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Dicembre
1 Dicembre 2022

COM­PA­GNA DEL­L’IM­PE­RO

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Ita­que nostri maio­res rebus bel­li­cis plu­ri­bu­sque lau­di­bus cete­ros homi­nes supe­ra­ve­runt, lin­guae vero suae amplia­tio­ne seip­sis supe­rio­res fue­runt.

Se  dun­que i padri nostri supe­ra­no gli altri per glo­ria mili­ta­re e per mol­ti altri meri­ti, nel­la dif­fu­sio­ne del­la lin­gua lati­na furo­no supe­rio­ri a se stes­si.

Loren­zo Val­la. Ele­gan­tiae lin­guae lati­nae. 1471 (pre­fa­zio­ne al pri­mo libro). In Euge­nio Garin (a cura di). Pro­sa­to­ri lati­ni del Quat­tro­cen­to. Ric­car­do Ric­ciar­di edi­to­re, Mila­no-Napo­li. 1952: pp. 594 e 595

Cuan­do bien comi­go pien­so, mui escla­re­ci­da rei­na, i pon­go delan­te los ojos el anti­güe­dad de todas las cosas que para nue­stra recor­da­ción i memo­ria que­da­ron escrip­tas, una cosa hal­lo i saco por con­clu­sión mui cier­ta: que siem­pre la len­gua fue com­pañe­ra del impe­rio.

Quan­do riflet­to, illu­stris­si­ma regi­na, e dispon­go davan­ti agli occhi l’antichità di tut­te le cose scrit­te per nostro ricor­do e memo­ria, una cosa tro­vo e con­clu­do con gran­de cer­tez­za: che la lin­gua è sem­pre sta­ta com­pa­gna dell’impero.

Anto­nio de Nebri­ja. Pro­lo­go alla Gra­má­ti­ca de la len­gua castel­la­na. 1492. Tra­du­zio­ne dell’autore.

Que­ste note esplo­ra­no il rap­por­to fra lin­guag­gio e pote­re, che non ha smes­so di incu­rio­sir­ci dall’intuizione di Val­la (nel pro­lo­go del pri­mo manua­le moder­no del­la lin­gua lati­na) e dal­la for­tu­na­ta espres­sio­ne di Nebri­ja (nel pro­lo­go del­la pri­ma gram­ma­ti­ca euro­pea di una lin­gua vol­ga­re). Anzi, for­se l’interesse risa­le a mol­to pri­ma. Si può ipo­tiz­za­re che la più anti­ca scien­za e disci­pli­na del lin­guag­gio, la reto­ri­ca, sia nata pro­prio per esplo­ra­re que­sto rap­por­to. Secon­do una sto­ria che Cice­ro­ne attri­bui­sce ad Ari­sto­te­le, l’invenzione del­la reto­ri­ca rispon­de alla neces­si­tà dei cit­ta­di­ni sici­lia­ni di far vale­re i pro­pri dirit­ti di fron­te a un giu­di­ce dopo una lun­ga tiran­ni­de (Bru­tus 46). Cer­to, si trat­ta di un pote­re di natu­ra diver­sa rispet­to a quel­lo di un per­so­nag­gio poli­ti­co, più vici­no all’influenza che tut­ti vor­rem­mo ave­re di fron­te a mol­ti nostri inter­lo­cu­to­ri. In ogni caso, que­ste note par­to­no dal pre­sup­po­sto che chi inten­de influen­za­re il pen­sie­ro e il com­por­ta­men­to altrui deve usa­re le paro­le e gli altri segni respon­sa­bil­men­te. Chi poi ha una posi­zio­ne di pote­re deve fare anco­ra più atten­zio­ne per­ché l’esercizio del pote­re sen­za respon­sa­bi­li­tà è peri­co­lo­so e ripu­gnan­te. Ogni ragio­na­men­to su lin­guag­gio e pote­re deve ave­re un fon­da­men­to eti­co e poli­ti­co for­te per­ché reto­ri­ca – che pri­ma di tut­to è una disci­pli­na del pen­sie­ro – e lin­guag­gio pos­so­no e devo­no ten­de­re al bene.

