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Luglio
29 Luglio 2024

NOTI­ZIE DAL­L’E­CUA­DOR: IL GOVER­NO NOBOA E LA RISPO­STA AUTO­RI­TA­RIA ALLA CRI­SI DEL NAR­CO­TRAF­FI­CO

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Lo scor­so gen­na­io 2024, l’Ecuador si è gua­da­gna­to l’attenzione dei media ita­lia­ni, a segui­to del­la deci­sio­ne del gover­no Noboa di dichia­ra­re lo sta­to di guer­ra per com­bat­te­re il nar­co­traf­fi­co. Ciò che inve­ce sui nostri noti­zia­ri non ha tro­va­to spa­zio, è il col­le­ga­men­to fra le stra­te­gie avvia­te dal nuo­vo gover­no per con­tra­sta­re il nar­co­traf­fi­co, e, con­te­stual­men­te, l’implementazione tem­pe­sti­va e opa­ca di poli­ti­che eco­no­mi­che di stam­po neo­li­be­ra­le. Que­sto arti­co­lo si pro­po­ne di ripor­ta­re alcu­ni fat­ti ecla­tan­ti che han­no segna­to il dibat­ti­to pub­bli­co e copre le noti­zie fino a mag­gio 2024.

Il cli­ma di vio­len­za

Il 7 gen­na­io, Adol­fo Macías Vil­la­mar, det­to Fito, fug­ge dal car­ce­re di Gua­ya­quil. Fito è l’attuale lea­der de Los Cho­ne­ros, uno dei car­tel­li di nar­co­traf­fi­co più atti­vi del pae­se. Negli ulti­mi anni, l’Ecuador è diven­ta­to il prin­ci­pa­le pun­to di usci­ta del­la cocai­na dal Suda­me­ri­ca; la mag­gior par­te del­la dro­ga seque­stra­ta nei piú impor­tan­ti por­ti euro­pei pro­vie­ne da que­sto Pae­se. Le con­di­zio­ni di sicu­rez­za del pae­se sono di con­se­guen­za rapi­da­men­te dete­rio­ra­te: secon­do fon­ti gover­na­ti­ve ripor­ta­te da Al Jazee­ra, le mor­ti vio­len­te in Ecua­dor sareb­be­ro rad­do­pia­te fra il 2022 e il 2023, pas­san­do da 4500 a più di 8000 l’anno.


José Adol­fo M., alias ‘Fito’, lea­der del grup­po cri­mi­na­le dei Cho­ne­ros. Foto scat­ta­ta al momen­to dell’arresto, 13 anni pri­ma dell’evasione. Fon­te: El País.

Dopo la fuga di Fito, di cui anco­ra oggi lo Sta­to non cono­sce la dina­mi­ca, il neo pre­si­den­te Daniel Noboa ha quin­di dichia­ra­to lo sta­to di emer­gen­za e avvia­to un’operazione mili­ta­re che ha gene­ra­to un con­flit­to arma­to inter­no, con l’intenzione di garan­ti­re la sicu­rez­za dei cit­ta­di­ni attra­ver­so l’intervento del­le for­ze arma­te. Tut­ta­via, con­tra­ria­men­te a quan­to sostie­ne il gover­no, la mili­ta­riz­za­zio­ne del pae­se non ha por­ta­to ai risul­ta­ti spe­ra­ti. La vio­len­za ha con­ti­nua­to a dila­ga­re: solo duran­te le vacan­ze di Pasqua sono sta­ti regi­stra­ti 137 omi­ci­di, e tra gen­na­io e mar­zo si ripor­ta­no 1543 seque­stri ed estor­sio­ni. Inol­tre, tra il 2023 e il 2024, in Ecua­dor sono sta­ti assas­si­na­ti 14 poli­ti­ci.

