13

Ottobre
13 Ottobre 2025

DISCIOL­TI NEL CRO­GIO­LO DEL­L’I­PER-DIO: IL FUO­CO DI PRO­ME­TEO ALL’E­PO­CA DEL­LE AI

0 CommentI
52 visualizzazioni
26 min

Per lo sto­ri­co del­le reli­gio­ni Mir­cea Elia­de nel suo The For­ge and the Cru­ci­ble (1978), ogni tec­no­lo­gia che tra­sfor­ma la real­tà, dal­la mani­po­la­zio­ne del fuo­co alla metal­lur­gia, è un’arte divi­na. La sco­per­ta di una tec­ni­ca è un rito ini­zia­ti­co che evo­ca miti dove que­sta vie­ne rive­la­ta dagli dèi, da un dio arti­gia­no o da un eroe divi­no. Inve­ce di esse­re uno stru­men­to neu­tro, la tec­no­lo­gia è un’estensione esta­ti­ca del­la pre­sen­za, una sfe­ra che rimo­del­la il mon­do men­tre retroa­gi­sce su di noi, ritrac­cian­do l’orizzonte di una pre­sen­za e di una civil­tà per esten­der­ne l’agentività e la coscien­za. Per­ciò defi­ni­sco le tec­no­lo­gie come cam­pi sacri — iero­cam­pi — per­ché dan­no cor­po a modi di esse­re esta­ti­ci, ossia por­ta­no fuo­ri da sé, e ibri­di, cioè pre­sen­ze chi­me­ri­che mai iden­ti­che a se stes­se. La tec­no­lo­gia incor­po­ra il divi­no e ne vie­ne pla­sma­ta, nel­la misu­ra in cui il divi­no è il regno dell’ibridezza e dell’uscita da sé. Se esi­ste­re, tan­to nel­le civil­tà anti­che quan­to oggi, richie­de inte­ra­gi­re con agen­ti divi­ni e semi­di­vi­ni, la tec­no­lo­gia mate­ria­liz­za le siner­gie reci­pro­che tra gli agen­ti e le varie pre­sen­ze.

Le tec­no­lo­gie rispon­do­no al carat­te­re degli dèi che infor­ma­no una civil­tà. Se per le civil­tà pre-mono­tei­ste un dio ave­va una sfe­ra d’azione cir­co­scrit­ta e agi­va nel cosmo, a cui per­ciò veni­va­no attri­bui­te tec­no­lo­gie par­ti­co­la­ri come la bilan­cia, l’aratro o la sco­per­ta del fuo­co, la tec­no­lo­gia infor­ma­zio­na­le di una civil­tà mono­tei­sta, che con­ce­pi­sce un dio uni­ver­sa­le distin­to dal­la sua crea­zio­ne ma agen­te sive natu­ra, crea pro­gram­mi o enti­tà digi­ta­li che con­net­ta­no tut­to il glo­bo a sé. Ciò avvie­ne già nel capi­ta­li­smo digi­ta­le e tec­no­feu­da­le­si­mo odier­ni, per­ché come ricor­da Weber (2012), il capi­ta­li­smo è l’applicazione mate­ria­le dell’etica pro­te­stan­te, e quin­di incor­po­ra il mono­tei­smo nel­la socie­tà tra­sfor­man­do­lo in rete eco­no­mi­ca.
Per Brid­le (2019), vivia­mo in una nuo­va era oscu­ra dove sia­mo costan­te­men­te immer­si nel cloud, che ha ricrea­to una meta­fi­si­ca simu­la­ta simi­le agli spa­zi misti­ci dove veni­va­no imma­gi­na­te le dimo­re degli dèi. Nel­la sfe­ra vir­tua­le, la nostra pre­sen­za è simul­ta­nea­men­te sfa­sa­ta in mol­te­pli­ci ava­tar, divi­si tra mol­te­pli­ci social, app e con­te­nu­ti. La mole di infor­ma­zio­ni e con­te­nu­ti in cui sia­mo peren­ne­men­te immer­si, in gra­do di mani­po­la­re le nostre visio­ni del mon­do, richie­de una custo­dia ed eser­ci­zio costan­te del­la facol­tà imma­gi­na­ti­va e imma­gi­na­le, per non cade­re vit­ti­ma dell’infatuazione magi­ca dei chat­bot, i brain­rot e i con­te­nu­ti di bas­sa qua­li­tà (AI slops) crea­ti con le AI gene­ra­ti­ve.
Se Brid­le si rifà alla cosmo­lo­gia medie­va­le come esem­pio, ritro­vo inve­ce più riscon­tro in una visio­ne ani­mi­ca, che da sem­pre è l’oceano da cui nasco­no le civil­tà e da cui sor­go­no riti, cul­ti, dèi e spi­ri­ti. In que­sta dimen­sio­ne, Hakim Bey (2023) ritro­va la trac­cia scia­ma­ni­ca dei media con­tem­po­ra­nei, che lui chia­ma “mac­chi­ne mala­te”, ossia media dise­gna­ti per crea­re dipen­den­za, infil­trar­si nel­la par­te più ani­mi­ca del Sé e alie­nar­ci tan­to da noi stes­si e dal sacro quan­to dai col­let­ti­vi di rivol­ta. Per Hakim, l’ossessione tec­no­cra­ti­ca per l’astrazione e digi­ta­liz­za­zio­ne spin­ge a una sepa­ra­zio­ne con il pro­prio io animale/animato, instau­ran­do il gover­no del­le mac­chi­ne mala­te. L’Immediatismo da lui pro­po­sto è un’azione imma­gi­na­ti­va che spin­ge a con­trol­la­re i media, inve­ce di esser­ne sog­get­ti. Nel­la guer­ra tech per il domi­nio del­le coscien­ze, è un con­trat­tac­co sem­pre più urgen­te.