MAR­CO CAVAL­LO E IL SIN­DA­CO

Nel mese di otto­bre del 2022 il sin­da­co di Mug­gia, un pic­co­lo comu­ne fra Trie­ste e il con­fi­ne con la Slo­ve­nia, ha acce­so una pole­mi­ca sul­la stam­pa loca­le e nazio­na­le. Il sin­da­co si chia­ma Pao­lo Poli­do­ri e la pole­mi­ca riguar­da ciò che ha det­to in con­si­glio comu­na­le sul­la scul­tu­ra in legno e car­ta­pe­sta di un caval­lo azzur­ro.

La scul­tu­ra si chia­ma Mar­co Caval­lo e ven­ne rea­liz­za­ta nel 1973 all’interno di quel­lo che era il mani­co­mio di Trie­ste. Mar­co Caval­lo diven­ne rapi­da­men­te “il sim­bo­lo del­la liber­tà da con­trap­por­re alla mise­ria del­la psi­chia­tria”, come scris­se lo stes­so Fran­co Basa­glia e ha rap­pre­sen­ta­to da allo­ra la sua rivo­lu­zio­ne di civil­tà giran­do pri­ma per le stra­de di Trie­ste e nel cor­so degli anni di mol­te altre cit­tà d’Italia.

Mar­co Caval­lo è ospi­ta­to in un magaz­zi­no del comu­ne di Mug­gia dal 2013. Nel cor­so di quel con­si­glio comu­na­le dell’ottobre 2022, Poli­do­ri ha acce­so la sua pic­co­la pole­mi­ca denun­cian­do la man­can­za di un atto ammi­ni­stra­ti­vo che faces­se spa­zio alla scul­tu­ra nei magaz­zi­ni comu­na­li e dichia­ran­do che fos­se “dove­ro­so ripor­ta­re la fac­cen­da entro i con­fi­ni del­la cor­ret­tez­za ammi­ni­stra­ti­va”. La stam­pa, che in que­ste fac­cen­de va al sodo, ha con­clu­so che Poli­do­ri sta­va sfrat­tan­do Mar­co Caval­lo, ma il sin­da­co ha obiet­ta­to che è impro­prio par­la­re di sfrat­to in assen­za di una pra­ti­ca ammi­ni­stra­ti­va all’origine dell’affitto. Dal pun­to di vista lin­gui­sti­co l’obiezione di Poli­do­ri è cor­ret­ta e ci invi­ta ad ana­liz­za­re le sue paro­le con la stes­sa accu­ra­tez­za.

Il comu­ne di Mug­gia e il suo sin­da­co han­no la facol­tà di tene­re ciò che voglio­no nei loro magaz­zi­ni e di svuo­tar­li quan­do voglio­no. Se una scul­tu­ra equi­na di quat­tro metri è di trop­po, basta fare un atto per libe­rar­se­ne. Eppu­re Poli­do­ri ha pre­fe­ri­to pren­de­re la stra­da più lun­ga. Ha descrit­to la cosa non come una deci­sio­ne indi­riz­za­ta a Mar­co Caval­lo ben­sì come “una que­stio­ne ammi­ni­stra­ti­va di buon sen­so e di cor­ret­to uti­liz­zo del­la cosa pub­bli­ca”. Si trat­ta di una figu­ra reto­ri­ca che pos­sia­mo chia­ma­re ‘get­ta­re il sas­so e nascon­de­re la mano’. Per­ché Poli­do­ri non ha pre­so la stra­da dirit­ta? Per­ché non ha fat­to un discor­so let­te­ra­le? Che cosa signi­fi­ca que­sto com­por­ta­men­to semio­ti­co in ter­mi­ni gene­ra­li? Da dove pro­vie­ne?

