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Agosto
8 Agosto 2024

CON­FI­NI E DESI­DE­RIO #8

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Ubal­do Stec­co­ni, Ada­mo Mastran­ge­lo ed Edoar­do Ripa­ni si chie­do­no sei i con­fi­ni all’interno dell’Europa sia­no più faci­li da attra­ver­sa­re per gli arti­sti e i lavo­ra­to­ri del­lo spet­ta­co­lo e come si fac­cia ad arti­co­la­re un discor­so poli­ti­co e socia­le con il tea­tro e le ope­re audio­vi­si­ve.

Edoar­do Ripa­nin si lau­rea in DAMS Tea­tro pres­so l’U­ni­ver­si­tà di Bolo­gna nel 2006 e nel 2011 ottie­ne il Master in Per­for­man­ce pres­so l’U­ni­ver­si­tà di Mace­ra­ta. Dal 2012 al 2020 lavo­ra come atto­re asso­cia­to e docen­te all’I­sti­tu­to Ita­lia­no di Cul­tu­ra di Bru­xel­les. Nel 2018 con­se­gue il Master come regi­sta tea­tra­le pres­so il Ritcs School of Arts Brus­sels.

Negli ulti­mi anni svi­lup­pa la pro­pria pra­ti­ca tea­tra­le con­cen­tran­do­si su un approc­cio docu­men­ta­ri­sti­co, con evi­den­ti rife­ri­men­ti alla sto­ria, una del­le sue più gran­di pas­sio­ni. Affron­ta ogni argo­men­to da un pun­to di vista qua­si scien­ti­fi­co, uti­liz­zan­do e com­bi­nan­do mate­ria­le docu­men­ta­rio (arti­co­li, testi­mo­nian­ze, fat­ti rea­li) per poi tra­dur­li in for­ma tea­tra­le. Con­te­stual­men­te si indi­riz­za ver­so un lavo­ro che supe­ra i con­fi­ni del­la black-box tea­tra­le e coin­vol­ge atto­ri non neces­sa­ria­men­te pro­fes­sio­ni­sti. La sua ricer­ca si con­cen­tra su comu­ni­tà e nar­ra­zio­ne.

Edoar­do è atti­vo in pro­get­ti par­te­ci­pa­ti­vi a Bru­xel­les, con il Cen­tro d’Azione Socia­le Ita­lia­no di Ander­le­cht e con la piat­ta­for­ma Tran­sfo­col­lect di Schaer­beek, inse­gna al RITCS di Bru­xel­les per il “Tran­sver­saal Ate­lier”, che fa incon­tra­re stu­den­ti di diver­se disci­pli­ne ed è sta­to un per­for­mer in “All Inclu­si­ve” di Julian Hetzel, spet­ta­co­lo pre­sen­ta­to, con gran­de suc­ces­so, in nume­ro­si festi­val euro­pei tra il 2018 e il 2023.

I suoi ulti­mi spet­ta­co­li come regi­sta, “Fra­tel­li. Qual doglia incom­be sul­la mia cit­tà?” (2021) e “La mon­ta­gna è fini­ta” (2023), ven­go­no pre­sen­ta­ti in Bel­gio e in Ita­lia, con otti­mi riscon­tri di pub­bli­co e cri­ti­ca. È assi­sten­te alla regia del docu­men­ta­ri­sta Manu Riche per il suo nuo­vo film “Char­bon”, docu­men­ta­rio sull’era dei com­bu­sti­li fos­si­li (data pre­vi­sta di usci­ta: fine 2024).

I pro­ta­go­ni­sti del ciclo Con­fi­ni e desi­de­rio ci rac­con­ta­no gli osta­co­li che han­no dovu­to supe­ra­re per sod­di­sfa­re il biso­gno di cono­sce­re cose nuo­ve, allar­ga­re lo sguar­do e cam­bia­re sé stes­si e il mon­do attor­no a loro. In un cer­to sen­so, que­sta descri­zio­ne com­pren­de cia­scu­no di noi: tut­ti desi­de­ria­mo sape­re e c’è sem­pre un costo. Ma le cir­co­stan­ze sono sem­pre diver­se. Rileg­gia­mo le paro­le che Ulis­se rivol­se ai suoi uomi­ni per con­vin­cer­li a supe­ra­re le colon­ne d’Ercole:

“O fra­ti,” dis­si, “che per cen­to milia
peri­gli sie­te giun­ti a l’occidente,
a que­sta tan­to pic­cio­la vigi­lia

d’i nostri sen­si ch’è del rima­nen­te
non voglia­te negar l’esperïenza,
di retro al sol, del mon­do san­za gen­te.

