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Luglio
25 Luglio 2022

FRA IRO­NIA, LUN­GI­MI­RAN­ZA E IMPE­RIA­LI­SMO: I CON­FI­NI COLO­NIA­LI IN AFRI­CA IERI E OGGI

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Nel 1885 i prin­ci­pa­li capi di sta­to euro­pei si riu­ni­ro­no a Ber­li­no per una con­fe­ren­za indet­ta dall’allora can­cel­lie­re Bismarck per deci­de­re come spar­tir­si il con­ti­nen­te afri­ca­no. Quel­lo che ne seguì fu lo Scram­ble for Afri­ca – espres­sio­ne ingle­se tra­du­ci­bi­le come “Lo sgo­mi­tio per l’Africa” – ovve­ro la spar­ti­zio­ne del con­ti­nen­te afri­ca­no fra le varie poten­ze euro­pee, feno­me­no che durò fino al 1913 quan­do l’intero con­ti­nen­te era sot­to il con­trol­lo euro­peo. Que­sto feno­me­no è con­si­de­ra­to l’apice dell’Età dell’Imperialismo (1870–1914), ovve­ro quel momen­to sto­ri­co in cui il Vec­chio Con­ti­nen­te esten­de­rà la sua ege­mo­nia all’intero glo­bo – com­pren­den­do quin­di Asia e Afri­ca nel­le sue con­qui­ste. L’operazione diplo­ma­ti­ca di Bismarck ave­va in real­tà l’intento di spo­sta­re l’attenzione del­le poten­ze euro­pee dal con­ti­nen­te, in par­ti­co­la­re Gran Bre­ta­gna e Fran­cia, per poter con­so­li­da­re l’egemonia tede­sca sul con­ti­nen­te. Ma que­sta è un’altra sto­ria.

Il man­tra che carat­te­riz­za que­sto perio­do è “il com­mer­cio segue la ban­die­ra” (Bagna­to 2006, 54), ovve­ro che il con­trol­lo poli­ti­co-mili­ta­re di un ter­ri­to­rio era neces­sa­rio per sta­bi­lir­vi rela­zio­ni com­mer­cia­li esclu­si­ve.

La con­se­guen­za del­lo Scram­ble for Afri­ca è evi­den­te nel­la figu­ra qui sot­to, in soli 33 anni le poten­ze euro­pee arri­va­ro­no a con­qui­sta­re l’intero con­ti­nen­te. Se que­sto non avven­ne pri­ma (per una trat­ta­zio­ne este­sa vedi Hea­drick, 2011) è per­ché le malat­tie pro­prie del con­ti­nen­te afri­ca­no e la tec­no­lo­gia mili­ta­re euro­pea non era­no all’altezza del pro­ble­ma da supe­ra­re. Da una par­te infat­ti malat­tie come la mala­ria deci­ma­va­no costan­te­men­te le trup­pe – la mor­ta­li­tà era del 50% cir­ca – e solo l’invenzione del chi­ni­no come rime­dio aprì le por­te del con­ti­nen­te agli euro­pei, ridu­cen­do la mor­ta­li­tà al 2% cir­ca del­le trup­pe. Dall’altra par­te la tec­no­lo­gia mili­ta­re euro­pea si svi­lup­pò enor­me­men­te nel­la secon­da metà del seco­lo, tan­to che la poten­za marit­ti­ma euro­pea – pri­ma con­fi­na­ta alle aree costie­re in cui pote­va espri­me­re tut­ta la sua poten­za – gra­zie all’invenzione del moto­re a vapo­re, ai fuci­li a retro­ca­ri­ca e alle mitra­glia­tri­ci poté river­sar­si negli entro­ter­ra, in Afri­ca come in Asia. L’Africa diven­ne così dal­la Whi­te Man’s Gra­ve (la tom­ba dell’uomo bian­co), così com’era sta­ta cono­sciu­ta per alme­no due seco­li, a una del­le tap­pe del Whi­te Man’s Bur­den (il far­del­lo dell’uomo bian­co), chia­ma­to a “civi­liz­za­re i popo­li bar­ba­ri”.

 

Ma se l’imperialismo euro­peo por­tò la guer­ra su lar­ga sca­la nel con­ti­nen­te e sog­gio­gò nume­ro­se popo­la­zio­ni afri­ca­ne, l’idea edul­co­ra­ta dell’onnipotenza euro­pea sta – a ragion vedu­ta e per rigo­re sto­ri­co – pian pia­no sgre­to­lan­do­si. Ad esem­pio, in testi ora­mai clas­si­ci come Sta­tes and Power in Afri­ca di Jef­frey Herb­st si evi­den­zia come il con­trol­lo eser­ci­ta­to dagli euro­pei sul ter­ri­to­rio fos­se mar­gi­na­le e avve­nis­se più attra­ver­so la coop­ta­zio­ne dei capi loca­li piut­to­sto che su un vero e pro­prio ‘domi­nio’ del­le varie socie­tà afri­ca­ne. Ma se la ter­ri­to­ria­liz­za­zio­ne del pote­re sta­ta­le era un pro­ble­ma ieri per gli euro­pei que­sta, come evi­den­zia­to da Herb­st, lo è anche oggi per le éli­te afri­ca­ne. Ma se le map­pe che rap­pre­sen­ta­no l’occupazione euro­pea dei ter­ri­to­ri afri­ca­ni men­to­no riguar­do all’effettivo con­trol­lo del ter­ri­to­rio, lo fan­no anche i con­fi­ni sta­bi­li­ti duran­te lo Scram­ble.