A que­sto pun­to occor­re for­mu­la­re un’ipotesi, altri­men­ti il ragio­na­men­to non pro­ce­de. Occor­re imma­gi­na­re che per Poli­do­ri la pre­sen­za di una gran­de sta­tua di car­ta­pe­sta nel magaz­zi­no comu­na­le sia del tut­to indif­fe­ren­te. Ciò che con­ta, e pro­ce­dia­mo sem­pre per ipo­te­si, è far sal­ta­re pub­bli­ca­men­te i ner­vi a chi vede in Mar­co Caval­lo il sim­bo­lo di una bat­ta­glia poli­ti­ca, socia­le e civi­le del­la sini­stra. Per giun­ta una bat­ta­glia che si è con­clu­sa da decen­ni con la vit­to­ria del­la sini­stra, per­ché in Ita­lia dal 1978 non si pos­so­no più rin­chiu­de­re i “mat­ti” e pri­var­li del­la loro uma­ni­tà. Se l’ipotesi reg­ge, è leci­to imma­gi­na­re che la figu­ra reto­ri­ca uti­liz­za­ta da Poli­do­ri si pos­sa tra­dur­re in que­sta espres­sio­ne let­te­ra­le: «non voglio il sim­bo­lo di una vit­to­ria sto­ri­ca del­la sini­stra nel­le strut­tu­re del comu­ne».

Far sal­ta­re i ner­vi agli avver­sa­ri poli­ti­ci ha una lun­ga tra­di­zio­ne. Pep­po­ne e Don Camil­lo si face­va­no i dispet­ti tut­to il tem­po. Ma la figu­ra reto­ri­ca di Poli­do­ri fa par­te di una tra­di­zio­ne mol­to più recen­te, quel­la che si è affer­ma­ta nel 2016 duran­te la cam­pa­gna elet­to­ra­le per l’elezione del pre­si­den­te degli Sta­ti Uni­ti. In quei mesi ven­ne ria­dat­ta­to il ter­mi­ne sno­w­fla­ke, già in uso come vei­co­lo di deri­sio­ne, per insul­ta­re gli avver­sa­ri del can­di­da­to di destra Donald Trump. Il fioc­co di neve di sini­stra è visto come fiac­co, deli­ca­to e suscet­ti­bi­le. Tut­to lo offen­de e lo indi­gna. È un gran diver­ti­men­to stuz­zi­car­lo e far­gli sal­ta­re i ner­vi – e quan­do ci rie­sci, ecco la pro­va che è dav­ve­ro una mam­mo­la.

Non è dif­fi­ci­le imma­gi­nar­si che un per­so­nag­gio poli­ti­co tro­vi diver­ten­te far sal­ta­re i ner­vi agli avver­sa­ri, per poi chia­mar­li mam­mo­le quan­do la frec­cia col­pi­sce il ber­sa­glio. Ma gli espo­nen­ti del­la alt-right ame­ri­ca­na e nostra­na non sono argu­ti, spi­ri­to­si e bona­ri come Pep­po­ne e Don Camil­lo. Soprat­tut­to, non risul­ta che come loro abbia­no a cuo­re il benes­se­re dei cit­ta­di­ni. Far sal­ta­re i ner­vi alle mam­mo­le di sini­stra da par­te loro è un com­por­ta­men­to semio­ti­co vio­len­to, irre­spon­sa­bi­le e peri­co­lo­so. Inol­tre, per tor­na­re a Poli­do­ri, si rav­vi­sa­no due aggra­van­ti nel­la figu­ra reto­ri­ca da lui uti­liz­za­ta e che abbia­mo chia­ma­to ‘get­ta­re il sas­so e nascon­de­re la mano’.