(Inf. 26, 112–117)

Ci sono cir­co­stan­ze più estre­me? Si può ave­re più corag­gio? Ulis­se e i suoi com­pa­gni cre­do­no che il con­fi­ne sia sta­to trac­cia­to “acciò che l’uom più oltre non si met­ta” (Inf. 26, 109), eppu­re non esi­ta­no; non voglio­no negar­si l’esperienza nel poco tem­po che resta loro da vive­re. Le sto­rie di Con­fi­ni e desi­de­rio gira­no tut­te attor­no a que­sto pas­sag­gio. Per­ché ci sen­tia­mo insod­di­sfat­ti e rin­chiu­si? Che cosa ci spin­ge oltre il limi­te? Qua­le novi­tà o cam­bia­men­to ci aspet­tia­mo?

I ‘limi­ti’ di que­ste con­ver­sa­zio­ni pos­so­no esse­re di ogni tipo: i con­fi­ni del­la car­ta geo­gra­fi­ca fisi­ca e poli­ti­ca, gli spa­zi fra le lin­gue e le cul­tu­re, i con­flit­ti fra le ideo­lo­gie e le strut­tu­re socia­li. Insom­ma, i ‘limi­ti’ che affron­ta­no i pro­ta­go­ni­sti di Con­fi­ni e desi­de­rio cor­ri­spon­do­no a ogni dif­fe­ren­za o asim­me­tria che tro­via­mo nel­la casa dei segni dove tut­ti abi­tia­mo. E ben ven­ga­no que­sti sbi­lan­cia­men­ti, per­ché sono pro­prio essi che ci con­sen­to­no di accet­ta­re la sfi­da del cam­bia­men­to e dare al mon­do idee nuo­ve e solu­zio­ni ori­gi­na­li ai suoi pro­ble­mi.

Que­sto è l’obiettivo di Con­fi­ni e desi­de­rio. Tut­ti san­no che i pen­sie­ri, le paro­le e gli altri segni sono in costan­te muta­zio­ne men­tre si dif­fon­do­no – è l’idea di Richard Daw­kins quan­do coniò il ter­mi­ne ‘meme’. Ma se le cose stan­no così, allo­ra è inte­res­san­te osser­va­re il feno­me­no da vici­no. Chi lo met­te in moto? Di cosa par­lia­mo nel det­ta­glio? Dove si veri­fi­ca? Qua­li con­di­zio­ni lo favo­ri­sco­no e qua­li lo osta­co­la­no? Curquo­mo­doquan­do?

Abbia­mo già una rispo­sta abba­stan­za con­vin­cen­te a una di que­ste doman­de. Le idee, le paro­le e gli altri segni muta­no e si svi­lup­pa­no con più faci­li­tà attor­no a un con­fi­ne, inte­so, come sopra, in sen­so mol­to lar­go. I con­fi­ni sono uber­to­si, come avreb­be det­to Peir­ce, cioè non sono sem­pli­ce­men­te pro­dut­ti­vi ma fer­ti­li di novi­tà. È sul con­fi­ne che le per­so­ne sono più dispo­ste a barat­ta­re la sicu­rez­za di un ragio­na­men­to o di un com­por­ta­men­to pru­den­te con ipo­te­si avven­tu­ro­se, che però pos­so­no comun­que rive­lar­si erra­te. È lì che si imma­gi­na­no con più faci­li­tà le inno­va­zio­ni che maga­ri ci cam­bia­no la vita, ma che rischia­no di non fun­zio­na­re. In fon­do, è ciò che è suc­ces­so a Dan­te. Anche lui si è tro­va­to di fron­te a un con­fi­ne rag­guar­de­vo­le e ha deci­so di cor­re­re il rischio. Chis­sà in quan­ti, incro­cian­do­lo per stra­da, si saran­no chie­sti se nell’altro mon­do ci fos­se sta­to dav­ve­ro oppu­re no.