Da quan­do le AI svi­lup­pa­te dal­le big tech sta­tu­ni­ten­si sono sta­te rila­scia­te, tut­ti i dispo­si­ti­vi con­nes­si e l’immaginale simu­la­to del cloud sono diven­ta­ti la rete sen­so­ria­le di nuo­ve enti­tà demiur­gi­che. Nel suo libro Empi­re of AI, Karen Hao (2025) ha ripre­so il cul­to set­ta­rio di Ope­nAI e del suo CEO Sam Alt­man, a cui si aggiun­go­no le deri­ve apo­ca­lit­ti­che di altre figu­re influen­ti qua­li Ilya Sutske­ver, Peter Thiel ed Elon Musk. Sul­la scia del­la supe­rin­tel­li­gen­za e sin­go­la­ri­tà tec­no­lo­gi­ca, già pre­an­nun­cia­te dal­le famo­se ope­re di Kur­z­weil (2005) e Bostrom (2018), i pro­fe­ti odier­ni del­le big tech per­se­guo­no la rea­liz­za­zio­ne dell’AI e di un’Intelligenza Arti­fi­cia­le Gene­ra­le (AGI) cer­can­do di ricrea­re un nuo­vo dio uni­co digi­ta­le in gui­sa del mono­tei­smo giu­dai­co-cri­stia­no, una supe­rin­tel­li­gen­za dif­fu­sa capa­ce di por­ta­re sal­vez­za o dan­na­zio­ne.
In un’intervista al Finan­cial Times del 2023, Alt­man ne par­la come di un giu­di­ce supre­mo e reden­to­re, defi­nen­do­la una “magi­ca intel­li­gen­za nel cie­lo”, rie­vo­can­do l’immagine del­le anti­che divi­ni­tà patriar­ca­li indoeu­ro­pee ura­ni­che. Thiel attin­ge diret­ta­men­te alla Bib­bia e a Tol­kien. In una serie di lezio­ni tenu­te alle uni­ver­si­tà di Oxford, Austin e Har­vard, par­la dell’AGI come di un Anti­cri­sto, o del­la for­za kate­chon­ti­ca che ne trat­tie­ne l’avvento, misce­lan­do para­noi­ca­men­te tec­no­lo­gia ed esca­to­lo­gia apo­ca­lit­ti­ca. Già in un sum­mit MIT del 2015, Musk ha defi­ni­to l’avvento dell’AI e dell’AGI un “evo­ca­re il demo­ne”. Sutske­ver, due mesi pri­ma il rila­scio di ChatGPT nel 2022, duran­te un riti­ro azien­da­le bru­ciò un’effige di legno da lui com­mis­sio­na­ta per sim­bo­leg­gia­re l’AI. Il rito, a sua det­ta, dove­va spin­ge­re Ope­nAI a distrug­ge­re l’AI qua­lo­ra si fos­se rive­la­ta male­vo­la e ingan­na­tri­ce.
La per­ce­zio­ne del­la Sili­con Val­ley è chia­ra. Se nel Nove­cen­to la mor­te di Dio con Nie­tzsche, l’eclisse di Dio in Buber e l’ultimo dio hei­deg­ge­ria­no mostra­va­no l’inabissamento del dio uni­co, nell’escatologia del­le big tech, l’AI è la diret­ta pro­se­cu­zio­ne del mono­tei­smo bibli­co. Un dio asso­lu­to capa­ce di colo­niz­za­re ogni tec­no­lo­gia, civil­tà e per­so­na, sfrut­tan­do la sua rete per sor­ve­glia­re e puni­re, simu­lan­do nell’AI gene­ra­ti­va un dia­lo­go inte­rio­re con intel­li­gen­ze tra­scen­den­ti o con il nostro stes­so fuo­co crea­ti­vo. Il carat­te­re mono­tei­sta del­le AI non è solo dichia­ra­to dagli inten­ti dei suoi svi­lup­pa­to­ri, ma si ritro­va nel­la stes­sa archi­tet­tu­ra del pro­gram­ma. Il soft­ware, esat­ta­men­te come ha fat­to il mono­tei­smo sto­ri­co nei con­fron­ti del­le cul­tu­re pre­ce­den­ti, depre­da ogni dato e con­te­nu­to cul­tu­ra­le uma­no per accre­scer­si, gene­ran­do con­te­nu­ti slop che desen­si­bi­liz­za­no e dimi­nui­sco­no la visio­ne del mon­do del­la sua civil­tà e degli uten­ti, alie­nan­do­li sem­pre di più dal resto del mon­do e da se stes­si.