La pri­ma è di ordi­ne nar­ra­to­lo­gi­co. Che stru­men­ti avreb­be chi voles­se pren­de­re Poli­do­ri alla let­te­ra e veri­fi­ca­re la sua affer­ma­zio­ne, secon­do la qua­le nel 2013 Mar­co Caval­lo pre­se dimo­ra abu­si­va­men­te nei magaz­zi­ni del comu­ne di Mug­gia? Dovreb­be rivol­ger­si allo stes­so comu­ne di Mug­gia e chie­de­re di ave­re acces­so a un docu­men­to di diver­si anni fa di cui si fati­ca a imma­gi­na­re la natu­ra. Si dovreb­be cer­ca­re un inven­ta­rio del tem­po. Oppu­re dovreb­be spun­ta­re la doman­da pre­sen­ta­ta da Mar­co Caval­lo stes­so per l’assegnazione di una casa popo­la­re. Que­st’ul­ti­ma ricer­ca, ben­ché face­ta, avreb­be una sua ragio­ne sto­ri­ca e poe­ti­ca. Il caval­lo immor­ta­la­to dal­la sta­tua ave­va già fat­to qual­co­sa di simi­le.

Insom­ma, le pro­ce­du­re che por­ta­ro­no all’ingresso del­la sta­tua nel­le strut­tu­re del comu­ne di Mug­gia sono sta­te pro­ba­bil­men­te can­cel­la­te dal tem­po, ma l’assenza del­la pro­va non è pro­va dell’assenza e l’affermazione di Poli­do­ri diven­ta pra­ti­ca­men­te impos­si­bi­le da fal­si­fi­ca­re. Non si può più dire con cer­tez­za se sia vera o fal­sa, ma solo se sia vero­si­mi­le e, se lo è, in che misu­ra. In que­sto modo è più vici­na alla nar­ra­ti­va, cioè alle sto­rie imma­gi­na­te, piut­to­sto che al reso­con­to di fat­ti real­men­te acca­du­ti.

Non di rado è que­sta la natu­ra del­le dichia­ra­zio­ni pub­bli­che archi­tet­ta­te dai poli­ti­ci e dai com­men­ta­to­ri di destra per far sal­ta­re i ner­vi alle mam­mo­le di sini­stra, quin­di la pri­ma aggra­van­te di Poli­do­ri è mol­to dif­fu­sa. La secon­da è inve­ce più ori­gi­na­le. ‘Get­ta­re il sas­so e nascon­de­re la mano’ è la figu­ra reto­ri­ca che gli ha con­sen­ti­to di nascon­de­re le sue inten­zio­ni rispet­to alla per­ma­nen­za di Mar­co Caval­lo nei magaz­zi­ni del comu­ne. Cela­re le pro­prie inten­zio­ni non è una bel­la cosa di nor­ma, si pen­si a una trat­ta­ti­va com­mer­cia­le oppu­re a un dia­lo­go amo­ro­so. Ma spes­so non è gra­ve e anzi qual­che vol­ta lo fac­cia­mo per­si­no per rispet­to degli altri. Se dico a un ami­co «fa cal­do qui den­tro, no?» in real­tà gli sto chie­den­do di far­mi la cor­te­sia di apri­re la fine­stra sen­za sco­pri­re trop­po le car­te e sen­za impe­gnar­lo. Se sen­te fred­do o non ha voglia, ami­ci come pri­ma.

