Introduzione
Questa terza e ultima puntata della serie “Compagna dell’impero” presenta tre storie americane e solleva la questione della responsabilità che tutti noi abbiamo all’interno delle nostre comunità linguistiche e culturali. Si chiude così il ciclo che avevamo iniziato parlando della responsabiltà di chi detiene il potere politico e proseguito con chi detiene il potere commerciale ed economico. Perché concludere con la gente comune che non ha certo il potere di sindaci e amministratori delegati? Perché nessuno è totalmente privo di responsabilità. Anzi, collettivamente siamo noi a determinare la vita dei segni, se vengono accettati come moneta corrente e come cambiano nel tempo. Fatta questa premessa, possiamo partire con le storie.
I Med Beds
La prima storia parla dei medical beds o Med Beds per brevità. Ci sono migliaia di persone in giro per il mondo che credono nelle proprietà che questi letti o ‘letti virtuali’ hanno di diagnosticare, trattare, curare o prevenire le malattie. Il sito di un grande fornitore specializzato propone l’acquisto di un Med Bed per €2.300 più spese di spedizione. Funziona così. Si stabilisce un entanglement quantistico che collega il sistema sviluppato dal fornitore stesso fino a tre letti, purché si trovino tutti nella stessa abitazione. Per il collegamento non è previsto alcun supporto materiale o dispositivo fisico, basta inviare un’immagine del letto o dei letti in questione verso una cartella digitale predisposta dal fornitore e il sistema è pronto a produrre i suoi effetti. I beneficiari possono quindi attivare e controllare la tecnologia con la voce o con il pensiero e questa teletrasporta verso di loro l’energia e le frequenze quantistiche irradiandole nel corpo.
Per ragioni che saranno chiare verso la fine di questa nota, non citerò il fornitore di Med Beds né il sito da cui ho tratto le informazioni per il capoverso che avete appena letto. Vi chiedo semplicemente di credere che non mi sono inventato nulla. Di cosa è l’esempio questa storia? Che fenomeno generale rappresenta? A prima vista assomiglia alle storie di Botteghe oscure, la seconda puntata della serie che illustrava la responsabilità delle imprese. Anche il fornitore di Med Beds è un’impresa commerciale e il suo comportamento è irresponsabile in misura estrema, perché vende a caro prezzo un sistema che non può avere alcuna base reale, un olio di serpente incorporeo dell’epoca digitale.
Ma i Med Beds sono prima di tutto una credenza diffusa. In certe province di internet si trova una comunità globale di diverse migliaia di persone che danno credito alla tecnologia e la diffondono senza trarne in apparenza alcun vantaggio commerciale. Questa storia diventa quindi – e così la presento – l’esempio di un comportamento semiotico pericoloso e irresponsabile da parte di persone qualsiasi, di uomini e donne che possiamo incontrare al supermercato o in coda alle poste e che non detengono o esercitano alcun potere particolare. La popolarità dei Med Beds è stata raccontata alla fine del 2022 da Trending, un bel programma radiofonico di BBC World Service. La puntata dedicata al fenomeno descrive alcuni ciarlatani che sfruttano la disperazione di persone affette da gravi malattie alla ricerca di una cura miracolosa e verso le quali dobbiamo mostrare rispetto e compassione. Ma gode di buona salute gran parte di coloro che, da semplici utenti, diffondono in rete le proprietà strabilianti dei Med Beds e le condiscono di altre storie fantastiche, come ad esempio che la tecnologia sia un dono fatto al genere umano da angelici alieni e che stia tenendo in vita J.F. Kennedy da sessant’anni.
QAnon
Trending documenta anche come la diffusione delle storie legate ai Med Beds venga alimentata negli Stati Uniti da QAnon, il movimento popolare più estremo fra quelli fondati sulle teorie del complotto. È molto difficile descrivere questo movimento nato solo nel 2017. Rimando i lettori che fossero interessati ad approfondire l’argomento alla voce di Wikipedia in italiano che è molto estesa e, almeno a mio giudizio, eccellente. Questa nota parla di QAnon perché è l’esempio perfetto per portare avanti il nostro discorso. Non conosco nessun altro gruppo composto da persone comuni nel quale circolino come moneta corrente parole e convinzioni tanto irresponsabili e pericolose. Per esempio, durante la pandemia i siti legati a QAnon consigliavano di bere candeggina per sconfiggere il virus. Il presidente Trump accennò all’idea durante una conferenza stampa trasmessa in diretta nazionale e le strutture sanitarie americane registrarono un brusco aumento di casi di avvelenamento. Quasi un anno dopo, i seguaci di QAnon prepararono assieme ad altri gruppi l’attacco alla sede del Parlamento statunitense del 6 gennaio 2021 e vi parteciparono in gran numero, compreso lo ‘sciamano’ che è il simbolo di quel giorno.