In rispo­sta alla dichia­ra­zio­ne di guer­ra inter­na, le ban­de cri­mi­na­li han­no rea­gi­to imme­dia­ta­men­te con un’e­sca­la­tion di atti vio­len­ti, mani­fe­sta­ta­si soprat­tut­to in una serie di rivol­te nel­le car­ce­ri. Fra que­ste, il 9 gen­na­io 2024, nel­la pri­gio­ne di El Inca a Qui­to, si sono veri­fi­ca­ti cruen­ti scon­tri tra dete­nu­ti e for­ze di sicu­rez­za, con i pri­gio­nie­ri che han­no pre­so ostag­gi fra le guar­die car­ce­ra­rie e cau­sa­to dan­ni significativi​ alle prigioni​​. L’ondata di vio­len­za ha avu­to una vasta dif­fu­sio­ne nei media: onli­ne cir­co­la­va­no i video del­le guar­die car­ce­ra­rie ucci­se dai dete­nu­ti in rivol­ta nel­le car­ce­ri, ma ciò che ha susci­ta­to mag­gior scon­cer­to è sta­to l’assal­to in diret­ta al noti­zia­rio del­la TV di sta­to Tele Ama­zo­nas nel­la cit­tà di Gua­ya­quil, che ha atti­ra­to l’attenzione a livel­lo glo­ba­le, por­tan­do il focus su un pae­se spes­so tra­scu­ra­to. Ma un aspet­to scon­cer­tan­te di que­sta situa­zio­ne, pas­sa­to inve­ce sot­to trac­cia nei reso­con­ti del­le agen­zie di stam­pa inter­na­zio­na­li, è come il gover­no ecua­do­ria­no avreb­be appro­fit­ta­to del­la situa­zio­ne d’emergenza per sco­pi ben diver­si dal­la sicu­rez­za dei pro­pri cit­ta­di­ni.

Di neces­si­tà vir­tù

Men­tre il pae­se veni­va  sot­to­po­sto a misu­re di con­fi­na­men­to, con un copri­fuo­co not­tur­no impo­sto per 60 gior­ni (poi este­so a 90 in alcu­ne pro­vin­ce), il pre­si­den­te Daniel Noboa appro­fit­ta­va del­la situa­zio­ne di emer­gen­za e sgo­men­to gene­ra­le per intro­dur­re rifor­me eco­no­mi­che di stam­po neo­li­be­ra­le.

Un esem­pio emble­ma­ti­co è il Trat­ta­to di Libe­ro Com­mer­cio (TLC) con la Cina, appro­va­to dall’Assemblea Nazio­na­le dell’Ecuador lo scor­so 7 feb­bra­io, duran­te lo sta­to di emer­gen­za e quin­di sen­za che la socie­tà civi­le potes­se far sen­ti­re la pro­pria voce sul tema. L’accor­do ha susci­ta­to pre­oc­cu­pa­zio­ni tra le orga­niz­za­zio­ni ambien­ta­li­ste e dei dirit­ti uma­ni, in quan­to pre­ve­de che l’Ecuador rice­va rifiu­ti alta­men­te tos­si­ci e dif­fi­ci­li da trat­ta­re da par­te del­la Cina, in cam­bio dell’accesso pri­vi­le­gia­to al mer­ca­to cine­se per quan­to riguar­da il com­mer­cio dei prin­ci­pa­li pro­dot­ti d’esportazione ecua­do­ria­ni, in par­ti­co­la­re gam­be­ret­ti, con­cen­tra­to di piom­bo e rame.

Con il pre­te­sto del con­flit­to arma­to e la neces­si­tà di entra­te con­si­sten­ti per finan­zia­re la guer­ra con­tro il nar­co­traf­fi­co, a par­ti­re dal 1 apri­le l’IVA è sta­ta aumen­ta­ta di tre pun­ti per­cen­tua­li, dal 12 al 15%: una deci­sio­ne che, data la regres­si­vi­tà del­le impo­ste indi­ret­te, va a dan­no del­le fasce più vul­ne­ra­bi­li del­la popo­la­zio­ne. Tut­to que­sto in un pae­se anco­ra pro­fon­da­men­te pro­va­to dal­la cri­si eco­no­mi­ca post-pan­de­mi­ca, in cui il nar­co­traf­fi­co ha rap­pre­sen­ta­to per alcu­ne fran­ge del­la popo­la­zio­ne una van­tag­gio­sa occa­sio­ne di gua­da­gno o anche solo di finan­zia­men­to a bre­ve ter­mi­ne tra­mi­te i pre­sti­ti a usu­ra del­le ban­de cri­mi­na­li che, appro­fit­tan­do del­lo sta­tus di valu­ta uffi­cia­le del pae­se del dol­la­ro sta­tu­ni­ten­se, avreb­be­ro tro­va­to nel­le pre­ca­rie con­di­zio­ni eco­no­mi­che del pae­se una ghiot­ta occa­sio­ne di rici­clag­gio dei pro­pri pro­ven­ti. I gua­da­gni del nar­co­traf­fi­co negli Sta­ti Uni­ti pos­so­no entra­re in Ecua­dor sen­za biso­gno di con­ver­sio­ne, faci­li­tan­do il rici­clag­gio di dena­ro rispet­to a pae­si come la vici­na Colom­bia, dove i rigi­di con­trol­li sul­le valu­te rap­pre­sen­ta­no un osta­co­lo signi­fi­ca­ti­vo per i flus­si finan­zia­ri ille­ci­ti.