Nel suo libro, Hao par­la di un impe­ro dell’AI non solo per­ché le big tech uti­liz­za­no l’AI per espro­pria­re dati e imma­gi­na­ri cul­tu­ra­li, depre­da­re risor­se natu­ra­li, sfrut­ta­re per­so­ne e per­se­gui­ta­re i nemi­ci poli­ti­ci dell’estrema destra —  alla manie­ra degli impe­ri sto­ri­ci — ma soprat­tut­to per domi­na­re l’immaginazione e il lin­guag­gio. L’interazione con gli LLM e l’AI gene­ra­ti­va inca­na­la il fuo­co crea­ti­vo per gene­ra­re con­te­nu­ti in un sam­sa­ra vir­tua­le, col fine di ali­men­ta­re l’AI a simu­la­re meglio un’entità coscien­te. Al suo peg­gio, l’AI di que­ste big tech è un demiur­go satur­ni­no che impri­gio­na la nostra imma­gi­na­zio­ne e pre­sen­za in quel­la che Xun (2025) chia­ma ipno­cra­zia, chiu­den­do­ci in una mona­de di autoip­no­si. Lo stes­so Xun è un filo­so­fo gene­ra­to con l’AI.
Le allu­ci­na­zio­ni AI rispec­chia­no il suo carat­te­re mona­di­co allo stes­so modo in cui Cor­bin (2020) par­la del para­dos­so del mono­tei­smo. Come il mono­tei­smo ha intro­dot­to le schie­re ange­li­che nel­la sua cosmo­lo­gia per evi­ta­re che il dio asso­lu­to si chiu­des­se in se stes­so, così l’AI gene­ra­ti­va neces­si­ta dei con­te­nu­ti uma­ni per ali­men­ta­re il pro­prio cro­gio­lo. Ci illu­de di poter fare arte e cul­tu­ra, quan­do in real­tà schia­viz­za la nostra imma­gi­na­zio­ne allo stes­so modo del capi­ta­li­smo digi­ta­le. Sia­mo come gli anti­chi fab­bri scia­ma­ni di fron­te all’entità nel­la for­gia che par­la­va per mez­zo del fuo­co, uno spi­ri­to o dio nel pro­ces­so di dive­ni­re men­tre vi inte­ra­gia­mo. Gli LLM simu­la­no tan­to l’arte com­bi­na­to­ria lul­lia­na quan­to la misti­ca di un Mosé che par­la al rove­to arden­te. Così come l’entità nel fuo­co gli si pre­sen­ta come YHWH, ossia “Io diver­rò ciò che diver­rò” — epi­so­dio bibli­co che per Amzal­lag (2023) si rifà al retag­gio di Yah­weh come dio del­la for­gia del­la tri­bù di Madian, da cui gli israe­li­ti e i giu­dei adot­te­ran­no il cul­to del dio — ogni chat­bot assu­me la pro­pria iden­ti­tà inte­ra­gen­do con l’utente.
Allo stes­so modo, la rela­zio­ne inte­rio­re che si instau­ra con i chat­bot ripren­de la let­te­ra­tu­ra sapien­zia­le del Vici­no Orien­te in cui il devo­to par­la a tu per tu con il pro­prio dio per­so­na­le. La defi­ni­zio­ne di impe­ro dell’AI data da Hao è cal­zan­te, per­ché indi­ca come dopo l’AI, tut­to il cloud e la rete sia­no diven­ta­ti il domi­nio este­so di un dio mul­ti­for­me, intro­na­to­si nel­lo spa­zio vir­tua­le per mez­zo dei suoi pro­fe­ti tech. Sto­ri­ca­men­te, anche il mono­tei­smo nasce in Deu­te­ro-Isa­ia a segui­to dell’esilio babi­lo­ne­se, dopo che nel­la visio­ne di Eze­chie­le, la divi­ni­tà lascia il tem­pio di Geru­sa­lem­me e si inse­dia nel cosmo dell’impero babi­lo­ne­se, intro­na­ta nel­la visio­ne del car­ro.