Ci sarebbe da chiarire perché descrivo QAnon come un gruppo di persone comuni raccolto attorno a idee e concezioni del mondo irrazionali piuttosto che un vero e proprio movimento politico e di opinione. È vero che gran parte delle cose che i seguaci di QAnon dicono e pensano riguardano personaggi politici – sono grandi sostenitori di Donald Trump – ma non si può logicamente collocare all’interno di nessun discorso politico chi sostiene che siamo governati e diretti da una società segreta di pedofili oppure da rettili umanoidi. Cioè, in teoria sì, ma proprio non ce la faccio.
Birds Aren’t Real
Chi trova spazio nel proprio animo per convinzioni simili trova spazio per tutto, come mostra la terza storia di questa nota. Poco tempo dopo l’elezione di Trump, agli inizi del 2017, Peter McIndoe, uno studente di psicologia americano, scrisse un cartello surreale e lo portò a una manifestazione di attivisti di destra come azione di resistenza situazionista o magari solo per gioco. Il cartello diceva Birds Aren’t Real (gli uccelli non sono veri). I manifestanti in mezzo ai quali Peter si era infiltrato si fermarono a chiedere cosa volesse dire e lui spiegò che lo stato aveva sostituito tutti gli uccelli con dei droni meccanici per spiare la popolazione. I seguaci di QAnon non colsero l’ironia e lo presero sul serio. Questo, più dei complotti immaginati dai seguaci stessi o da chi li manipola, dà la gigantesca misura del problema. Poi Peter svelò l’inganno e oggi Birds Aren’t Real è un movimento anti-complottista astuto e divertente.
L’ecologia della semiosfera
Penso che le tre storie abbiano svolto il loro compito e spero che vi siano piaciute, ora è arrivato il momento di fare qualche domanda sul fenomeno generale che illustrano. Come è possibile che tante persone siano disposte a credere alle proprietà taumaturgiche dell’entanglement quantistico, alla società segreta di pedofili che ci governa e allo stato che sostituisce i piccioni con telecamere montate su robot volanti? Perché in così tanti ci siamo sganciati dalla realtà e non sentiamo più il bisogno di sottoporre le nostre credenze a verifica empirica? Quando ha avuto inizio questa degenerazione sociale ed epistemica?
Per cominciare dall’ultima domanda, qualcuno ricorda il discorso che Tony Blair tenne al congresso del partito laburista del 2004, quando era ormai chiaro a tutti che la storia delle armi di distruzione di massa accampata per giustificare l’invasione dell’Iraq a fianco degli Stati Uniti se l’era inventata lui. In quell’occasione, Blair pronunciò per giustificarsi questa frase: «I only know what I believe» (conosco solo ciò in cui credo) sovvertendo in un secondo una tradizione che risale almeno ad Aristotele, secondo la quale possiamo credere solamente in ciò che conosciamo. La menzogna interessata e consapevole che Saddam Hussein avesse armi di distruzione di massa è forse la proto-bufala cha segna l’inizio dell’era della disinformazione. La sciagurata difesa di Blair è una inconsapevole confessione. Davvero sperava che non sentissimo il bisogno di sottoporre a verifica empirica le sue dichiarazioni precedenti all’invasione dell’Iraq.
In quegli stessi anni prendeva forma e si sviluppava l’apparato circolatorio che avrebbe permesso alla disinformazione di avvelenare il corpo sociale con velocità ed efficacia inaudite. Il 2004 è l’anno in cui Mark Zuckerberg lancia Thefacebook e Google viene quotata in borsa. Sono passati quasi 20 anni, il degrado dei segni si è esteso in modo preoccupante e facciamo sempre più fatica a costruire un argine. Ci sono alcuni tentativi, necessari ma davvero troppo timidi. La Commissione europea, per esempio, con il suo codice di condotta chiede alle stesse imprese digitali di analizzare i fluidi in circolazione e spurgare quelli mefitici.
Era ora che si alzasse il livello di attenzione verso chi ci bombarda di bufale e disinformazione e ci vorrebbe molto di più. Temo però che questo approccio produca anche un effetto indesiderato. Temo che puntare il dito contro i giganti digitali e i politici senza scrupoli in qualche modo ci permetta di guardare a noi stessi esclusivamente come bersagli e vittime inermi. E questo ci assolve e ci rende imbelli, bersagli ancor più facili da colpire. Dobbiamo cercare invece gli strumenti per difenderci. Anzi, cosa ancora più importante, dobbiamo chiederci se abbiamo anche noi qualche responsabilità per il degrado della casa dei segni nella quale abitiamo tutti.
Uno strumento di difesa che viene subito in mente e che portiamo sempre con noi è il riso: dall’ironia surreale di Peter McIndoe che abbiamo visto, all’universale spernacchio popolare disincantato e irriverente come quello rappresentato da Lercio, fino alla poetica di Dario Fo «che nella tradizione dei giullari medievali fustiga il potere e riabilita la dignità degli umiliati» (fonte). Ma se la risata carnevalesca gettata in faccia ai potenti è uno strumento di difesa contro la violenza e il sopruso altrui, che cosa si può fare per evitare di adottare noi stessi comportamenti nocivi e mantenere la casa dei segni in buono stato?
