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Luglio
6 Luglio 2023

CON­FI­NI E DESI­DE­RIO #1

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Altin par­la dell’insoddisfazione ver­so le con­sue­tu­di­ni fami­lia­ri e cul­tu­ra­li nel­le qua­li è nato, del con­te­sto nel qua­le è cre­sciu­ta la sua gene­ra­zio­ne e di ciò che lo ha spin­to a vali­ca­re quei limi­ti. Altin Jun­caj si occu­pa di Tra­de Finan­ce per Fin­can­tie­ri

La Pre­sen­ta­zio­ne del ciclo di inter­vi­ste Con­fi­ni e desi­de­rio è qui

I pro­ta­go­ni­sti del ciclo Con­fi­ni e desi­de­rio ci rac­con­ta­no gli osta­co­li che han­no dovu­to supe­ra­re per sod­di­sfa­re il biso­gno di cono­sce­re cose nuo­ve, allar­ga­re lo sguar­do e cam­bia­re sé stes­si e il mon­do attor­no a loro. In un cer­to sen­so, que­sta descri­zio­ne com­pren­de cia­scu­no di noi: tut­ti desi­de­ria­mo sape­re e c’è sem­pre un costo. Ma le cir­co­stan­ze sono sem­pre diver­se. Rileg­gia­mo le paro­le che Ulis­se rivol­se ai suoi uomi­ni per con­vin­cer­li a supe­ra­re le colon­ne d’Ercole:

“O fra­ti,” dis­si, “che per cen­to milia
peri­gli sie­te giun­ti a l’oc­ci­den­te,
a que­sta tan­to pic­cio­la vigi­lia

d’i nostri sen­si ch’è del rima­nen­te
non voglia­te negar l’e­spe­rïen­za,
di retro al sol, del mon­do san­za gen­te.

(Inf. 26, 112–117)

Ci sono cir­co­stan­ze più estre­me? Si può ave­re più corag­gio? Ulis­se e i suoi com­pa­gni cre­do­no che il con­fi­ne sia sta­to trac­cia­to “acciò che l’uom più oltre non si met­ta” (Inf. 26, 109), eppu­re non esi­ta­no; non voglio­no negar­si l’esperienza nel poco tem­po che resta loro da vive­re. Le sto­rie di Con­fi­ni e desi­de­rio gira­no tut­te attor­no a que­sto pas­sag­gio. Per­ché ci sen­tia­mo insod­di­sfat­ti e rin­chiu­si? Che cosa ci spin­ge oltre il limi­te? Qua­le novi­tà o cam­bia­men­to ci aspet­tia­mo?

I ‘limi­ti’ di que­ste con­ver­sa­zio­ni pos­so­no esse­re di ogni tipo: i con­fi­ni del­la car­ta geo­gra­fi­ca fisi­ca e poli­ti­ca, gli spa­zi fra le lin­gue e le cul­tu­re, i con­flit­ti fra le ideo­lo­gie e le strut­tu­re socia­li. Insom­ma, i ‘limi­ti’ che affron­ta­no i pro­ta­go­ni­sti di Con­fi­ni e desi­de­rio cor­ri­spon­do­no a ogni dif­fe­ren­za o asim­me­tria che tro­via­mo nel­la casa dei segni dove tut­ti abi­tia­mo. E ben ven­ga­no que­sti sbi­lan­cia­men­ti, per­ché sono pro­prio essi che ci con­sen­to­no di accet­ta­re la sfi­da del cam­bia­men­to e dare al mon­do idee nuo­ve e solu­zio­ni ori­gi­na­li ai suoi pro­ble­mi.

Que­sto è l’obiettivo di Con­fi­ni e desi­de­rio. Tut­ti san­no che i pen­sie­ri, le paro­le e gli altri segni sono in costan­te muta­zio­ne men­tre si dif­fon­do­no – è l’idea di Richard Daw­kins quan­do coniò il ter­mi­ne ‘meme’. Ma se le cose stan­no così, allo­ra è inte­res­san­te osser­va­re il feno­me­no da vici­no. Chi lo met­te in moto? Di cosa par­lia­mo nel det­ta­glio? Dove si veri­fi­ca? Qua­li con­di­zio­ni lo favo­ri­sco­no e qua­li lo osta­co­la­no? Cur, quo­mo­do, quan­do?

Abbia­mo già una rispo­sta abba­stan­za con­vin­cen­te a una di que­ste doman­de. Le idee, le paro­le e gli altri segni muta­no e si svi­lup­pa­no con più faci­li­tà attor­no a un con­fi­ne, inte­so, come sopra, in sen­so mol­to lar­go. I con­fi­ni sono uber­to­si, come avreb­be det­to Peir­ce, cioè non sono sem­pli­ce­men­te pro­dut­ti­vi ma fer­ti­li di novi­tà. È sul con­fi­ne che le per­so­ne sono più dispo­ste a barat­ta­re la sicu­rez­za di un ragio­na­men­to o di un com­por­ta­men­to pru­den­te con ipo­te­si avven­tu­ro­se, che però pos­so­no comun­que rive­lar­si erra­te. È lì che si imma­gi­na­no con più faci­li­tà le inno­va­zio­ni che maga­ri ci cam­bia­no la vita, ma che rischia­no di non fun­zio­na­re. In fon­do, è ciò che è suc­ces­so a Dan­te. Anche lui si è tro­va­to di fron­te a un con­fi­ne rag­guar­de­vo­le e ha deci­so di cor­re­re il rischio. Chis­sà in quan­ti, incro­cian­do­lo per stra­da, si saran­no chie­sti se nell’altro mon­do ci fos­se sta­to dav­ve­ro oppu­re no.

Per­ciò, ine­vi­ta­bil­men­te, mol­ti pro­ta­go­ni­sti di Con­fi­ni e desi­de­rio saran­no pas­sa­ti in sen­so pro­prio e meta­fo­ri­co da una stan­za all’altra del­la casa dei segni. Avran­no viag­gia­to. Avran­no impa­ra­to lin­gue, arti e mestie­ri nuo­vi cam­bian­do la loro con­di­zio­ne eco­no­mi­ca e socia­le – si spe­ra per il meglio. Saran­no sta­ti degli inno­va­to­ri. Da que­sto pun­to di vista, la loro sto­ria per­so­na­le rias­su­me quel­la del­la nostra spe­cie, che si può descri­ve­re come un solo, inces­san­te viag­gio alla ricer­ca di con­di­zio­ni di vita miglio­ri o, come Ulis­se e i suoi com­pa­gni, sem­pli­ce­men­te per anda­re a vede­re. Ine­vi­ta­bil­men­te, que­sti rac­con­ti bru­cia­no come l’aceto le esi­gue radi­ci dei discor­si che dipin­go­no chi non ci somi­glia come una minac­cia e si illu­do­no di arre­sta­re le for­ze che spin­go­no le per­so­ne e le popo­la­zio­ni a muo­ver­si in giro per il mon­do, simi­li alle for­ze che deter­mi­na­no le cor­ren­ti e le maree. Con­fi­ni e desi­de­rio è ‘pop semio­tics’ e non ha inten­ti pole­mi­ci, ma la boni­fi­ca di que­ste erbac­ce è un effet­to col­la­te­ra­le, appun­to, ine­vi­ta­bi­le e desi­de­ra­bi­le.

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