Inol­tre, Noboa ha pro­po­sto di con­ti­nua­re a estrar­re petro­lio per alme­no un altro anno dal bloc­co ITT del­lo Yasu­ní, nono­stan­te l’esito del refe­ren­dum ambien­ta­le del­lo scor­so ago­sto 2023 in cui la popo­la­zio­ne si è espres­sa a favo­re del­la con­ser­va­zio­ne e per la fine dell’estrazione petro­li­fe­ra in que­sto ter­ri­to­rio. Il bloc­co ITT è un’area che si tro­va nel­la regio­ne amaz­zo­ni­ca del­l’E­cua­dor e che con­tie­ne riser­ve petro­li­fe­re signi­fi­ca­ti­ve. Que­sto bloc­co è par­ti­co­lar­men­te con­tro­ver­so per­ché si tro­va all’in­ter­no del Par­co Nazio­na­le Yasu­ní, abi­ta­to da nume­ro­se popo­la­zio­ni indi­ge­ne e famo­so per la sua ecce­zio­na­le diver­si­tà bio­lo­gi­ca e cul­tu­ra­le. L’estrazione petro­li­fe­ra sta con­ta­mi­nan­do gra­ve­men­te il ter­ri­to­rio e dan­neg­gian­do la natu­ra, gli ani­ma­li e le comu­ni­tà indi­ge­ne che vi abi­ta­no.


Impian­to di estra­zio­ne di petro­lio nel bloc­co ITT del Par­co Nazio­na­le Yasu­ní. Foto: Pedro Ber­meo, G. YASu­ni­dos.

L’abu­so di pote­re da par­te del­le for­ze arma­te è par­ti­co­lar­men­te duro nel­le peri­fe­rie urba­ne, dove i mili­ta­ri ese­guo­no con­trol­li spes­so vio­len­ti e rivol­ti per lo più ai mem­bri dei grup­pi più vul­ne­ra­bi­li, aggra­van­do­ne la mar­gi­na­liz­za­zio­ne e la discri­mi­na­zio­ne. Ma anche fuo­ri dal­le cit­tà, l’ambiguità fra guer­ra inter­na al nar­co­traf­fi­co e a chi si oppo­ne allo sfrut­ta­men­to indi­scri­mi­na­to del­le risor­se nazio­na­li si risol­ve in atti di bru­ta vio­len­za, come nel caso di Las Pam­pas e Palo Que­ma­do.