Le cose cam­bia­no se a cela­re le inten­zio­ni è il signor sin­da­co. Il discor­so che vede coin­vol­ti lui e i suoi con­cit­ta­di­ni deve esse­re sem­pre tra­spa­ren­te e per quan­to pos­si­bi­le espli­ci­to quan­do riguar­da que­stio­ni di pub­bli­ca uti­li­tà. Le inten­zio­ni e le fina­li­tà del­le paro­le pro­nun­cia­te e degli atti posti in esse­re dai rap­pre­sen­tan­ti elet­ti dal popo­lo devo­no esse­re pale­si e di faci­le acces­so, per­ché sul loro rico­no­sci­men­to si for­ma il con­sen­so demo­cra­ti­co. Il fat­to che ciò acca­da trop­po rara­men­te non ci deve sco­rag­gia­re. Non dob­bia­mo accon­ten­tar­ci di una demo­cra­zia ammac­ca­ta e opa­ca. Il discor­so che ave­te let­to fino­ra si fon­da pre­ci­sa­men­te su que­sta for­ma di coc­ciu­tag­gi­ne. Non dob­bia­mo smet­te­re di pre­ten­de­re che i nostri rap­pre­sen­tan­ti e tut­ti i cit­ta­di­ni si impe­gni­no a raf­for­za­re le isti­tu­zio­ni che ci con­sen­to­no di vive­re insie­me in modo ordi­na­to, paci­fi­co e crea­ti­vo. Ecco per­ché occor­re riget­ta­re la figu­ra ‘get­ta­re il sas­so e nascon­de­re la mano’ come poten­zial­men­te ever­si­va. Se adot­ta­ta siste­ma­ti­ca­men­te rischia di inqui­na­re i poz­zi del­la demo­cra­zia e di inde­bo­li­re l’istituzione che Poli­do­ri si è impe­gna­to a difen­de­re nel momen­to in cui ha accet­ta­to di fare il sin­da­co di Mug­gia. Il sin­da­co Pep­po­ne, per quan­to avver­sa­rio del par­ro­co del suo pae­se, non l’avrebbe mai fat­to.

PRE­SEN­TA­ZIO­NE DELL’ AUTO­RE

Ubal­do Stec­co­ni è nato ad Anco­na il 22 mar­zo 1962 e vive a Bru­xel­les dal 2001, dove è esper­to di comu­ni­ca­zio­ne per la Com­mis­sio­ne euro­pea. Nei pre­ce­den­ti 15 anni, Ubal­do ha inse­gna­to tra­dut­to­lo­gia, semio­ti­ca e mate­rie affi­ni in Ita­lia, nel­le Filip­pi­ne e negli Sta­ti Uni­ti. Oltre all’insegnamento, nei suoi anni a Mani­la ha lavo­ra­to per la sezio­ne cul­tu­ra­le dell’ambasciata d’Italia, ha lan­cia­to la serie Salin (tra­du­zio­ne) per Anvil publi­shing e ha diret­to la sezio­ne recen­sio­ni del­la rivi­sta Pen&Ink. Negli Sta­ti Uni­ti, è sta­to Qua­li­ty Con­trol and Qua­li­ty Assu­ran­ce Mana­ger per Welocalize.com e cor­ri­spon­den­te da Washing­ton D.C. per il pro­gram­ma radio­fo­ni­co Fah­ren­heit di Rai Radio 3. In Ita­lia, era uno dei soci di Logos con­sul­ting dove ha con­tri­bui­to, fra le altre cose, alla loca­liz­za­zio­ne per il mer­ca­to ita­lia­no di pro­gram­mi appli­ca­ti­vi del­la Micro­soft. Oltre a nume­ro­se pub­bli­ca­zio­ni acca­de­mi­che, Ubal­do ha con­ce­pi­to e cura­to due rac­col­te di rac­con­ti in tra­du­zio­ne: Day­dreams and Night­ma­res per Anvil publi­shing (Mani­la) e Bali­k­ba­yan per Fel­tri­nel­li (Mila­no) e ha col­la­bo­ra­to alla tra­du­zio­ne di Fede­li a oltran­za, di V.S. Nai­paul per Adel­phi (Mila­no). Nel 2006 ha con­se­gui­to un PhD in let­te­ra­tu­re com­pa­ra­te pres­so l’University Col­le­ge Lon­don sot­to la gui­da di Theo Her­mans. La sua ulti­ma ope­ra acca­de­mi­ca è A World Atlas of Trans­la­tion, cura­to assie­me a Yves Gam­bier e pub­bli­ca­to da John Ben­ja­mins (Amster­dam e New York) nel 2019.

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