12

Gennaio
12 Gennaio 2023

DAL­L’I­TA­LIA LIBE­RA­LE A QUEL­LA FASCI­STA: UN PUN­TO DI VISTA COLO­NIA­LE

0 CommentI
53 visualizzazioni
17 min

Spes­so nel rac­con­to di quel perio­do sto­ri­co che va dall’Unità d’Italia nel 1861 all’avvento del Fasci­smo nel 1922 si esal­ta­no, ieri come oggi, valo­ri risor­gi­men­ta­li e libe­ra­li come l’amor di patria, l’onore, la lot­ta per la liber­tà e la giu­sti­zia come carat­te­ri­sti­che salien­ti del Bel­pae­se, del­la sua poli­ti­ca inter­na e inter­na­zio­na­le. L’Italia otto­cen­te­sca e del pri­mo Nove­cen­to vie­ne così con­tras­se­gna­ta come una neo­na­ta nazio­ne con poche vel­lei­tà impe­ria­li, incen­tra­ta sul­lo svi­lup­po eco­no­mi­co inter­no e sull’unità nazio­na­le. Sem­bra qua­si che sia estra­nea al gio­co del­le Gran­di Poten­ze che si spar­ti­ran­no l’Africa, dal 1870 al 1914, per non far­si guer­ra sul con­ti­nen­te euro­peo e che i pochi pos­se­di­men­ti ita­lia­ni d’oltremare sia­no poca cosa. Arri­van­do poi al pri­mo con­flit­to mon­dia­le, l’incertezza dell’Italia sull’entrata in guer­ra sem­bra qua­si una ripro­va del suo esse­re un “intru­so” negli affa­ri del Vec­chio Con­ti­nen­te.

Dopo aver dipin­to que­sto con­te­sto la sto­rio­gra­fia tra­di­zio­na­le pone l’avvento del Fasci­smo come una con­se­guen­za del trat­ta­men­to riser­va­to all’Italia nel dopo­guer­ra – nono­stan­te sia una del­le Poten­ze vin­ci­tri­ci – come se fos­se una natu­ra­le con­se­guen­za. Depau­pe­ra­ta dei com­pen­si per la vit­to­ria, la più pic­co­la tra le Gran­di Poten­ze vuo­le fare la voce gros­sa e ripren­der­si ciò che le è sta­to tol­to. Si sve­glia così fra la pre­sa di Fiu­me, la Mar­cia su Roma e il delit­to Mat­teot­ti in un tri­pu­dio nazio­na­li­sta, popu­li­sta e rea­zio­na­rio fat­to di brac­cia tese, costan­ti richia­mi al pas­sa­to impe­ria­le di Roma e a una mito­lo­gia di supe­rio­ri­tà dell’uomo roma­no e fasci­sta sul resto del pia­ne­ta.

Tut­ta­via, ad un più atten­to esa­me sto­ri­co, è evi­den­te che l’Italia ha abban­do­na­to da ben pri­ma del­la “vit­to­ria muti­la­ta” gli idea­li risor­gi­men­ta­li e che, come già evi­den­zia­to da alcu­ni sto­ri­ci, le avvi­sa­glie di un pro­to-fasci­smo si pos­so­no già vede­re alme­no dal­la metà degli anni ’80 dell’800.
In par­ti­co­la­re, que­ste risul­ta­no evi­den­ti dall’esame di due con­te­sti d’azione pri­vi­le­gia­ti dell’Italia libe­ra­le: il Meri­dio­ne e le Colo­nie. I qua­li, anzi, pos­so­no esse­re pure col­le­ga­ti: difat­ti, Del Boca, for­se il mag­gior afri­ca­ni­sta ita­lia­no, nel­la sua monu­men­ta­le ope­ra in quat­tro volu­mi “Gli ita­lia­ni in Afri­ca Orien­ta­le” si chie­se, e a ragion vedu­ta, cosa sareb­be suc­ces­so se i Savo­ia e il Par­la­men­to aves­se­ro deci­so di spen­de­re i fiu­mi di dena­ro che sono sta­ti desti­na­ti alle colo­nie per il Meri­dio­ne. Ma que­sto rimar­rà mate­ria­le per roman­zi e roman­zie­ri… Lo stes­so poi si può dire del Fasci­smo che, nel­la gestio­ne e del Meri­dio­ne e del­le Colo­nie, con­ti­nue­rà nel sol­co trac­cia­to dal­lo Sta­to libe­ra­le, solo più effi­cien­te­men­te.