 

Come evi­den­zia­to dal­la car­ti­na sopra­stan­te che sovrap­po­ne i con­fi­ni sta­ta­li a quel­li etni­ci, l’Africa è sta­ta divi­sa a tavo­li­no, con squa­dra e righel­lo, duran­te que­sto perio­do. Que­sto ha crea­to nume­ro­si pro­ble­mi a varie comu­ni­tà, fami­glie divi­se da una nazio­na­li­tà per­ché la pro­pria casa era da una par­te del con­fi­ne, iden­ti­tà etni­che che da flui­de diven­ta­no cri­stal­liz­za­te – il caso più cele­bre è quel­lo degli Hutu e dei Tutsi e del geno­ci­dio ruan­de­se del 1994 – e veri e pro­pri popo­li divi­si fra più nazio­ni – come i Soma­li, divi­si fra Etio­pia, Soma­lia, Gibu­ti e Kenya.

Ma in Afri­ca, sin dall’inizio del pro­ces­so di deco­lo­niz­za­zio­ne nel 1947, le guer­re sono sta­te qua­si uni­ca­men­te intra-sta­ta­li – ovve­ro all’interno dei con­fi­ni degli sta­ti – più che inter-sta­ta­li, tra sta­ti. Que­sto è dovu­to alla deci­sio­ne dei padri fon­da­to­ri dell’Organizzazione per l’Unità Afri­ca­na (OAU), fon­da­ta nel 1963 ad Addis Abe­ba sot­to l’egida di alcu­ni fra i più noti sta­ti­sti dell’epoca come Hai­le Selas­sie, impe­ra­to­re d’Etiopia, il dr. Kwa­me Nkru­mah, pre­si­den­te del­la Repub­bli­ca del Gha­na, il Gene­ra­le Gamal Abdul Nas­ser, pre­si­den­te del­la Repub­bli­ca Ara­ba Uni­ta d’Egitto, Ahmed Ben Bel­la, pre­si­den­te del­la Repub­bli­ca d’Algeria, Julius Nye­re­re, Pre­si­den­te del­la Repub­bli­ca di Tan­za­nia, Leo­pold Sen­ghor, pre­si­den­te del­la Repub­bli­ca del Sene­gal e altri 26 capi di sta­to. L’OAU, dal 2002 Unio­ne Afri­ca­na (AU), sta­bi­lì infat­ti il rico­no­sci­men­to dei con­fi­ni esi­sten­ti degli sta­ti fir­ma­ta­ri di modo da assi­cu­rar­ne la sovra­ni­tà, la non-inter­fe­ren­za negli affa­ri inter­ni e un’uguaglianza reci­pro­ca. Que­sto ha por­ta­to a del­le rela­zio­ni inter-sta­ta­li gene­ral­men­te paci­fi­che e sta­bi­li, Cla­pham – afri­ca­ni­sta fra i più famo­si – ha affer­ma­to che la deci­sio­ne “pos­sa esse­re salu­ta­ta come un ten­ta­ti­vo lun­gi­mi­ran­te e in gene­re straor­di­na­ria­men­te riu­sci­to di sta­bi­li­re la strut­tu­ra diplo­ma­ti­ca dell’Africa indi­pen­den­te” (Cla­pham 2017, 178).

Per quan­to l’irredentismo, a par­te quel­lo soma­lo, non carat­te­riz­zi quin­di le rela­zio­ni inter-sta­ta­li dell’Africa con­tem­po­ra­nea l’ironia del­la sor­te – sem­pre die­tro l’angolo nel­le rela­zio­ni inter­na­zio­na­li – ha volu­to che al fine di evi­ta­re san­gui­no­si e inter­mi­na­bi­li con­flit­ti per i con­fi­ni, che avreb­be­ro pro­ba­bil­men­te get­ta­to l’intero con­ti­nen­te nel san­gue per decen­ni e decen­ni, la ‘gri­glia’ con cui gli euro­pei han­no divi­so l’Africa sia diven­ta­ta, in mani afri­ca­ne, uno dei mec­ca­ni­smi di disin­ne­sco del­la con­flit­tua­li­tà e uno dei fon­da­men­ti dell’Africa deco­lo­nia­le.

 

Biblio­gra­fia:

-Bagna­to, Bru­na. 2006. L’Europa e il mon­do. Ori­gi­ni, svi­lup­po e cri­si dell’imperialismo colo­nia­le. Firen­ze: Le Mon­nier.

-Cla­pham, Chri­sto­pher. 2017. The Horn of Afri­ca. Sta­te for­ma­tion and Decay. Oxford: The Oxford Uni­ver­si­ty Press.

-Hea­drick, Daniel R. 2001. Il pre­do­mi­nio dell’Occidente. Tec­no­lo­gia, ambien­te, impe­ria­li­smo. Bolo­gna: Il Muli­no.

-Herb­st, Jef­frey. 2000. Sta­tes and Power in Afri­ca. Com­pa­ra­ti­ve Les­sons in Autho­ri­ty and Con­trol. Prin­ce­ton: Prin­ce­ton Uni­ver­si­ty Press.

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