In que­sti comu­ni del­le Ande l’impresa cana­de­se Áti­co Mining pro­get­ta di rea­liz­za­re un gros­so sito mine­ra­rio per l’estrazione di oro, argen­to, rame e zin­co, con il favo­re del gover­no. All’i­ni­zio di mar­zo, il pre­si­den­te Daniel Noboa si è reca­to in Cana­da per par­te­ci­pa­re al Con­ve­gno mon­dia­le sull’esplorazione e l’estrazione mine­ra­ria. In quel­l’oc­ca­sio­ne si è van­ta­to dei 4 miliar­di di dol­la­ri di inve­sti­men­ti rac­col­ti dall’industria mine­ra­ria ecua­do­ria­na, un set­to­re defi­ni­to “cru­cia­le” per l’e­co­no­mia nazio­na­le. Dopo l’in­con­tro, il pre­si­den­te ecua­do­ria­no ha fir­ma­to accor­di di inve­sti­men­to per un valo­re com­ples­si­vo di oltre 4,8 miliar­di di dol­la­ri. Uno di que­sti è pro­prio con Áti­co Mining per la minie­ra di La Pla­ta. La pri­ma fase di esplo­ra­zio­ne del­la zona ha avu­to ini­zio nel 2021; ades­so l’impresa è pron­ta per ini­zia­re la fase di costru­zio­ne. Secon­do la Costi­tu­zio­ne ecua­do­ria­na e sul­la base di trat­ta­ti inter­na­zio­na­li per pro­teg­ge­re i dirit­ti ter­ri­to­ria­li e ambien­ta­li, pri­ma di imple­men­ta­re pro­get­ti che pos­so­no ave­re un impat­to signi­fi­ca­ti­vo sull’ambiente e sul­le comu­ni­tà loca­li, è obbli­ga­to­rio pro­ce­de­re con una con­sul­ta­zio­ne ambien­ta­le. L’obiettivo è garan­ti­re che que­ste comu­ni­tà sia­no infor­ma­te, pos­sa­no espri­me­re le loro opi­nio­ni e pre­oc­cu­pa­zio­ni e par­te­ci­pi­no alla deci­sio­ne fina­le. La recen­te con­sul­ta­zio­ne ambien­ta­le nei comu­ni di Las Pam­pas e Palo Que­ma­do, con­dot­ta dal Mini­ste­ro dell’Ambiente e dall’impresa Áti­co Mining, sareb­be tut­ta­via sta­ta accom­pa­gna­ta dal­la pre­sen­za di cen­ti­na­ia di mem­bri del­le for­ze di poli­zia e mili­ta­ri, al fine di eser­ci­ta­re pres­sio­ne sui cit­ta­di­ni del­la zona e spin­ger­li ad appro­va­re  il pro­get­to. In que­sta occa­sio­ne, 72 con­ta­di­ni e con­ta­di­ne che si sta­va­no oppo­nen­do al pro­get­to di estra­zio­ne sono sta­ti pun­tual­men­te arre­sta­ti e accu­sa­ti di ter­ro­ri­smo.


Mani­fe­sta­zio­ne a Qui­to con­tro la vio­len­za mili­ta­re a Sig­chos e Palo Que­ma­do. Foto: Mar­ti­na Don­die­go.

L’abuso di pote­re di Noboa appa­re per cer­ti ver­si spre­giu­di­ca­to, al pun­to da gene­ra­re per­si­no una cri­si diplo­ma­ti­ca sen­za pre­ce­den­ti per il pae­se. Nel­la not­te del 5 apri­le, la Poli­zia Nazio­na­le ecua­do­ria­na ha arre­sta­to Jor­ge Glas, ex vice­pre­si­den­te dell’Ecuador accu­sa­to di asso­cia­zio­ne ille­ci­ta e cor­ru­zio­ne aggra­va­ta, facen­do irru­zio­ne nell’Amba­scia­ta Mes­si­ca­na pres­so Qui­to, dove Glas ave­va otte­nu­to asi­lo poli­ti­co. Da un lato, non stia­mo di cer­to par­lan­do di uno stin­co di san­to. Duran­te i suoi man­da­ti poli­ti­ci, Glas è sta­to più vol­te accu­sa­to di rice­ve­re tan­gen­ti da gran­di impre­se in cam­bio di favo­ri e con­trat­ti gover­na­ti­vi e ha per­tan­to scon­ta­to diver­se pene deten­ti­ve. La deci­sio­ne di Noboa di com­pie­re l’arresto per­si­no a costo di irrom­pe­re nell’ambasciata mes­si­ca­na è chia­ra­men­te un segna­le per dimo­stra­re il suo impe­gno nel­la lot­ta alla cor­ru­zio­ne e alla cri­mi­na­li­tà orga­niz­za­ta, allo sco­po di raf­for­za­re la sua auto­ri­tà e legit­ti­mi­tà agli occhi del­l’o­pi­nio­ne pub­bli­ca. Ma a che prez­zo? La vio­la­zio­ne del dirit­to inter­na­zio­na­le e il man­ca­to rispet­to del­le sedi diplo­ma­ti­che han­no por­ta­to i pae­si vici­ni a pren­de­re le distan­ze dall’Ecuador, met­ten­do ulte­rior­men­te in discus­sio­ne la sta­bi­li­tà del pae­se. Oltre al Mes­si­co, anche Nica­ra­gua e Vene­zue­la han­no rot­to i rap­por­ti diplo­ma­ti­ci con l’Ecuador, riti­ran­do le loro amba­scia­te dal pae­se. Anche il pre­si­den­te colom­bia­no Petro ha mani­fe­sta­to il suo dis­sen­so sospen­den­do le immi­nen­ti riu­nio­ni con il gover­no ecua­do­ria­no.