L’imperialismo ita­lia­no, ini­zia­to nel 1869 e ter­mi­na­to nel 1960, è sicu­ra­men­te uno dei più bre­vi di tut­ta l’esperienza euro­pea, ma pos­sie­de un’importanza sto­ri­ca deter­mi­nan­te. Da una par­te è sta­to cate­go­riz­za­to come “strac­cio­ne” da Lenin, nel sen­so di pove­ro di uomi­ni, mez­zi, ter­ri­to­ri e dun­que di ben poco con­to. E dall’altra dal mito degli “Ita­lia­ni bra­va gen­te”, i con­qui­sta­to­ri dal cuo­re tene­ro, buo­ni, affa­bi­li e tutt’altro che appro­fit­ta­to­ri come furo­no gli altri euro­pei. La veri­tà, per cita­re i roma­ni quel­li veri, sta nel mez­zo. Innan­zi­tut­to, con la scon­fit­ta dell’Italia libe­ra­le ad Adua nel 1896, tut­to il mon­do sep­pe (e in par­ti­co­la­re il mon­do abi­ta­to dai neri) che gli euro­pei si pote­va­no scon­fig­ge­re, che il mito dell’uomo bian­co sta­va tra­mon­tan­do e che la dif­fe­ren­za la face­va­no l’unità, l’organizzazione e le tec­ni­che mili­ta­ri moder­ne. Inol­tre, con la guer­ra di aggres­sio­ne dell’Italia Fasci­sta nei con­fron­ti dell’Impero d’Etiopia nel 1935 il mec­ca­ni­smo di sicu­rez­za col­let­ti­va isti­tui­to dal­le Gran­di Poten­ze per scon­giu­ra­re la Secon­da Guer­ra Mon­dia­le, la Socie­tà del­le Nazio­ni (l’antesignana dell’odierna ONU), fal­lì defi­ni­ti­va­men­te e avvi­ci­nò l’Europa alla cata­stro­fe, Mus­so­li­ni ad Hitler e il mon­do inte­ro all’avvento del con­flit­to bipo­la­re.

Adua fu la più gran­de vit­to­ria di un regno afri­ca­no con­tro gli euro­pei e la cam­pa­gna d’Etiopia fu la più gran­de spe­di­zio­ne colo­nia­le di sem­pre, altro che strac­cio­ni o bra­va gen­te!

Comun­que, qua­li sono gli ele­men­ti pro­to-fasci­sti dell’Italia libe­ra­le? Pri­mo fra tut­ti emer­ge la testi­mo­nian­za di Fer­di­nan­do Mar­ti­ni, gover­na­to­re d’Eritrea dal 1897 al 1907, con­si­de­ra­to for­se il miglior ammi­ni­stra­to­re colo­nia­le civi­le dell’epoca libe­ra­le per le sue qua­li­tà di uma­ni­sta e con­ci­lia­to­re. Intrat­te­ne­va cor­ri­spon­den­ze con per­so­na­li­tà del cali­bro di Ver­ga, Pasco­li, D’Annunzio e Car­duc­ci. Nel­le sue memo­rie affer­ma: “Chi dice che s’ha da inci­vi­li­re l’Etiopia dice una bugia o una scioc­chez­za. Biso­gna sosti­tui­re raz­za a raz­za: o que­sto o nien­te [cor­si­vo mio, N.d.A.]. […] All’opera nostra l’indigeno è un impic­cio; ci toc­che­rà dun­que, volen­ti o nolen­ti, aiu­tar­lo a spa­ri­re, come altro­ve le Pel­li Ros­se […] noi abbia­mo comin­cia­to, le gene­ra­zio­ni avve­ni­re segui­te­ran­no a spo­po­la­re l’Affrica de’ suoi abi­ta­to­ri anti­chi, fino al penul­ti­mo. L’ultimo no: l’ultimo lo adde­stre­re­mo in col­le­gio a lodar­ci in musi­ca, dell’avere, distrug­gen­do i negri, tro­va­to final­men­te il modo di abo­li­re la trat­ta”.