Per­ciò, ine­vi­ta­bil­men­te, mol­ti pro­ta­go­ni­sti di Con­fi­ni e desi­de­rio saran­no pas­sa­ti in sen­so pro­prio e meta­fo­ri­co da una stan­za all’altra del­la casa dei segni. Avran­no viag­gia­to. Avran­no impa­ra­to lin­gue, arti e mestie­ri nuo­vi cam­bian­do la loro con­di­zio­ne eco­no­mi­ca e socia­le – si spe­ra per il meglio. Saran­no sta­ti degli inno­va­to­ri. Da que­sto pun­to di vista, la loro sto­ria per­so­na­le rias­su­me quel­la del­la nostra spe­cie, che si può descri­ve­re come un solo, inces­san­te viag­gio alla ricer­ca di con­di­zio­ni di vita miglio­ri o, come Ulis­se e i suoi com­pa­gni, sem­pli­ce­men­te per anda­re a vede­re. Ine­vi­ta­bil­men­te, que­sti rac­con­ti bru­cia­no come l’aceto le esi­gue radi­ci dei discor­si che dipin­go­no chi non ci somi­glia come una minac­cia e si illu­do­no di arre­sta­re le for­ze che spin­go­no le per­so­ne e le popo­la­zio­ni a muo­ver­si in giro per il mon­do, simi­li alle for­ze che deter­mi­na­no le cor­ren­ti e le maree. Con­fi­ni e desi­de­rio è ‘pop semio­tics’ e non ha inten­ti pole­mi­ci, ma la boni­fi­ca di que­ste erbac­ce è un effet­to col­la­te­ra­le, appun­to, ine­vi­ta­bi­le e desi­de­ra­bi­le.

AUTO­RE

Ubal­do Stec­co­ni è nato ad Anco­na il 22 mar­zo 1962 e vive a Bru­xel­les dal 2001, dove è esper­to di comu­ni­ca­zio­ne per la Com­mis­sio­ne euro­pea. Nei pre­ce­den­ti 15 anni, Ubal­do ha inse­gna­to tra­dut­to­lo­gia, semio­ti­ca e mate­rie affi­ni in Ita­lia, nel­le Filip­pi­ne e negli Sta­ti Uni­ti. Oltre all’insegnamento, nei suoi anni a Mani­la ha lavo­ra­to per la sezio­ne cul­tu­ra­le dell’ambasciata d’Italia, ha lan­cia­to la serie Salin (tra­du­zio­ne) per Anvil publi­shing e ha diret­to la sezio­ne recen­sio­ni del­la rivi­sta Pen&Ink. Negli Sta­ti Uni­ti, è sta­to Qua­li­ty Con­trol and Qua­li­ty Assu­ran­ce Mana­ger per Welocalize.com e cor­ri­spon­den­te da Washing­ton D.C. per il pro­gram­ma radio­fo­ni­co Fah­ren­heit di Rai Radio 3. In Ita­lia, era uno dei soci di Logos con­sul­ting dove ha con­tri­bui­to, fra le altre cose, alla loca­liz­za­zio­ne per il mer­ca­to ita­lia­no di pro­gram­mi appli­ca­ti­vi del­la Micro­soft. Oltre a nume­ro­se pub­bli­ca­zio­ni acca­de­mi­che, Ubal­do ha con­ce­pi­to e cura­to due rac­col­te di rac­con­ti in tra­du­zio­ne: Day­dreams and Night­ma­res per Anvil publi­shing (Mani­la) e Bali­k­ba­yan per Fel­tri­nel­li (Mila­no) e ha col­la­bo­ra­to alla tra­du­zio­ne di Fede­li a oltran­za, di V.S. Nai­paul per Adel­phi (Mila­no). Nel 2006 ha con­se­gui­to un PhD in let­te­ra­tu­re com­pa­ra­te pres­so l’University Col­le­ge Lon­don sot­to la gui­da di Theo Her­mans. La sua ulti­ma ope­ra acca­de­mi­ca è A World Atlas of Trans­la­tion, cura­to assie­me a Yves Gam­bier e pub­bli­ca­to da John Ben­ja­mins (Amster­dam e New York) nel 2019.

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