, è “una morte vivissima”, che contiene in sé la propria rigenerazione attraverso enzimi, proteine e cellule staminali. Non sarà un caso che i figli perfetti e intelligentissimi, destinati a ripopolare il pianeta, i guru del tech li facciano solo con la procreazione medicalmente assistita: l’intelligenza mestruale non fa proprio parte del loro ordine delle idee. Ma è l’unico antidoto prima dell’estinzione.
Fotografia a cura di Chiara Alessandri
Bibliografia
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