Ma se l’idea di un Mar­ti­ni uma­ni­sta è più che tra­mon­ta­ta con que­sta cita­zio­ne è bene ricor­da­re anche che l’Eritrea, sot­to Mar­ti­ni, ver­rà sopran­no­mi­na­ta “Gran­du­ca­to di Tosca­na” per­ché que­sti la gover­ne­rà come un sovra­no e per­ché Mar­ti­ni è di Mon­sum­ma­no Ter­me, tut­ta­via qui la pena di mor­te non ver­rà abo­li­ta come nel­la Tosca­na leo­pol­di­na ma addi­rit­tu­ra – sem­pre citan­do il gover­na­to­re stes­so – “non ho mai avu­to fama di san­gui­na­rio e in veri­tà non la meri­to; ma qui sen­za pena di mor­te non si gover­na”.

Se Mar­ti­ni rap­pre­sen­ta l’esempio di come un civi­le con­ce­pi­sce l’impresa afri­ca­na dell’Italia allo­ra Fran­ce­sco Cri­spi e Ore­ste Bara­tie­ri sono il suo cor­ri­spet­ti­vo nell’ambito gover­na­ti­vo e mili­ta­re. Del­le tan­te male­fat­te, imbro­gli e vol­ta­fac­cia – spes­so com­piu­ti con una leg­ge­rez­za e una cafo­nag­gi­ne da dura­re poco meno di un cam­mel­lo al Polo Nord – svet­ta il Trat­ta­to di Uccial­li, la cau­sa del­la guer­ra che cul­mi­ne­rà con la scon­fit­ta di Adua.

Sono sta­ti spe­si fiu­mi di inchio­stro su que­sta pagi­na di sto­ria colo­nia­le ma vedia­mo­ne alcu­ni pun­ti salien­ti. Il trat­ta­to sta­bi­li­va l’amicizia fra Regno d’Italia ed Impe­ro d’Etiopia e fu sigla­to poco dopo l’ascesa al tro­no di Mene­lik II ad Impe­ra­to­re. Il pomo del­la discor­dia fu l’articolo 17 e le sue due ver­sio­ni. Nel­la ver­sio­ne ama­ri­ca, la lin­gua prin­ci­pa­le dell’Etiopia, si dice­va che l’Impero può ser­vir­si dell’Italia nel­le sue rela­zio­ni este­re qua­lo­ra ne sen­ta la neces­si­tà men­tre nel­la ver­sio­ne ita­lia­na si dice che l’Impero dele­ga all’Italia le sue rela­zio­ni este­re. Fir­ma­to nel mag­gio 1889 il trat­ta­to, a Novem­bre Cri­spi noti­fi­che­rà alle Poten­ze euro­pee che, per via di que­sto arti­co­lo, l’Etiopia diven­ta un pro­tet­to­ra­to ita­lia­no.

Mene­lik, lun­gi dal voler sot­to­met­ter­si all’Italia dopo una lot­ta di pote­re dura­ta 17 anni e con uno degli eser­ci­ti più for­ti del con­ti­nen­te, denun­cia l’Italia. Ma se il col­po di mano – o meglio d’inchiostro – di Cri­spi è sma­sche­ra­to di fron­te al mon­do inte­ro quest’ultimo, nell’ottobre 1889 ovve­ro pri­ma che sia reso pub­bli­co l’inganno, cre­de di aver com­piu­to un’azione da gran­de sta­ti­sta e a Paler­mo, in un discor­so pub­bli­co, affer­ma: “L’Etiopia ci sten­de la mano. […] Un vastis­si­mo regno si apri­rà alla nostra indu­stria e com­mer­cio sen­za sacri­fi­ci di san­gue, con un dena­ro mes­so al sicu­ro e lar­go frut­to.”