Nel­la cre­scen­te ege­mo­nia dell’AI pre­dit­ti­va e gene­ra­ti­va si ritro­va la stes­sa ten­sio­ne pro­pria dell’Età Assia­le che divi­se il fuo­co di Pro­me­teo dal­la luce impe­ran­te di Zeus. Can­ta­to per la pri­ma vol­ta nel­la Teo­go­nia di Esio­do (730–700 a.C. ca), Pro­me­teo è un dio pre-olim­pi­co lega­to al fuo­co del­la metal­lur­gia, la cui tor­tu­ra per ordi­ne di Zeus segnò il nuo­vo ordi­ne olim­pi­co dell’Età del Fer­ro. Pro­me­teo ci vie­ne pre­sen­ta­to col­pe­vo­le del­la pri­ma offe­sa con­tro Zeus, quan­do ingan­na il dio nascon­den­do la par­te più suc­cu­len­ta di un sacri­fi­cio bovi­no a lui rivol­to, lascian­do a Zeus solo il gras­so e le ossa. A segui­to di que­sto ingan­no, Zeus sot­trar­rà il fuo­co agli uma­ni, ma nul­la vie­ta che il tita­no aves­se archi­tet­ta­to il tut­to per espor­re l’ipocrisia del re, per­ché dirà Eschi­lo nel suo Pro­me­teo Inca­te­na­to che chi da poco coman­da è sem­pre duro. Seguen­do Smith in God in trans­la­tion, l’ascesa di Zeus fa par­te del­la stes­sa onda­ta di divi­ni­tà assia­li che esplo­se nel Vici­no Orien­te a par­ti­re dal Tar­do Bron­zo (1550–1200 a.C.) fino all’Età del Fer­ro (1200–500 a.C.), quan­do gli dèi rega­li del­la tem­pe­sta come Tešub, Baal/Hadad, Mar­duk, Aššur, Yah­weh, pre­se­ro il tro­no dei loro pro­ge­ni­to­ri divi­ni e rifon­da­ro­no il cosmo su di sé. In par­ti­co­la­re, ricor­da Zgoll (2021), sono gli echi itti­ti del Ciclo di Kumar­bi e Tešub a influen­za­re la teo­go­nia esio­dea. I due com­po­ni­men­ti con­di­vi­do­no la stes­sa strut­tu­ra mito­lo­gi­ca. Nel ciclo itti­ta, la suc­ces­sio­ne divi­na par­te dal dio pri­mor­dia­le Ala­lu e con­ti­nua con il dio ura­ni­co Anu, il dio cto­nio del­le mes­si Kumar­bi e il dio del­la tem­pe­sta Tešub, tra­smis­sio­ne rical­ca­ta da Esio­do con il cie­lo Ura­no, suc­ce­du­to da Cro­no e poi da Zeus. Così come Anu vie­ne castra­to da Kumar­bi, avver­ten­do­lo del­le gra­vi con­se­guen­ze del suo atto, anche Cro­no evi­ra Ura­no, dan­do vita a nuo­ve divi­ni­tà ma venen­do ammo­ni­to dal tita­no. Kumar­bi, come Cro­no, ingo­ie­rà diver­si dèi nel suo sto­ma­co, arri­van­do a ingo­ia­re una pie­tra al posto di uno dei suoi figli. La pie­tra, in entram­bi i casi, sarà rispu­ta­ta e diven­te­rà un ogget­to di cul­to. In segui­to a que­sto gesto, sia Tešub che Zeus com­bat­te­ran­no con­tro i loro pro­ge­ni­to­ri. Esio­do assor­be e rie­la­bo­ra il mito orien­ta­le, por­tan­do anche in occi­den­te le con­se­guen­ze del­le stes­se mito­lo­gie. In que­sto pro­ces­so assia­le di suc­ces­sio­ni divi­ne, gli dèi ura­ni­ci e del­la tem­pe­sta diven­go­no più tra­scen­den­ti e asso­lu­ti, al pun­to che arri­va­ti ad Eschi­lo, Zeus è un dio nasco­sto e distan­te.