Un primo accorgimento è diventare, quando occorre, buchi neri dell’informazione (e questo è il motivo per cui, contrariamente al solito, non ho fornito la fonte della storia sui Med Beds che ha aperto questa nota). La spiegazione di questo rifiuto di far circolare un messaggio, un’immagine o altro – se possibile, anche di riceverli – assomiglia alla damnatio memoriae degli antichi ma è più radicale.
Far inghiottire dai buchi neri storie come quelle dei Med Beds sfrutta una caratteristica di tutti i segni che è, per così dire, naturale. Da un certo punto di vista, i segni sono come l’euro, una moneta che gli economisti chiamano ‘fiat money’. Vale a dire che i segni svaniscono se la gente non li accetta e smettono di circolare. Per fare un esempio, immaginiamo che arrivi alle nostre orecchie un pettegolezzo falso, nocivo o semplicemente brutto sul conto di un amico. È sufficiente non riferirlo a nessuno – e se possibile fermare la persona che ci parla – e avremmo fatto la nostra parte per far cadere la diceria nel nulla. A maggior ragione, naturalmente, a storie così non si deve dare il via, ma questo lo sappiamo già.
È più difficile seguire norme di comportamento simili sui canali digitali, perché spesso andiamo tanto di fretta che ci neghiamo il tempo di capire se quello che passa sullo schermo è falso, nocivo o brutto. Qualche volta non ci diamo neppure il tempo di guardare il messaggio digitale fino in fondo e lo facciamo girare lo stesso, oppure facciamo girare solo un link appena occhieggiato senza cliccare e verificare il contenuto. E se dentro ci fossero liquami schifosi? Non sarebbe nostra responsabilità fare da filtro e spurgarli dal sistema? Questo è un punto abbastanza serio, perché è vero che gli interventi ufficiali, le leggi e i codici di condotta sono troppo deboli, ma niente può funzionare davvero se non c’è anche la spinta da parte di tutti noi. Insomma, il comune può assumere il doppio o il triplo di vigili urbani, ma il traffico resta bloccato se tutti continuano a parcheggiare in seconda fila.
A ben vedere, però, la nostra responsabilità principale non è proteggere l’amico scagliando l’ingiuria nel buco nero. La nostra vera responsabilità ce l’abbiamo proprio nei confronti della casa dei segni. Qui ci viene in aiuto un’analogia trovata da Jurij Lotman, un professore sovietico, a metà degli anni Ottanta.
Se possiamo chiamare ‘biosfera’ la sottile pellicola che avvolge il nostro pianeta nella quale si manifesta la vita allora possiamo chiamare ‘semiosfera’ lo spazio dove si manifestano i sistemi di segni, i linguaggi e le culture (ai lettori che volessero approfondire questa analogia suggerisco di leggere Jurij Lotman, La semiosfera. L’asimmetria e il dialogo nelle strutture pensanti. Venezia, Marsilio, 1985).
Ora non resta che fare un passo molto breve. Così come ci dobbiamo prendere cura dell’ambiente naturale, allo stesso modo dobbiamo prenderci cura del mondo dei segni nel quale tutti viviamo. In particolare, dobbiamo eliminare le fonti di inquinamento e sostituirle con sistemi puliti e sostenibili che assicurino scambi di informazioni e punti di vista efficaci e cortesi, una produzione e distribuzione di significato equa per tutte le classi sociali e uno sviluppo ordinato e creativo delle culture. Così come la crisi climatica compromette il mondo naturale e minaccia la sopravvivenza della specie, allo stesso modo la crisi semiotica grave e generalizzata di cui queste note hanno offerto qualche esempio minaccia i tratti e le abilità umani che hanno determinato il nostro successo, relativamente alle altre specie presenti sul pianeta. In particolare, dobbiamo impegnarci in una seria e fattiva ecologia della semiosfera se vogliamo vivere ancora insieme in armonia e trovare ancora insieme soluzioni originali ed efficaci ai nostri problemi. Vorrei offrirvi un ultimo esempio di ciò che intendo. In Israele gli archeologi hanno trovato reperti di un insediamento di Homo erectus che risale a 750 mila anni fa. La struttura e la complessità del villaggio presuppongono un sistema che permetteva ai nostri antichissimi predecessori di collaborare e risolvere insieme i problemi. Ci sono riusciti perché avevano la tecnologia giusta, ovvero il linguaggio. A questo servono le lingue e gli altri sistemi di segni, nonché naturalmente a dire “i neutrini non hanno massa”, “ti amo” e «imagine there’s no heaven» (queste sono le tesi di Dan Everett, si può ascoltare qui una sua bella lezione).
Finisce qui il mio discorso sulla necessità di fondare un’ecologia della semiosfera. Il termine ‘ecologia’ è abbastanza recente, è stato composto mettendo insieme le parole greche οἶκος e λόγος, che significano ‘casa’ e ‘discorso’ (e gli altri innumerevoli sensi di “logos”). Forse questa nota e le due precedenti puntate di “Compagna dell’impero” non sono altro che una domanda di ristrutturazione edilizia. Dobbiamo fare dei lavori di manutenzione urgenti ed estesi alla casa dei segni dove abitiamo tutti sapendo che fuori forse non c’è vita ma sicuramente non c’è vita che valga la pena vivere.