Mili­ta­ri ecua­do­ria­ni irrom­po­no nell’ambasciata mes­si­ca­na a Qui­to. Fon­te: El País

(Non) pio­ve sem­pre sul bagna­to

Il 16 apri­le è sta­to dichia­ra­to un nuo­vo sta­to d’emergenza, que­sta vol­ta dovu­to a una cri­si ener­ge­ti­ca. L’assenza di inve­sti­men­ti in fon­ti ener­ge­ti­che alter­na­ti­ve e la dipen­den­za ecces­si­va dal set­to­re idroe­let­tri­co – cir­ca il 90% dell’elettricità del pae­se pro­vie­ne da impian­ti idroe­let­tri­ci – han­no reso l’Ecuador vul­ne­ra­bi­le alle flut­tua­zio­ni cli­ma­ti­che. Secon­do il gover­no, la man­can­za di pre­ci­pi­ta­zio­ni ha ridot­to il flus­so d’ac­qua dei fiu­mi che ali­men­ta­no le cen­tra­li idroe­let­tri­che. L’aumento del­le tem­pe­ra­tu­re e i perio­di di sic­ci­tà sono feno­me­ni sem­pre più comu­ni nel con­ti­nen­te suda­me­ri­ca­no; tut­ta­via, a dif­fe­ren­za di altri pae­si, l’Ecuador non ha avvia­to un pia­no per favo­ri­re un mix ener­ge­ti­co effi­ca­ce per rispon­de­re alla cri­si cli­ma­ti­ca. Sono ini­zia­ti così i blac­kout in tut­to il pae­se, cau­san­do gra­vi disa­gi alla popo­la­zio­ne e met­ten­do in luce le pro­fon­de caren­ze del siste­ma ener­ge­ti­co nazio­na­le. Nono­stan­te gli sfor­zi per ripri­sti­na­re una for­ni­tu­ra elet­tri­ca sta­bi­le, i cit­ta­di­ni han­no dovu­to affron­ta­re perio­di di inter­ru­zio­ne che varia­va­no da poche ore fino a inte­re gior­na­te, aggra­van­do le dif­fi­col­tà eco­no­mi­che e socia­li in un con­te­sto già pro­va­to da cri­si mul­ti­ple.

La sospen­sio­ne del­le gior­na­te lavo­ra­ti­ve di gio­ve­dì 18 e vener­dì 19 apri­le per l’emergenza elet­tri­ca è avve­nu­ta a due gior­ni dal voto per un refe­ren­dum che è il pro­dot­to di un’intensa cam­pa­gna elet­to­ra­le con­dot­ta dal gover­no Noboa.