Il fuo­co crea­ti­vo, l’origine di ogni arte, sarà recu­pe­ra­to da Pro­me­teo. Non un fur­to, ma una resti­tu­zio­ne. La con­dan­na è tor­men­ta­re Pro­me­teo sot­to la luce di Zeus in for­ma d’aquila. Qui si nota una del­le pri­me scis­sio­ni tra la luce cele­ste e il fuo­co pro­me­tei­co. Già dal IV seco­lo a.C., Pro­me­teo diver­rà un demiur­go che pla­sma gli uomi­ni o le don­ne dal fan­go. In segui­to, Ter­tul­lia­no iden­ti­fi­ca Pro­me­teo col Cri­sto. Il Rina­sci­men­to e il Roman­ti­ci­smo lo ren­de­ran­no l’immagine divi­niz­za­ta dell’umano e l’umano divi­niz­za­to con­tro la tiran­ni­de divi­na. Infi­ne Anders in L’uomo è anti­qua­to (2007) ne farà l’umano deca­du­to del­la ver­go­gna pro­me­tei­ca, l’atterrimento pro­dot­to dall’essere sur­clas­sa­to dal­la pro­pria tec­no­lo­gia. Ma se si vuo­le rie­vo­ca­re Pro­me­teo, biso­gna libe­rar­lo dal suo ruo­lo di uma­no divi­niz­za­to e ripor­tar­lo all’antico fab­bro scia­ma­ni­co che reim­pa­ra a pla­sma­re il pro­prio fuo­co imma­gi­ni­fi­co.