L’imbroglio da quat­tro sol­di di Cri­spi potreb­be anche esse­re diver­ten­te se non si faces­se­ro gio­chi di pre­sti­gio di bas­sa lega con miglia­ia di vite. La scar­sa cono­scen­za del­la situa­zio­ne gene­rò in Ita­lia un cli­ma di spen­sie­ra­ta alle­gria, in par­ti­co­lar modo dopo che le altre poten­ze rico­nob­be­ro il pro­tet­to­ra­to (anche se poco fidu­cio­se del­la sua sostan­za), come se dav­ve­ro fos­se pos­si­bi­le acqui­si­re fare un pro­tet­to­ra­to del­la più poten­te nazio­ne afri­ca­na con un col­po di pen­na. Mene­lik sco­prì il bluff ma man­ten­ne comun­que un atteg­gia­men­to paci­fi­co e con­ci­lia­to­rio men­tre Cri­spi – cadu­to come Pre­si­den­te del Con­si­glio nel ’91 e ritor­na­to al pote­re nel ’93 – darà segui­to ad Uccial­li con una serie di pro­vo­ca­zio­ni che sfo­ce­ran­no nel­la guer­ra e nel­la scon­fit­ta di Adua, gra­zie al gene­ra­le Bara­tie­ri, il gover­na­to­re d’Eritrea. Bara­tie­ri, di con­cer­to con Cri­spi, e in bar­ba ad una gestio­ne demo­cra­ti­ca del­la cosa pub­bli­ca, ordi­rà una tra­ma che andrà con­tro le opi­nio­ni di tut­ti gli altri mini­stri del Regno e, in accor­do con Cri­spi – che chia­ma “mio illu­stre e ono­ra­to duce” – con­dur­rà a mor­te, ad Adua, più ita­lia­ni che in tut­te le guer­re di indi­pen­den­za.

Bara­tie­ri e Cri­spi ora­mai gio­ca­no d’azzardo, in una spi­ra­le di mega­lo­ma­nia che li por­te­rà a pen­sa­re di poter con­qui­sta­re anche Sudan ed Egit­to, nono­stan­te il tie­pi­do sup­por­to del gover­no. Difat­ti, dopo i pri­mi vit­to­rio­si scon­tri suc­ces­si­vi all’invasione del nord dell’Etiopia. Bara­tie­ri affer­ma, rife­ren­do­si al Sudan, “Chi darà quest’urto, noi o gli ingle­si? È dif­fi­ci­le pre­ve­der­lo, ma è pro­ba­bi­le che la glo­ria di rido­na­re la pace al Sudan pos­sa toc­ca­re all’Italia che ormai in Afri­ca sta pren­den­do il pri­mo posto fra le nazio­ni colo­niz­za­tri­ci”. Il deli­rio è ante­ce­den­te di poco ad Adua e testi­mo­nia la sprov­ve­du­tez­za, la tota­le igno­ran­za del con­te­sto mili­ta­re e la pochez­za di uno dei, sup­po­sti, miglio­ri coman­dan­ti del Regio Eser­ci­to. Ma se a quest’esaltazione ini­zia­le la rispo­sta di gover­no e Par­la­men­to fu di sali­re sul car­ro dei vin­ci­to­ri, alla cadu­ta di Bara­tie­ri le con­se­guen­ze furo­no più che tie­pi­de. Cri­spi sì ter­mi­nò la sua car­rie­ra poli­ti­ca e Bara­tie­ri quel­la mili­ta­re, ma al pro­ces­so che si ter­rà ad Asma­ra tut­ti gli alti gra­di mili­ta­ri ver­ran­no assol­ti con for­mu­la pie­na. Ad ulte­rio­re ripro­va di que­sta super­fi­cia­li­tà di fon­do, Bara­tie­ri fino a pochi momen­ti pri­ma del­la bat­ta­glia di Adua cre­de­rà di scon­trar­si con 50 mila etio­pi­ci arma­ti dei più moder­ni fuci­li ed arti­glie­ria men­tre in real­tà i nemi­ci saran­no 100 mila e inol­tre, dimo­stran­do un pen­sie­ro stra­te­gi­co spin­to dal­la vana­glo­ria più che dal rea­li­smo, pen­se­rà di poter vin­ce­re in cam­po aper­to con solo 20 mila sol­da­ti.

Le testi­mo­nian­ze ripor­ta­te atte­sta­no il raz­zi­smo e l’intento geno­ci­da­rio da par­te dell’umanista Mar­ti­ni – ex Mini­stro dell’Istruzione – il pres­sap­po­chi­smo, le vel­lei­tà impe­ria­li, l’attenzione alla for­ma più che alla sostan­za di gover­no e mili­ta­ri che con­dan­ne­ran­no al fal­li­men­to il colo­nia­li­smo ita­lia­no d’epoca libe­ra­le. Tut­to ciò farà emer­ge­re gli ele­men­ti pro­to-fasci­sti del­la socie­tà dell’epoca e che il regi­me por­te­rà alle sue estre­me con­se­guen­ze; Mus­so­li­ni, infat­ti, già nel 1919 affer­me­rà che “l’imperialismo è la leg­ge eter­na e immu­ta­bi­le del­la vita” e farà dell’espansionismo l’unico pun­to chia­ro di tut­ta l’ideologia fasci­sta.