A cau­sa dell’emergenza elet­tri­ca, il pre­si­den­te ha annun­cia­to improv­vi­sa­men­te la sospen­sio­ne del­le gior­na­te lavo­ra­ti­ve di gio­ve­dì 18 e vener­dì 19 apri­le, pro­prio a due gior­ni dal voto per un refe­ren­dum sul­la sicu­rez­za. Que­sta con­sul­ta­zio­ne è il risul­ta­to di un’intensa cam­pa­gna elet­to­ra­le con­dot­ta dal gover­no Noboa e com­pren­de 9 doman­de sul tema sicu­rez­za, 1 sull’arbitraggio inter­na­zio­na­le e 1 sul­la rifor­ma del lavo­ro a ore. Pre­sen­ta­ta come un’iniziativa dell’attuale gover­no per aumen­ta­re la sicu­rez­za nel pae­se, la Con­sul­ta­zio­ne ha tut­ta­via sol­le­va­to pre­oc­cu­pa­zio­ni per il suo impat­to sui dirit­ti civi­li e sul­le liber­tà indi­vi­dua­li. Le doman­de sul­la mili­ta­riz­za­zio­ne del­le stra­de e sull’aumento del­le pene per i rea­ti lega­ti al nar­co­traf­fi­co indi­ca­no una ten­den­za ver­so il puni­ti­vi­smo, a sca­pi­to del­la demo­cra­zia e dei dirit­ti uma­ni. Noboa sem­bra voler emu­la­re le poli­ti­che del suo omo­lo­go sal­va­do­re­gno Nay­ib Buke­le, noto per il suo meto­do basa­to su arre­sti di mas­sa e per le cri­ti­che riguar­dan­ti il man­ca­to rispet­to dei dirit­ti uma­ni nei nuo­vi siste­mi car­ce­ra­ri di mas­si­ma sicu­rez­za.

Il popo­lo ecua­do­ria­no ha espres­so un voto favo­re­vo­le su tut­te le doman­de con­cer­nen­ti l’introduzione di misu­re di sicu­rez­za più rigi­de; si è inve­ce oppo­sto all’arbitraggio inter­na­zio­na­le, che pro­po­ne­va che le impre­se con capi­ta­li trans­na­zio­na­li potes­se­ro pre­sen­ta­re le loro con­tro­ver­sie pres­so cor­ti inter­na­zio­na­li di arbi­trag­gio – cosa che avreb­be faci­li­ta­to la loro asso­lu­zio­ne – e alla rifor­ma sul lavo­ro, che avreb­be per­mes­so di sta­bi­li­re con­trat­ti di lavo­ro a ore, aumen­tan­do la pre­ca­rie­tà in un pae­se dove il lavo­ro infor­ma­le è pre­do­mi­nan­te. Pur pre­oc­cu­pa­ta per la sicu­rez­za del pae­se al pun­to da richie­de­re misu­re più inci­si­ve e repres­si­ve da par­te del gover­no, la socie­tà ecua­do­ria­na ha però dato mostra di gran­de con­sa­pe­vo­lez­za, votan­do con­tro l’aumento del­la vul­ne­ra­bi­li­tà del pae­se di fron­te agli inte­res­si del­le azien­de mul­ti­na­zio­na­li e del­la pro­pria pre­ca­rie­tà socia­le.

Il qua­dro gene­ra­le si giu­di­ca da sé: è evi­den­te che l’Ecuador sot­to la lea­der­ship di Noboa affron­ta una cri­si mul­ti­di­men­sio­na­le, in quan­to toc­ca varie sfe­re – come sicu­rez­za, poli­ti­ca este­ra, ener­gia, ambien­te – ed è ali­men­ta­ta da poli­ti­che auto­ri­ta­rie, che, nel nome del­la sicu­rez­za nazio­na­le, inten­do­no sfrut­ta­re l’instabilità del pae­se per far appro­va­re misu­re eco­no­mi­che impo­po­la­ri. Oltre a con­sen­ti­re al gover­no di impor­re rifor­me sen­za con­sul­ta­zio­ne pre­via, il ricor­so allo sta­to d’emergenza limi­ta for­te­men­te la liber­tà indi­vi­dua­le e restrin­ge i dirit­ti civi­li fon­da­men­ta­li, come la liber­tà di espres­sio­ne, di assem­blea e di movi­men­to, gene­ran­do un cli­ma di repres­sio­ne e pau­ra tra la popo­la­zio­ne. La mili­ta­riz­za­zio­ne del­le stra­de, la recen­te cri­si ener­ge­ti­ca e la Con­sul­ta­zio­ne Popo­la­re sono solo alcu­ni esem­pi di come il gover­no abu­si del suo pote­re, a disca­pi­to del benes­se­re del popo­lo ecua­do­ria­no. La situa­zio­ne richie­de un’azione urgen­te e una mag­gio­re respon­sa­bi­li­tà da par­te del­le auto­ri­tà, altri­men­ti il pae­se rischia di affron­ta­re con­se­guen­ze sem­pre più gra­vi nel pros­si­mo futu­ro.

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