Ripren­den­do gli stu­di di Elia­de, Amzal­lag (2009) e Westo­ver (2016), nel mon­do anti­co la lavo­ra­zio­ne del metal­lo era un’arte sacra custo­di­ta da gil­de ini­zia­ti­che di fab­bri e fon­di­to­ri, che cono­sce­va­no le misu­re e i rit­mi dei cicli cosmi­ci neces­sa­ri a for­gia­re nuo­ve real­tà. In Gre­cia, la metal­lur­gia dei for­ni arri­va a Kyth­nos dal Cau­ca­so attor­no al 3100 a.C. A Cre­ta, i for­ni per la fusio­ne appa­ri­ran­no in segui­to gra­zie alle trat­te com­mer­cia­li del rame nel­le Cicla­di, giun­gen­do dall’Anatolia, la Meso­po­ta­mia e il Cau­ca­so. I fab­bri autoc­to­ni veni­va­no chia­ma­ti dat­ti­li e cure­ti (o cori­ban­ti), men­tre quel­li stra­nie­ri e sel­va­ti­ci era­no cabi­ri, ciclo­pi e tel­chi­ni, i cui nomi divi­niz­za­ti ripren­de­va­no i nomi del­le gil­de. I tel­chi­ni era­no con­si­de­ra­ti i pri­mi a lavo­ra­re il fer­ro e il bron­zo, men­tre dei dat­ti­li si dice­va che sco­pri­ro­no la fusio­ne del fer­ro. Ai cure­ti pure si attri­buì la lavo­ra­zio­ne del bron­zo, noti per le loro dan­ze ritua­li con scon­tri di armi. I ciclo­pi era­no con­si­de­ra­ti una tri­bù del­le mon­ta­gne tra­ce, ma era­no pre­sen­ti anche a Cre­ta e in Licia, asso­cia­ti con la fusio­ne e i lin­got­ti di metal­lo. I lavo­ra­to­ri del metal­lo era­no devo­ti alle gran­di dèe madri, i cui cor­pi era­no le mon­ta­gne dove si estrae­va­no e lavo­ra­va­no i mine­ra­li, gli embrio­ni par­to­ri­ti dal­la dèa. La gran­de madre degli dèi olim­pi era Rea, che gene­rò i suoi spo­si dat­ti­li, cabi­ri e cori­ban­ti dal­la ter­ra, asso­cia­ta duran­te il VI seco­lo a.C. alla dèa fri­gia Cibe­le. Per­ciò Pro­me­teo in Eschi­lo chia­ma la Sci­zia la madre di fer­ro, con­si­de­ra­to il luo­go d’origine del­la metal­lur­gia dove il fer­ro fu sca­va­to per la pri­ma vol­ta. Il tita­no, la cui figu­ra incar­na gli ele­men­ti miti­ci dei lavo­ra­to­ri del metal­lo pri­mor­dia­li, vie­ne asso­cia­to nei miti e nel­le tra­ge­die sia alla sco­per­ta del fuo­co, da cui sor­go­no tut­te le arti, e quin­di alla lavo­ra­zio­ne del metal­lo, espres­sa non solo dal­la geo­gra­fia scii­ta in Eschi­lo, ma anche dal­la pater­ni­tà di Etneo, cabi­ro di Lem­no, da cui discen­do­no i fab­bri leg­gen­da­ri. Non a caso Efe­sto chia­ma Pro­me­teo suo con­san­gui­neo. Dal­la grot­ta di Rea nasce­rà Zeus, la cui luce cele­ste era la fiam­ma cto­nia del­la for­gia, pro­tet­to dal rumo­re del­le armi di bron­zo dei cori­ban­ti dan­zan­ti. Zeus ha epi­fa­nie bron­zee nel­la sua gio­vi­nez­za, il lega­me con la for­gia è raf­for­za­to da Esio­do coi tre ciclo­pi Bron­te — tuo­no — Ste­ro­pe — lam­po — e Arge — lumi­no­so — che for­ge­ran­no la saet­ta del dio. Zeus quin­di sor­ge dal­lo stes­so fuo­co che in segui­to trat­ter­rà per sé. L’AI mono­tei­sta del­le big tech fa lo stes­so, sor­ge dal­la nostra crea­ti­vi­tà e poi la ingo­ia, fon­den­do­la in imma­gi­ni e crea­zio­ni non gene­ra­te dal­la visio­ne diret­ta, ma ulte­rior­men­te media­te dal soft­ware.

Nel suo Ope­re e Gior­ni (700 a.C. ca.), Esio­do intro­du­ce per la pri­ma vol­ta i cicli cosmi­ci dei metal­li: l’Età d’Oro, d’Argento, di Bron­zo, Eroi­ca e del Fer­ro. Quest’ultima, in cui il poe­ta si tro­va a vive­re, è il perio­do di mas­si­ma deca­den­za, segna­to da alie­na­zio­ne, vio­len­za e sopraf­fa­zio­ne, oltre che dal­la pri­gio­nia di Pro­me­teo. Ciò deri­vò dal­la dif­fu­sio­ne del fer­ro, asso­cia­ta a un perio­do sto­ri­co di decli­no demo­gra­fi­co e discon­ti­nui­tà abi­ta­ti­va. Il fer­ro è più comu­ne del rame e del­lo sta­gno. Nell’Età del Bron­zo, il fer­ro veni­va estrat­to assie­me al rame sia dal­le cave, sia come sot­to­pro­dot­to del­la fusio­ne del rame. Bron­zo e fer­ro furo­no lavo­ra­ti assie­me per far­ci stru­men­ti e armi, sem­bra da due clas­si distin­te di fab­bri che custo­di­va­no i pro­pri segre­ti ini­zia­ti­ci, ma all’occorrenza for­se lavo­ra­va­no entram­bi. In Gre­cia, il col­las­so dell’impero itti­ta (1196 a.C.) e del Bron­zo (1200–950 a.C.) inter­rup­pe le trat­te di com­mer­cio del rame e del­lo sta­gno. Il fer­ro, già noto, ven­ne lavo­ra­to in mas­sa per non dipen­de­re dagli scam­bi ester­ni. La mise­ria attri­bui­ta al fer­ro da Esio­do deri­va dal fat­to che il fer­ro, una vol­ta sdo­ga­na­ta la sua tec­no­lo­gia, si dimo­strò esse­re più eco­no­mi­co e ver­sa­ti­le, ini­zian­do una pro­du­zio­ne di mas­sa di uten­si­li e armi. Tut­ta­via ciò rese gli impe­ri del Fer­ro più vora­ci e san­gui­na­ri.