Pos­sia­mo affer­ma­re che se le avven­tu­re colo­nia­li fasci­ste nel Cor­no d’Africa coro­ne­ran­no il sogno impe­ria­le cova­to dai Savo­ia sin dall’Unità, le con­se­guen­ze decre­te­ran­no l’epilogo sia del Regno d’Italia che del Fasci­smo: i costi mili­ta­ri del­la cam­pa­gna d’Etiopia ren­de­ran­no il Regio Eser­ci­to più debo­le, e per­ciò qua­si impre­pa­ra­to alla guer­ra tota­le sca­te­na­ta da Hitler. I costi finan­zia­ri – che fece­ro rischia­re la ban­ca­rot­ta all’intero “Impe­ro Ita­lia­no” – rese­ro l’Italia inca­pa­ce di riar­mar­si degna­men­te, di rifor­ni­re le pro­prie trup­pe e spin­se­ro il Pae­se sem­pre più ver­so la Ger­ma­nia nazi­sta così come i costi diplo­ma­ti­ci. Mus­so­li­ni, infat­ti, pas­sò dal pro­muo­ve­re il Pat­to a Quat­tro del 1933 con il qua­le vole­va far­si garan­te dell’equilibrio di poten­za euro­peo in bar­ba a Fran­cia, Inghil­ter­ra e Ger­ma­nia a dover pas­sa­re ad una poli­ti­ca autar­chi­ca dopo la cam­pa­gna d’Etiopia. Una nota diver­ten­te è che l’Etiopia, abban­do­na­ta da tut­ti i pro­pri allea­ti euro­pei pri­ma dell’invasione ita­lia­na, fu rifor­ni­ta di mez­zi e finan­ze pro­prio dal­la Ger­ma­nia nazi­sta in fun­zio­ne anti­ta­lia­na.

Del Boca (1976, 879) rias­su­me per­fet­ta­men­te l’esperienza colo­nia­le dell’Italia libe­ra­le e la lega, indis­so­lu­bil­men­te, a quel­la fasci­sta: “È sta­to det­to e ripe­tu­to, fino alla noia, che il colo­nia­li­smo ita­lia­no dell’epoca libe­ra­le è sta­to «diver­so», cioè più uma­no, più gene­ro­so, più illu­mi­na­to. […] In perio­do di pace, ha uti­liz­za­to su sca­la gene­ra­le il lavo­ro coat­to, ha lega­liz­za­to il fur­to del­le miglio­ri ter­re, ha abo­li­to lo schia­vi­smo solo sul­la car­ta, ha con­ser­va­to come stru­men­to di disci­pli­na la fusti­ga­zio­ne, ha man­te­nu­to di pro­po­si­to le popo­la­zio­ni indi­ge­ne nel­la più com­ple­ta igno­ran­za. In perio­do di guer­ra o duran­te le ribel­lio­ni in Eri­trea e Soma­lia, ha usa­to tut­te le armi del ter­ro­re: dal­le depor­ta­zio­ni del­le popo­la­zio­ni alle fuci­la­zio­ni di mas­sa, dall’incendio dei vil­lag­gi alle depor­ta­zio­ni siste­ma­ti­che, dal­la pro­fa­na­zio­ne del­le chie­se all’eliminazione dei pre­ti cop­ti rei di patriot­ti­smo, dal­la stra­te­gia del­la ter­ra bru­cia­ta all’esercizio di peni­ten­zia­ri leta­li come quel­li di Nocra e di Assab. Se si esclu­do­no i gas asfis­sian­ti [cor­si­vo mio, usa­ti duran­te il fasci­smo, N.d.A.], non anco­ra in uso, i mez­zi e i meto­di impie­ga­ti da Bal­dis­se­ra [il coman­dan­te mili­ta­re pre­ce­den­te a Bara­tie­ri, N.d.A.] e da Bara­tie­ri non sono diver­si da quel­li uti­liz­za­ti da Bado­glio e da Gra­zia­ni”.

Biblio­gra­fia

Del Boca, Ange­lo. 1976. Gli ita­lia­ni in Afri­ca Orien­ta­le. Dall’Unità alla Mar­cia su Roma. Volu­me 1. Roma: Later­za.

Con­di­vi­di:
I commenti sono chiusi