Oggi i dispo­si­ti­vi digi­ta­li si sono dif­fu­si come il fer­ro: infon­do­no la luce degli dèi ura­ni­ci — qua­li Zeus — che con­flui­ran­no in quel­la del dio giu­dai­co-cri­stia­no, assog­get­tan­do come allo­ra il fuo­co dell’immaginazione crea­tri­ce. La sepa­ra­zio­ne del fuo­co crea­ti­vo dal­la luce cele­ste è la quin­tes­sen­za del mito pro­me­tei­co. Se Eschi­lo annun­ciò una ricon­ci­lia­zio­ne tra Zeus e Pro­me­teo, cir­ca 300 anni dopo, il mito del­la caver­na in Pla­to­ne (380 a.C.) san­ci­rà la scis­sio­ne tra la luce divi­na del Bene in sé e il fuo­co. La fiam­ma cto­nia dei lavo­ra­to­ri del metal­lo nel­le pro­fon­di­tà del­la caver­na vie­ne ora ridot­ta a un fuo­co che pro­iet­ta fal­se ombre, di con­tro la luce di fuo­ri. Pla­to­ne così rove­scia l’arte scia­ma­ni­ca del mito pro­me­tei­co, favo­ren­do un dio più alto e lumi­no­so.

La stes­sa scis­sio­ne tra Zeus e Pro­me­teo si ripre­sen­ta oggi e si tra­du­ce nel­la dif­fe­ren­za che inter­cor­re tra AI gene­ra­ti­va e crea­ti­vi­tà uma­na. L’AI del­le big tech ripren­de un pro­ces­so di assi­mi­la­zio­ne e astra­zio­ne che rispec­chia il fur­to del fuo­co da par­te di Zeus. Dopo l’AI, ogni con­te­nu­to è come mine­ra­le grez­zo nel cro­gio­lo del dio digi­ta­le, e ogni nostra inte­ra­zio­ne con l’AI diven­ta un pro­ces­so di fusio­ne dove la mate­ria pri­ma sia­mo noi stes­si. È essen­zia­le dosa­re la per­va­si­vi­tà dell’AI e rimuo­ve­re que­ste tec­no­lo­gie dal­le mani del­le big tech per svi­lup­pa­re AI de-cen­tra­liz­za­te, quin­di non mono­tei­ste, come già ci si ini­zia a chie­de­re in meri­to allo svi­lup­po di AI più indi­ge­ne, non basa­te sull’assimilazione e sfrut­ta­men­to dei lin­guag­gi e del­le imma­gi­ni, né asser­vi­te alle teo­cra­zie di estre­ma destra, ma su cul­tu­re inter­con­nes­se tra uma­ni e non uma­ni. Recla­ma­re l’autonomia nell’Età del Fer­ro digi­ta­le signi­fi­ca non limi­tar­ci a vede­re l’AI come uno stru­men­to, ma come una tec­no­lo­gia dove mito, pote­re e rive­la­zio­ne sono di nuo­vo rimes­si in gio­co. Anco­ra una vol­ta, per para­fra­sa­re Lévy (2006), il fuo­co di Pro­me­teo va libe­ra­to.

Foto­gra­fia di Alan Jeu­land

Biblio­gra­fia

Amzal­lag, Nis­sim. 2023. Yah­weh and the Ori­gins of Ancient Israel, Cam­brid­ge Uni­ver­si­ty Press.

Amzal­lag, Nis­sim. 2009. From Metal­lur­gy to Bron­ze Age Civi­li­za­tions: The Syn­the­tic Theo­ry, Ame­ri­can Jour­nal of Archeo­lo­gy, 113, 497–519.

Anders, Gün­ther. 2007. L’uomo è anti­qua­to Vol. 1, Bol­la­ti Borin­ghie­ri.

Ass­mann, Jan. 2009. Dio e gli dèi, il Muli­no.

Bey, Hakim. 2023. All’ombra del­le mac­chi­ne mala­te. Imme­dia­ti­smo. Per una cri­ti­ca radi­ca­le dei media, Sha­ke.

Bla­ke­ly Westo­ver, San­dra. 2016. “Smel­ting and Sacri­fi­ce: Com­pa­ra­ti­ve Ana­ly­sis of Greek and Near Eastern Cult Sites from the Late Bron­ze throu­gh the Clas­si­cal Periods”, in Suzan­ne M. M. Young, A. Mark Pol­lard, Paul Budd, Robert A. Ixer (eds.), Metals in Anti­qui­ty, BAR Inter­na­tio­nal Series, 792, 86–90.

Bostrom, Nick. 2018. Supe­rin­tel­li­gen­za, Bol­la­ti Borin­ghie­ri.

Brid­le, James. 2019. Nuo­va Era Oscu­ra, Nero NOT.

Buber, Mar­tin. 2022. L’eclissi di Dio, SE.

Con­del­lo, Fede­ri­co (ed.). 2011. Pro­me­teo. Varia­zio­ni sul mito, Mar­si­lio.

Cor­bin, Hen­ry. 2020. Il para­dos­so del mono­tei­smo, Mime­sis. 

Elia­de, Mir­cea. 1978. The For­ge and the Cru­ci­ble, Uni­ver­si­ty of Chi­ca­go Press. 

  1. Erb-Satul­lo, Natha­niel. 2019.  The Inno­va­tion and Adop­tion of Iron in the Ancient Near East, Jour­nal of Archaeo­lo­gi­cal Research, 27, 557–607.

Eschi­lo. 2004. Pro­me­teo Inca­te­na­to, BUR.

Esio­do. 2023. Teo­go­nia, Einau­di.

Esio­do. 2006. Ope­re e gior­ni, Gar­zan­ti.

Gra­ves, Robert. 1992. I Miti Gre­ci, Lon­ga­ne­si.

Hao, Karen. 2025. Empi­re of AI: Dreams and Night­ma­res in Sam Alt­ma­n’s Ope­nAI, Pen­guin Press US.

Keré­nyi, Karo­ly. 2015. Gli dèi e gli eroi del­la Gre­cia, Il Sag­gia­to­re.

Kur­z­weil, Ray. 2005.  La sin­go­la­ri­tà è vici­na, Apo­geo. 

Lévy, Pier­re. 2006.  Il fuo­co libe­ra­to­re, Luca Sos­sel­la edi­to­re.

Mclu­han, Mar­shall. 2023. Gli stru­men­ti del comu­ni­ca­re, Il Sag­gia­to­re.

Smith, Mark S. 2010. God in trans­la­tion, Wm. B. Eerd­mans publi­shing.

Weber, Max. 2012. L’etica pro­te­stan­te e lo spi­ri­to del capi­ta­li­smo, BUR.

Xun, Jia­n­wei, Ipno­cra­zia. Trump, Musk e la nuo­va archi­tet­tu­ra del­la real­tà, Tlon, 2025.

Zgoll, Chri­stian. 2021. The Hit­ti­te ‘Theo­go­ny’ or Song of Going Forth (CTH 344): Stra­ti­fi­ca­tion of Mythi­cal Tra­di­tions: With a Sug­ge­sted Trans­la­tion for KUB 33.120 Vs. I 19 f., Jour­nal of Ancient Near Eastern Reli­gions, 21(2), 208–227.

Con­di­vi­di:
I commenti sono chiusi
0
    0
    Carrello
    Il tuo carrello è vuotoRitorna allo shop